50 anni di sacerdozio di don Alberico Capitani: missionario per grazia di Dio

“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”: l’inizio dell’Esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ di papa Francesco serve per iniziare un dialogo con il missionario ‘fidei donum’ della diocesi di Macerata a Puerto Madryn, nella Patagonia argentina, don Alberico Capitani, che nel mese di ottobre ha festeggiato 50 anni di sacerdozio.
Una tua preghiera per questo anniversario recita: ‘Una vita intera condivisa e vissuta per il Signore ed i fratelli. Una vita iniziata, nell’umiltà e nella povertà, e dalla tua Grazia trasformata. Grazie Signore: il tuo Spirito nel battesimo mi ha reso figlio di Dio, fratello di una grande famiglia e per Lui la vita è diventata servizio. Mi hai portato dentro nel deserto, nella povertà e nella solitudine mi hai fatto conoscere il tuo abbraccio. La mia vita è diventata contemplazione, dono ai poveri ed agli umili. Grazie Signore per la tua fedeltà… Grazie, Signore, per le comunità che furono e sono parte del mio cammino’. Cosa vuol dire festeggiare 50 anni di sacerdozio?
“Celebrare 50 anni di sacerdozio vuol dire tornare a rivedere la storia. Come sempre, ci sono alcuni numeri, a cui diamo più importanza: per la vita di una famiglia o di un sacerdote ci sono i 25 ed i 50 anni. Ritornare a celebrare questi anniversari significa leggere la storia con un atteggiamento di ringraziamento per riuscire a vedere tutta la bellezza che il Signore è riuscito a compiere attraverso le nostre persone.
Per questo dobbiamo ringraziare Dio e chiederGli la forza per continuare il cammino, in quanto siamo strumenti nelle Sue mani e se siamo arrivati a questi anniversari è grazie a Lui, che ci ha tenuto sempre la mano sopra la testa. Tale anniversario significa anche celebrare la fedeltà di Dio a quelle promesse che ci aveva fatto all’inizio e che nella vita si sono realizzate nel nostro cammino”.
Per quale motivo sei sacerdote?
“Il motivo non lo conosco neppure io. Da piccolo avevo il sogno di essere sacerdote, pur non avendo nessun parente sacerdote e neppure nella mia storia familiare. Però c’era questo desiderio, che con il trascorrere degli anni ho scoperto come vocazione. Dietro a tale desiderio c’era la chiamata di Dio di offrire la mia vita a Suo servizio per il bene della comunità?
Quale è stato il motivo per cui sei in missione?
“Il motivo si è sviluppato lungo la mia vita: quando ero in seminario la lettura di alcune riviste missionarie ha suscitato il desiderio di partire per l’Africa per fare qualcosa. Poi il contatto con alcuni amici missionari e tanta preghiera nelle ore di adorazione che facevo: in tali circostanze il Signore ha trasformato il mio cuore facendo nascere il desiderio di offrire la mia vita come pane spezzato per tanti altri fratelli. Da queste circostanze è nata la vocazione missionaria, iniziando a chiedere al vescovo la possibilità di poter andare in missione”.
E la scelta di andare in Argentina?
“Io non conoscevo affatto l’Argentina. Il mio desiderio era quello di andare in Africa; però, la nostra diocesi di Macerata già aveva una missione in Argentina, iniziata nel 1968, per cui quando chiesi al vescovo la possibilità di essere missionario la sua risposta fu positiva, però per continuare la missione già iniziata dalla diocesi”.
Quanti sono stati i sacerdoti ‘fidei donum’ della diocesi di Macerata in Argentina?
“Innanzitutto ‘fidei donum’ significa dono della fede. Molti sacerdoti della diocesi di Macerata sono stati missionari ‘fidei donum’ in Argentina. Ricordo don Fernando Mariani, che fu il primo sacerdote ‘fidei donum’ della nostra diocesi; dopo don Nazzareno Piccioni, poi tanti altri: don Quinto Lombi, don Silvano Attili, don Alberto Forconi, don Frediano Salvucci e don Felice Prosperi e poi nel 1989 sono partito anche io da Urbisaglia. Forse dalla conoscenza dei sacerdoti che già erano in missione e poi dall’esperienza dell’adorazione eucaristica è partito questo desiderio di condividere la mia vita con i più bisognosi della fede”.
Come si sta preparando la Chiesa argentina al Giubileo?
“Per il momento la Chiesa argentina non sta facendo molte cose in preparazione all’Anno Santo, perché, quando la lontananza è tanta, alcune iniziative che si sviluppano a Roma non ‘arrivano’. Per il momento non ci sono iniziative da parte della Chiesa locale; in compenso esiste l’entusiasmo dei giovani, che hanno iniziato alcune attività per poter partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù a Roma”.
In quale modo la Chiesa argentina racconta che la speranza non delude?
“La Chiesa argentina, come tutta quella dell’America Latina, vive la speranza, perché il popolo ha sofferto a causa dei regimi dittatoriali, che hanno causato povertà e continua a soffrire a causa dell’inflazione, che conduce a non sperare: vedere i risparmi che perdono giornalmente il loro ‘peso’, quindi è inutile risparmiare ed avere un pensiero per il presente prossimo. Quindi a livello di fede hanno bisogno di speranza di trovare un po’ più di amore, di trovare più dialogo e di partecipazione alla vita economica e sociale; speranza che i risparmi possano un giorno valere qualcosa per consentire un po’ il cambiamento di stile della vita e permettere di fare un piccolo passo sociale per migliorare la vita dei figli”.