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Papa Francesco invita a promuovere il multilateralismo

“E’ per me sempre un piacere rivolgermi alle donne e agli uomini di scienza, come pure alle persone che nella Chiesa coltivano il dialogo con il mondo scientifico. Insieme potete servire la causa della vita e il bene comune. Nell’Assemblea generale di quest’anno vi siete proposti di affrontare la questione che oggi viene definita policrisi. Essa riguarda alcuni aspetti fondamentali della vostra attività di ricerca nel campo della vita, della salute e della cura”:

così inizia il messaggio che papa Francesco ha inviato dal Policlinico Gemelli ai partecipanti all’Assemblea Generale della Pontificia Academia per la Vita, sul tema ‘The End of the World? Crises, Responsibilities, Hopes’, in svolgimento fino al 5 marzo al Centro Conferenze dell’Augustinianum con planetologi, fisici, biologi, paleoantropologi, teologi, storici.

Nel messaggio il papa ha invitato ad esaminare correttamente la visione del mondo: “Un primo passo da compiere è quello di esaminare con maggiore attenzione quale sia la nostra rappresentazione del mondo e del cosmo. Se non facciamo questo e se non analizziamo seriamente le nostre resistenze profonde al cambiamento, sia come persone sia come società, continueremo a fare ciò che abbiamo fatto con altre crisi, anche recentissime. Pensiamo alla pandemia da covid: l’abbiamo, per così dire, ‘sprecata’; avremmo potuto lavorare più a fondo nella trasformazione delle coscienze e delle pratiche sociali”.

E’ un invito ad ascoltare la scienza: “Ed un altro passo importante per evitare di rimanere immobili, ancorati alle nostre certezze, alle nostre abitudini e alle nostre paure, è ascoltare attentamente il contributo dai saperi scientifici. Il tema dell’ascolto è decisivo. E’ una delle parole-chiave di tutto il processo sinodale che abbiamo avviato e che ora si trova nella sua fase di attuazione. Apprezzo quindi che il vostro modo di procedere ne riprenda lo stile”.

E’ stato un richiamo alla ‘profezia sociale’ del Sinodo: “Vedo in esso il tentativo di praticare nel vostro ambito specifico quella ‘profezia sociale’ a cui anche il Sinodo si è dedicato. Nell’incontro con le persone e con le loro storie e nell’ascolto delle conoscenze scientifiche, ci rendiamo conto di quanto i nostri parametri riguardo all’antropologia e alle culture esigano una profonda revisione”.

Per il papa la scienza ‘propone’ sempre conoscenza: “L’ascolto delle scienze ci propone continuamente nuove conoscenze. Consideriamo quanto ci dicono sulla struttura della materia e sull’evoluzione degli esseri viventi: ne emerge una visione molto più dinamica della natura rispetto a quanto si pensava ai tempi di Newton. Il nostro modo di intendere la ‘creazione continua’ va rielaborato, sapendo che non sarà la tecnocrazia a salvarci: assecondare una deregulation utilitarista e neoliberista planetaria significa imporre come unica regola la legge del più forte; ed è una legge che disumanizza”.

E non a caso ha richiamato all’attenzione dei partecipanti il tentativo di dialogo messo in atto da p. de Chardin: “Possiamo citare come esempio di questo tipo di ricerca p. Teilhard de Chardin e il suo tentativo (certamente parziale e incompiuto, ma audace e ispirante) di entrare seriamente in dialogo con le scienze, praticando un esercizio di trans-disciplinarità… Così egli ha lanciato le sue intuizioni che hanno messo al centro la categoria di relazione e l’interdipendenza tra tutte le cose, ponendo homo sapiens in stretta connessione con l’intero sistema dei viventi”.

Questi modi di interazione possono offrire segnali di speranza: “Questi modi di interpretare il mondo e il suo evolversi, con le inedite modalità di relazione che vi corrispondono, possono fornirci dei segni di speranza, dei quali andiamo in cerca come pellegrini durante questo anno giubilare. La speranza è l’atteggiamento fondamentale che ci sostiene nel cammino”.

Per tali ragioni il papa ha rilanciato la necessità degli organismi internazionali: “Anche per questa dimensione comunitaria della speranza, davanti a una crisi complessa e planetaria, siamo sollecitati a valorizzare gli strumenti che abbiano una portata globale.

Dobbiamo purtroppo constatare una progressiva irrilevanza degli organismi internazionali, che vengono minati anche da atteggiamenti miopi, preoccupati di tutelare interessi particolari e nazionali… In tal modo si promuove un multilateralismo che non dipenda dalle mutevoli circostanze politiche o dagli interessi di pochi e che abbia un’efficacia stabile. Si tratta di un compito urgente che riguarda l’umanità intera”.

Infatti in conferenza stampa mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha sottolineato la necessità di costruire una nuova ‘arca’: “Sta a noi quindi lavorare alla costruzione di un’arca comune con tutti dentro: un nucleo ordinato secondo la parola di Dio, che Noè ha ascoltato attentamente per realizzare il suo artefatto, in modo di custodire la logica della creazione realizzando il proprio percorso grazie alla capacità di stare a galla nel mare che sommerge ogni altra realtà. In questo modo l’arca è simbolo di uno spazio in cui il progetto di vita di Dio può navigare attraverso la morte e la distruzione (violenta) verso un nuovo inizio”.

