293° giorno dal #ArtsakhBlockade. 11° giorno della resa dopo la soluzione finale di Aliyev in Artsakh. ONU e EU hanno tradito l’Artsakh e i propri principi
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.09.2023 – Vik van Brantegem] –Cercare di monitorare e raccontare quotidianamente tutto quello che sta succedendo nel Caucaso meridionale, dal 27 settembre 2020, pensiamo sia importante, ma non abbiamo mai nutrito vane speranze che arrivino a salvare gli Armeni. È semplicemente nostro dovere mostrare cosa sta succedendo lì, sul campo, mentre succede, contro un popolo (che è pure cristiano). Nel nome della verità e della giustizia. Per restare umani. Restiamo convinti che la storia non la fanno i cattivi. Non ha ragione Hegel, il male non è reale come parte necessaria del cammino storico. Ciò che è disumano alla fine è ingoiato dal nulla.
La verità è la via verso la libertà.
La manipolazione è mancanza di rispetto.
L’amore è più forte dell’odio.
Il male può essere sconfitto.
Il destino del popolo e della Repubblica di Artsakh
rimarrà nella storia
come una vergogna per l’intero mondo civilizzato.
Meno la Russia è coinvolta nella vita dell’Armenia,
più gli Armeni saranno sicuri, sovrani e democratici.
A farlo capire ci sono gli Armeni dell’Artsakh.
++++ AGGIORNAMENTO ORE 20.30 ++++
Alle ore 18.00 ora locale (ore 16.00 di Roma), 100.480 persone erano state sfollate con la forza dall’Artsakh e 21.760 auto avevano attraversato il ponte Hakari. Il numero delle persone già registrate è 83.467. I maschi rappresentano il 49%, le femmine il 51%. Tra gli sfollati forzati ci sono 221 donne incinte, 2.083 disabili e 272 feriti. Più di 20.000 minori hanno attraversato il confine con l’Armenia. 674 minori sono già iscritti nelle istituzioni educative della Repubblica di Armenia. La ripartizione delle persone per regioni è in corso. Negli alloggi offerti dallo Stato sono state accolte 37.749 persone.
Quasi tutti gli Armeni hanno ormai lasciato l’Artsakh. La millenaria presenza armena nella regione è giunta al termine. A partire da oggi l’Azerbajgian ha raggiunto il suo obiettivo di completa pulizia etnica dell’Artsakh dalla sua popolazione armena autoctona da 3.000 anni. La comunità internazionale ha completamente mancato alla propria responsabilità di proteggere e non lasciare indietro nessuno.
Leadership inutili, offensive e dannosi, si ritrovano sorridenti per parlare del nulla e confermare il sostegno a regimi fuori controllo.
Sui social network azeri girano filmati dei veicoli e di personale della polizia azera nella capitale Stepanakert dell’Artsakh. Girano anche filmati di alcuni camion militari. La capitale è ora una città fantasma, quasi tutti sono sfollati.
«Non ci sono quasi più Armeni nel Nagorno-Karabakh. Oltre 100.000 persone sono già state sfollate con la forza. Tuttavia, il Ministero della Difesa russo ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma: “Il contingente di mantenimento della pace russo continua a svolgere i suoi compiti nel territorio del Nagorno-Karabakh. Non è stata registrata alcuna violazione del regime di cessate il fuoco”.
Mi chiedo cosa stiano fumando al Ministero della Difesa russo. Sono consapevoli che il 19 settembre l’Azerbajgian ha intrapreso una guerra nella zona sotto la loro protezione, a seguito della quale gli Armeni hanno lasciato il Karabakh?
Inoltre, l’esercito di difesa è disarmato, il che significa che nel Nagorno-Karabakh non si potrebbero registrare violazioni del regime di cessate il fuoco, a meno che i Russi non pensino che i militari Azeri si spareranno a vicenda.
I Russi, infatti, probabilmente temono che, dopo gli Armeni, l’Azerbajgian espellerà anche le forze mantenimento delle pace. Ecco perché stanno cercando di diffondere il messaggio che stanno ancora facendo il loro lavoro, in modo che Baku non espelli anche loro. Sì, l’orso russo se n’è andato. Resta solo l’immagine. Fate le valigie, ragazzi» (Robert Ananyan).
In questa situazione è esilarante la comunicazione del comando delle forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno-Karabakh di aver consegnato 15 tonnellate di farina (armena) ad un panificio di Stepanakert (che risulta gestito da loro, anche i Russi devono mangiare), per poi distribuire il pane alla “restante popolazione armena”. Se fa fatica a credere che tutto questo appartiene al mondo reale e non ad un film psichedelico. Quella farina serviva quando c’erano ancora gli Armeni sotto blocco di dieci mesi.
È arrivato il momento per l’Azerbajgian a far entrare in Artsakh una missione di monitoraggio delle Nazioni Unite, dopo averlo rifiutato per 30 anni. Baku non ha ancora fissato il giorno esatto, per essere assolutamente certi che non ci rimangano più Armeni.
L’ONU, gli USA e l’Unione Europea hanno fallito nella diplomazia preventiva, nella responsabilità di proteggere e nella costruzione della pace. Non hanno imposto alcuna sanzione all’Azerbajgian. Per 30 anni l’ONU non è riuscita ad adottare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza e ad ottenere non solo il mantenimento della pace ma almeno l’accesso umanitario, nemmeno per salvare le persone dalla fame.
Questa verrà ricordata come una pagina vergognosa nella storia della pace e della sicurezza dei popoli. La comunità internazionale ha consentito che nel 2023 si verificasse la pulizia etnica di un popolo dalla sua antica patria nelle vicinanze dell’Europa. La fine dell’Artsakh è l’eterna vergogna del mondo civilizzato.
Il governo della Repubblica di Armenia sta lanciando un programma per sostenere i costi abitativi delle persone sfollate con la forza dall’Artsakh, ha scritto il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, in un post sulla sua pagina Facebook: «Verranno forniti 40.000 Dram a persona al mese per coprire i costi di alloggio di ogni famiglia, più altri 10.000 Dram a persona per tutte le spese delle utenze. Questo programma inizierà il 1° ottobre e durerà almeno 6 mesi. Tutti gli sfollati forzati, indipendentemente dall’età, saranno beneficiari del programma». Un’eccezione saranno quelle famiglie che hanno un appartamento in Armenia, così come le persone nei centri di assistenza speciali che non possono affittare un appartamento. Il Vice Primo Ministro, Tigran Khachatryan, presenterà i dettagli del programma al Centro umanitario il 1° ottobre alle ore 12:00 (ora locale).
