Christianus mihi nomen est, catholicus cognomen

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.08.2024 – Jan van Elzen] – La crisi nella Chiesa Cattolica è evidente ed è forse una delle crisi più devastanti della sua storia. Alcuni pensano che il tradizionalismo cattolico sia la soluzione, in realtà è un sintomo della malattia. Con il suo nuovo libro, La destra del Signore si è alzata: Una storia del tradizionalismo cattolico dal Vaticano II a Traditionis Custodes, (Solfanelli 2024, 252 pagine [QUI]), con la presentazione del Prof. Roberto de Mattei, Aurelio Porfiri vuole innanzitutto offrire una panoramica delle dinamiche storiche che hanno portato alla crescita del fenomeno tradizionalista Cattolico nel post-Concilio, di cui comprende – e in gran parte condivide – l’analisi della situazione nella Chiesa Cattolica. In secondo luogo dimostra che il tradizionalismo Cattolico non è un fenomeno che può essere isolato dal progressismo, dato che esso è una reazione ai cambiamenti portati dalle nuove correnti di pensiero teologico nella Chiesa Cattolica. In terzo luogo, cerca di far comprendere che il mondo tradizionalista non è così omogeneo come alcuni vorrebbero pensare e credere. È, al contrario, molto composito e infiammato dalla forte opposizione tra i vari gruppi. Un ruolo importante è svolto dall’Arcivescovo Marcel Lefebvre, che in queste pagine è uno dei protagonisti, insieme ad altri nomi rilevanti nel mondo tradizionalista, come l’Abbé Georges De Nantes e tanti altri. È, dunque, un libro che presenta elementi per la riflessione e cerca di trovare una soluzione all’attuale crisi nella Chiesa Cattolica.

Aurelio Porfiri è compositore, direttore di coro, educatore e scrittore. Ha vissuto e lavorato a Macao in Cina dal 2008 al 2015. Ha pubblicato tra l’altro circa quaranta libri e quasi 700 articoli su temi che vanno dalla musica sacra alle questioni cinesi. In questa sua più recente opera coinvolgente e ricca di riflessioni, Porfiri offre una dettagliata, articolata e profonda esplorazione del tradizionalismo cattolico e delle sue radici, un movimento che ha segnato profondamente la Chiesa Cattolica degli ultimi decenni.

Un’analisi profonda e plurale

Porfiri ci invita a guardare oltre le apparenze e ad esplorare le sfumature del tradizionalismo cattolico. Come suggerisce il sottotitolo, “una storia” piuttosto che “la storia”, il libro non pretende di essere esaustivo, ma offre una ricostruzione plausibile e rispettosa di decenni di lotte, battaglie e sconfitte in difesa della tradizione. L’autore sottolinea come il tradizionalismo Cattolico sia, in realtà, una reazione a una crisi percepita all’interno della Chiesa, una crisi che ha sconvolto molti fedeli sin dal Concilio Vaticano II.

Un approccio inclusivo e rispettoso

Uno degli aspetti distintivi del libro è la volontà di Porfiri di non etichettare il tradizionalismo Cattolico come un blocco monolitico. Egli riconosce la pluralità di versioni e interpretazioni all’interno del movimento, e cerca di rispettare ciascuna di esse. Nonostante le sue personali riserve verso i “tradizionalisti di professione”, Porfiri mantiene un approccio aperto e comprensivo, evidenziando come ogni individuo cerchi di trovare un senso in una situazione di crisi profonda per la Chiesa.

Un amore per la tradizione, non per il tradizionalismo

Porfiri esplicita chiaramente la sua posizione: ama la tradizione con grande passione, ma ha delle riserve verso l'”-ismo”. Per lui, il tradizionalismo non dovrebbe essere una nuova casa, ma piuttosto un rifugio temporaneo. Questa distinzione è cruciale e si riflette nelle sue osservazioni personali e nelle citazioni di figure influenti come il Cardinale Robert Sarah, che invita a superare le etichette divisive all’interno della Chiesa.

Storie e protagonisti del tradizionalismo

Nel libro, i lettori troveranno numerose storie che delineano il panorama del tradizionalismo Cattolico. Una delle figure centrali è Mons. Marcel Lefebvre, ma Porfiri non si limita a un solo protagonista. Il libro offre un quadro ricco e variegato di nomi e vicende, presentati con onestà e rispetto, con l’obiettivo di ridurre la faziosità e rendere il testo accessibile e coinvolgente per tutti i lettori.