E’ stato un invito a non disperare come ha fatto Noè: “40 giorni e diverse settimane di esplorazione, che mostrano Noè come uomo della pazienza e della speranza. Una speranza che non è sinonimo di rassegnazione o di rinuncia, ma di attesa operosa ed esplorativa con l’aiuto di tutti i mezzi disponibili (corvi e colombe, allora non c’erano i droni) resistendo nella durata, affidandosi alla promessa di una parola che ritiene degna di fede che richiede una decisione per poter accedere alla realtà di quanto annuncia”.

Mentre dalla prof.ssa Katalin Karikó, premio Nobel per la Medicina 2023, è giunto l’invito alla collaborazione: “Le persone hanno opinioni e pensieri diversi, come un medico o uno scienziato di base, e pensano in modo diverso. Se lavorano insieme e si rispettano a vicenda, è possibile realizzare una nuova invenzione. Questo è ciò che ritengo importante, quindi cerco di sottolineare che le donne sono importanti per la scienza e che la scienza ha bisogno di più donne perché all’inizio ci sono molte donne che si laureano e hanno il loro sogno, ma le difficoltà possono arrivare quando vogliono costruire una famiglia. In molti Paesi, come sappiamo, se non si ha un sostegno economico sufficiente, si deve rinunciare al lavoro perché quel bambino piange e bisogna prendersene cura”.

Per questo il prof. Henk ten Have, docente all’Anahuac University  di Città del Messico, ha evidenziato la necessità di una prospettiva educativa: “In primo luogo, l’educazione non dovrebbe concentrarsi solo sul futuro, ma riflettere sul passato (mostrando che nella storia di tutte le civiltà sono circolate idee di declino e collasso), per analizzare il presente (mostrando che le idee apocalittiche non sono uniformi e dipendono dalle condizioni socio-economiche, dalla cultura e dalla religione)”.

Infine suor Giustina Holha Holubets, responsabile dell’associazione ‘NGO Perinatal Hospice’ di Lviv, in Ucraina, ha messo in evidenza le minacce alla vita: “Qualsiasi minaccia alla vita e alla dignità della persona colpisce la Chiesa profondamente nel suo cuore. In particolare diventa attuale al giorno d’oggi dove assistiamo a molti attacchi, la guerra contro la vita delle persone e dei popoli, e in particolare verso la vita fragile e indifesa. Il crimine contro la vita ha oggi una grande diffusione.

Ogni volta che con lo sviluppo della medicina e della tecnologia, si nota una sovrapposizione della diagnosi prenatale con la prevenzione delle malattie ereditarie, spesso questo porta all’interruzione della gravidanza in seguito alla diagnosi. L’aborto cosi comporta una riduzione nelle statistiche delle patologie e malformazioni innate”.

Ed un figlio non nato è sempre un lutto: “La perdita di un bambino è un lutto che lascia il senso di una profonda mancanza, solitudine, tristezza e per questo c’è bisogno di un particolare approccio nell’aiutare all’elaborazione del lutto. Nella società mancano informazioni su che cosa vuol dire il lutto prenatale e perinatale. Non si conoscono le modalità appropriate di comunicazione e di comportamento in queste situazioni”.

Infine la proposta: “Per questo motivo, abbiamo cominciato di sviluppare la celebrazione nel livello nazionale il 15 ottobre del Giorno Mondiale della Consapevolezza sul Lutto in gravidanza e dopo la nascita. Per noi è una opportunità di annunciare il valore e l’importanza di una vita breve. Questo è il giorno dei nostri Angeli. Questo è il giorno per festeggiare la maternità e la paternità”.

Giornata della Vita: trasmettere la vita è speranza

“Celebriamo la 47ª Giornata Nazionale per la Vita nel contesto del Giubileo: tale coincidenza ci sollecita ad assumere l’orizzonte della speranza, poiché è nel segno della speranza che la Bolla di indizione ‘Spes non confundit’ (SnC) invita tutta la Chiesa a vivere l’anno di grazia del Signore”: questo è l’inizio del messaggio dei vescovi italiani in occasione della 47^ Giornata per la vita, che si celebra domenica 2 febbraio del prossimo anno sul tema ‘Trasmettere la vita, speranza per il mondo. Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita’, tratto dal libro della Sapienza.

Nel messaggio i vescovi affrontano la tematica della speranza: “Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere?

Questa grande ‘strage degli innocenti’, che non può trovare alcuna giustificazione razionale o etica, non solo lascia uno strascico infinito di dolore e di odio, ma induce molti (soprattutto i giovani) a guardare al futuro con preoccupazione, fino a pensare che non valga la pena impegnarsi per rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli”.

Ed ecco la domanda se è possibile fare a meno di essa: “Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani?”

A tali domande ne affiancano altre sul valore della vita, rivendicando il diritto a criticare l’aborto come diritto: “Il riconoscimento del ‘diritto all’aborto’ è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà?  Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e ‘civile’ rimuovere?”

