Il caso Striano e la caccia a Becciu
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.09.2024 – Ivo Pincara] – L’interlocutore accertato di Pasquale Striano – il Luogotenente della Guardia di finanza presso la Direzione nazionale antimafia (Dna), indagato insieme al suo capo, il pm antimafia Antonio Laudati e ai giornalisti di Domani per gli accessi abusivi alla banca dati della Dna, e contatti con i servizi segreti – sarebbe un funzionario dell’Aise, il servizio segreto esterno, che a Striano passò una delle Sos provenienti dalla Banca d’Italia. Tema della Sos: attività ricollegabili al Vaticano, scrive Luca Fazzo su Il Giornale del 7 settembre 2024.
C’è un evidente collegamento tra gli accessi abusivi agli Sos del luglio/agosto 2019 e l’inchiesta vaticana che ha portato al processo Becciu. I Rescripta papali, che autorizzavano l’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticano ad adottare solo in questo procedimento misure cautelari “anche al di fuori di casi previsti dalla legge” e intercettazioni telefoniche, sono degli inizi di luglio 2019. Dal luglio 2019 il Promotore di Giustizia e il Corpo della Gendarmeria vaticani erano quindi in gran segreto proprio alla ricerca di informazioni sui soggetti attenzionati. All’epoca, l’inchiesta non era ancora pubblica, nemmeno per gli indagati: la prima perquisizione è dell’ottobre 2019. Come faceva Striano a saperlo? Una mera coincidenza è statisticamente impossibile.
Ora si inizia a capire che l’Ufficio del Promotore di Giustizia e il Corpo della Gendarmeria vaticani probabilmente si sono rivolti a qualcuno dell’Aise. L’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) della Santa Sede non ha accesso alle Segnalazioni di operazioni sospette (Sos) delle Unità di Informazione Finanziaria (AIF) dei Paesi aderenti al Gruppo d’azione finanziaria (Gafi) e a Moneyval (il Comitato di esperti sulla valutazione delle misure antiriciclaggio e sul finanziamento del terrorismo, organismo di monitoraggio permanente del Consiglio d’Europa), perché lo Stato della Città del Vaticano non è compliance per l’antiriciclaggio, in withe list per la fiscalità e in black list per antiriciclaggio. Quindi nel 2019 gli investigatori vaticani erano “ciechi” sotto questo profilo.
Nel luglio 2019 su Mincione, Torzi, Capaldo, nel marzo 2020 sulla Marogna, nel 2022 su Botti, nel marzo 2022 su Viale: questi sono i nomi finora noti. Potrebbero essercene altri. È evidente che chi ha chiesto queste informazioni a Striano non agiva per un interesse personale. Nel luglio 2019 l’interesse era collegabile solo alle indagini vaticani segrete appena iniziate indirizzate al Cardinale Angelo Becciu, note solo ad un pugno di persone in Vaticano.
Sembra inoltre che Striano abbia fatto attribuire un lavoro in Vaticano a tale Matteo Cristina. Striano nel 2021 sarebbe stato in possesso di una tessera servizi per usufruire di servizi in Vaticano. Poi, fatto non indifferente, la presenza in Vaticano di funzionari della Guardia di finanza che collaborano con i funzionari del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano.
Forse il filo rosso che emerge in questo affare porterà ai mandanti all’interno dello Stato della Città del Vaticano del complotto ai danni di Becciu.
Premesso che le Sos e tutta questa faccenda degli accessi illeciti collegati al Vaticano ci fanno sorridere, possiamo affermare senza temere una smentita, che il nucleo del problema non va cercato nell’Aise o in un operatore come Striano, ma va cercato all’interno dello Stato della Città del Vaticano. Appare evidente che le notizie che arrivano a Fittipaldi non le passa Striano, le passa direttamente a Fittipaldi qualcuno all’interno del Vaticano.
