La prof.ssa Boni spiega l’importanza dello studio della storia del diritto canonico

Nella nuova formulazione quest’anno il Codice di Diritto Canonico ha compiuto 40 anni, ed è stato con una iniziativa di alto profilo all’Università di Bologna, presentando il manuale ‘Il diritto nella storia della Chiesa’ per aiutare a comprendere come l’idea di diritto si sia sviluppato nella storia della Chiesa, grazie alla prof.ssa Geraldina Boni, ordinario di Diritto Canonico, Diritto Ecclesiastico e Storia del Diritto presso la stessa Università, e la dott.ssa Ilaria Samoré, che collabora alla sua cattedra e alla quale si deve il lavoro di raccolta di appunti e temi delle lezioni che hanno affrontato le questioni del diritto nella Chiesa.
Dalla prof.ssa Geraldina Boni ci facciamo spiegare il motivo per cui la Chiesa si è data un diritto ‘canonico’?
“Nell’ottica cattolica la Chiesa non si è ‘data’, non ha cioè ‘inventato’ un diritto canonico, in quanto gli elementi essenziali di giuridicità che la contrassegnano scaturiscono dalla volontà divina: la rispondenza a giustizia delle prescrizioni e degli istituti in cui essa si articola è indelebilmente impressa dal suo Fondatore e non può essere tradita. Benché la parabola storica della comunità ecclesiale sia stata costellata di frequente da fermenti di contestazione della dimensione giuridica, essi sono sempre stati intransigentemente respinti, poiché il diritto canonico si radica e trova legittimazione nello ‘ius divinum’. Il quale ultimo non può essere discrezionalmente mutato né in alcun modo scalfito dall’autorità gerarchica, neppure da quella suprema.
Può tuttavia evolvere e approfondirsi la comprensione e la penetrazione del diritto divino da parte dell’intelligenza dell’uomo di ogni tempo: determinando aggiustamenti normativi che rispecchino questa più matura consapevolezza del disegno superiore. Per questo, con tali trasformazioni, non si induce alcun relativismo, dovendosi comunque tutte le riforme giuridiche innestare saldamente nella Tradizione. Ciò è particolarmente evidente pure in tematiche delicate e continuamente dibattute nella Chiesa, anche attualmente: come la configurazione del primato del vescovo di Roma o la collegialità episcopale, ovvero quella sinodalità che tanto sta a cuore a Papa Francesco; o, ancora, come il ruolo dei chierici e dei laici, ovvero delle donne”.
Quanto è importante il diritto canonico?
Ovviamente io sono un poco “partigiana” nel rispondere alla domanda, occupandomi di tale materia da trent’anni. Ma al di là della necessità per così dire ‘ad intra’ della compagine ecclesiale di studiare il diritto canonico per le ragioni appena dette, ad extra (io del resto lo insegno in una Università statale) sono convinta che conoscerlo sia importantissimo: esso, infatti, rappresenta una chiave di lettura straordinariamente illuminante (oltre che avvincente) per investigare l’origine e lo sviluppo della civiltà occidentale.
Per più di un millennio la Chiesa romana ha dispiegato una funzione cruciale nella guida spirituale e altresì politica dell’Europa; ne discende che il diritto canonico e il graduale dipanarsi delle sue istituzioni hanno sensibilmente contribuito a delineare non solo la fisionomia degli odierni ordinamenti di ‘civil law’ e di ‘common law’, specie in riferimento a capitali principi che li attraversano e li fondano: ma hanno segnato a fondo il linguaggio, il sapere condiviso e il patrimonio intellettuale collettivo, pure le sembianze dei territori.
Esplorare la storia del diritto canonico costituisce dunque uno strumento prezioso e impareggiabile per la decodificazione del nostro passato: e, di conseguenza, per una più piena cognizione dell’identità che ad esso si ricollega. Aggiungo che alcune connotazioni intrinsecamente caratterizzanti ancor oggi lo ‘ius canonicum’, in particolare la sua plastica elasticità nel piegarsi ad ogni realtà concreta affinché in ognuna affiori e si affermi la ‘res iusta’, possono offrire ai cultori dei diritti secolari non poche suggestioni per pervenire a soluzioni più ragionevoli perché più confacenti, appunto, a giustizia.
Come si è sviluppato nei secoli il diritto canonico?
Fermi i capisaldi innervati nello ‘ius divinum’, il diritto canonico di produzione umana, pur tra crisi e regressi, non ha mai cessato di progredire e perfezionarsi, adattandosi costantemente al mutare delle diversificate e capillari domande di giustizia dei ‘christifideles’: lasciandosi interrogare e aderendo al mutare delle contingenze temporali e ambientali. Ciò del resto risponde pienamente alla fisionomia inconfondibile di una religione incarnata come quella cristiana: la Chiesa, con il suo diritto, si è fatta così ‘romana’ coi ‘romani’, ‘barbara’ coi ‘barbari’…
La logica dell’incarnazione si proietta e si ripercuote nell’aspirazione a una perpetua inculturazione anche del diritto canonico. Esso viene sollecitato, arricchito, spronato a nuove e inedite soluzioni giuridiche dal rapporto e dal confronto con le varie culture, ‘filtrandole’ alla luce della buona novella evangelica affinché si mantenga integra la conformità al progetto divino”.