Ugualmente non esiste un diritto al ‘riarmo’: “Quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di conflitto? La logica del ‘se vuoi la pace prepara la guerra’ riuscirà a produrre equilibri stabili e armonia tra i popoli e tra gli stati, oppure, come spesso è accaduto in passato, le armi accumulate (al servizio di interessi economici e volontà di potenza) finiranno per essere usate e produrre morte e distruzione?

Abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte”.

A questo punto per i vescovi la trasmissione della vita è un segno di speranza: “Una particolare espressione di fiducia nel futuro è la trasmissione della vita, senza la quale nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani… Tutti condividiamo la gioia serena che i bambini infondono nel cuore e il senso di ottimismo dinanzi all’energia delle nuove generazioni. Ogni nuova vita è ‘speranza fatta carne’. Per questo siamo vivamente riconoscenti alle tante famiglie che accolgono volentieri il dono della vita e incoraggiamo le giovani coppie a non aver timore di mettere al mondo dei figli.

E’ urgente ‘rianimare la speranza’ in questo particolare campo dell’esistenza umana, tanto decisivo per l’avvenire: ‘il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza’ (SnC 9)”.

Ed ecco la spinosa questione della denatalità: “Nel nostro Paese, come in molti altri dell’occidente e del mondo, si registra da anni un costante calo delle nascite, che preoccupa per le ricadute sociali ed economiche a lungo termine; alcune indagini registrano anche un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli.

Altri studi rilevano un preoccupante processo di ‘sostituzione’: l’aumento esponenziale degli animali domestici, che richiedono impegno e risorse economiche, e a volte vengono vissuti come un surrogato affettivo che appare assai riduttivo rispetto al valore incomparabile della relazione con i bambini. Tutto ciò è in primo luogo il risultato di una profonda mancanza di fiducia, che invece costituisce l’ingrediente fondamentale per lo sviluppo della persona e della comunità; esso viene pregiudicato dall’angoscia per il futuro e dalla diffidenza verso le persone e le istituzioni”.

Per questo i vescovi sono preoccupati da alcune interpretazioni della legge del 1978, in cui si tende a considerare l’aborto come diritto: “Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l’obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell’aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un ‘diritto’, mentre ‘la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo’.

Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all’aborto. Occorre pertanto ringraziare e incoraggiare quanti si adoperano ‘per rimuovere le cause che porterebbero all’interruzione volontaria di gravidanza… offrendo gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto’ (L. 194/78, art. 5), come i Centri di Aiuto alla Vita, che in 50 anni di attività in Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini”.

E nemmeno è possibile un figlio come desiderio solo: “Va infine considerato un altro fenomeno sempre più frequente, quello del desiderio di diventare genitori a qualsiasi costo, che interessa coppie o single, cui le tecniche di riproduzione assistita offrono la possibilità di superare qualsiasi limitazione biologica, per ottenere comunque un figlio, al di là di ogni valutazione morale.

Osserviamo innanzitutto che il desiderio di trasmettere la vita rimane misteriosamente presente nel cuore degli uomini e delle donne di oggi. Le persone che avvertono la mancanza di figli vanno accompagnate a una generatività e a una genitorialità non limitate alla procreazione, ma capaci di esprimersi nel prendersi cura degli altri e nell’accogliere soprattutto i piccoli che vengono rifiutati, sono orfani o migranti ‘non accompagnati’.

Questo ambito richiede una più puntuale regolamentazione giuridica, sia per semplificare le procedure di affido e adozione che per impedire forme di mercificazione della vita e di sfruttamento delle donne come “contenitori” di figli altrui”.

Quindi ecco l’appello per un’alleanza per la vita: “Un’alleanza sociale che promuova la cultura della vita, mediante la proposta del valore della maternità e della paternità, della dignità inalienabile di ogni essere umano e della responsabilità di contribuire al futuro del Paese mediante la generazione e l’educazione di figli; che favorisca l’impegno legislativo degli stati per rimuovere le cause della denatalità con politiche familiari efficaci e stabili nel tempo; che impegni ogni persona di buona volontà ad agire per favorire le nuove nascite e custodirle come bene prezioso per tutti, non solo per i loro genitori.

Tale alleanza può e deve essere inclusiva e non ideologica, mettendo insieme tutte le persone e le realtà sinceramente interessate al futuro del Paese e al bene dei giovani: se la questione della natalità dovesse diventare la bandiera di qualcuno contro qualcun altro, la sua portata ne risulterebbe svilita e le scelte relative sarebbero inevitabilmente instabili, soggette a cambi di maggioranza o agli umori dell’opinione pubblica”.

Il messaggio dei vescovi si chiude con un invito a riscoprire il Dio della vita: “La Scrittura ci presenta un Dio che ama la vita: la desidera e la diffonde con gioia in molteplici e sorprendenti forme nell’universo da lui creato e sostenuto nell’esistenza; ama in modo particolare gli esseri umani, chiamati a condividere la dignità filiale e ad essere partecipi della stessa vita divina. Confidiamo pertanto nella grazia particolare di questo anno giubilare, che porta il dono divino di ‘nuovi inizi’: quelli che il perdono offre a chi è prigioniero del suo peccato; quelli che la giustizia porta a chi è schiacciato dall’iniquità; quelli che la speranza regala a chi è bloccato dalla disillusione e dal cinismo”.