Negli ultimi anni il Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano ha istituito un proprio ufficio presso l’ex casa del Giardiniere – nei Giardini vaticani, zona Osservatorio – nel quale per circa due anni, durante il periodo del processo 60SA/Becciu, hanno operato due sottufficiali della Guardia di finanza italiana in abiti borghesi, unitamente ai gendarmi vaticani. Il Promotore di Giustizia vaticano, Prof. Avv. Alessandro Diddi, in questo ufficio ha fatto depositare molto materiale informatico del processo 60SA/Becciu. Lo scriviamo cosi per ricordarvi che la struttura esiste ed è stata utilizzata anche da Didi come sito gestito e presidiato dalla Gendarmeria vaticana, dove vengono ancora attualmente tenuto in custodia materiale posto sotto sequestro.
Lunedi 21 aprile 2024 ore 14.30 – Palazzo San Macuto (Aula V piano) – Emiliano Fittipaldi è stato convocato e audito in Commissione bicamerale antimafia su dossieraggio politici e mondo economico [QUI].
Il Direttore del quotidiano Domani, Emiliano Fittipaldi, nel corso della sua audizione alla Commissione bicamerale antimafia, rispondendo alle domande di deputati e senatori, argomenta su quanto emerso dall’indagine della procura di Perugia guidata dal Dott. Raffaelo Cantone e cioè che Pasquale Striano era in contatto con alcuni giornalisti di Domani (Giovanni Tizian, Nello Trocchia, Stefano Vergine), ai quali passava documenti ed esiti di consultazioni provenienti da Sos.
Noi vogliamo far capire, che le Sos che Striano passa a Tizian e ai suoi colleghi di Domani non hanno nulla a che fare con quello che da dentro il Vaticano arriva a Fittipaldi ai tempi de L’Espresso, prima che Fittipaldi fosse nominato Direttore di Domani.
Il parallelo è la prima perquisizione dell’ottobre 2019. Come faceva Striano a saperlo? La risposta è semplice, la Gendarmeria vaticana ha compiuto attività in Italia unitamente alla Guardia di finanza: vedi la perquisizione dell’abitazione del padre di Tirabassi a Roma e Celano; vedi le perquisizioni in Sardegna. E citiamo fatti che sono emersi chiaramente [QUI e QUI].
Se c’è una domanda da farsi per quel particolare periodo citato, non riguarda Striano o le perquisizioni, perché tutto ciò distoglie la lente da ciò che andrebbe indagato veramente.
Le date sono importanti e il fatto centrale è, e resta, la disposizione “ad uso interno” che fa perdere la poltrona all’allora Comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, Dott. Domenico Giani, datata 2 ottobre 2019, protocollata da sds (Commissario Stefano De Santis, stretto collaboratore del Promotore di Giustizia vaticano, Prof. Avv. Alessandro Diddi) a firma di Giani. Viene fatta trapelare al di fuori delle mura vaticane chiaramente da fonti interne e giunge ai giornalisti de L’Espresso che montano lo scoop giornalistico, che fa dimettere Giani stesso a seguito del commento sulle foto dei dipendenti della Santa Sede fatto proprio da Papa Francesco, che definisce il tutto con un perentorio “peccato mortale”.
Cosa c’entrano le Sos o Striano o l’Aise con Giani e con la sua disposizione ad uso interno passata a Fittipaldi e pubblicata su L’Espresso, affinché il Papa avesse il famoso “nero su bianco” per prendere una decisione?
Cosa c’entrano le Sos o Striano o l’Aise con quel famoso “nero su bianco” ancora inedito, che il 24 settembre 2020 al Domus Sanctae Marthae decreta la caduta del Cardinale Angelo Becciu?
In entrambi i casi la risposta è la medesima: le Sos, Striano e l’Aise con Giani e Becciu non c’entrano nulla, diversamente da quello che qualcuno vuole farci credere.
Come mai viene posto l’interrogativo sul perché Striano era informato sulla perquisizione dell’ottobre 2019 e non viene chiesto perché a L’Espresso viene letteralmente “passata” la disposizione ad uso interno firmata da Giani, per montare lo scandalo con lo scopo di colpire Giani, fatto con il quale Striano, le Sos, l’Aise, ecc. non c’entrano nulla… e parliamo di ottobre 2019. L’elefante che si vuole coprire lo vede pure un bambino con il lecca lecca in mano.
