Papa Francesco ad Ajaccio con l’invito a riscoprire la pietà popolare

“Le terre bagnate dal mar Mediterraneo sono entrate nella storia e sono state la culla di molte civiltà che hanno raggiunto un notevole sviluppo. Ricordiamo, in particolare, quella greco-romana e quella giudeo-cristiana, che attestano la rilevanza culturale, religiosa, storica di questo grande ‘lago’ in mezzo a tre continenti, di questo mare unico al mondo che è il Mediterraneo”: questa mattina papa Francesco ad Ajaccio ha partecipato alla sessione conclusiva del convegno ‘La Religiosité Populaire en Mediterranée’ sulla pietà popolare e della spiritualità nel Mediterraneo.
Quindi ha sottolineato che nel Mediterraneo sono sorte le culture che hanno dato origine al pensiero greco e latino: “Non possiamo dimenticare che nella letteratura classica, quella greca e quella latina, spesso il Mediterraneo è stato lo scenario ideale per la nascita di miti, racconti e leggende. Come pure il fatto che il pensiero filosofico e le arti, insieme con le tecniche di navigazione, permisero alle civiltà del Mare nostrum di sviluppare una cultura elevata, di aprire vie di comunicazione, di costruire infrastrutture e acquedotti e, ancor più, sistemi giuridici e istituzioni di notevole complessità, i cui principi di base sono ancora oggi validi e attuali”.
Da questi luoghi è sorta anche l’esperienza religiosa: “Tra il Mediterraneo e il vicino Oriente, ha avuto origine una esperienza religiosa del tutto particolare, legata al Dio di Israele, che si rivela all’umanità e inizia un incessante dialogo con il suo popolo, culminando nella presenza singolare di Gesù, il Figlio di Dio. È Lui che ha fatto conoscere in modo definitivo il volto del Padre, Padre suo e nostro, e che ha portato a compimento l’Alleanza tra Dio e l’umanità”.
Ed ha ribadito che è un grave errore contrapporre cultura cristiana e cultura laica: “Sono passati più di duemila anni dall’Incarnazione del Figlio di Dio e tante sono state le epoche e le culture che si sono succedute. In alcuni momenti della storia la fede cristiana ha informato la vita dei popoli e le sue stesse istituzioni politiche, mentre oggi, specialmente nei Paesi europei, la domanda su Dio sembra affievolirsi e ci si scopre sempre più indifferenti nei confronti della presenza e della sua Parola. Tuttavia, bisogna essere cauti nell’analisi di questo scenario, per non lasciarsi andare in considerazioni frettolose e giudizi ideologici che, talvolta ancora oggi, contrappongono cultura cristiana e cultura laica. Questo è uno sbaglio!”
Infatti occorre una reciproca ‘apertura’ per cercare valori fondamentali: “Al contrario, è importante riconoscere una reciproca apertura tra questi due orizzonti: i credenti si aprono con sempre maggiore serenità alla possibilità di vivere la propria fede senza imporla, viverla come lievito nella pasta del mondo e degli ambienti in cui si trovano; e i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà, e spesso, pur non appartenendo ad alcuna religione, portano nel cuore una sete più grande, una domanda di senso che li conduce a interrogare il mistero della vita e a cercare valori fondamentali per il bene comune”.
Per realizzare tale connubio è importante riscoprire la pietà popolare: “La pietà popolare, esprimendo la fede con gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale e di festa (è curioso: una pietà che non sia festosa non ha ‘un buon odore’, non è una pietà che viene dal popolo, è troppo ‘distillata’). In questo senso, le sue pratiche danno corpo alla relazione con il Signore e ai contenuti della fede… I piccoli passi che ti portano avanti. La pietà popolare è una pietà che viene coinvolta con la cultura, ma non confusa con la cultura. E fa dei piccoli passi”.
Però ha messo in guardia a non strumentalizzare la pietà popolare: “Quando la pietà popolare riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni politiche, sociali e civili e la Chiesa. La fede non rimane un fatto privato (dobbiamo stare attenti a questo sviluppo, direi, eretico della privatizzazione della fede; i cuori si amalgamano e vanno avanti…), un fatto che si esaurisce nel sacrario della coscienza, ma (se intende essere pienamente fedele a sé stessa) comporta un impegno e una testimonianza verso tutti, per la crescita umana, il progresso sociale e la cura del creato, nel segno della carità”.
E’ un invito a riscoprire le opere derivanti dalla pietà popolare: “Proprio per questo, dalla professione della fede cristiana e dalla vita comunitaria animata dal Vangelo e dai Sacramenti, lungo i secoli sono nate innumerevoli opere di solidarietà e istituzioni come ospedali, scuole, centri di assistenza (in Francia sono molte!), in cui i credenti si sono impegnati a favore dei bisognosi e hanno contribuito alla crescita del bene comune. La pietà popolare, le processioni e le rogazioni, le attività caritative delle confraternite, la preghiera comunitaria del santo Rosario e altre forme di devozione possono alimentare questa (mi permetto di qualificarla così) ‘cittadinanza costruttiva’ dei cristiani. La pietà popolare ti dà una cittadinanza costruttiva!”
Riprendendo il pensiero di papa Benedetto XVI il papa ha concluso il discorso, sottolineando la necessità anche di una ‘sana’ laicità: “Ne deriva la necessità che si sviluppi un concetto di laicità non statico e ingessato, ma evolutivo, dinamico, capace di adattarsi a situazioni diverse o impreviste, e di promuovere una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio… Così Benedetto XVI: una sana laicità, ma accanto una religiosità. Si rispettano i campi”.
(Foto: Santa Sede)