Come annunciato in precedenza, la prossima settimana inizierà anche il pagamento una tantum di 100.000 dram a ciascuna persona sfollata con la forza.
«I problemi delle nostre sorelle e dei nostri fratelli sfollati con la forza dal Nagorno-Karabakh proseguiranno ad essere al centro della nostra continua attenzione», ha concluso Pashinyan.
Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian, dopo la tregua dell’aggressione terroristica all’Artsakh, ha ripreso la diffusione di disinformazione su presunti attacchi dell’Armenia alle sue posizioni sulla linea di contatto. Lo ha riferito il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia: «Il comunicato del Ministero della Difesa dell’Azerbaigian secondo cui nel pomeriggio del 30 settembre unità delle forze armate della Repubblica di Armenia avrebbero aperto il fuoco in direzione delle posizioni azere situate nella parte orientale della zona di confine, come Il risultato del quale è stato ucciso un militare delle forze armate dell’Azerbajgian non corrisponde alla realtà».
I manifestanti sono scesi in strada a Yerevan chiedendo il rilascio immediato degli ex e attuali funzionari dell’Artsakh rapiti e processati dalle autorità dell’Azerbajgian. I manifestanti hanno marciato da Matenadaran verso la Scuola Internazionale Matena fondata da Ruben Vardanyan, uno delle persone sequestrati dall’Azerbaigian.
Dieci giorni dopo l’aggressione terroristica del 19 settembre contro l’Artsakh, la Repubblica di Baku ha iniziato ad arrestare le autorità e il personale militare dell’Artsakh, nonostante avesse promesso l’amnistia a condizione che deponessero le armi. Conducendo una brutale repressione contro ex esponenti politici e militari della Repubblica di Artsakh, l’Azerbajgian non mantiene la promessa di dichiarare l’amnistia per la leadership politica e militare dell’Artsakh.
Il 22 settembre, Hikmet Hajiyev, l’Assistente di Ilham Aliyev, aveva assicurato in un’intervista alla Reuters che “l’Azerbajgian può dichiarare l’amnistia per gli Armeni che hanno deposto le armi in Karabakh”. Ha anche affermato che “per quanto riguarda gli ex soldati e militanti, tale amnistia vale anche per loro”. Gli Armeni dell’Artsakh hanno deposto le armi e sciolto gli organi statali, ma l’Azerbajgian non solo non ha annunciato l’amnistia, ma ha anche iniziato la repressione.
Il 28 maggio a Berdzor (Lachin), Ilham Aliyev stesso aveva annunciato la sua disponibilità a concedere l’amnistia alle personalità politiche e militari dell’Artsakh. Ha detto: “Agli Armeni del Karabakh è rimasta una sola strada: gettare nella spazzatura i falsi attributi statali, sciogliere il parlamento e sottomettersi alle leggi dell’Azerbajgian. Il Presidente, i Ministri e i Deputati del Karabakh dovrebbero lasciare le loro posizioni e arrendersi. Solo allora potranno essere perdonati. Solo allora si potrà parlare di qualsiasi tipo di amnistia”.
Secondo il decreto del Presidente della Repubblica di Artsakh, entro il 1° gennaio 2024 le istituzioni statali dell’Artsakh verranno sciolte. Pochi giorni fa il governo dell’Artsakh ha deciso di sciogliere le istituzioni statali e le forze armate. In altre parole, la richiesta dell’Azerbajgian è stata soddisfatta dalle autorità dell’Artsakh, ma l’Azerbajgian ha infranto la sua promessa e non ha permesso alle figure politiche e militari di uscire attraverso il Corridoio di Lachin.
Il Dipartimento di Stato americano aveva accolto con favore la dichiarazione di Aliyev sulla questione dell’amnistia per i funzionari dell’Artsakh. Ora, gli USA dovrebbero ricordare all’Azerbajgian la promessa di dichiarare l’amnistia e chiedere il rilascio delle figure politiche e militari dell’Artsakh. Tuttavia, è chiaro che l’Azerbajgian intenda organizzare un processo per punire pubblicamente gli “armeni del Nagorno Karabakh per la ribellione trentennale”.
Gli Armeni del Nagorno-Karabakh, che parteciparono a manifestazioni pacifiche negli anni ’90, furono attaccati dall’Azerbajgian. L’Azerbajgian ha iniziato una guerra e gli Armeni dell’Artsakh si sono difesi e hanno cercato di esercitare il loro diritto all’autodeterminazione. Va ricordato che il diritto all’autodeterminazione degli Armeni dell’Artsakh è stato riconosciuto dai co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE (USA, Russia e Francia). Se ne è parlato come di un principio pari all’integrità territoriale. Tuttavia, nel 2020, l’Azerbajgian ha iniziato una guerra e ha interrotto il processo di risoluzione pacifica.
La Repubblica di Armenia deve immediatamente adottare tutte le misure possibili, compreso il coinvolgimento dei partner internazionali, affinché l’ex Ministro di Stato Ruben Vardanyan, l’ex Ministro degli Esteri Davit Babayan, il Maggiore generale Davit Manukyan, il Tenente generale Levon Mnatsakanyan, il Tenente generale Arshavir Gharamyan e altri sequestrati vengono rilasciati immediatamente.
Il Presidente della Repubblica di Artsakh, Samvel Shahramanyan, ha condotto negoziati con l’Azerbajgian per garantire l’evacuazione sicura della leadership politico-militare dell’Artsakh in Armenia. Tuttavia, come possiamo vedere, tali trattative furono vane.
Anche tre ex Presidenti della Repubblica di Artsakh, Bako Sahakyan, Arkadi Ghukasyan e Arayik Harutyunyan, erano a rischio di sequestro da parte dell’Azerbajgian. Oggi Arayik Harutyunyan sarebbe stato visto a Yerevan. Non si sa ancora dove si trovino gli altri due. Inoltre, secondo fonti Reuters, l’Azerbajgian ha una lista di circa 200 Armeni che vuole arrestare in base a vari articoli del codice penale dell’Azerbajgian.
«I soldati azerbajgiani sono entrati nei villaggi dell’Artsakh, coltelli in mano, alla ricerca di civili Armeni, dicendo che gli avrebbe tagliato la testa. Hanno fatto come l’Isis, lo hanno fatto», testimoniano gli sfollati forzati dell’Artsakh. Adesso, «lo Stato terrorista dell’Azerbajgian cercherà di convincere il mondo che gli Armeni hanno lasciato l’Artsakh per scelta e non con la forza. Il resto lo lascio alla vostra coscienza» (Liana Margaryan).