Per colpire Becciu nel settembre 2020, era necessario colpire prima e mettere fuori gioco Giani nell’ottobre 2019. Le menti raffinatissime interne al Vaticano hanno pianificato bene tutto. Oggi queste menti raffinatissime ci vogliono far credere che i servizi segreti italiani hanno la responsabilità di questa storia. Invece, i responsabili della caduta di Giani e di Becciu poi si trovano all’interno al Vaticano e si stanno adoperando per creare un bel depistaggio dove in tanti ci cascano, vestiti e calzati.
La prova provata del complotto contro Giani è il fatto che non vi è stata alcuna indagine sul famoso “corvo” interno al Corpo della Gendarmeria, che avrebbe fatto trapelare la disposizione. Chi dovrebbe fare questa indagine è il successore di Giani. Ma Dott. Gianluca Gauzzi Broccoletti non fa nulla. Se all’interno della Gendarmeria c’è un corvo che fa trapelare documenti all’esterno, perché non viene fatta una indagine?
La prova provata del complotto contro Becciu sono i codici sorgente dell’articolo su L’Espresso con contro Becciu (poi risultato una calunnia), svelati da Vittorio Feltri su Libero. Lo diciamo ormai da anni e continuiamo a dirlo. Le medesime menti raffinatissime che vogliono Becciu fuori dal Conclave, un anno prima hanno messo fuori dal Vaticano, fuori gioco, Giani.
Fate attenzione, in entrambi i casi tutto viene fatto nella stessa modalità, con documenti e notizie passate a L’Espresso, notizie da “nero su bianco” che generano una reazione di pancia di Papa Francesco. Che fa cadere la teste di Giani e poi mette fuori dal Conclave Becciu.
Ritornando all’audizione di Fittipaldi in Commissione bicamerale antimafia, è interessante la sua risposta ad una domanda specifica su chi secondo lui sono i mandanti del passaggio delle Sos e su dove sono finiti i documenti estrapolati dalle Sos. Al minuto 1.53.00 Fittipaldi afferma di non sapere nulla in merito, dicendo che è stato escluso che Striano abbia avuto contatti con Stati esteri, ma aggiunge: “Non potendo escludere nulla, potrei dire che il mandante di Striano è Papa Francesco, potrei dire qualsiasi cosa”.
Infine, in riferimento alle dichiarazioni del Promotore di Giustizia vaticano a Il Tempo (marzo e settembre 2024), è chiaro che si tratta delle “indagini a specchio” come quelle che faceva la banda di magistrati corrotti, per sapere che cosa avevano in mano gli altri inquirenti. Non è comunque previsto alcun “coordinamento investigativo” tra Italia e lo Stato della Città del Vaticano. Se il Procuratore di Perugia, Dott. Raffaele Cantone facesse sapere qualcosa al Promotore di Giustizia vaticano Alessandro Diddi, commetterebbe una rivelazione di segreto d’ufficio.
++++ AGGIORNAMENTO ++++ Ed ecco, questo serve per sapere cosa sanno gli inquirenti italiani:
MARTEDÌ 17 SETTEMBRE 2024 17.51.45 ++ Incontro a Perugia tra Cantone e autorità vaticane ++Aperto fascicolo anche da Promotore Giustizia su accessi abusivi (ANSA) – CITTÀ DEL VATICANO, 17 SET – Si è svolto oggi presso gli Uffici della Procura di Perugia un incontro tra il Procuratore Raffaele Cantone, il Sostituto Procuratore Laura Reale, il Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, Alessandro Diddi e il Comandante del Corpo della Gendarmeria Vaticana, Gianluca Gauzzi. “L’incontro – spiega il Vaticano – si è reso necessario per concordare l’avvio di un’attività di collaborazione tra i due Uffici giudiziari a seguito dell’apertura, anche da parte del Promotore di Giustizia, di un fascicolo sui presunti accessi abusivi compiuti durante lo svolgimento delle indagini nell’ambito della nota inchiesta riguardante l’acquisto del palazzo di Londra”. (ANSA). 2024-09-17T17:37:00+02:00 TU ANSA per CAMERA23
A pagina 153 del documento Accordi di assistenza giudiziaria. Atti del Senato, al punto 12.1.1. Gli accordi internazionali di cooperazione giudiziaria penale, si legge: “Città del Vaticano (per il trattato di assistenza giudiziaria per il quale è stata redatta e trasmessa la bozza del testo proposto, sul quale, peraltro, la controparte ha poi comunicato di non voler nemmeno avviare il negoziato, nonostante aveva precedentemente preso l’iniziativa, seppur con riferimento a un accordo limitato alle videoconferenze).