(Foto: Cei)

‘Tutto procede come imprevisto’: senza imporre nulla, spianiamo la strada alla vita

Nel 2020, l’anno che tutti ricordiamo per il covid, usciva uno dei libri in cui ho messo più passione: ‘Tutto procede come imprevisto. Il tunnel diventato ponte grazie a Gianna Beretta Molla’ (Mimep Docete): mentre lo scrivevo, nel 2019, non avevo idea che di lì a poco la realtà dell’aborto (tema principale del libro) mi avrebbe riguardato molto da vicino.

Dal 2020 al 2023, infatti, ho vissuto tre aborti spontanei, che, oltre a generarmi grande dolore, mi hanno portato ad amare ancora di più la vita: ho capito quanto fragile e preziosa sia. E, mentre soffrivo nel lasciare andare il terzo figlio (con un parto indotto, con cui lo avrei dato alla luce morto), mi sono detta: nessuna donna deve essere costretta a vivere questo. Nessuna donna deve pensare di non avere alternativa a questo. 

Da quel momento, il romanzo, dedicato alla santa mamma Gianna Beretta Molla ha assunto ancora più valore ai miei occhi. Quando tutto in te dice ‘vita’, e poi la vita si spegne, quando da casa accogliente il tuo utero si trasforma in una tomba, qualcosa si rompe, nell’anima: e questa ferita, mi sono detta, devo fare di tutto per evitarla ad altre donne.

A volte, come società, invece di spianare la strada la vita mettiamo ostacoli, muri, barricate. È quello che succede alla mia protagonista, Gaia, che, come si vede nei primi capitoli del romanzo, scoprendosi inaspettatamente incinta, viene ricattata dai genitori, abbandonata dal padre del bambino, ignorata dalle amiche di sempre (d’altronde, è solo una scelta sua, quindi anche un problema esclusivamente suo… e poi ‘quanti problemi ti fai per un grumo di cellule! Pensa a te stessa, al tuo futuro’).

Gaia ha 21 anni e tutto intorno a lei grida ‘aborto’. Coscienziosa e diligente, studentessa di medicina, pro-life sulla base della biologia (non della religione) ha due obiettivi: diventare una brava dottoressa e formare una famiglia. Quella gravidanza, arrivata in quel momento e con quell’uomo, sembra rovinare tutto.

Gaia non vuole abortire, ma al tempo stesso vuole che quella gravidanza non sia mai iniziata: è così combattuta da avere attacchi di panico… da piangere giorno e notte. Finché non compare qualcuno nella sua vita che, senza imporre nulla, tende una mano. Scopre una possibilità, è l’inizio della rinascita. Gaia potrà vedere in modo nuovo la sua situazione.

Figura centrale del libro è, come si diceva all’inizio, Santa Gianna Beretta Molla (la prima santa mamma dei tempi moderni, canonizzata nel 2004), la quale, per non interrompere la vita della sua quarta bambina (oggi una splendida persona, che si chiama Gianna Emanuela Molla), ha scelto di non curare un fibroma all’utero, morendo di parto.

Gianna, sposata con l’ingegnere Pietro Molla, era medica, aveva una vita piena e appagante, aveva già altri tre figli. Sapeva che avrebbe potuto lasciare orfani i suoi bambini, ma diceva anche che non poteva non prendersi cura della figlia che aveva in grembo, la quale poteva contare solo su di lei per sopravvivere.

Negli ultimi giorni della gravidanza, si mostra pronta a dare la vita, tanto da affermare: “Se dovete decidere fra me e il bimbo (non sapeva il sesso ndr), nessuna esitazione: scegliete – e lo esigo – il bimbo. Salvate lui”. Il mattino del 21 aprile 1962, nasce in ospedale Gianna Emanuela, ma il 28 aprile, nonostante l’impegno dei medici per salvare entrambe, Gianna muore.

Pietro, straziato dalla perdita, ma fiducioso della bontà di Dio, non ha mai smesso di credere. Ha assunto su di sé tutto il carico della famiglia, sapendo che la moglie c’era ancora, in modo nuovo.

Ha vissuto ben 50 anni da vedovo, ma non ha mai dimenticato gli anni con la sua amata, definendoli i più belli della vita. Diceva che la moglie lo aveva introdotto ad una ‘vita nuova’.

La storia di Gianna Beretta Molla mi ha toccata moltissimo fin da giovanissima, me ne parlava mia madre, ora in Cielo anche lei. La considerava un esempio. Poco dopo la morte di mia madre iniziai a scrivere ‘Tutto procede come imprevisto. Il tunnel diventato ponte grazie a Gianna Beretta Molla’ (Mimep Docete, 2020) e lo dedicai a mamma.

Un libro con cui volevo dare speranza e dire che con amore possiamo (dobbiamo!) interessarci alla vita degli altri, perché il male più grande della nostra società è l’indifferenza. Gianna è un segno di altruismo e di benevolenza, di fede e di speranza. Ci insegna a fare tutto in funzione di una vita che non finirà in eterno. Per maggiori informazioni sul libro: Tutto procede come imprevisto | Casa Editrice Mimep Docete

Papa Francesco al cimitero: trionfo della vita sulla morte

“Nella visita al camposanto, luogo di riposo dei nostri fratelli e sorelle defunti, rinnoviamo la fede nel Cristo morto, sepolto e risorto per la nostra salvezza. Anche i corpi mortali si risveglieranno nell’ultimo giorno e coloro che si sono addormentati nel Signore saranno associati a Lui nel trionfo sulla morte. Con questa certezza, eleviamo al Padre la nostra preghiera unanime di suffragio e di benedizione”: così oggi papa Francesco nella preghiera conclusiva della celebrazione eucaristica nel cimitero Laurentino di Roma.