«L’Azerbajgian ha promesso di aprire le porte del Nagorno-Karabakh agli occhi e alle orecchie della comunità internazionale. Ottenere una valutazione indipendente della situazione sul campo è più urgente che mai. Pertanto la visita delle ONU deve avvenire senza indugi. Questo può essere solo un punto di partenza. Insieme ai nostri partner, stiamo sostenendo una missione di osservatori internazionali. I residenti del Nagorno-Karabakh devono avere la certezza che non sono soli» (Ministero degli Esteri della Germania, 29 settembre 2023).
Difficile credere che questo non è Lercio o Scherzi a parte. Non lo è, perché ai Tedeschi manche notoriamente il senso dell’umorismo. Infatti, si tratta di una vera dichiarazione di un servizio diplomatico di una democrazia occidentale.
La rappresentante dell’UNHCR in Armenia ha affermato che “non sono stati registrati casi di maltrattamenti di Armeni in fuga”. Immaginate i sequestri, i ritardi ai posti di blocco illegali creati dall’Azerbajgian nel Corridoio di Berdzor (Lachin), che hanno trasformato un viaggio di normalmente 2 ore, in un viaggio di in un giorno e mezzo, con i “giornalisti” statali azeri che si avvicinavano e deridevano gli Armeni sfollati con la forza. Ovviamente, tutto questo non conta per la Signora Belani, che rispondendo alle domande dei media, ha affermato che l’UNHCR considerava questa una situazione di rifugiati e non ha potuto commentare se costituisse o meno pulizia etnica.
La Signora Belani fin dal primo giorno dell’esodo era sul posto e ha parlato con famiglie in arrivo dall’Artsakh. La gente era stanca, dopo non aver mangiato e fatto un viaggio estenuante, dopo aver sofferto il blocco per dieci mesi. Essi volevano risposte su cosa sarebbe successo dopo. Molti erano preoccupato per l’educazione dei propri figli e volevo sapere se avrebbero potuto tornare a casa per ritirare le proprie cose.
È stato difficile sapere quante persone sarebbero arrivate in totale, ha detto la Signora Belani, poiché la situazione era in continua evoluzione.
Non c’erano episodi o casi di maltrattamenti registrati nei confronti delle persone in arrivo, ha detto.
Che la popolazione dell’Artsakh in 4 giorni è riuscita ad uscire abbastanza facilmente (nonostante tutte le difficoltà) attraverso la “porta aperta” (era nell’intesse dell’Azerbajgian di svuotare l’Artsakh), ma nessun osservatore è potuto entrare (l’Azerbajgian non voleva avere testimoni tra i piedi).
Come se aspettassero che tutti se ne sarebbero andati, così i diplomatici occidentali percorreranno il paesaggio vuoto e lo dichiareranno “preoccupante” e chiederanno “pace”. Presto l’Azerbajgian consentirà agli osservatori stranieri di entrare nell’Artsakh e confermerà di garantire la garanzia dei diritti e della sicurezza dei suoi abitanti Armeni. In questo caso mucche, capre, galline, maiali, cavalli, cani e gatti Armeni, poiché non ci saranno più esseri Armeni umani in Artsakh.
L’Azerbajgian ha accettato la visita dell’ONU solo dopo la partenza degli Armeni dall’Artsakh e ha avuto 10 giorni per controllare nei media occidentali la narrazione di ciò che è accaduto (l’uso diffuso del termine “separatismo” ne è la prova). Una missione conoscitiva dell’ONU troverà prove di una forte comunità armena, ma molto probabilmente non ciò che li ha spinti ad andare. «Artsakh è quasi completamente vuoto e restano al massimo qualche centinaio di persone, che se ne vanno. Gli osservatori internazionali controlleranno come i diritti e la sicurezza degli animali sono protetti dal regime genocida di Aliyev?» (Artak Beglaryan, ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh).
++++ AGGIORNAMENTO ORE 13.30 ++++
Lo ripeto per l’ennesima volta, all’attenzione dei giornalisti che lo usano come avvoltoio con sadica soddisfazione per lo sfollamento forzato degli Armeni dalle loro terre ancestrali dell’Artsakh.
È terribile leggere questo termine “separatisti”, usata ovunque per evocare gli Armeni dell’Artsakh: sono nati su questa terra, segnati dall’impronta millenaria della loro cultura, della loro memoria, della loro fede. E non chiedevano altro che vivere in pace a casa loro.
Il termine “separatisti” è un insulto per gli Armeni del Nagorno-Karabakh. che sono stati completamente ripuliti etnicamente dalla loro patria indigena di 3.000 anni con la forza militare, la fame e ogni altro mezzo possibile.
«Quando si poteva fare qualcosa, in Karabakh non c’erano quasi giornalisti. Quando l’allarme fu evidente, tutti rimasero in silenzio. Quando i Russi per due anni e più non fecero entrare nessun giornalista, di nuovo silenzio. Quando gli Armeni morivano di fame in Karabakh, quando mancavano le medicine e tutto, non una parola. Quando tutto finì, tutti filmanono donne, bambini e uomini che fuggano, sciamando come avvoltoi. Aggiungere l’umiliazione alla tragedia per le vittime. Il giornalismo è gravemente malato» (Simone Zoppellaro).
«Le mie informazioni non ufficiali: gli ultimi gruppi di Artsakh sono attualmente in viaggio verso l’Armenia. Nell’Artsakh rimangono al massimo qualche centinaio di persone, la maggior parte delle quali sono funzionari, addetti ai servizi di emergenza, volontari e alcune persone con bisogni speciali. Anche loro si stanno preparando a partire» (Artak Beglaryan, ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh).
La Repubblica di Baku si fa beffa delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea e dell’intera comunità internazionale
«Ora, quando ufficialmente non ci sono rimasti degli Armeni nel Nagorno-Karabakh, gli Stati Uniti e l’Unione Europea stanno sostenendo un accesso internazionale dell’ONU e dell’Unione Europea al Nagorno-Karabakh che noi/io chiedevamo da 3 anni. Per fare cosa: celebrare la pulizia etnica totale da parte dell’Azerbajgian?» (Sossi Tatikyan).
«L’Azerbajgian e l’ONU hanno concordato di inviare una missione nel Nagorno-Karabakh. Lo ha reso noto il Portavoce del Segretario Generale dell’ONU, Stefan Dujarric. La missione viene effettuata su invito e sostegno dell’Azerbajgian. È semplicemente assurdo che la missione umanitaria delle Nazioni Unite entri nel Nagorno-Karabakh dopo che più di 100.000 Armeni hanno già lasciato il Nagorno-Karabakh.