Un libro per tutti

Porfiri crede che il suo libro sia essenziale non solo per coloro che amano la tradizione, ma anche per coloro che si sentono a proprio agio nel campo del progressismo Cattolico. Per questi ultimi, il libro rappresenta un’opportunità di studio e riflessione, con la speranza che possano cambiare il loro atteggiamento verso quei fedeli che cercano di vivere integralmente la propria fede in tempi di crisi.

Conclusioni

La destra del Signore si è alzata: Una storia del tradizionalismo cattolico dal Vaticano II a Traditionis Custodes di Aurelio Porfiri è un’opera che promette di suscitare dibattito e riflessione. Con il suo approccio equilibrato e rispettoso, Porfiri offre una risorsa preziosa per chiunque desideri comprendere meglio le dinamiche interne alla Chiesa Cattolica contemporanea. Non perdete l’opportunità di leggere questo libro avvincente e illuminante.

La Presentazione del Prof. Roberto de Mattei

Aurelio Porfiri, nato nel quartiere antico e popolare di Trastevere, e dunque autentico “romano de Roma”, è stato allievo del Maestro, poi Cardinale, Domenico Bartolucci, l’ultimo grande direttore della Cappella Sistina, ed è innanzitutto un musicista. È autore di centinaia di composizioni e di una storia della musica sacra cattolica, pubblicata dal Centro Cattolico della Chinese University, in lingua cinese e in inglese, con il titolo Forever I will Sing.

Io l’ho conosciuto in anni lontani e ancora ricordo i bei concerti da lui diretti nella Basilica di San Crisogono, dei Padri Trinitari, dove riposano le spoglie della Beata Anna Maria Taigi, una santa a lui cara, come a lui caro è il Servo di Dio Rafael Merry del Val, Segretario di Stato di San Pio X, che fino alla morte, nel 1930, esercitò il suo apostolato tra i giovani di Trastevere.

Trasteverino, ma proiettato dalla vita ai confini del mondo, fino a Macao e ad Hong Kong, Aurelio Porfiri, pur senza rinunciare alla musica, ha progressivamente allargato il campo dei suoi interessi ai temi di attualità religiosa e culturale, con riflessioni apparse in libri, riviste, blog e social media italiani e stranieri. Ciò che lo ha spinto ad intervenire è stato soprattutto lo spettacolo di devastazione della musica sacra e della liturgia degli ultimi decenni.

Gli anni del post-Concilio sono stati un periodo in cui si è assistito a una rivoluzione della Chiesa, attuata in nome di uno “spirito del Concilio” che ha spesso contraddetto gli stessi documenti che si vantava di promuovere. L’esistenza di questa rivoluzione religiosa e la ricerca di un punto di riferimento a cui ancorarsi, ha portato Porfiri ad incontrare il mondo del cosiddetto “tradizionalismo”, al quale egli non è mai appartenuto, ma al cui interno ha vissuto e vive con partecipazione talvolta sofferente, fino a decidere di ricostruirne la storia.

Porfiri non è uno storico nel senso proprio del temine, ma piuttosto un attento testimone e cronista, che in questo libro svolge egregiamente il suo compito, che è quello di raccontare ciò che ha visto con libertà e indipendenza di giudizio.

Il tradizionalismo di cui si occupa Aurelio Porfiri è il movimento, nato in reazione al Concilio Vaticano II, soprattutto dopo la riforma liturgica di Paolo VI del 1969. Va detto però che il tradizionalismo contemporaneo è la sottospecie di una più ampia scuola culturale che nasce in reazione alla Rivoluzione francese e che si alimenta a una profonda teologia della storia spesso sconosciuta ai neo-tradizionalisti dei nostri giorni.

I padri fondatori del tradizionalismo sono, in questa prospettiva, non solo eminenti autori come Joseph de Maistre e Juan Donoso Cortés, ma anche i grandi Papi dell’Ottocento e del Novecento, soprattutto il Beato Pio IX e San Pio X, che nella lettera apostolica Notre Charge Apostolique del 25 agosto 1910, afferma che: “I veri amici del popolo non sono né rivoluzionari, né novatori, ma tradizionalisti”.

Non si può comprendere, perciò, Mons. Marcel Lefebvre senza la Cité Catholique fondata nel 1946 da Jean Ousset, così come bisogna ricordare che l’azione del Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, risale agli anni Trenta del Novecento, e si pone in diretta continuità col pensiero controrivoluzionario del secolo precedente. Questi Cattolici, che sono stati etichettati, o si sono definiti, come “intransigenti”, “ultramontani”, “integristi”, “contro-rivoluzionari”, “tradizionalisti”, “anti-modernisti”, sono stati e sono prima di tutto Cattolici.

