Prostituzione, è reato anche per i clienti. Le reazioni delle associazioni

prostituzione strada
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prostituzione stradaComunque la si pensi, è una svolta epocale: il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al disegno di legge che regolamenta la prostituzione: un provvedimento proposto dal ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna che si compone di soli 4 articoli, introduce il reato di esercizio della prostituzione in strada e in generale in “luogo pubblico”, con stesse sanzioni per le prostitute e i clienti.
Contrastanti le reazioni delle associazioni impegnate da tempo nel settore: se per Gruppo Abele e Caritas Italiana il provvedimento è dannoso perché considera solo l’aspetto dell’ordine pubblico e non anche quello della necessità di difendere le vittime della tratta, l’Associazione Papa Giovanni XXIII plaude alla scelta del governo.

Il disegno di legge, che ora dovrà passare all’esame del Parlamento, punisce con l’arresto da cinque a quindici giorni e con l’ammenda da 200 a 3 mila euro “chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, esercita la prostituzione o invita ad avvalersene” (art.1), e con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da 15 mila a 150 mila euro “chi recluta o induce alla prostituzione minori o chi trae profitto, anche nelle norme del favoreggiamento, sfruttamento, gestione, organizzazione o controllo, dalla prostituzione di minori” (art.2).

IL TESTO – Le nuove norme – grazie anche all’introduzione del reato di prostituzione in strada e luogo aperto al pubblico – mirano a contrastare il fenomeno e a rendere più efficace la lotta allo sfruttamento della prostituzione, in particolare di quella minorile. Così dopo 50 anni cambia la legge Merlin, la norma che abolì la regolamentazione della prostituzione in Italia e rese illegali le case chiuse. Con l’introduzione del reato di prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico – spiega la relazione tecnica allegata al ddl – si mira ad eliminare la prostituzione di strada, come fenomeno di grave allarme sociale e contemporaneamente a contrastare lo sfruttamento della stessa, in quanto è soprattutto in luogo pubblico che si perpetrano le piu’ gravi fattispecie criminose finalizzate allo sfruttamento sessuale”.   Se l’articolo 1 del disegno di legge, dunque, introduce “il reato di esercizio della prostituzione in luoghi pubblici” (strade, parchi, aperta campagna), l’articolo 2 invece dedica particolare attenzione alla prostituzione minorile “sempre più diffusa ed esercitata in special modo da persone straniere”, riscrivendo interamente l’articolo 600 bis del Codice penale e tenendo conto degli obblighi assunti con la Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007.

GRUPPO ABELE – “Rendere la prostituzione in strada un reato per le prostitute e per i clienti è assolutamente controproducente”: questa la reazione del Gruppo Abele al disegno di legge. “Non risponde alle evidenze scientifiche e ai dati fino ad oggi raccolti – sottolinea l’associazione fondata da Don Ciotti – affermare che ‘è soprattutto in luogo pubblico che si perpetrano le più gravi fattispecie criminose finalizzate allo sfruttamento sessuale’”. Per il Gruppo Abele, “è invece il luogo chiuso, l’appartamento, la casa isolata, il circolo privato dove si può violare meglio chi è fragile e sfruttato. E’ il luogo dove ci sono più minorenni e dove le donne sono di fatto più indifese per l’impossibilità di ricorrere a qualsiasi aiuto”. “E’ vero che la strada è pericolosa, in particolare in quei luoghi isolati, boschi e periferie, dove spesso vengono spostate le donne, ma – sostiene l’associazione – è raggiungibile dalle forze dell’ordine e soprattutto da chi può dare aiuto, fare prevenzione sanitaria, informare che uscire dalla prostituzione forzata si può”.

