Fondazione Oasis offre una riflessione sulla Sapienza attraverso le tradizioni

La Fondazione Oasis ha compiuto 20 anni della sua nascita, ad opera del card. Angelo Scola, ‘festeggiando’ alla ‘Abrahamic Family House’ di Abu Dhabi con un Congresso internazionale che si è svolto nel mese scorso nel luogo sorto dopo la firma del documento sulla ‘fratellanza umana’ di papa Francesco e di Ahmad al-Tayyib, grande Imam dell’università di al-Azhar: una chiesa cattolica, una sinagoga e una moschea sorgono vicine e in uno spazio comune.
E, grazie all’opera della Saint Francis Church e dell’Ufficio per il dialogo interreligioso ed ecumenico del Vicariato Apostolico dell’Arabia meridionale, nel cortile della chiesa dedicata a san Francesco si è svolto il congresso dal titolo ‘La sapienza attraverso le tradizioni: un’eredità del passato, una garanzia per il futuro’, organizzato dalla Fondazione Oasis con la partecipazione di mons. Paolo Martinelli, vicario apostolico per l’Arabia meridionale, la prof.ssa Sarah Stroumsa, docente alla ‘Hebrew University’ di Gerusalemme, il prof. Ahab Bdaiwi, docente all’università olandese di Leiden, ed il prof. Martino Diez, direttore scientifico di Oasis e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Mons. Martinelli ha sviluppato il tema della ‘Teologia sapienziale nel pensiero di Hans Urs von Balthasar’, sviluppando un approfondimento particolare del tema della conoscenza e del sapere, attraverso il pensiero del teologo svizzero, mentre la prof.ssa Sarah Stroumsa ha trattato il tema ‘Cercatori di saggezza: La ricerca comune di ebrei, cristiani e musulmani nel mondo islamico medievale’, raccontando il dialogo, che si sviluppò nel Medio Evo. Ahab Bdaiwi ha introdotto nella discussione la tradizione islamica sciita, parlando sul tema ‘Il saggio della Medina: Ja’far al-Sadiq sulla sapienza’, illustrando il pensiero sapienziale islamico attraverso la figura e le opere di Ja’far al-Sadiq, discendente del profeta dell’Islam e sesto Imam sciita. Infine, il prof. Martino Diez ha trattato il tema su ‘La conoscenza come guarigione’, incentrato sul ‘Libro per cacciare la preoccupazione’ di Elia di Nisibi, vescovo siro-orientale dell’XI secolo, che divenne amico del visir locale, che gli chiese un ‘Libro per cacciare la preoccupazione’.
A conclusione dell’incontro ad Alessandro Banfi, direttore della comunicazione per la ‘Fondazione Internazionale Oasis per il dialogo islamo-cristiano’ e docente di ‘Digital Journalism’ all’Università Unicusano, abbiamo chiesto di raccontarci il motivo per cui ad Abu Dhabi si è svolto un incontro sulla sapienza: “Abu Dhabi significava per noi della Fondazione Oasis ‘festeggiare’ i nostri 20 anni di attività in un luogo legato all’idea stessa del dialogo interreligioso fra le tre religioni abramitiche.
E’ infatti lì che papa Francesco e al Tayyeb firmano la Dichiarazione sulla fratellanza il 4 febbraio del 2019. Poter proporre una conferenza alla Abrahamic Family House, una straordinaria realtà costituita da una chiesa cattolica, una sinagoga e una moschea, per custodire l’eredità di quella Dichiarazione, era un sogno. Grazie alla collaborazione con la Saint Francis Church e con l’Ufficio per il dialogo interreligioso ed ecumenico del Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale, guidato da padre Stefano Luca, il sogno si è avverato andando ben oltre le nostre aspettative. Il tema della sapienza, una dimensione cara a ognuna delle tre religioni abramitiche, ci è parso una prosecuzione naturale del cammino iniziato cinque anni fa dal Santo Padre”.
Quanto è importante oggi studiare la saggezza delle tre religioni abramitiche?