A che titolo il Promotore di Giustizia e il Comandante del Corpo della Gendarmeria vaticani si presentano ad un Procuratore della Repubblica italiano per “coordinarsi” con lui nelle indagini? Manco il negoziato ha aperto lo Stato della Città del Vaticano. E adesso chiedono e ottengono collaborazione. Il CPP non prevede alcun coordinamento con entità estere. Lo possono prevedere accordi internazionali che con lo Stato della Città del Vaticano non sono mai stati conclusi. Ci sono solo i Patti lateranensi del 1929.
Dossier e caso Becciu. Diddi: “Asse tra Procure sulle spiate in Vaticano”
di Rita Cavallaro
Il Tempo, 14 settembre 2024
Il fascicolo in Vaticano è aperto e stiamo valutando se chiedere un coordinamento investigativo al procuratore Raffaele Cantone. Perché ormai è certo, ed è gravissimo, che mentre noi stavamo svolgendo indagini coperte dal massimo riserbo, qualcuno seguiva illecitamente le tracce di ciò che stavamo facendo, cercando i nominativi delle persone coinvolte. Il Promotore di Giustizia dello Stato Vaticano, Alessandro Diddi, spiega a Il Tempo l’attività di indagine partita ormai dal marzo scorso, da quando è emerso che gli spioni dell’Antimafia avevano effettuato accessi abusivi alle banche dati sui protagonisti dello scandalo del palazzo di Londra, sfociato poi nel processo al Cardinale Angelo Becciu. I nuovi atti dell’inchiesta della Procura di Perugia, infatti, ricostruiscono la vicenda, scoppiata a seguito di uno scoop del giornalista Emiliano Fittipaldi, pubblicato su L’Espresso a ottobre 2019, che rivelava di una trattativa tra la Segreteria di Stato e il finanziere Raffaele Mincione per l’acquisto del palazzo di Sloane Avenue, a Londra.
Un’operazione che gettava ombre su circa 650 milioni di fondi extrabilancio della Segreteria di Stato. Per la gestione di quei fondi il Cardinale Becciu è stato processato e condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione. Nello stesso periodo in cui la Gendarmeria stava portando avanti le indagini, si era mosso Pasquale Striano, il finanziere a capo del gruppo Sos della Dna, finito al centro dell’inchiesta dossieraggio per aver effettuato migliaia di intrusioni illegali al sistema analisti, in concorso con l’ex pm Antonio Laudati e i giornalisti di Domani, Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, tutti accusati di accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione del segreto.
Il Tempo, già a marzo scorso, aveva rivelato il filo rosso tra gli spioni dell’Antimafia e le trame vaticane, riportando una serie di intromissioni illecite effettuate da Striano sui protagonisti dell’affare di Londra già prima della rivelazione, da parte de L’Espresso, di «approfondimenti della magistratura vaticana» sul caso Becciu e della pubblicazione del «documento segretissimo» ottenuto, secondo quanto dichiarato poi dallo stesso Fittipaldi davanti al Tribunale della Santa Sede, da Massimo Massinelli collaboratore di Mincione.
«Una lettura successiva degli accessi effettuati da Striano», si legge nelle nuove carte dell’inchiesta di Perugia, «fornisce di certo una chiave di lettura delle possibili ragioni che possono aver indotto Striano ad effettuare gli stessi, che pure effettivamente risultano essere stati eseguiti da Striano in data antecedente alla pubblicazione degli articoli».
