P. Placido Cortese: profeta della fede

Padre Placido Cortese, al secolo Nicolò, nacque nel 1907 a Cherso, la rocciosa isola del Quarnaro, italiana fino al 1947 quando fu abbandonata dal 90% degli abitanti. Dopo la seconda guerra mondiale nacque lo stato jugoslavo sotto il potere del dittatore Tito che, proclamando la supremazia etnica slava, obbligò tutti gli italiani presenti a lasciare quelle terre.
Al Battesimo fu chiamato Nicolò Matteo. I suoi genitori, Matteo Cortese e Antonia Battaia, erano persone religiose e di notevole operosità. Nicolò era il primogenito di quattro figli: tre maschi e una femmina. Frequentò i primi anni della scuola elementare a Cherso, forse perché già intenzionato ad abbracciare la vita consacrata.
Nicolò conosceva già i Frati Minori Conventuali perché presenti a Cherso, nella chiesa di San Francesco. A tredici anni, nel 1920, fu accolto nel loro Collegio-Seminario a Camposampiero, in provincia di Padova. Ricevette la Cresima a Padova, nel santuario Antoniano dell’Arcella, il 30 dicembre 1920.
Nel 1923 iniziò l’anno di noviziato. Professò i voti temporanei a Padova, presso la Tomba di Sant’Antonio, il 10 ottobre 1924, assumendo il nome di fra Placido, un nome che ben si accordava con il suo carattere mite, dolce, semplice e sensibilissimo ai bisogni degli altri. Il 4 ottobre 1928, nella basilica di San Francesco ad Assisi, pronunciò la professione solenne.
Saguì il corso liceale-filosofico a Cherso (1925-27) e i quattro anni di Teologia (1927-31) presso la Facoltà Teologica San Bonaventura a Roma, senza però completare l’esame di laurea. Venne ordinato sacerdote a Roma il 6 luglio 1930 nella chiesa del Pontificio Seminario Romano. Trascorse i primi anni di sacerdozio, dal 1931 al 1933, nella basilica di Sant’Antonio a Padova.
Padre Placido fu molto devoto a questo santo, ma soprattutto lo imitò. I confratelli infatti dissero dopo la sua morte che in lui, umile, piccolo e gracile ma anche coraggioso e infaticabile, sensibile ai drammi e alle sofferenze della gente, ritrovavano l’indole del suo Santo prediletto, Antonio di Padova.
Dal dicembre 1933 al gennaio 1937 visse nella comunità di viale Corsica in Milano, in qualità di viceparroco nella parrocchia della Beata Vergine Immacolata e Sant’Antonio, affidata ai Frati Minori Conventuali, che in quegli anni stavano costruendo la nuova chiesa.
Tornò a Padova per assumere la direzione de «Il Messaggero di Sant’Antonio», mensile fondato nel 1898 per mantenere un costante contatto tra la basilica che custodisce la tomba del Santo e i suoi tantissimi devoti. Grazie al suo operato, che perdurò fino al 1943, la rivista passò da circa 300.000 a 800.000 copie, nonostante lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Negli anni più bui della guerra, la sua opera di carità si allargò da Padova giungendo fino al Friuli-Venezia Giulia e alla Toscana, grazie anche agli aiuti di benefattori e persone sensibili. Inizialmente (1942-1943) padre Placido portò soccorso agli internati sloveni e croati deportati nei campi di concentramento in Italia, in particolare in quello di Padova-Chiesanuova.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, con l’occupazione tedesca di Padova e lo scatenarsi della furia persecutoria dei nazisti, padre Cortese si prodigò per soccorrere gli ebrei, i militari alleati allo sbando ed altri perseguitati o ricercati. Fu un importante punto di riferimento, nella città del Santo, della rete clandestina di salvezza coordinata dai professori Ezio Franceschini, a Milano, e Concetto Marchesi, a Padova, denominata «FRA-MA» dalle loro iniziali, il cui compito era di aiutare i perseguitati a raggiungere la Svizzera e a salvarsi. Più volte fu avvertito del pericolo che incombeva su di lui e perciò invitato a mettersi in salvo.
Domenica 8 ottobre 1944, verso le ore 13.30, due tedeschi (appartenenti alle SS, come fu accertato in seguito) chiesero di lui, con il pretesto di portare soccorso a qualcuno in difficoltà. Padre Placido, non sospettando di nulla, uscì sul sagrato. Lì sostava un’automobile, nella quale fu fatto salire. L’automezzo partì subito e padre Placido scomparve per sempre.
Come si seppe con certezza solo dopo cinquant’anni, padre Placido Cortese fu portato nel bunker della Gestapo in piazza Oberdan a Trieste, dove fu sottoposto a interrogatori e a brutali torture, con l’intento di estorcergli, inutilmente, soprattutto i nomi dei suoi collaboratori. Dopo pesantissimi maltrattamenti gli spararono, mettendo fine alla sua vita a trentasette anni di età verso la metà di novembre del 1944.
E’ significativa la testimonianza del noto artista sloveno Anton Zoran Mušič, imprigionato anch’egli nel bunker della Gestapo a Trieste in una cella accanto a quella di padre Cortese. Egli scrisse che fra Placido trascorreva i suoi giorni di passione in continua flebile preghiera, giorno e notte, che era un conforto anche per lui.
Le ultime parole di Padre Placido che conosciamo grazie alle testimonianze di chi lo vide nella prigione della Gestapo, ormai ridotto ad una larva umana, furono: ‘Prega e taci’. Questo fu il testamento che questo mite e coraggioso francescano ci ha lasciato.
Il suo corpo finì quasi certamente nel forno crematorio della Risiera di San Sabba a Trieste per far sparire ogni traccia del misfatto: non fu stilato neanche il certificato di morte.
Il novizio fra Placido aveva già considerato la possibilità del martirio. Diciassettenne, in una lettera ai familiari alla vigilia della professione dei voti scrisse infatti: “La Religione è un peso che non ci si stanca mai di portare, ma che sempre più innamora l’anima verso maggiori sacrifici, fino a dare la vita per la difesa della fede e della Religione Cristiana, fino a morire tra i tormenti come i martiri del Cristianesimo in terre lontane e straniere” (lettera del 7 ottobre 1924).
RICONOSCIMENTI
Furono molti i riconoscimenti resi “post mortem” al Servo di Dio da varie Autorità. Tra questi ha particolare risalto la Medaglia d’oro al merito civile assegnata dal Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, alla memoria di padre Placido Cortese. Definendolo un fulgido esempio di alti valori cristiani e di dedizione al servizio della società civile, egli la consegnò personalmente ai frati del Santo, nella sede dell’Università di Padova, l’8 febbraio 2018.
Per il giorno della memoria 2023, vari istituti scolastici nella zona di Padova hanno richiesto la presenza dei frati del Centro Francescano Giovani per far conoscere ai ragazzi la figura e l’opera di Padre Cortese durante la seconda guerra mondiale.
Come il polacco Kolbe, anche il frate chersino rappresenta una figura di autentico profeta del XX secolo. Affrontando con risolutezza e serenità le difficoltà derivanti dalla propria vocazione, sprezzante del pericolo, Padre Placido ha rischiato davvero molto, per amore dell’uomo, per amore della Chiesa, per amore di Dio. Egli è stato anche definito ‘il martire del silenzio’. Il suo tacere ai persecutori, nonostante le indicibili sofferenze infertigli, gli è costato la vita ma ne ha salvate innumerevoli. Il 30 agosto 2021 papa Francesco ha dichiarato Venerabile padre Placido.