Questa è una presa in giro del diritto internazionale e delle organizzazioni internazionali. Invitando la missione umanitaria delle Nazioni-Unite, l’Azerbajgian mira a legittimare la pulizia etnica effettuata nel Nagorno-Karabakh. Prima della deportazione forzata degli Armeni dal Nagorno-Karabakh, l’Armenia e i suoi partner occidentali avevano proposto una missione conoscitiva delle Nazioni Unite nel Nagorno-Karabakh, ma ciò non è avvenuto perché l’Azerbajgian lo ha proibito.
Se la missione umanitaria dell’ONU fosse entrata nel Nagorno-Karabakh entro il 19 settembre, l’Azerbajgian non sarebbe stato in grado di effettuare un attacco militare e sottoporre il Nagorno-Karabakh alla pulizia etnica.
Secondo il rappresentante ONU, le questioni umanitarie e di sicurezza saranno al centro dell’attenzione: “La missione ONU partirà per il Nagorno-Karabakh nel fine settimana. La missione sarà guidata dal Capo dell’Ufficio ONU per il coordinamento degli affari umanitari, Ramesh Rajasingham, nonché la Coordinatrice permanente delle Nazioni Unite in Azerbajgian, Vladanka Andreeva.
Nella missione saranno inclusi l’équipe tecnica del Dipartimento per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite e rappresentanti di diverse agenzie dell’organizzazione. Non vi abbiamo accesso da 30 anni, quindi si tratta di uno sviluppo molto importante. La squadra cercherà di valutare la situazione sul posto e di chiarire i bisogni umanitari sia di coloro che restano che di quelli che se ne vanno», ha detto Dujarric.
Sono sicuro che l’Azerbajgian non darà alla missione umanitaria delle Nazioni Unite la libertà di vagare per l’intero territorio del Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian accompagnerà i rappresentanti della missione internazionale nei luoghi dove non si vedranno le tracce dei suoi crimini di guerra. In altre parole, l’Azerbajgian manterrà la missione dell’ONU sotto controllo totale in modo che non vengano registrati i crimini di guerra di Baku.
La missione delle Nazioni Unite non avrà l’opportunità di registrare casi di omicidi di civili, sequestri illegali e attacchi contro edifici residenziali. E i pochi Armeni rimasti nel Nagorno Karabakh non osaseranno descrivere la loro difficile situazione umanitaria. La visita della missione delle Nazioni Unite nel Nagorno-Karabakh può essere considerata credibile solo se si registra che il Karabakh ha subito una pulizia etnica e che gli Armeni sono stati sfollati con la forza dall’Artsakh.
Successivamente dovrebbe essere avviato un processo giudiziario presso il Tribunale delle Nazioni Unite contro l’Azerbajgian sulla base della pulizia etnica, delle deportazioni forzate, della discriminazione etnica nel Nagorno-Karabakh e delle accuse di aver commesso crimini di guerra. Le Nazioni Unite non dovrebbero permettere al regime dittatoriale dell’Azerbajgian di usare la propria autorità per legittimare la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh.
A proposito, l’Armenia ha già intentato una causa contro l’Azerbajgian presso la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite per presunta violazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale contro la popolazione armena del Nagorno-Karabakh.
L’Armenia ha presentato una petizione alla Corte delle Nazioni Unite per applicare misure provvisorie per preservare e proteggere i diritti previsti dalla convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.
L’Armenia chiede alla Corte delle Nazioni Unite di confermare l’impegno dell’Azerbajgian ad astenersi da “qualsiasi azione diretta o indiretta mirata a deportare i rimanenti armeni dal Nagorno-Karabakh”. Yerevan si aspetta che Baku “si astenga dall’adottare misure punitive contro attuali o ex rappresentanti politici o personale militare del Nagorno-Karabakh” [*]» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
[*] Sotto i nostri occhi è appena avvenuta una pulizia etnica. Nessuno ha mosso un dito, tra le potenze mondiali. La dittatura trionfante della Repubblica di Baku si arroga ora il diritto di sequestrare e organizzare processi farsa contro alcuni leader passati e presenti dell’Artsakh. Con quale diritto? Quella della violenza, ovviamente. La comunità internazionale, sorda al grido di aiuto degli Armeni dell’Artsakh, deve prevenire questo ulteriore orrore e salvare la vita dei prigionieri politici che hanno già perso la patria e molti dei loro cari.
++++ AGGIORNAMENTO ORE 11.00 ++++
Alle ore 14.00 ora locale (ore 12.00 di Roma) di oggi, 100.417 sfollati forzati sono arrivati dall’Artsakh in Armenia (83,46% della popolazione prima del 19 settembre). Dall’inizio dell’esodo forzato, 21.430 veicoli hanno attraversato il ponte Hakari. Dopo la mezzanotte, l’intensità dell’ingresso degli sfollati sforzati dall’Artsakh è diminuita in modo significativo. 13 ambulanze sono andate a Stepanakert per trasportare le persone con problemi di mobilità. Sono già state registrate 81.139 persone. Lo ha annunciato il Portavoce del Primo Ministro armeno, Nazeli Baghdasaryan, nel corso della conferenza stampa tenutasi presso il Centro umanitario del governo armeno a Goris. «Gli autobus [46] partiti ieri da Goris per Stepanakert sono tornati dopo mezzanotte. Negli ultimi due giorni sono partiti e ritornati circa 90 autobus per Stepanakert, in seguito ai quali 2.900 persone sono state trasferite nei centri di Goris o Vaik», ha detto Baghadassaryan, aggiungendo che le persone trasferite erano per lo più anziani, rappresentanti della classe vulnerabile, e la cura di queste persone è più importante per lo Stato.
I restanti 21.500 cittadini dell’Artsakh si stanno facendo strada lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin) da Stepanakert al ponte Hakari o non sono ancora riusciti a partire.
Il canale Telegram del contingente delle forze di mantenimento della pace russo nel Nagorno-Karabakh informa: «Il personale militare del contingente delle forze di mantenimento della pace russo ha fornito 12 tonnellate di cibo e carburante agli abitanti del Nagorno-Karabakh lungo la strada Stepanakert-Goris». Questa è stata un’opera umanitaria meritevole, che ha risolto due problemi: cibo e carburante per la macchina.
«I media ci fanno ogni giorno la morale e il conto quotidiano dei migranti dispersi nel Mediterraneo. Per dire che è sempre colpa nostra. Il popolo armeno è disperso nella sua terra e i media non ne parlano. E di sicuro non è colpa di chi vuole rimpiazzarli a cannonate» (Giulio Meotti).