Ciò che dovrebbe qualificarli non sono le denominazioni polemiche, ma la vera fede della Chiesa. Io stesso, pur non rifiutando l’etichetta di “tradizionalista”, che mi viene attribuita, se dovessi auto-definirmi, utilizzerei le parole di San Paciano di Barcellona: Christianus mihi nomen est, catholicus cognomen.

La crisi religiosa e culturale è penetrata anche all’interno del tradizionalismo contemporaneo, dividendolo in gruppi e correnti. Porfiri è colpito da queste divisioni e osserva come oggi non esiste un tradizionalismo cattolico, ma tanti tradizionalismi, spesso impegnati fra di loro in “singolar tenzone”, che nelle sue pagine meticolosamente registra.

Accanto agli istituti e ai gruppi, più o meno noti, che si muovono all’interno delle istituzioni della Chiesa, vi sono quelli ai margini o al di fuori di essa: sedevacantisti, sedeprivazionisti, sedematerialisti, sedeimpeditisti. Spesso questi gruppi hanno sottogruppi e non di rado sono uno contro l’altro. Porfiri dà voce ad ognuno di essi, ma il rischio di ricordarli tutti, evitando giudizi di merito, è quello di alimentare quella confusione dialettica che giustamente egli lamenta e che lo ha spinto a intraprendere la sua ricerca.

Il suo tentativo di ricostruzione storica di un movimento così complesso resta comunque pionieristico e perciò va apprezzato. Il Maestro Porfiri non è un tradizionalista, ma non è nemmeno un anti-tradizionalista. Ama la tradizione, ma rifiuta quella che definisce la patologia del tradizionalismo.

Il Prof. Andrea Sandri ha individuato tre passaggi di questa patologia, esplosa soprattutto nell’era post-Covid: la negazione della Chiesa visibile, la riduzione dell’ordine ecclesiastico al proprio gruppo di riferimento e l’impostazione politico-apocalittica culminante nell’elevazione dell’azione politica a “grande sacramento” di liberazione (Vigiliae Alexandrinae, 29 giugno 2021).

Ne deriva la tendenza a dimenticare che il Cristianesimo è una realtà istituzionale e ordinata, e a spostare la frontiera della Tradizione dalla vita soprannaturale, che passa in secondo piano, alla lotta di liberazione del mondo dal grande complotto politico. La grazia finisce per collocarsi del tutto esteriormente in questa lotta in cui la salvezza deve essere afferrata dall’uomo nella militanza contro un potere che è cattivo non per i suoi abusi, ma nella sua essenza.

Non c’è da stupirsi se all’interno del movimento tradizionalista incontriamo figure di grande levatura intellettuale e morale, accanto a personaggi che hanno voluto solo ritagliarsi un poco di notorietà, attirando attorno a sé persone fragili e scontente.

Il libro di Aurelio Porfiri, scritto con il buon senso del “romano de Roma”, è anche un invito a meditare sulla frammentazione di un mondo che troppo spesso per cercare la purezza, cade nell’abisso del caos. “Chi deve vigilare – ha scritto Porfiri – è proprio chi si sente più puro perché in cima alla montagna di San Juan de la Cruz l’equilibrio è più precario e l’aria si fa più rarefatta” (Stilum Curiae, 29 ottobre 2022).

Al Maestro Porfiri è anche cara una frase di Gustave Thibon: “Niente ha più bisogno di purificazione di ciò che noi chiamiamo purezza”. Ciò significa, che per giudicare con purezza bisogna avere anche il cuore libero dal male e non odiare gli amici vicini più di quanto non si detestano i nemici lontani. Per questo è prescritto di lasciare solo a Dio il giudizio sulle intenzioni dei nostri fratelli nella fede.

Il Motu proprio Traditionis custodes di Papa Francesco del 18 dicembre 2021, confermato dal Rescritto approvato dal Santo Padre il 21 febbraio 2023, sembra andare nella direzione dello smantellamento dei gruppi tradizionalisti. Ma è legittimo chiedersi se, nella pur legittima resistenza alle misure restrittive ingiuste, certe critiche dei tradizionalisti ai loro persecutori non differiscano dalle loro posizioni che per il loro atteggiamento esteriore, mentre a livello interiore, le qualità dell’anima restano assai simili. Aurelio Porfiri conclude il suo libro, affermando che la questione del tradizionalismo Cattolico appare come una spina nel fianco del cammino della Chiesa post-conciliare. Dopo dieci anni di pontificato di Papa Francesco, è difficile prevedere gli sviluppi futuri di questo cammino che, osserva giustamente, saranno comunque legati alla figura del nuovo Pontefice. È vero. Nella Chiesa il Papa, Vicario di Gesù Cristo, se talvolta è un problema, è anche sempre la soluzione di ogni problema.

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