Papa Francesco all’Università Gregoriana: non cocalizzare la cultura

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Questa mattina papa Francesco ha incontrato docenti e studenti dell’Università Gregoriana di Roma, la più antica tra le università pontificie romane, in quanto le sue origini risalgono all’iniziativa diretta di sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, che nell’anno 1551 pose le basi del Collegio Romano, conosciuto anche come ‘Universitas omnium Nationum, a servizio della Chiesa universale. Nel 1873 papa Pio IX dispose che l’ateneo assumesse la nuova denominazione di Pontificia Università Gregoriana. Nel 1930 fu inaugurata la nuova e attuale sede in Piazza della Pilotta.

Un lungo applauso ha accolto il papa nell’atrio dell’Università, dove, sotto la statua di Cristo benedicente è allestita una scrivania dalla quale Francesco ha pronunciato la lectio magistralis scandita da moniti e raccomandazioni, aneddoti e neologismi, citazioni dell’Iliade, di Shakespeare e Dostoevskij, di san Basilio e san Francesco Saverio, san John Henry Newman e san Tommaso Moro, ma anche padre Arrupe e padre Kolvenbach.

Nel saluto inziale p. Arturo Sosa, vice gran cancelliere della Gregoriana e preposito generale della Compagnia di Gesù, ha sottolineato come “la ricerca scientifica nei diversi campi della scienza, della filosofia e della teologia porta alla comprensione più profonda della creazione e contribuisce ad aprire nuovi cammini alla fede che si impegna nella trasformazione della società umana per renderla più giusta, più solidale, e più rispettosa della creazione”.

Mentre il rettore p. Mark Lewis ha evidenziato che la missione della Gregoriana, ‘università di tanti Papi’, rimane sempre quella di “fornire una solida formazione intellettuale ai futuri ministri della Chiesa, con particolare attenzione a dignità umana, dimensione sociale della fede, cura della casa comune, ‘apertura’ a scienza e cultura, dialogo ecumenico e relazioni con le altre religioni, tutto in un ambiente internazionale e interculturale che riflette la nostra Chiesa di oggi”.

Nella lectio magistralis il papa ha sottolineato poi di aver voluto la nuova configurazione dell’Università “confidando che non si trattasse di una semplice ristrutturazione amministrativa, ma una riqualificazione della missione che i Vescovi di Roma nel tempo hanno continuato ad affidare alla Compagnia di Gesù…

Quando si cammina preoccupati solo di non inciampare si finisce per andare a sbattere. Ma vi siete posti la domanda su dove state andando e perché fate le cose che state realizzando? E’ necessario sapere dove si sta andando, non perdendo di vista l’orizzonte che unisce la strada di ciascuno sul fine attuale e ultimo”.

Ugualmente ha rimarcato la necessità di non fare una banalizzazione della cultura: “In un’università la visione e la consapevolezza del fine impediscono la coca-colizzazione della ricerca e dell’insegnamento che porterebbe alla coca-colizzazione spirituale. Sono tanti, purtroppo, i discepoli della coca-cola spirituale!”

Ed è ecco la necessità della missione: “E’ il Signore che la ispira e la sostiene… Non si tratta di prendere il suo posto con le nostre pretese che rendono burocratico, prepotente, rigido e senza calore il progetto di Dio, spesso sovrapponendo agende e ambizioni ai piani della Provvidenza”.

Per il papa l’istruzione non è un privilegio sottolineando le parole di un’iscrizione su una porta: “Scuola di grammatica, di umanità e dottrina cristiana, gratis”, si leggeva. Era un tempo in cui “l’istruzione era un privilegio, condizione che non si è ancora estinta, e che rende attuali le parole di don Lorenzo Milani sulla scuola ospedale che cura i sani e respinge i malati. Ma perdendo i poveri, si perderebbe la scuola”. Quella iscrizione è oggi “un invito a umanizzare i saperi della fede, e ad accendere e rianimare la scintilla della grazia nell’umano, curando la transdisciplinarità nella ricerca e nell’insegnamento”.

Perciò ha insistito ad “attualizzare quel gratis nelle relazioni, nei metodi e negli obiettivi, perché è la gratuità che rende tutti i servitori senza padroni. Gli uni servi degli altri, tutti riconoscenti la dignità di ciascuno, nessuno escluso… E’ la gratuità che ci apre alle sorprese di Dio, che è misericordia, liberando la libertà dalle bramosie. La gratuità rende virtuosi i sapienti e i maestri ed educa senza manipolare e legare a sé: serve un’università che abbia l’odore di carne del popolo e che non calpesti le differenze nell’illusione di una unità che solo è omogeneità, che non tema la contaminazione virtuosa e la fantasia che rianima quanto è morente”.

Però all’educazione si deve affiancare il discernimento: “Quanta tristezza quando si vede che si confida soprattutto nei mezzi umani e si affida ogni cosa oggi al management di turno!”. Da qui un invito ad un “discernimento costante… cercando quanto unisce e mai operando per quello che ci separa dall’amore di Cristo e dall’unità del sentire con la Chiesa. Che non dobbiamo limitare alle sole parole della dottrina, afferrandoci alle norme. Il modo in cui usiamo la dottrina non poche volte la riduce ad essere senza tempo, prigioniera dentro un museo, mentre essa va, è viva”.  

Ed infine ha sottolineato l’importanza della preghiera, fondamentale per ogni missione, citando la preghiera di san Tommaso Moro: “Signore, dammi una buona digestione e qualcosa per digerire… Da più di 40 anni io la prego tutti i giorni, e mi fa bene!”

(Foto: Santa Sede)

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