Già l’85 per cento degli Armeni sono sfollati con la forza dall’Artsakh. Ci siamo riempiti la bocca di integrazione, diversità, inclusione, siamo tutti figli dello stesso Dio, ecumenismi, antifascismi vari, democrazia, diritti, mai più… Ecco qua il risultato: la scomparsa di un popolo.
Paragonando: «Immaginate l’Italia che deve accogliere e trovare un posto a 3 milioni di propri concittadini esiliati e fuggiti in meno di una settimana. Questa è l’Armenia oggi dopo la pulizia etnico ad opera del regime autocratica dell’Azerbajgian» (Giulio Meotti).
Il canale Telegram del contingente delle forze di mantenimento della pace russo nel Nagorno-Karabakh informa: «L’UAV Orlan-10 del contingente delle forze di mantenimento della pace russa monitora la situazione in Karabakh, svolgendo compiti di monitoraggio del rispetto del cessate il fuoco e delle operazioni militari». Ma questo non potevano fare per monitorare tutte le violazioni del cessate il fuoco dopo il 9 novembre 2020? Ci fa pensare al governo italiano che impiegò i droni per inseguire chi faceva jogging durante il lockdown per Covid-19 ma non si vedono per controllare la criminalità organizzata e lo spaccio di droghe.
Riflettendo su un’infanzia e una patria perdute…» (Siranush Sargsyan).
«La quantità di bugie e propaganda propinate agli Azeri sugli Armeni è strabiliante. Un Azero che, secondo il suo account Twitter, vive a Baku, ha fatto questo commento sotto uno dei miei post. Espone l’odio psicopatico che gli Armeni devono affrontare dall’Azerbajgian: “Rimani incinta, ti squarceremo la pancia e prenderemo tuo figlio. Allora capirai come un civile può considerare questo incidente”. Mi ha ricordato quello che il mio insegnante di storia alle medie (un nazionalista Lupo Grigio) ci ha detto durante una lezione su come i Greci squarciavano il ventre delle donne turche incinte, strappando i bambini dal grembo e uccidendoli. Altri Azeri in un altro post hanno scritto che gli Armeni “scuoiano vivi i bambini Azeri”. Queste persone mentono così sfacciatamente e sembrano credere alle proprie bugie. Hanno bisogno di queste bugie per giustificare la loro barbarie contro gli Armeni come vendetta. Come potrebbero altrimenti decapitare e mutilare gli Armeni con così tanto orgoglio e gioia? Gli Armeni pagano con la vita il prezzo di queste odiose bugie. I bambini Azeri sono avvelenati da un odio genocida nei confronti degli Armeni a scuola e dai media e crescono con un ardente desiderio di uccidere gli Armeni. Bisogna fare qualcosa per fermare questa follia. A quanto pare, l’Azerbajgian non ha i meccanismi interni necessari per diventare una democrazia normale che abbia almeno un po’ di rispetto per i diritti umani. Pertanto, è responsabilità del mondo far sì che l’Azerbajgian cambi in meglio e diventi un po’ civilizzato attraverso le sanzioni» (Uzay Bulut).
La Terza Repubblica di Armenia è finita (° 21.09.1991 – † 20.09.2023). Il nucleo su cui fu costruita la Terza Repubblica fu la difesa dell’Artsakh e la garanzia del diritto alla sua autodererminazione, cosa che non riuscì a soddisfare. L’Armenia è ora nella fase preparatoria per fondare la Quarta Repubblica. Questa fase potrebbe richiedere anni.
In questo contesto leggiamo il Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Armenia, Alen Simonyan, che ha lanciato sulla sua pagina Facebook un appello a tutti gli Armeni, esortandoli a essere uniti, curare le proprie ferite e andare avanti.
«Ci piace raccontare e parlare di quanti anni abbiamo come nazione, ma cosa abbiamo imparato in quelle migliaia di anni? Lasciare andare il passato e separarsi. Tu sei dell’Armenia, io sono di Karabakh, tu sei Armeno della Siria, io sono Armeno della Russia, io sono di Apara, tu sei di Gyumri, Vanadzor, Yerevan, quindi per esempio a Yerevan sei di Komitas, Center, Aresh, poi il nostro quartiere, il tuo quartiere, il nostro edificio, il tuo edificio. Ora cercheranno di sfruttare questa opportunità per darci un altro colpo fatale. Basta, basta. Dopotutto, non ci uccidono individualmente, ci uccidono tutti in un unico posto e con un colpo solo», ha scritto Simonyan.
Ha sottolineato di non credere che oggi ci sia un Armeno il cui cuore non sanguina, che vuole esserlo, che vuole stare nell’angolo e che è portatore di qualsiasi idea. Ha sottolineato questi giorni sono una buona occasione per capire che un Armeno non può essere un nemico, odiare, voler uccidere un Armeno. «Non abbiamo né le risorse né il diritto per farlo».
«Abbiamo molte domande, disaccordi, di più, ma c’è una linea che non può essere oltrepassata, quel limite è finito molto tempo fa, è finito, avete sentito? Oh, e non cercare colpevoli, siamo tutti peccatori, tutti noi. Adesso c’è una cosa che dobbiamo fare: essere uniti. Curiamo le nostre ferite e andiamo avanti. Siamo forti come le nostre montagne, supereremo anche questa, dobbiamo resistere», ha concluso Simonyan.
Il commento di Ayshan Aslan-Mammadli alle immagini della polizia dell’Azerbajgian in un Stepanakert spettrale: «Il video che stavamo aspettando. La polizia azera a Khankendi di Azerbajgian».
«La felicità per gli avvoltoi come Ayshan è il video di uno Stato di polizia senza alcuna attività umana» (Ani Wandaryan).
Pro memoria:
- 10 giorni dopo l’imposizione del cosiddetto cessate il fuoco NESSUNA presenza internazionale in Artsakh.
- Più di 100.000 persone sono state finora sottoposte alla pulizia etnica da parte del regime genocida di Aliyev e dei suoi alleati.
- Il checkpoint illegale presso il ponte Hakari nel Corridoio di Berdzor (Lachin) è una stazione di filtraggio per sequestrare la leadership armena dell’Artsakh.
L’Unione Europea si è impegnata a fornire meno aiuti rispetto alla sola Francia (5 milioni contro 7 milioni di euro, comunque più del 1 milione di sterline del Regno Unito). Inoltre, anche se le agenzie delle Nazioni Unite e la Francia hanno già fornito aiuti, non abbiamo sentito che l’Unione Europea ne abbia forniti finora in tutti questi giorni.