Prima della messa papa Francesco ha pregato nel ‘Giardino degli Angeli’, dove ‘riposano’ i bambini non nati. Oggi ritorna a sostare davanti a quelle minuscole tombe, e non ha voluto telecamere o dirette per vivere quel momento, tanto che Vatican Media le ha mandate solo successivamente.

Nessuna omelia ma la preghiera della liturgia odierna: “Signore, solo un soffio è la nostra esistenza terrena, insegnaci a contare i nostri giorni, donaci la sapienza del cuore che riconosce nel momento della morte non la fine ma il passaggio della vita”.

Nella preghiera conclusiva papa Francesco ha affermato che la Resurrezione è una speranza certa: “Sii benedetto, o Dio, Padre del Signore Nostro Gesù Cristo, che nella tua grande misericordia ci hai rigenerati mediante la risurrezione di Gesù dai morti a una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe e non marcisce. Ascolta la preghiera che rivolgiamo a Te per tutti i nostri cari che hanno lasciato questo mondo. Apri le braccia della tua misericordia e ricevili nell’assemblea gloriosa della santa Gerusalemme”.

Ed ha chiesto conforto: “Conforta quanti sono nel dolore del distacco, con la certezza che i morti vivono in Te e che anche i corpi, affidati alla terra, saranno un giorno partecipi della vittoria pasquale del tuo Figlio. Tu, che sul cammino della Chiesa hai posto, quale segno luminoso, la Beata Vergine Maria, per sua intercessione sostieni la nostra fede, perché nessuno ostacolo ci faccia deviare dalla strada che porta a Te, che sei la gloria senza fine. Per Cristo Nostro Signore”.

(Fonte: Santa Sede)

Papa Francesco su guerra, donna ed aborto

Nel tardo pomeriggio di ieri, al suo ritorno dal viaggio apostolico in Lussemburgo e Belgio, papa Francesco si è recato nella basilica di santa Maria Maggiore, dove ha sostato in preghiera davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani. Quindi, al termine della visita, ha fatto rientro in Vaticano.

Le note di ‘John Brown’s Body’, con il ritornello ‘Glory Glory Alleluja’, intonate sulla pista della Base aerea di Melsbroek, hanno fatto da scorta e colonna sonora finale al congedo del papa dal Belgio, tappa finale del 46^ viaggio apostolico, avvenuto poco meno di un’ora dopo la conclusione della Messa celebrata davanti a quasi 40.000 persone nello stadio ‘Re Baldovino’ di Bruxelles.

La prima risposta del papa al viaggio apostolico in Lussemburgo e Belgio è stata di colore: “Grazie, quello del bar è una ragazzata. La prossima sarà la pizzeria. Il Lussemburgo davvero mi ha impressionato come una società ben equilibrata, con le leggi ben soppesate, anche un’altra cultura. Questo mi ha impressionato tanto, perché non lo conoscevo.

Il Belgio invece io lo conoscevo perché sono venuto parecchie volte. Ma il Lussemburgo è stata una sorpresa, per l’equilibro, l’accoglienza, è una cosa che mi ha sorpreso. Credo che forse il messaggio che può dare all’Europa, il Lussemburgo, è proprio questo”.

Però la prima domanda ‘giornalistica’ ha riguardato la visita alla tomba del re Baldovino, quindi aborto e ruolo della donna: “Sono tutte vite! Il re è stato un coraggioso perché davanti a una legge di morte, lui non ha firmato e si è dimesso. Ci vuole coraggio, no? Ci vuole un politico ‘con pantaloni’ per fare questo. Ci vuole coraggio. Anche lui con questo ha dato un messaggio e anche lui l’ha fatto perché era un santo. Quell’uomo è santo e il processo di beatificazione andrà avanti, perché mi ha dato prova di questo”.

Quindi h ribadito il diritto alla vita: “Le donne hanno diritto alla vita: alla vita loro, alla vita dei figli. Non dimentichiamo di dire questo: un aborto è un omicidio. La scienza ti dice che al mese del concepimento ci sono già tutti gli organi … Si uccide un essere umano. E i medici che si prestano a questo sono, permettimi la parola, sicari. Sono dei sicari. E su questo non si può discutere. Si uccide una vita umana. E le donne hanno il diritto di proteggere la vita. Un’altra cosa sono i metodi anticoncezionali, questa è un’altra cosa. Non confondere. Io parlo adesso soltanto sull’aborto. E su questo non si può discutere”.

Eppoi sulle vittime di abusi, incontrate nei giorni della visita apostolica: “…io ho ascoltato gli abusati. Credo è un dovere. Alcuni dicono: le statistiche dicono che il 40-42-46% degli abusati sono in famiglia e nel quartiere, soltanto il 3% nella Chiesa. Non mi importa quello, io prendo quelli della Chiesa! Abbiamo la responsabilità di aiutare gli abusati e prenderci cura di loro. Alcuni hanno bisogno di un trattamento psicologico, bisogna aiutarli in questo.