I nuovi elementi raccolti dagli inquirenti di Perugia ora potrebbero suscitare l’interesse degli investigatori vaticani e dare slancio al fascicolo parallelo dei magistrati del Papa.
La conferma dei pm: contatti tra 007 e Striano
La Procura di Perugia ha avuto riscontro dei rapporti tra il luogotenente e i servizi segreti
di Luca Fazzo
Il Giornale, 7 settembre 2024
Nel circuito perverso di dossieraggi e di scoop insediato nella Direzione nazionale antimafia, solo un tassello mancava a rendere il quadro perfetto: i servizi segreti. Ora la lacuna è colmata. Nel verbale di interrogatorio di Guido Crosetto, il Ministro della Difesa che con la sua denuncia ha dato il via all’inchiesta, si parla espressamente del ruolo che pezzi degli apparati di intelligence avrebbero avuto nella raccolta di informazioni intorno a lui. Crosetto, interrogato come vittima dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone, racconta di avere riferito i suoi timori a due tra i massimi esponenti del settore degli 007: Alfredo Mantovano, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Autorità delegata alla sicurezza, e Elisabetta Belloni, Capo del Dis, l’organismo di controllo dei «servizi».
Quali attività abbiano svolto Mantovano e Belloni per approfondire i timori di Crosetto non è per ora dato sapere, anche perché si tratta verosimilmente di accertamenti coperti dal segreto di Stato. Ma la Procura di Perugia ha ritenuto doveroso scavare su questo versante, andando a cercare casi di contatto tra Pasquale Striano, luogotenente della Guardia di finanza, indagato insieme all’ex pm Antonio Laudati per gli accessi abusivi alla banca dati della Dna, e servizi segreti. Almeno un contatto è saltato fuori. Mentre foraggiava con decine e decine di atti riservati gli articoli dei suoi amici del giornale Il Domani, Striano dava una mano anche alle «barbe finte». L’interlocutore accertato sarebbe un funzionario dell’Aise, il servizio segreto esterno, che al finanziere chiede una Sos, una delle Segnalazioni di operazioni sospette provenienti dalla Banca d’Italia e concentrate nell’ufficio in Dna di Striano e del pm nazionale Antonio Laudati. Tema della Sos, attività ricollegabili al Vaticano.
Ora il verbale di Crosetto fa parte delle migliaia di pagine depositate dalla procura di Perugia alla Commissione Antimafia. E così si comincia a capire meglio a cosa si riferisse il giudice perugino Elisabetta Massini quando nell’ordinanza che rifiutava l’arresto (chiesto da Cantone) di Striano e Laudati citava rapporti dei due indagati con «soggetti all’interno di organismi istituzionali». «Parliamo di apparati di sicurezza», avevano fatto sapere fonti vicine agli inquirenti. Ora il cerchio si completa: e viene alla luce il legame tra Striano e l’Aise. L’episodio accertato è per ora uno solo, e lo 007 in contatto con Striano viene definito di livello «non alto». Ma è chiaro che se si scopre che la «macchina da dossier» interna alla Dna era a disposizione anche dei servizi segreti, almeno due domande si impongono. Quanti altri favori, magari non emersi, ha fatto Striano alle «barbe finte»? E, soprattutto: per quale motivo e per colpire quali bersagli gli uomini dei servizi segreti invece di utilizzare direttamente le loro banche dati preferivano passare per il canale deviato?
Il «divieto di divulgazione» con cui la Procura di Perugia ha accompagnato l’invio delle carte alla Commissione Antimafia per ora regge abbastanza, ma è chiaro che prima o poi i documenti dell’inchiesta (che non sono più segreti, essendo stati messi a disposizione degli avvocati di Striano e Laudati) entreranno in circolazione.
E sarà interessante capire quante altre tracce concrete salteranno fuori a conferma di quanto Crosetto e altre vittime dei dossieraggi hanno sempre temuto: che a manovrare fughe di notizie e rivelazioni giornalistiche fossero anche pezzi di apparati dello Stato.