Come si inserisce il diritto canonico nell’azione missionaria della Chiesa?
“Proprio quanto appena ricordato permette di capire come l’azione missionaria della Chiesa non possa comportare l’esportazione e l’imposizione di schemi giuridici del tutto alieni a coloro cui viene proposto l’annuncio cristiano. In passato, ad esempio, con il superamento dei confini dell’Occidente al seguito delle potenze iberiche, la ‘societas Ecclesiae’ entrò in contatto con popoli estranei all’universo greco-latino nel grembo del quale il cristianesimo e il suo diritto si erano formati: e quest’ultimo fu in grado di adeguarsi e plasmarsi alla cultura dei convertiti, alimentando tra l’altro un laboratorio di soluzioni giuridiche inedite e innovative che poi in gran parte, per la loro proficuità, sono state estese all’intera cristianità.
Anche oggi la sfida missionaria, volta semmai ai Paesi di antica cristianità oramai pressoché completamente secolarizzati, richiede strumenti giuridici differenti, che sappiano rispondere alle impellenze esistenziali degli uomini e delle donne del postmoderno. Le urgenze poste quindi dalle esigenze missionarie dimostrano eloquentemente la capacità del diritto della Chiesa di elaborare istituti canonistici calati e forgiati sui bisogni via via emergenti, escogitando disposizioni sempre ispirate alla giustizia di ogni situazione”.
Quindi il diritto canonico è un esercizio di libertà della Chiesa?
“Anzitutto il diritto salvaguarda la libertà: una Chiesa senza diritto sarebbe, come molti hanno osservato, una Chiesa dell’arbitrio e della prevaricazione. Il diritto canonico può essere inoltre considerato un esercizio di libertà nella Chiesa perché ha congegnato e sperimenta criteri di flessibilità che permettono di modellarlo caso per caso, nonostante la rigidità e l’immutabilità che contraddistinguono lo ‘ius divinum’, e pertanto rimanendo sempre entro quella cornice che neppure il papa può varcare o forzare. Ciò è veicolato ed espresso attraverso quell’aequitas canonica che, rinvenendo i suoi primi barlumi nei precorritori dell’età aurea del diritto canonico medievale, si esercita creativamente consentendo di attenuare la durezza del rigor iuris con la dolcezza della misericordia.
Un esercizio di libertà, infine, che è garantito non soltanto all’autorità ecclesiastica, ma che spetta a tutti fedeli: tra essi, in forza della rigenerazione battesimale, vige una vera uguaglianza nella dignità e nell’agire, come recita il can. 208 del Codex Iuris Canonici vigente, cooperando a pieno titolo all’edificazione del Corpo di Cristo”.
Nel prossimo anno si celebrano 1700 anni del Concilio di Nicea, che fu presieduto dall’imperatore Costantino: ciò provocò problemi nella Chiesa e come si risolsero?
Non solo Nicea, ma tutti i primi otto concili ecumenici del primo millennio, come noto, si riuniscono sotto l’egida dell’imperatore, il quale, specie dal momento in cui il cristianesimo viene elevato a ‘religione di Stato’, si fa ‘custos et vindex’ (protettore e garante) di quest’ultima. La figura di Costantino, ricca di chiaroscuri e di ambigue sfaccettature, sin da subito fa sorgere il problema di una difesa della Chiesa da parte del potere politico che rischia di divenire un controllo opprimente e asfissiante. La presenza di Costantino a Nicea quale ‘vescovo di foro esterno’ (stando alla testimonianza di Eusebio) è un sintomo, cioè, di quella pericolosa pretesa di commistione tra autorità secolare e autorità spirituale che a lungo perdurerà nei secoli e che cagionerà non pochi conflitti e danni funesti.
Il principio dualista cristiano del ‘date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’, seppur teoricamente di una chiarezza cristallina, ha faticato e stenta ancor oggi a realizzarsi nell’esperienza pratica: con invasioni ed esorbitanze, invero da una parte e dall’altra, continue e difficilmente contenibili, ma che vanno tuttavia tenacemente contrastate. Anche proprio rivendicando e facendo valere quella libertà dei figli di Dio che il diritto canonico tutela e promuove per ammonire le autorità civili e quelle ecclesiastiche al rispetto della libertà religiosa, da una parte, e dell’autonomia dell’ordine temporale, dall’altra”.