Si parla anche di un indennizzo, perché nel diritto civile c’è. Nel diritto civile credo che sono € 50.000 in Belgio, è troppo basso. Non è una cosa che serve. La cifra credo che è quella ma non ne sono sicuro. Ma dobbiamo prenderci cura delle persone abusate e punire gli abusatori, perché l’abuso non è un peccato di oggi che domani forse non c’è… E’ una tendenza, è una malattia psichiatrica e per questo dobbiamo metterli in trattamento e controllarli così. Non si può lasciare un abusatore libero nella vita normale, con responsabilità nelle parrocchie e nelle scuole… La vergogna è coprire, questa sì è la vergogna”.

Poi ha risposto sulla guerra in Medio Oriente: “Tutti i giorni io telefono alla parrocchia di Gaza. Sono lì dentro, parrocchia e collegio, più di 600 persone e mi dicono le cose che succedono, anche le crudeltà che succedono lì. Quello che lei mi dice, non ho capito bene come sono state le cose. Ma la difesa deve essere sempre proporzionata all’attacco.

Quando c’è qualcosa di sproporzionato si fa vedere una tendenza dominatrice che va oltre la moralità. Un Paese che con le forze fa queste cose (parlo di qualsiasi Paese) che fa queste cose in un modo così ‘superlativo’, sono azioni immorali. Anche nella guerra c’è una moralità da custodire. La guerra è immorale, ma le regole di guerra implicano qualche moralità”.

Ed infine è arrivata anche la domanda sul comunicato dell’Università cattolica di Lovanio, riguardante le parole del papa sul ruolo della donna nella società: “Prima di tutto, questo comunicato è stato fatto nel momento in cui io parlavo. E’ stato pre-fatto e questo non è morale. Sulla donna io parlo sempre della dignità della donna e ho detto una cosa che non posso dire degli uomini: la Chiesa è donna, è la sposa di Gesù. Maschilizzare la Chiesa, maschilizzare le donne non è umano, non è cristiano. Il femminile ha la propria forza. Anzi, la donna (lo dico sempre) è più importante degli uomini, perché la Chiesa è donna, la Chiesa è sposa di Gesù…

La maternalità della Chiesa è una maternalità di donna. Il ministero è un ministero molto minore, dato per accompagnare i fedeli, sempre dentro la maternalità. Vari teologi hanno studiato questo. E dire questo è una cosa reale, non dico moderna, ma reale. Non è antiquato. Un femminismo esagerato, che vuol dire che la donna sia maschilista, non funziona. Una cosa è il maschilismo che non va, una cosa è il femminismo che non va. Quello che va è la Chiesa donna che è più grande del ministero sacerdotale. E questo non si pensa alle volte”.

Papa Francesco è rientrato a Roma: uccidere e respingere sono contro la vita

Il volo di rientro da Singapore ha fatto scalo all’aeroporto di Fiumicino alle ore 18.46 di ieri e subito, papa Francesco ha ringraziato la Vergine Maria nella basilica di santa Maria Maggiore per il viaggio apostolico appena concluso, come è stato scritto sul canale Telegram della Sala Stampa vaticana: “Papa Francesco si è recato nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove ha sostato in preghiera davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani. Quindi, al termine della visita, ha fatto rientro in Vaticano”.

Nella conferenza stampa ‘aerea’ papa Francesco ha ringraziato i giornalisti, prima di rispondere alle loro domande: “Prima di tutto voglio ringraziare tutti voi per questo lavoro, per questa compagnia nel viaggio, che per me è molto importante. Poi, io vorrei congratularmi con la ‘decana’, perché Valentina Alazraki fa il 160° viaggio, con questo! Io non le dirò che deve andare in pensione, ma che continui così!”

Molte sono state le domande ed anche molto complesse, tanto da richiedere più risposte, ma ad una domanda su aborto e deportazione di massa di migranti, il papa è stato molto chiaro, in quanto si tratta di due atti “contrari alla vita, sia quello che butta via i migranti, sia quello che uccide i bambini. Ambedue sono contro la vita. Sia chiaro, sia mandare via i migranti, sia non dare ai migranti capacità di lavorare, non dare ai migranti accoglienza è un peccato grave. Nell’Antico Testamento si parla dell’orfano, della vedova e dello straniero, cioè il migrante. Sono i tre che il popolo di Israele deve custodire. Chi non custodisce il migrante manca. La migrazione è un diritto, è un diritto che c’è nella Scrittura. nell’Antico Testamento c’era.

L’aborto è uccidere un essere umano. Ti piace la parola, non ti piace … ma è uccidere. La Chiesa non è chiusa perché non permette l’aborto. La Chiesa non permette l’aborto perché uccide. È un assassinio. E questo dobbiamo avere le idee chiare. Mandare via i migranti è una cosa brutta, è cattiveria lì. Mandare via un bambino dal seno della mamma è un assassinio perché c’è vita. In queste cose dobbiamo parlare chiaro. Nella morale politica, in genere, si dice che non votare è brutto, non è buono. Si deve votare. E si deve scegliere il male minore. Chi è il male minore, quella signora o quel signore? Non so, ognuno in coscienza pensi e faccia questo”.