«Il Word Food Programme ha allestito unità di stoccaggio mobili vicino al confine a Goris, nella provincia di Syunik, servendo 2.000 pasti caldi al giorno, raddoppiandoli come deposito per beni non alimentari essenziali. Ci stiamo preparando ad aumentare rapidamente l’assistenza in tutto il paese secondo necessità» (World Food Programme Armenia).
Se solo il World Food Programme fosse stato in grado di consegnare cibo agli Armeni in Artsakh durante i 10 mesi di blocco… Ma non lo hanno fatto poiché il regime dell’Azerbajgian non ha permesso ad alcuna organizzazione umanitaria di entrare in Artsakh, ad eccezione dell’accesso molto limitato da parte del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
«Servono aiuti internazionali urgenti in Armenia! Le organizzazioni umanitarie sono lente nel rispondere a questa crisi umanitaria, molti dormono fuori al freddo. Parallelamente, migliaia di Armeni hanno aperto le loro case fornendo cibo/riparo, ma parliamo di oltre 100.000 in un piccolo Paese» (Siranush Sargsyan).
L’ONU non è riuscito a salvare la popolazione armena dell’Artsakh per 10 mesi di blocco. L’ONU oggi ha l’obbligo morale di sostenere le vittime dei crimini atroci, che non ha impedito. Questo non entrerà solo nei libri sull’ONU, ma oggi dovrebbe anche significare una reazione chiara e adeguata allo sfollamento forzato dell’intera popolazione armena dell’Artsakh.
Sossi Tatikyan, esperto di politica estera e di sicurezza: «Hanno vissuto lì, fino a questi giorni, per 3000 anni, e hanno avuto diversi gradi di autogoverno nel corso della storia. Anche durante il periodo sovietico godevano di uno status autonomo». Mentre si sta svolgendo la pulizia etnica dell’Artsakh, Aliyev ha tenuto un discorso alla cerimonia di apertura del forum Habitat delle Nazioni Unite di due giorni a Baku, vantandosi essenzialmente di tale pulizia etnica.
Peter Stano Portavoce principale per gli Affari esteri dell’Unione Europea: «L’Unione Europea segue da vicino l’esodo di massa dal Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian ha la responsabilità di garantire i diritti e la sicurezza degli Armeni del Karabakh, compreso il loro diritto a vivere senza intimidazioni e discriminazioni. Le Nazioni Unite dovrebbero avere accesso rapido al territorio [QUI]».
Abbiamo supplicato l’Unione Europea di fare pressione sull’Azerbajgian affinché accettasse la presenza delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea in Artsakh per garantire la sicurezza degli Armeni autoctoni, ma i rappresentanti dell’Unione Europea stavano dicendo che il loro caro “partner fidabile” Azerbajgian non l’avrebbe mai accettato. Ora non è più necessario poiché non saranno più rimasti più Armeni per quando arriveranno gli osservatori.
«L’Azerbajgian intende consentire l’ingresso nell’area di un team internazionale di esperti delle Nazioni Unite “nel giro di pochi giorni”, con il potenziale anche per l’accesso dei media. La visione dell’Azerbajgian è quella di garantire che azeri e armeni vivano “fianco a fianco nella dignità, nella prosperità e nel rispetto reciproco”. La parte azera continua a lanciare l’appello alla popolazione locale affinché la sicurezza sia garantita… Ma nel frattempo rispettiamo la libertà di movimento. È una scelta sovrana e individuale di ognuno» (Hikmet Hajiyev, Assistente per gli Affari Esteri del Presidente dell’Azerbajgian).
Sono trascorsi 11 giorni da quando l’Azerbajgian ha lanciato l’attacco terroristico all’Artsakh. Ormai già l’85% della popolazione è stata sfollata con la forza in Armenia. Il resto è in viaggia o sta aspettando il proprio turno per partire con gli autobus navetta. Nessuno è pronto a vivere sotto la sottomissione dell’Azerbajgian e a sopportare dure minacce. Cos’è questo se non un genocidio con il sostegno internazionale?
Adesso pare che l’Azerbajgian avrebbe accettato la presenza di osservatori dell’ONU “nel giro di pochi giorni”.
Non ci saranno più Armeni in Artsakh “nel giro di pochi giorni”. Se ci fossero allora ancora Armeni in Artsakh, sarebbero troppo spaventati per parlare.
«Il massimo cinismo dell’Azerbajgian è quello di bloccare l’accesso delle Nazioni Unite a Nagorno-Karabakh per 30 anni, inclusi i 10 mesi di blocco, e consentirlo il giorno successivo dopo che tutti gli Armeni saranno stati sfollati con la forza. Nessuno può immaginare il livello della mia frustrazione dopo aver sostenuto per anni l’accesso delle Nazioni Unite al Nagorno-Karabakh» (Sossi Tatikyan).
Il Portavoce del Cremlino Peskov sulla possibilità di estendere la missione delle forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno-Karabakh: «Questo è territorio dell’Azerbajgian, la questione sarà discussa con Baku». L’ha detto seriamente. Di fare ciò? Estendere oltre cosa? Per proteggere chi, visto che non ci sono più Armeni (gli immigranti Azeri contro il regime autocratico di Aliev?), dopo aver fallito nel proteggere chiunque nell’Artsakh e aver semplicemente promosso i propri interessi geopolitici trasformando gli Armeni autoctoni dell’Artsakh in ostaggi.
L’interferenza illegale con i diritti di Ruben Vardanyan e di altri Armeni dell’Artsakh, sequestrati e privati della libertà da parte dell’Azerbajgian, costituisce una violazione delle garanzie e degli standard legali internazionali, ha dichiarato il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Armenia, Anahit Manasyan. In particolare, i l Servizio di Sicurezza dello Stato dell’Azerbajgian ha filmato in dettaglio il sequestro di Ruben Vardanyan. Successivamente, numerosi media azeri hanno distribuito video e foto che descrivono il sequestro. Poi, in un’altra foto, si possono vedere due ufficiali azeri che tengono le mani di Ruben Vardanyan, con un ufficiale armato mascherato in piedi dietro di loro. In un altro video, due agenti di sicurezza azeri armati e mascherati trasportano Ruben Vardanyan ammanettato, con la testa chinata, filmando l’intero processo. Questo video, che è accompagnato da insulti pieni di odio e ostilità rivolti a Ruben Vardanyan, inviti a uccidere gli Armeni e esprime un profondo odio verso gli Armeni, è ampiamente diffuso nei media statali azeri.
