Giorno del ricordo: la memoria è fondamentale

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Oggi si è svolta al Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la celebrazione del ‘Giorno del Ricordo’, condotta dalla dott.ssa Valeria Ferrante edaperta dalla lettura, da parte dell’attrice Gaja Masciale, di due brani tratti dal libro ‘Le foibe spiegate ai ragazzi’ di Greta Sclaunich.

Durante l’evento sono stati proiettati estratti dal film ‘La bambina con la valigia’ e dal documentario ‘Rotta 230 – Ritorno alla terra dei Padri’, con l’invito del presidente della Repubblica italiana a far memoria di ciò che è avvenuto: “Ci incontriamo per rinnovare la Giornata del Ricordo: occasione solenne, che invita a riflettere su pagine buie del nostro passato, per conservare e rinnovare la memoria delle sofferenze degli italiani d’Istria, di Fiume, della Dalmazia, in un periodo tragicamente tormentato della storia d’Europa”.

Tutto è avvenuto a causa della guerra: “In quella zona a Oriente, così peculiare, dove, a fasi alterne, si erano incontrate, convivendo, comunità italiane, slave, tedesche e di tante altre provenienze, la violenza prese il sopravvento, trasformandola in una terra di sofferenza. La guerra porta sempre con sé conseguenze terribili: lutto, dolore, devastazione. Era stato così durante la Prima Guerra Mondiale, nella quale furono immolati, in una ostinata e crudele guerra di trincea, milioni di giovani d’entrambe le parti”.

Purtroppo la catastrofe causata dalla Prima Guerra mondiale non è servita da monito: “Ma quella lezione sanguinosa non aveva, purtroppo, indotto a cambiare. Perché ancor più disumani furono gli eventi del secondo conflitto mondiale, dove allo scontro tra eserciti di nazioni che si erano dichiarate nemiche, si sovrappose il virus micidiale delle ideologie totalitarie, della sopraffazione etnica, del nazionalismo aggressivo, del razzismo, che si accanì con crudeltà contro le popolazioni civili, specialmente contro i gruppi che venivano definiti minoranze”.

Fascismo e comunismo hanno condotto ad una violenza esacerbata, di cui le foibe sono il ‘simbolo’: “E, nelle zone del confine orientale, dopo l’oppressione fascista, responsabile di una politica duramente segregazionista nei confronti delle popolazioni slave, e la barbara occupazione nazista, si instaurò la dittatura comunista di Tito, inaugurando una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone. Di quella stagione, contrassegnata da una lunga teoria di uccisioni, arresti, torture, saccheggi, sparizioni, le Foibe restano il simbolo più tetro. E nessuna squallida provocazione può ridurne ricordo e dura condanna”.

Per questo il presidente Mattarella ha condannato la spietatezza dei ‘titini’: “Oltre a crudeli, inaccettabili casi di giustizia sommaria e di vendette contro esponenti del deposto regime fascista, la furia omicida dei comunisti jugoslavi si accanì su impiegati, intellettuali, famiglie, sacerdoti, anche su antifascisti, su compagni di ideologia, colpevoli soltanto di esigere rispetto nei confronti della identità delle proprie comunità. Di fronte al proposito del nuovo regime jugoslavo di sovranità sui territori giuliani, l’essere italiano diveniva un ostacolo, se non una colpa”.

Il monito è stato quello di non dimenticare: “La memoria storica è un atto di fondamentale importanza per la vita di ogni Stato, di ogni comunità. Ogni perdita, ogni sacrificio, ogni ingiustizia devono essere ricordati. Troppo a lungo ‘foiba’ ed ‘infoibare’ furono sinonimi di occultamento della storia. 

La memoria delle vittime deve essere preservata e onorata. Naturalmente (dopo tanti decenni e in condizioni storiche e politiche profondamente mutate) perderebbe il suo valore autentico se fosse asservita alla ripresa di divisioni o di rancori”.