Però le prime domande vertevano sul viaggio apostolico, specialmente a riguardo dell’ultima tappa a Singapore: “Prima di tutto, io non mi aspettavo di trovare Singapore così. Dicono che la chiamano la New York dell’Oriente: un Paese sviluppato, pulito, gente educata, la città con grattacieli grandi e anche una grande cultura interreligiosa. L’incontro interreligioso che ho avuto alla fine è stato un modello, un modello di fratellanza. Poi ho visto anche, già parlando dei migranti, i grattacieli per gli operai. I grattacieli lussuosi e gli altri sono ben fatti e puliti, e questo mi è piaciuto tanto.

Io non ho sentito che ci sia una discriminazione, non ho sentito. Mi ha colpito la cultura. Con gli studenti, per esempio, l’ultimo giorno: sono rimasto colpito dalla cultura. Il ruolo internazionale: ho visto che la prossima settimana c’è una ‘Formula Uno’, credo… Il ruolo internazionale è di una capitale che attira le culture e questo è importante. È una grande capitale. Io non mi aspettavo di trovare una cosa del genere”.

Eppoi un chiarimento  sulla presenza dei coccodrilli a Timor Est, se era un riferimento alle sette: “Ho preso l’immagine dei coccodrilli che vengono sulla spiaggia. Timor Est ha una cultura semplice, familiare, gioiosa e ha una cultura di vita, ha tanti bambini, tanti, e io, quando parlavo di coccodrilli, parlavo delle idee che possono venire da fuori per rovinare questa armonia che voi avete. Ti dico una cosa: io sono rimasto innamorato di Timor Est! Un’altra cosa?…

Può darsi. Io non parlo di questo, non posso, ma può darsi. Perché tutte le religioni vanno rispettate, ma si fa una distinzione tra religione e setta. La religione è universale, qualsiasi religione; la setta è restrittiva, è un gruppetto che sempre ha un’altra intenzione. Grazie, e complimenti per il tuo Paese”.

Ed ha raccontato anche della visita in Papua Nuova Guinea: “Mi è piaciuto il Paese, e ho visto un Paese in via di sviluppo forte. Poi ho voluto andare a Vanimo per trovare un gruppo di preti e suore argentini che lavorano lì, e ho visto un’organizzazione molto bella, molto bella! In tutti i Paesi l’arte è molto sviluppata: le danze, altre espressioni poetiche…

Ma in Papua Nuova Guinea è impressionante, e a Vanimo impressiona lo sviluppo dell’arte. Questo mi ha colpito molto. I missionari che ho visitato sono nella foresta, vanno dentro la foresta a lavorare. Mi è piaciuto Vanimo, e il Paese pure”.

Un’ulteriore domanda ha riguardato l’accordo tra la Santa Sede e la Cina: “Prendo l’ultima: io sono contento dei dialoghi con la Cina, il risultato è buono, anche per la nomina dei vescovi si lavora con buona volontà. E per questo ho sentito la Segreteria di Stato, su come vanno le cose: io sono contento. L’altra cosa è la Cina: la Cina per me è un desiderio, nel senso che io vorrei visitare la Cina, perché è un grande Paese; io ammiro la Cina, rispetto la Cina.

E’ un Paese con una cultura millenaria, una capacità di dialogo, di capirsi tra loro che va oltre i diversi sistemi di governo che ha avuto. Credo che la Cina sia una promessa e una speranza per la Chiesa. La collaborazione si può fare, e per i conflitti certamente. In questo momento, il card. Zuppi si muove in questo senso e ha rapporti anche con la Cina”.

E non ha dimenticato il Medio Oriente: “La Santa Sede lavora per questo. Vi dico una cosa: tutti i giorni chiamo a Gaza, tutti i giorni, la parrocchia di Gaza. Lì dentro, nella parrocchia e nel collegio, ci sono 600 persone: cristiani e musulmani, ma vivono come fratelli. Mi raccontano cose brutte, cose difficili. Io non posso qualificare se questa azione di guerra è troppo sanguinaria o no, ma per favore, quando si vedono i corpi di bambini uccisi, quando si vede che presumendo che ci siano lì alcuni dei guerriglieri, si bombarda una scuola: è brutto questo, è brutto! A volte si dice che è una guerra difensiva o no, ma alcune volte credo che sia una guerra troppo, troppo…

E, mi scuso di dire questo, ma non trovo che si facciano i passi per fare la pace. Per esempio, a Verona, ho avuto un’esperienza molto bella: un ebreo, a cui era morta la moglie sotto un bombardamento, e uno di Gaza, a cui era morta la figlia, ambedue hanno parlato della pace, si sono abbracciati e hanno dato una testimonianza di fratellanza. Io dirò questo: è più importante la fratellanza che l’uccisione del fratello. Fratellanza, darsi la mano. Alla fine, chi vince la guerra troverà una grande sconfitta. La guerra sempre è una sconfitta, sempre, senza eccezioni. E questo non dobbiamo dimenticarlo”.

