Fondazione Oasis: un nuovo sguardo sulle migrazioni

“Come avviene con numerose altre questioni, anche il dibattito pubblico sul fenomeno migratorio ha infatti un andamento altalenante. Esplode nei frangenti di particolare drammaticità per poi svanire fino all’emergenza successiva. Cambiare rotta, come recita il titolo di questo incontro, è perciò un invito di ordine culturale prima ancora di essere una proposta rivolta ai decisori politici.
Si tratta innanzitutto di risolversi a fare sistematicamente i conti con un fenomeno che non ha più nulla di emergenziale, ma segnerà le nostre società per i prossimi decenni data la clamorosa asimmetria tra un’Europa ancora relativamente stabile e prospera, ma in forte crisi demografica, e un Sud del mondo in cui una popolazione giovane e in crescita aspira a beneficiare anche lei delle condizioni di vita che si trovano in Occidente”.
Sono alcune parole del card. Angelo Scola che a fine settembre ha aperto all’Università Cattolica a Milano il convegno ‘Cambiare rotta. I migranti e l’Europa’, promosso dalla Fondazione Internazionale Oasis, a cui ha portato il saluto iniziale il rettore dell’Università, prof. Franco Anelli: “La cifra del convegno non si esaurisce nel problema della gestione del fenomeno migratorio come sicurezza dei confini ma affronta una questione di carattere culturale, di relazione tra culture, tradizioni e religioni diverse che vengono a contatto tra loro”.
Durante gli incontri del mattino si è affrontata la questione da diversi punti di vista, partendo dal tema ‘Cristiani e musulmani: affrontiamo insieme la realtà dei migranti’ con il prof. Martino Diez, docente di Lingua e cultura araba in Cattolica e membro della Fondazione Oasis, mons. Paolo Martinelli, vicario apostolico dell’Arabia Meridionale, e la giornalista Asmae Dachan.
Si è parlato poi di ‘Legalizzare l’immigrazione: l’esperienza dei corridoi umanitari’, con il prof. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio; mentre Alessandro Banfi, direttore della comunicazione della Fondazione Internazionale Oasis, ha intervistato Sally Hayden, autrice del libro ‘E la quarta volta siamo annegati’.
Ed ancora la tavola rotonda su ‘Le comunità cristiane e i migranti’ ha visto la partecipazione del card. Cristóbal López Romero, arcivescovo di Rabat, e mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente di Fondazione Migrantes (Cei).
A distanza di qualche settimana abbiamo chiesto al direttore della comunicazione della Fondazione Internazionale ‘Oasis’, Alessandro Banfi, di raccontarci quale ‘sguardo’ è possibile per comprendere le migrazioni nel Mediterraneo: “Lo sguardo è quello della comprensione dei fenomeni attuali ma anche di quello che la storia ci ha insegnato. Quest’anno noi di Fondazione Oasis abbiamo dedicato una serie podcast in 6 episodi a ‘Il Mediterraneo come destino. I grandi protagonisti del dialogo’. Lì, nell’impostazione di Giorgio La Pira e del grande intellettuale egiziano Taha Hussein, nell’azione di Enrico Mattei e nella testimonianza del beato Pierre Claverie, vescovo di Orano, ci sono le idee ispiratrici ancora validissime oggi di un dialogo islamo-cristiano fra i Paesi del Mediterraneo allargato, un dialogo che arrivi alle radici dei problemi.
Le migrazioni sono un fenomeno epocale. Noi abbiamo cercato di spostare la visione prevalente e di riportare, nel dialogo continuo fra le religioni abramitiche, l’attenzione sulle persone. Il recente incontro di Marsiglia ha rafforzato questa ipotesi di lettura e di intervento. E gli interventi di papa Francesco costituiscono un solido riferimento”.
In quale modo è possibile ‘cambiare rotta’ sulle migrazioni?
“Sono stati tanti i contributi nella nostra Conferenza in Cattolica a dare spunti di come si possa davvero cambiare la rotta. A cominciare da quelli del card. Angelo Scola, che è tornato a sottolineare il valore del meticciato. Per proseguire con la lettura della sociologa Simona Beretta che ha smontato due cliché sbagliati, che tutti considerano parlando di questo tema: il primo è che l’Italia sia oggetto di un’invasione che provoca un’emergenza.
Il secondo è che gli arrivi da fuori della Ue siano uno svantaggio economico, mentre è vero l’esatto contrario. Senza dimenticare l’eccezionale testimonianza della giornalista irlandese Sally Hayden, che per prima ha raccontato al mondo l’orrore dei lager libici, finanziati sottobanco da un’Europa ipocrita che volendo bloccare e respingere i migranti, usava gli aguzzini della Libia per fare il lavoro sporco”.
In quale modo è possibile governare i processi?
“Quando si usa questo termine ‘governare i processi’, in realtà si ha sempre il retropensiero di fermare una cosa che mai nessuno riuscirà a fermare davvero: il disperato bisogno di migliaia di esseri umani di vivere. Di potere sopravvivere, anche a rischio di perdere la propria vita, scappando da guerre, persecuzioni, carestie, dittature.
E tuttavia, è ovviamente giusto anche ragionare su che cosa debbano fare poi in pratica le democrazie europee. Alla Conferenza ha tirato alcune conclusioni l’ex Ministro della Difesa Mario Mauro, che ha offerto un ragionamento molto interessante sull’unica iniziativa europea che per quasi un anno impedì le morti nel mar Mediterraneo fra il 2013 e il 2014: l’operazione della nostra Marina militare chiamata ‘Mare Nostrum’.
In un secondo tempo, l’Europa giudicò quell’operazione un fattore d’attrazione dei migranti e la concluse. Da allora ci sono stati più di 20.000 morti nei naufragi del Mediterraneo. Sono dati di fatto che fanno riflettere”.
Allora, si può convivere con le differenze?
“La Fondazione Oasis compie l’anno prossimo 20 anni e dal suo inizio ha sempre avuto come scopo il dialogo islamo-cristiano. Non solo si può convivere, ma la scommessa è proprio quella di un dialogo intenso e continuo tra le persone di differenti fedi ed identità. Fedi ed identità che non vanno mai nascoste o sminuite.
Anzi, la nostra Fondazione è un luogo di studio e di conoscenza approfondita della lingua e cultura araba, del Corano e del pensiero in genere islamico. Il vero dialogo si fonda sul rispetto delle reciproche differenze ed identità. Nell’amore all’altro e al diverso da sé”.
Quanto peserà sulle migrazioni questa situazione nel Medio Oriente?
“Tantissimo. Basti pensare al Libano, Paese chiave nel Medio Oriente, che in qualche modo incarnava l’utopia dell’accoglienza di tutti e che ora sembra soccombere proprio sotto il peso di un milione di immigrati dalla Siria. O alla stessa Tunisia, oggi in grave crisi economica, il cui regime autoritario ha identificato nei profughi sub-sahariani i responsabili del crollo, scatenando una caccia al nero africano con conseguenze drammatiche”.
Quale dialogo è possibile per la pacificazione nel Medio Oriente?
“Guerra e terrorismo sono due esiti che vanno combattuti. Come continua a ripetere nella sua predicazione papa Francesco. Non risolvono i contenziosi e aggravano i problemi. Allora, non dobbiamo chiederci se il dialogo è possibile, piuttosto ricordare a tutti che è la sola strada per una convivenza giusta e pacifica.
Il principio dei due popoli in due Stati, quello palestinese e quello israeliano, resta valido e dovrebbe essere il punto di arrivo di un processo di mediazione e di riconoscimento reciproco, finora mancato”.
(Foto: Fondazione Oasis)