Il Vaticano chiamò Striano per dare la caccia a Becciu
Dopo le lettere del Papa ai “promotori di giustizia” della Santa Sede, il finanziere ha spiato tre personaggi vicini al cardinale
di Luca Fazzo
Il Tempo, 18 marzo 2024
Tre lettere firmate semplicemente «Francesco», su carta intestata con lo stemma papale: portano le date del 2 luglio, del 5 luglio 2019 e del 2 febbraio 2020. Sono le lettere con cui Bergoglio dà il via libera con pieni poteri ai «promotori di giustizia vaticani» perché diano la caccia con ogni mezzo agli affari di Giovanni Becciu, cardinale, e al giro di potere che lo circondava. É un incarico di portata straordinaria, che autorizza i pm di San Pietro a utilizzare fonti, consulenti, banche dati in modo praticamente illimitato.
Ora tornare a leggere quelle lettere di Papa Francesco – soprattutto le prime due, quelle del 2 e del 5 luglio – può aiutare a capire quanto accade dopo. Subito dopo, a luglio, quando un ordine di scavare sugli amici di Becciu arriva a destinazione sul tavolo più impensabile: quello di Pasquale Striano, luogotenente della Guardia di finanza in servizio da tempo alla Dna, la Procura nazionale antimafia. Ma anche quanto accade ora, con i «promotori di giustizia» vaticani che aprono una indagine dai contorni oggettivamente fumosi, senza reati né indagati, intorno alla vicenda dei dossier: una inchiesta dove non è facile dire se al Vaticano interessi più capire o cautelarsi.
Sui fatti di luglio 2019 la sequenza appare eloquente. Il 2 luglio il Papa mette sotto la lente di ingrandimento il finanziamento chiesto allo Ior, per coprire una speculazione edilizia a Londra, da Monsignor Peña Parra, e contemporaneamente ordina al Promotore di Giustizia Alessandro Diddi di monitorare lo Ior «adottando direttamente, ove necessario in deroga alle vigenti disposizioni, qualunque tipo di provvedimento». Tre giorni dopo, il 5 luglio, Bergoglio emana un secondo «rescriptium ex audientia» dando al Promotore la possibilità di intercettare con ogni mezzo comunicazioni utenze, fisse, mobili nonchè ogni altra comunicazione», specificando che tali poteri potranno essere esercitati nei confronti di soggetti le cui attività di comunicazione siano utili per lo svolgimento delle indagini». Di come vengano eseguiti dai pm vaticani gli accertamenti indicati da Bergoglio ci sono alcune tracce nel processo concluso con la condanna del cardinale, della sua amica Cecilia Marogna e di altri nove imputati. Ma ora si sa con certezza che nei giorni successivi ai primi rescriptium del Pontefice un ordine di scavare arriva sul tavolo del luogotenente Striano, che si dà subito da fare: tra il 19 luglio 2019 e il 22 luglio fa accertamenti su tre personaggi che verranno poi indagati e condannati insieme a Becciu e alla Marogna: il finanziere Raffaele Mincione, il minutante della Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi, il broker Gianluigi Torzi. Successivamente Striano farà interrogazioni anche su altri personaggi del «caso Becciu», ovvero la Marogna e il testimone Luciano Capaldo. Ma sono iniziative che Striano assume quando il caso è ormai scoppiato, e i nomi da scrutare possono essergli arrivati da chiunque.
Invece il 2 e il 5 luglio quei tre nomi non li conosce nessuno.
Qualcuno, in Vaticano, ha preso troppo sul serio l’ordine di Francesco di non andare troppo per il sottile, agendo «in deroga alle disposizioni»? Il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi ieri spiega a Il Tempo che l’apertura del fascicolo «è un atto dovuto» davanti a un «fatto che merita approfondimento». Ma forse interesserà anche a lui sapore come l’ordine di scavare sugli amici di Becciu sia arrivato fino agli spioni dell’Antimafia.