È ovvio che prendere di mira Ruben Vardanyan, mostrando un simile atteggiamento nei suoi confronti, tra gli altri, è l’ennesima manifestazione della politica di odio anti-armena e su base etnica dell’Azerbaijan, ha dichiarato Manasyan.
Ruben Vardanyan è una delle poche persone che mette in pratica ciò che predica. Ha fatto un enorme sacrificio quando si è trasferito ad Artsakh. Dobbiamo coprirgli le spalle e assicurarci che venga rilasciato immediatamente.
In questo contesto, il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Armenia ritiene significativo che anche prima che Ruben Vardanyan fosse privato della libertà, il Presidente dell’Azerbajgian, i funzionari azeri nei loro discorsi, la società azera, compresi i personaggi pubblici, i media lo etichettavano già come un “criminale”.
Manasyan sottolinea che nelle condizioni di propaganda dell’odio etnico e di violazione della presunzione di innocenza, i diritti fondamentali di Ruben Vardanyan non possono essere garantiti, così come il corretto esame del caso secondo i requisiti di un giusto processo da un tribunale giusto e imparziale non può essere garantita.
«Va sottolineato che il diritto a un giusto processo è sancito da una serie di documenti giuridici internazionali, tra cui la Dichiarazione universale dei diritti umani, il Patto internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione europea sui diritti umani. La salvaguardia del principio della presunzione di innocenza nel contesto del diritto a un giusto processo è considerata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sotto diversi aspetti, inclusa la necessità di preservare questo principio da parte degli organi statali e dei media. La Corte europea, riferendosi alle questioni di salvaguardia del principio di presunzione di innocenza da parte dei media, ha chiaramente affermato che trasmettere in televisione le riprese dell’indagato comporta il rischio di violare il diritto a un giusto processo. E riguardo all’arbitrarietà della privazione della libertà nell’ambito del diritto alla libertà e all’integrità personale, la Corte Europea ha confermato che il concetto di “arbitrarietà” non si limita solo a soddisfare i requisiti della legislazione nazionale. in ogni caso, la privazione della libertà può essere legale solo nel rispetto delle disposizioni della Convenzione europea sui diritti dell’uomo», ha sottolineato Manasyan.
Tenendo conto di quanto sopra e considerando la politica anti-armena profondamente radicata dell’Azerbajgian, il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Armenia sottolinea che l’ingerenza dell’Azerbajgian nei diritti fondamentali di Ruben Vardanyan e di altre persone è stata/è in violazione degli standard giuridici internazionali, tenendo presente che non rispettano le moderne garanzie giuridiche internazionali e gli standard universalmente riconosciuti nel mondo civilizzato.
Secondo la dichiarazione, il Difensore continua a ricevere segnalazioni riguardanti l’interferenza dell’Azerbajgian con il diritto alla libertà e all’integrità personale delle persone durante il trasferimento dall’Artsakh all’Armenia attraverso il Corridoio di Lachin e sottolinea che tutte le osservazioni sopra menzionate relative anche alle garanzie legali si applicano ai restanti casi.
«Quanto sopra rafforza il timore che in tali condizioni nessun procedimento legale contro gli Armeni in Azerbajgian possa essere portato avanti in conformità con gli standard giuridici internazionali relativi ai diritti umani fondamentali», ha detto Anahit Manasyan, aggiungendo che l’adeguata garanzia della diritti fondamentali delle persone menzionate e procedure legali, dell’adozione di misure efficaci per proteggere e una risposta tempestiva e adeguata da parte delle autorità competenti e degli attori con un mandato in materia di diritti umani è una necessità urgente.
«In generale, gli stati vittoriosi sono generosi e, nel caso del nostro nemico, giustifica solo i suoi crimini di guerra…. PS. Le bolle hanno la capacità di scoppiare…» (Liana Margaryan).
Il Direttore dell’Arabkir Medical Complex, Dott. Ara Babloyan, in una lettera aperta indirizzata al Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha espresso la speranza che quest’ultimo mantenga la promessa fatta agli Armeni del Nagorno-Karabakh di annunciare un’amnistia per tutti in caso di remissione delle loro armi e della dissoluzione delle strutture statali: «Mi permetto di scrivere questa lettera aperta considerando diverse circostanze. come chirurgo pediatrico, ho operato e salvato la vita di migliaia di bambini, tra cui centinaia di bambini Azeri, quando eravamo tutti cittadini dello stesso Paese. Come Ministro della Sanità della Repubblica di Armenia. Ho fatto tutto il possibile per prevenire l’epidemia di morbillo nella nostra regione, compreso l’Azerbajgian, offrendo al Ministro della Sanità dell’Azerbajgian il lotto necessario di vaccino contro il morbillo. In qualità di Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Armenia, ho rilasciato una dichiarazione affermando che è inaccettabile per me uccidere un ragazzo di 18-20 anni giovani sia del versante armeno che di quello azerbajgiano, solo perché non riusciamo a trovare soluzioni ai problemi con mezzi politici pacifici.
Con questa lettera voglio ricordarti la sua promessa e dirla che è obbligata a mantenerla sia come Presidente del Paese che come uomo.
Ha posto la condizione affinché gli Armeni del Nagorno-Karabakh depongano le armi e dissolvano le strutture statali, promettendo invece l’amnistia per tutti, cosa che è stata accolta con entusiasmo dai leader di alcuni dei principali stati del mondo. E ora, quando il popolo ha deposto le armi, evitando tante nuove vittime da entrambe le parti, il Presidente del Nagorno-Karabakh ha annunciato lo scioglimento dello Stato per decreto, circa 100.000 armeni residenti hanno lasciato il Nagorno-Karabakh e presto quella loro terra verrà consegnata a lei, che purtroppo non conceda l’amnistia
Spero che questa mia lettera risveglierà in lei la dignità e, come ha promesso come Presidente promesso, annuncerà l’amnistia ora, senza precondizioni e non più tardi, dopo nuovi casi di atrocità, nuove umiliazioni».
«Stavo proprio parlando con mia sorella dell’UNICO albero che è stato abbattuto in Inghilterra, una notizia internazionale. Lo vedeva sui titoli dei giornali in Danimarca. Le ho chiesto se avesse sentito/letto della pulizia etnica degli Armeni da parte dell’Azerbajgian. Non ne aveva visto nulla» (Siranush Sargsyan).
La comunità internazionale finge di essere colta di sorpresa dal fatto che gli Armeni non avevano altra scelta che fuggire dall’Artsakh dopo 2 guerre in 3 anni, escalation militare, uccisioni di civili, incluso bambini, 10 mesi di assedio, 3 mesi di fame da parte dell’Azerbajgian.