“E’ un tema comune che rivela differenze e somiglianze. Per restare a quello che si è detto nella conferenza, il Vicario apostolico dell’Arabia meridionale, mons. Paolo Martinelli, è partito, diciamo così sparigliando, dalla visione teologica di Hans Urs von Balthasar che prende le mosse dalla Gloria, dalla bellezza. Ma per concludere che ‘la sapienza di Dio si manifesta in definitiva nel dono gratuito all’altro, poiché l’altro alla luce della sapienza divina è sempre amabile’. La professoressa Sarah Stroumsa, già rettrice della Hebrew University di Gerusalemme, ha portato ad esempio il dialogo medievale fra ebrei, cristiani e musulmani a partire da un patrimonio filosofico comune e dalle sue traduzioni. Lo studioso di pensiero islamico Ahab Bdaiwi, docente all’Università di Leiden, ha introdotto nella discussione il pensiero sapienziale islamico attraverso la figura e le opere di Ja’far al-Sadiq, discendente del profeta dell’Islam e sesto Imam sciita”.
In quale modo è possibile ripensare i rapporti tra mondo occidentale, mondo musulmano e mondo ebraico?
“La strada della conoscenza reciproca, delle domande aperte, di una riflessione critica e sistematica (culturale) garantisce che non si cerchino confusione, sincretismo, omologazione fra religioni. La sapienza è anzitutto porre problemi, questioni, interrogativi. A noi stessi e agli altri. Ecco perché il cammino aperto dalla dichiarazione di Abu Dhabi ha una prospettiva di grandi dimensioni”.
Quanto incide la guerra in Medio Oriente su tali rapporti?
“Tanto, com’è inevitabile. Non bisogna farsi illusioni. Ci vorrà tempo per ricostruire non solo un dialogo ma almeno una convivenza. In parte del mondo arabo si è vissuto l’attacco terroristico del 7 ottobre scorso come un passaggio indispensabile della lotta per i diritti del popolo palestinese. Nel mondo ebraico sono prevalse spinte per una colonizzazione fondamentalista sia di Gaza sia dei territori che spesso nega l’esistenza stessa dei palestinesi. Si sono compiuti crimini di guerra sia da parte di Hamas che da parte dell’esercito israeliano, che ha prodotto una risposta sproporzionata, a danno di donne e bambini. Eppure, terrorismo e guerra non risolvono nulla. Se, come speriamo in tanti, si arriverà ad un cessate il fuoco anche a Gaza dopo quello in Libano, si tratterà di ricostruire con pazienza un tessuto di convivenza sociale”.
Quale speranza possono alimentare i cristiani in Medio Oriente?
“Il compito dei cristiani in Medio Oriente è sempre stato proprio quello di favorire la convivenza e il dialogo fra le persone. Come ha detto il cardinal Pierbattista Pizzaballa, pariarca di Gerusalemme dei Latini: Bisogna trovare delle forme dove l’uno potrà vivere accanto all’altro nella maniera più pacifica e serena anche se mi chiedo come sarà possibile dopo tutto quest’odio profondo che ha ferito in maniera così generale un po’ tutta la vita delle popolazioni di questo Paese. Però bisogna lavorare per questo. La mancanza di prospettive, il chiudersi nella propria narrativa che esclude l’altro è qualcosa di molto preoccupante”.
Quale è il ‘compito’ che la Fondazione Oasis è chiamata a svolgere?
“E’ lo stesso di vent’anni fa, quando il cardinal Angelo Scola, allora Patriarca di Venezia, sentì il bisogno di iniziare questa avventura. Anzitutto la richiesta venne proprio dai cristiani del Medio Oriente: si evidenziava la necessità di tradurre testi biblici e cristiani in arabo. Alla radice di Oasis c’è proprio la traduzione. Non inganni oggi il fatto che oggi sia largamente automatizzata con l’Intelligenza Artificiale, la traduzione resta un passaggio indispensabile nel dialogo fra popoli e tradizioni. Certo se una volta era dominante l’impegno della rivista cartacea, oggi la Fondazione propone nuove occasioni di partecipazione”.
Può farci qualche esempio?
“Penso anzitutto alle nostre newsletter: ogni settimana produciamo un focus sull’attualità ed una rassegna stampa araba che arrivano ai tanti nostri abbonati. Abbiamo realizzato due serie podcast: una sui personaggi del Mediterraneo e un’altra sugli avamposti del dialogo islamo-cristiano. Oltre agli eventi al Museo diocesano di Milano e alla Abrahamic Family House, dal 2025 lanciamo i ‘Viaggi di Oasis’ in alcuni Paesi poco frequentati e conosciuti. Il primo viaggio culturale con i nostri esperti sarà il prossimo febbraio in Arabia Saudita. Le iscrizioni sono ancora aperte per chi fosse interessato. Si trova tutto qui sul nostro sito”.
(Foto: Fondazione Oasis)