(Foto: Vatican News)

I vescovi europei: l’aborto non è un diritto

“La promozione delle donne e dei loro diritti non è legata alla promozione dell’aborto. Lavoriamo per un’Europa in cui le donne possano vivere la loro maternità liberamente e come un dono per loro e per la società e in cui l’essere madre non sia in alcun modo una limitazione per la vita personale, sociale e professionale. Promuovere e facilitare l’aborto va nella direzione opposta alla reale promozione delle donne e dei loro diritti”: con questa nota del Comece, che è il coordinamento degli episcopati cattolici dei 27 Paesi membri Ue, arriva un ammonimento al Parlamento europeo per ribadire che l’aborto non è un diritto e non può essere inserito in qualsiasi Costituzione.

Riprendendo la dichiarazione ‘Dignitas infinita’ i vescovi europei hanno ribadito che la vita è un diritto fondamentale da tutelare: “L’aborto non potrà mai essere un diritto fondamentale. Il diritto alla vita è il pilastro fondamentale di tutti gli altri diritti umani, in particolare il diritto alla vita delle persone più vulnerabili, fragili e indifese, come il bambino non ancora nato nel grembo della madre, il migrante, l’anziano, la persona con disabilità e il malato”.

Inoltre i vescovi della Comece ricordano un principio dell’Europa comunitaria, che consiste nella non imposizioni ideologiche sulla persona e sulla famiglia: “L’Unione europea deve rispettare le diverse culture e tradizioni degli Stati membri e le loro competenze nazionali. L’Unione europea non può imporre ad altri, all’interno e all’esterno dei suoi confini, posizioni ideologiche sulla persona umana, sulla sessualità e sul genere, sul matrimonio e sulla famiglia…”.

Quindi la nota si conclude con un monito al rispetto dei diritti scritti nelle Costituzioni dei singoli Stati: “La Carta dei diritti fondamentali dell’UE non può includere diritti che non sono riconosciuti da tutti e che sono divisivi. Non esiste un diritto riconosciuto all’aborto nel diritto europeo o internazionale e il modo in cui questo tema è trattato nelle Costituzioni e nelle leggi degli Stati membri varia notevolmente.

Come afferma il suo preambolo, la Carta deve rispettare la ‘diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli d’Europa’, nonché i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri”.

Giornata per la vita, la storia e l’impegno di Carlo Casini raccontato dalla figlia Marina

“La vita è sempre più minacciata a tutti i livelli: annientamento dei valori, violenza diffusa, guerre fratricide, povertà, sottosviluppo… Un buio sempre più fitto che avvolge persone, situazioni, la nostra società, il mondo intero; un buio che uccide la speranza nel cuore delle persone, che getta giovani, adulti, bambini e anziani nella paura, nel non senso di vivere. Per noi non deve essere così. Noi non ci possiamo adeguare, non ci possiamo arrendere! Credere alla vita è luce, luce che annulla il buio, luce che è Bellezza. Abbiamo la potenzialità immensa di essere luce perché siamo figli di Dio”:

Giornata  nazionale per la vita: i vescovi invitano a tutelarla contro i soprusi

Sono tante le vite che le società negano, alle quali viene impedita l’esistenza o viene strappata la dignità ad altri concessa, con cui la CEI apre il messaggio per la 46^ Giornata nazionale per la Vita, che si celebra oggi, intitolata ‘La forza della vita ci sorprende. Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?’, elencando tutte le vite il cui valore non è riconosciuto:

Intorno ai femminicidi

Proseguendo la nostra disamina si sottolinea che il rapporto anomalo fra il maschio e la femmina di qualsiasi età si può evincere da vari sintomi (possessività, eccessivo controllo del partner, morbosità esasperante, lontananza dalla chiesa, pulsioni istintive malevoli, ecc.) e da diversi indizi (espressioni palesi o velate di gelosia, di invidia, di esuberante competizione, incomunicabilità con sé stesso, con Dio, con i genitori, con i sacerdoti, ecc.) che spesso purtroppo incidono sui propri comportamenti lesivi del prossimo (spesso contro le donne al medesimo vicine), cioè verso “reati contro le persone”, di cui si occupa anche mio figlio Riccardo, alto magistrato penale presso la Corte d’Appello (cfr. le norme sancite dal Titolo XII – Dei delitti contro la persona – LIBRO SECONDO Brocardi.it https://www.brocardi.it › codice-penale › titolo-xii omicidi, lesioni, percosse, sequestri, rapimenti, ecc.) tentati, consumati ed aggravati (https://www.avvocatopenalista.org/contenuto.php?id=20401&redirected=d2fc6c8fd2f733006 b019b325ccb7b00 ) commessi con dolo (intenzionalmente, cfr. https://www.njus.it/news/2799/premeditazione-e-preordinazione-del-delitto-di-omicidio/, o con colpa, cioè per negligenza o imprudenza od imperizia, cfr. Differenza tra dolo colpa e preterintenzione – DAS Difesa Legale) o con preterintenzione (p. e. si vuole dare un pugno, ma l’altro/a batte la testa e muore), con crudeltà, per motivi abietti ed anche con premeditazione (cfr. https://www.altalex.com/documents/2023/08/04/premeditazione-motivi-abietti-futilicrudelta-sentenza-maltesi) basati frequentemente sulla tramandata, patriarcale idea di presunta “inferiorità” della donna.

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