Se credete che il silenzio che circonda l’Artsakh sia casuale, vi sbagliate. Il silenzio è sempre e solo un alleato dei carnefici.
Ci soccorre Isaia 33,15:
«Chi cammina nella giustizia e parla con lealtà,
chi rigetta un guadagno frutto di angherie,
scuote le mani per non accettare regali».
Buoni affari per l’Italia: il 30,1% dell’export azero dentro i nostri confini
Dall’inaugurazione del Tap nel 2020 abbiamo ricevuto 10 miliardi di metri cubi di gas. Baku ci invierebbe anche il gas russo sotto embargo dall’inizio della guerra in Ucraina
di Luca Manes
Il Manifesto, 30 settembre 2023
Un legame forte, fortissimo, quello tra l’Italia e l’Azerbajgian. Lo testimoniano i dati, che raccontano come il nostro Paese sia il primo partner commerciale di Baku in Europa. Il 30,1% dell’export azero finisce nei nostri confini, per la stragrande maggioranza in forma di idrocarburi. Abbiamo preso tanto petrolio proveniente dai giacimenti su terra e nel Mar Caspio che in alcuni anni l’Azerbajgian ha capeggiato la lista dei Paesi da cui importavamo più oro nero. Per il 2022 ci siamo attestati sul 16,4%, ma ancora nel 2021 si era sul 23%.
TUTTAVIA è sul gas azero che da un decennio si sta giocando una partita di grande rilievo. Il Trans Adriatic Pipeline, meglio conosciuto come Tap e nella gestione del quale ha un ruolo apicale la partecipata statale Snam, è il troncone finale della mega pipeline Corridoio sud del gas. Un serpentone di 3.500 chilometri che dai giacimenti azeri di Shah Deniz arriva fino alle coste del Salento. Nonostante la forte protesta popolare, fu l’allora governo guidato da Matteo Renzi a dare l’inizio ai lavori del Tap, costati 4,3 miliardi di euro. Per tutto il corridoio Sud siamo invece sui 45 miliardi, con lauti contributi pubblici, come gli assegni di 3,9 miliardi di euro staccati da una cordata di banche pubbliche e private, tra cui la Banca europea per gli investimenti, Intesa Sanpaolo e UniCredit, e la garanzia di diverse agenzie di credito all’export, tra cui la nostrana Sace.
NEI TUBI del Corridoio nel 2022 sono passati quasi 10 miliardi di metri cubi di gas, tre in più del 2021. In totale, dalla sua inaugurazione nel 2020, siamo a 18,5 miliardi, quasi tutti (16) per il mercato italiano. Ma c’è addirittura chi sospetta che il gas destinato al terminal nei pressi di Melendugno non sia tutto azero. Un recente studio della stimata organizzazione statunitense Ieefa fa notare come Eurostat riferisca che nel gennaio 2023 l’Italia ha importato circa 750 milioni di metri cubi di gas dall’Azerbajgian, mentre nello stesso mese il nostro Paese ha dichiarato di aver importato 852 milioni di metro cubi di gas attraverso il Tap. Soprattutto se si leggono i dispacci di agenzia dello scorso novembre, in cui il produttore ed esportatore statale russo di gas Gazprom annunciava ufficialmente di aver iniziato a fornire gas alla compagnia statale azera Socar, a cui entro marzo 2023 avrebbe consegnato circa un miliardo di metri cubi, un’idea sulla provenienza di quei milioni in più ce la si può fare. La richiesta di aumentare la fornitura di gas fatta dall’Europa all’Azerbajgian una volta scoppiata la guerra in Ucraina, paradossalmente, potrebbe essere stata esaudita impiegando le riserve russe, che così sarebbero uscite dalla porta, per poi rientrare dalla finestra.
CHE IL CORRIDOIO Sud del gas sia un’opera sovra-dimensionata a meno di non considerare l’impiego del gas russo noi di ReCommon lo sosteniamo da anni, dal momento che le riserve del Mar Caspio, seppur abbondanti, non coprirebbero il ventilato raddoppio della portata della pipeline, da 10 a 20 miliardi di metri cubi l’anno, senza “attingere” altrove.
NELLE CANCELLERIE europee, compreso a Palazzo Chigi, nessuno però sembra essersi posto troppe domande sulla reale provenienza del gas azero, né si mette troppo in discussione il regime di fatto di Ilham Aliyev. Anche in questo caso, sono anni che denunciamo insieme a numerose organizzazioni internazionali la stretta repressiva del governo azero, le cui carceri sono piene di prigionieri politici. La vicenda della giornalista Khadija Ismayilova, per fortuna risoltasi con la sua liberazione, è solo una delle più eclatanti. Proprio Ismayilova aveva scoperchiato il vaso di Pandora delle proprietà e degli interessi economici in giro per il pianeta. Un’altra giornalista, la compianta Daphne Caruana Galizia, aveva invece denunciato le relazioni pericolose tra politici del suo Paese, Malta, e l’Azerbajgian.
Non che siano mancati i “contatti proibiti” con politici italiani. Val la pena rammentare la condanna in primo grado, poi prescritta, per corruzione internazionale del parlamentare Luca Volonté per aver ricevuto 500mila euro nel 2012-2013 dall’allora rappresentante dell’Azerbajgian all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, affinché lo stesso Volonté, in qualità di presidente dei Popolari-Cristiano Democratici, orientasse il voto del proprio gruppo parlamentare contro l’approvazione del rapporto che denunciava le terribili condizioni di 85 prigionieri politici azeri.
DI FATTO con quel voto al Consiglio d’Europa si legittimava in pieno il governo di Baku e si aprivano i confini europei (e italiani) al gas del Caspio. Ma il rapporto non è univoco, ovvero non è solo di import. L’Italia, infatti, all’Azerbajgian vende armi. Almeno dal 2012, quando Leonardo tramite la controllata AugustaWestland ha fornito 10 elicotteri a Baku. È di cinque anni dopo l’intesa con la già citata Socar per incrementare la sicurezza fisica e cyber delle infrastrutture per gli approvvigionamenti energetici e garantire
maggiore efficienza alle attività della società azera. La scorsa primavera Leonardo ha venduto agli azeri aerei da trasporto militare C-27J. La conferma è arrivata dalle parole dell’ex ministro dell’Ambiente Roberto Cingolani, ora amministratore delegato di Leonardo, che però non ha specificato il numero di aerei messi a disposizione dell’esecutivo azero.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]