Nei dossier anche i nomi dell’inchiesta su Becciu
Dai file di Perugia emergono accessi su personaggi coinvolti nel caso di cui è protagonista il cardinale
di Luca Fazzo
Il Giornale, 16 marzo 2024
Una centrale di dossieraggio a disposizione non solo dei giornalisti amici ma anche di poteri forti e sommersi: Vaticano compreso. Nella brutta storia della struttura che all’interno della Direzione nazionale antimafia smistava atti segreti prelevati illecitamente dalle banche dati con le segnalazioni della Banca d’Italia emerge una pista che porta direttamente alla vicenda che ha scosso negli ultimi anni la Santa Sede, l’inchiesta sul Cardinale Angelo Becciu e sui personaggi che ruotavano intorno a lui, a partire dall’ex fonte dei servizi segreti Cecilia Marogna. Becciu è stato condannato a cinque anni e mezzo di carcere, la Marogna a tre anni e nove mesi. Ma la genesi e la conduzione dell’inchiesta continuano a essere in buona parte circondati dal segreto.
Ora, dai file della Procura di Perugia che indaga sullo scandalo dei dossier emergono interrogazioni significative compiute da Pasquale Striano, il luogotenente della Guardia di finanza al centro dell’indagine. Il 19 luglio 2019 Striano fa un accertamento su «Mincione Raffaele», l’indomani su «Torzi Gianluigi», tre giorni dopo su «Tirabassi Fabrizio». Ora sono nomi noti: Mincione è un finanziere, Torzi un broker, Tirabassi è un funzionario amministrativo del Vaticano, e sono stati tutti condannati insieme al Cardinale Becciu e alla Marogna. Ma nel luglio 2019 i loro nomi sono sconosciuti al pubblico. Saliranno alla ribalta delle cronache giudiziarie solo il 2 ottobre successivo, quando il Promotore di Giustizia vaticano fa scattare le perquisizioni che fanno uscire l’inchiesta allo scoperto.
Chi e perché chiede nel luglio a Striano di fare gli accertamenti su Mincione, Torzi e Tirabassi? Difficile pensare a un giornalista della cerchia di Striano e del suo capo, il pm antimafia Antonio Laudati. Il canale con la stampa su questo versante si attiverà solo successivamente: a marzo 2020 Striano preleva e passa al giornalista Giovanni Tizian i dati di Cecilia Marogna. E c’è da notare che già a ottobre 2019 le carte dell’inchiesta vaticana approdano praticamente in diretta sulle pagine de L’Espresso, firmate dall’attuale direttore di Domani Emiliano Fittipaldi. Ma in luglio, nessun amico giornalista aveva motivi concreti per chiedere a Striano accertamenti sul broker, sul finanziere e sul funzionario vaticano.
Così l’unica spiegazione è che la richiesta a Striano sia venuta direttamente dall’interno del Vaticano, dove già prima dell’estate aveva iniziato l’accerchiamento giudiziario intorno a Becciu. Il 5 luglio il Papa firma un Rescriptum autorizzando la gendarmeria a «utilizzare strumenti tecnologici» per intercettare le attività degli indagati. Una rogatoria verso l’Italia avrebbe avuto tempi lunghi, esito incerto, probabile pubblicità. Rivolgendosi direttamente alla «centrale dossier» insediata dentro la Dna si sarebbero risparmiati tempo e fatica. Ma sorge un’altra domanda: chi può avere consigliato agli inquirenti vaticani la «scorciatoia Striano»?
Di certo c’è che il materiale fornito da Striano, ovvero le Sos (segnalazioni di operazioni sospette) provenienti dalla Banca d’Italia e custodite nel Sidda, la banca dati della procura Antimafia, diventano un pezzo importante dell’indagine su Becciu e dintorni. Anzi, a ottobre l’Espresso scrive che l’inchiesta nasce proprio dalle segnalazioni di Bankitalia. Non è proprio così, evidentemente: le Sos arrivano Oltretevere per via breve, grazie a Striano, quando i Promotori di Giustizia sono però già sulle tracce del cardinale.
Potrebbe essere ora il Procuratore di Perugia Raffaele Cantone a chiedere spiegazione ai colleghi vaticani. Che però hanno giocato d’anticipo, aprendo un’inchiesta parallela sul caso: un modo per farsi consegnare da Cantone quel che ha in mano, anziché raccontare a lui come è andata.