Un Sinodo verso visioni differenti

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La parabola del Buon Samaritano come mappa del cammino sinodale: è su questo snodo che suor Maria Ignazia Angelini ha incentrato ieri la sua meditazione, preparando i partecipanti alla riflessione sulla seconda parte dell’Instrumentum laboris, sul tema delle relazioni attraverso una similitudine tra Buon Samaritano e Sinodo: “Nella parabola del samaritano, implicitamente troviamo come tracciata, in simbolo, una mappa del cammino sinodale. Che nelle relazioni ha la sua rete portante. Relazioni in cui, prima ancora che di ‘fare’, si tratta di ‘vedere’. Il vedere che è alla base della spiritualità sinodale: ‘Ubi amor ibi oculus’: dov’è amore si apre una nuova visione”.

Il cammino sinodale è un cammino verso Gerico: “E possiamo vedere raffigurato lo stesso cammino sinodale: la via che da Gerusalemme ‘scende’ a Gerico è l’orizzonte a tutti i possibili percorsi. Il cammino sinodale, partito a molti livelli, e in molte direzioni (a seconda dei continenti, delle nazioni, dei contesti, delle collaborazioni), è unico. Ma per coloro che lo percorrono (ci rivela il Vangelo), si aprono visioni diverse: vedere e passar oltre, distanziandosi dall’altra parte. Nei dialoghi sinodali, quante storie si incrociano, quante attese deluse, oppure (trasformante!) quale sguardo potrà maturare”.

Ma a quale missione la Chiesa è chiamata è spiegata dalla religiosa benedettina: “Quella discesa da Gerusalemme a Gerico è modello di tutti i tragitti della missione. Lo sguardo che ‘scendendo’ vede la sventura sconvolge le viscere e trasforma il samaritano in prossimo; trasforma i rapporti di colui che, per sé, era ritenuto non averne di buoni: non potrà più staccarsi dal ‘mezzo morto’ che d’improvviso gli si è parato dinanzi. Una dimensione materna, viscerale, trasforma il lontano in vicino. La Chiesa ‘misericordiata’, in misericorde”.

La parabola insegna a vedere: “La punta della parabola è in quel ‘vedere’ che riconosce l’altro e mi intima di farmi prossimo; il vedere che infligge la ferita, fa scattare il sommovimento interiore da cui parte l’atto dell’ ‘erede’ della vita eterna, l’atto propriamente divino: l’umile compassione. Il lampo di luce che opera questo vedere, è scoccato dall’uomo nella necessità. Il quale può essere perfino fenomeno ripugnante (san Francesco lo apprende bene dall’incontro col lebbroso); o rivelazione sconvolgente. Evidenze nuove maturate attraverso l’incarnazione, la con-corporeità”.

E la visione implica la cura: “Prendersi cura, da samaritano chino su anonimo giudeo sventurato; accettare e rielaborare le differenze, e subito tendere alla costituzione di un pandocheion: una rete di relazioni ospitali. Una cultura della gratuita, umile compassione. Solo la rivelazione del Figlio ‘che discese’ può aprire gli occhi e il cuore a vedere…; e può realizzare questa prossimità improbabile, intimando il ‘fare’ sorprendentemente semplice, capace di edificare una umanità fraterna. L’altro nel bisogno è rivelazione sconvolgente. Che converte il cuore e ridisegna il mondo. Crea una cultura”.

Insomma l’invito di Dio è quello di non ‘passare oltre’: “Lo Spirito di Dio ama dimorare nei luoghi della liminalità. I bordi della strada che da Gerusalemme scende a Gerico. E’ principio di un ribaltamento dell’orizzonte dello spirituale. Un ribaltamento che in Gesù di Nazaret ha trovato piena rivelazione. La liturgia non sacrale dell’incontro con l’altro, appresa dal Mistero della celebrazione liturgica, è il nucleo ardente dello stile dello Spirito. La nostra natura umana è in radice imbevuta di relazioni. Dunque, prima o poi, giunge un momento nella vita di ciascuno di noi, in cui dobbiamo scegliere se fermarci o passare oltre”.

Di seguito il relatore generale del Sinodo della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, card. Jean-Claude Hollerich, ha presentato il Modulo II dell’Instrumentum Laboris: “La sfida per il nostro lavoro dei prossimi giorni è sintonizzarci con il movimento che anima l’Instrumentum laboris, capace di tenere insieme i diversi livelli e i diversi ambiti, e raggiungere così la vita e le pratiche concrete delle nostre comunità. Sarebbe semplice rimanere su un piano generale e limitarci a ribadire l’importanza delle relazioni per lo sviluppo delle persone e delle comunità… Il Popolo di Dio aspetta da noi indicazioni e suggerimenti su come è possibile rendere quella visione sperimentabile concretamente”.

Infine il relatore generale ha invitato i padri sinodali alla ‘concretezza’: “Come credo stiate intuendo, affrontando la Sezione delle “Relazioni” cerchiamo passi per rendere operativa oggi la prospettiva ecclesiologica delineata dal Concilio…

La sfida dei prossimi giorni sarà mantenere il delicato equilibrio che allontani il rischio di cadere in un eccesso di astrazione da una parte, o in un eccesso di pragmatismo dall’altra. Nei lavori di gruppo così come in quelli in plenaria cerchiamo dunque di dare adeguato spazio tanto al piano dell’ispirazione, in collegamento con quanto delineato nei Fondamenti, quanto a quello delle pratiche, senza rinunciare a nessuno dei due e senza aver paura di disegnare il profilo di proposte concrete che le singole Chiese saranno poi chiamate ad adattare alle diverse circostanze”.

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