Però è necessaria una memoria condivisa: “Ogni popolo, ogni nazione, porta con sé un carico di sofferenze e di ingiustizie subite. Apprezziamo gli sforzi, fatti dagli storici dell’una e dell’altra parte, per avvicinarsi a una memoria condivisa. Ma, ove questo non fosse facilmente conseguibile, e talvolta non lo è, dobbiamo avere la capacità di compiere gesti di attenzione, dialogo, rispetto. Dobbiamo ascoltare le storie degli altri, mettere in comune le sofferenze, e lavorare insieme per guarire le ferite del passato”.

Per questo la memoria deve trasformarsi in azioni di pace: “Soltanto così potremo trasmettere ai giovani, idealmente, in questa Giornata del Ricordo (insieme all’orgoglio di una conseguita identità europea, tanto propria alle culture dei popoli del confine orientale) il testimone della speranza, incoraggiandoli a mantenere viva la memoria storica delle sofferenze patite da loro connazionali, adoperandosi perché vengano evitati errori e colpe del passato, promuovendo, ovunque rispetto e collaborazione…

La Repubblica guarda alle vicende drammatiche vissute dagli italiani di Istria, Dalmazia, Fiume con rispetto e con solidarietà, e lavoriamo, nell’Unione Europea, insieme alla Slovenia, alla Croazia e agli altri Paesi amici per costruire, ogni giorno, nuovi percorsi di integrazione, amicizia e fratellanza tra i popoli e gli Stati”.

Qualche giorno prima il presidente Mattarella si era recato a Gorizia e Nova Gorica per l’inaugurazione della Capitale europea della Cultura aveva sottolineato il compito della cultura: “Se la cultura, per definizione, non conosce confini, essa nasce, pur sempre, come espressione di una comunità ma aperta alla conoscenza, alla ricerca comune, ai reciproci arricchimenti. Sconfitti gli orrori dell’estremismo nazionalista, che tanto male ha prodotto in Europa, riemergono i valori della convivenza e dell’accoglienza”.

Solo con la cultura si può sconfiggere la guerra: “Sono i valori che possono opporsi all’oscurantismo della guerra e del conflitto che si è riproposto con l’aggressione russa all’Ucraina. Essere Capitale europea della cultura transfrontaliera – la prima con questa esperienza – significa avere il coraggio di essere portatori di luce e di fiducia nel futuro del mondo, dove si diffondono ombre, incertezze e paure. Significa che Nova Gorica e Gorizia indicano una strada di autentico progresso”.

Per questo il vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, ha invitato a fare scelte di cultura: “Abbiamo il dovere di prenderci cura del nostro cuore perché da esso sgorghino scelte di vita, per noi, per il nostro Paese e anche per altri Paesi e popoli. Scelte di cultura, di nobile politica. E queste, per natura loro, vogliono contaminare altri Paesi e popoli.

In Dio vogliamo ritrovare le energie e l’intelligenza, la sapienza per coniugare valori fondanti per una convivenza di giustizia e di pace, di libertà e di rispetto, anche per i più deboli, anche per chi non appartiene alla nostra lingua, cultura, religione. C’è un’appartenenza che Gesù ci ha insegnato: Dio si prende premura di questa umanità ferita.  Voglio imparare da Gesù, e questo rende la mia fede unica: essa, nella fedeltà a Dio, mi protrae al prendermi cura di tutte le vittime, di tutti gli umiliati, di tutti gli oppressi”.

E’ un invito alla speranza, come quello formulato dall’arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli: “Non dobbiamo però essere pessimisti e perdere la speranza. Ci sono ancora dei segni positivi: un paio di ore fa ero in piazza Transalpina, con i due presidenti della repubblica italiano e sloveno e tante persone, per l’avvio ufficiale di Nova Gorica e Gorizia insieme capitale europea della cultura. Un bel segno che speriamo faccia crescere qui da noi la voglia e l’impegno per la pace, la giustizia, la riconciliazione”.

(Foto: Quirinale)

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