CARITAS ITALIANA – Secondo don Giancarlo Perego di Caritas Italiana si tratta di una regolamentazione che nasce dalla necessità di liberare le strade, portando però alla nascita di appartamenti e club privée, che di fatto sanciscono il passaggio “dalla casa chiusa di Stato alla casa chiusa privata”. Il nuovo assetto porterà con sé, secondo la Caritas, “la dimenticanza dei volti e delle storie delle vittime, il rientro in patria dei minori senza alcun accompagnamento sociale, oltre che la conclusione di una tutela sociale che, al massimo, sarà riservata a una piccola nicchia di possibili vittime di organizzazioni criminali che avranno la fortuna di essere considerate utili alle indagini”. Il ddl segna allora la fine “di una lotta congiunta tra forze dell’ordine e società civile contro lo sfruttamento sessuale delle donne che, per ammissione della stessa commissione antimafia, ha avuto nella protezione sociale il punto di forza: l’80% delle organizzazioni colpite è stato grazie alle donne inserite in programmi di protezione sociale”. Una posizione spiegata anche dal responsabile Immigrazione Oliviero Forti: “La prostituzione non è tema di ordine pubblico, ma una questione sociale: solo se si ragiona in questi termini è possibile portare avanti un’operazione non tanto per abolire il fenomeno, ma per contrastare tutte le forme di sfruttamento che fanno capo alla prostituzione, e in particolare la tratta di esseri umani”. Il problema – secondo il responsabile Caritas – è che il ddl Carfagna non risolve il problema, ma piuttosto lo nasconde: “Nessuno vuole negare che ci sia un problema di decoro urbano, ma togliere le ragazze dalla strada significa limitarsi a spostarle in altri luoghi: e la nostra preoccupazione è che vengano spostate in luoghi in cui per gli operatori e per le forze dell’ordine diventa molto difficile avvicinarle”.

ASSOCIAZIONI CONTRO – Se si vuole dare una risposta al disagio dei cittadini nei confronti di questo fenomeno non ci sono scorciatoie: le esigenze di sicurezza vanno tenute sì in considerazione, ma vanno anche contemperate con la tutela dei diritti delle vittime di sfruttamento sessuale, con il sostegno all’inclusione sociale per chi si prostituisce e vorrebbe un’alternativa e con il contrasto delle organizzazioni criminali. Questo il messaggio di un cartello di nove organizzazioni che da anni operano nel settore della prostituzione e della tratta (Asgi, Associazione Gruppo Abele, Associazione On the Road, Caritas Italiana, Cnca, Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Consorzio Nova, Dedalus, Save the Children).

PAPA GIOVANNI XXIII – Positivo invece il commento dell’associazione fondata da don Oreste Benzi: “Dobbiamo leggere con attenzione il testo approvato, ma da quanto sappiamo si tratta di una grande svolta che viene data per la prima volta alla lotta e al contrasto della prostituzione schiavizzata”, spiega don Aldo Bonaiuto, uno tra i responsabili del Servizio Antitratta dell’Associazione Papa Giovanni XXIII. “Si è compreso finalmente che quando parliamo di prostituzione su strada in Italia parliamo di donne schiavizzate e non quelle che vanno con i vip: si tratta di ragazzine sotto i 25 anni, il 60% minorenni e tutte provenienti da paesi poverissimi: Nigeria, Romania, Albania e dai Paesi dell’ex Unione Sovietica”. Occorreva un segnale, quello di avere il coraggio di “colpire la domanda”: una “grande svolta non solo legislativa, ma culturale, perché chi domanda il corpo a pagamento di una persona è il primo schiavista, al pari dello sfruttatore”. E cosa rispondono dall’Associazione Papa Giovanni XXIII alle critiche delle altre associazioni?, preoccupate che le donne si trovino rinchiuse in appartamenti inaccessibili agli operatori sociali e alle forze dell’ordine? “Tutti i giorni queste donne si fanno pubblicità sui quotidiani e la prostituzione negli appartamenti già esiste, c’è sempre stata ed è sempre stata combattuta dalle forze dell’ordine: tutti i giorni, in tutta Italia, polizia, carabinieri e guardie di finanza entrano negli appartamenti e nei night e portano via ragazze che vengono sfruttate al chiuso”. Il ddl dunque – conclude don Aldo – è un primo passo, in attesa che si possa arrivare a rendere la prostituzione un reato ovunque”.

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