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Da Gerusalemme un appello per Gaza

“Come custodi della fede e della coscienza cristiana in questa terra sacra, alziamo le nostre voci con dolore e ferma determinazione di fronte alla sofferenza in corso a Gaza. La devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo è una profonda tragedia morale e umanitaria. Migliaia di vite innocenti sono state perse e intere comunità sono in rovina, con i più vulnerabili, bambini, anziani e malati, che sopportano difficoltà inimmaginabili”: così hanno scritto in una nota i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme esprimendo dolore di fronte alla sofferenza degli abitanti di Gaza.

Nella nota si è ribadito che chi vive a Gaza non deve essere costretto all’esilio: “In mezzo a questa angoscia, siamo costretti a parlare contro la grave minaccia dello sfollamento di massa, un’ingiustizia che colpisce il cuore stesso della dignità umana. La gente di Gaza, famiglie che hanno vissuto per generazioni nella terra dei loro antenati, non devono essere costrette all’esilio, private di ciò che resta delle loro case, della loro eredità e del loro diritto a rimanere nella terra che costituisce l’essenza della loro identità. Come cristiani, non possiamo essere indifferenti a tale sofferenza, perché il Vangelo ci comanda di sostenere la dignità di ogni essere umano”.

Da qui nasce il sostegno alla posizione ‘chiara e incrollabile’ del re Abdullah II di Giordania e del presidente egiziano Al-Sisi: “In questo momento critico, riconosciamo e sosteniamo la posizione di Sua Maestà il Re Abdullah II di Giordania, del Presidente Al-Sisi d’Egitto e di altri, la cui posizione ferma e di principio è rimasta chiara e incrollabile nel respingere qualsiasi tentativo di sradicare la popolazione di Gaza dalla propria terra. I loro incessanti sforzi per fornire aiuti umanitari, fare appello alla coscienza del mondo e insistere sulla protezione dei civili esemplificano la leadership al suo più alto livello di responsabilità”.

Con tale spirito di responsabilità i capi delle Chiese di Gerusalemme hanno chiesto il rilascio di tutti i prigionieri: “Con questo stesso spirito, chiediamo anche il rilascio di tutti i prigionieri di entrambe le parti in modo che possano essere riuniti in sicurezza alle loro famiglie. Facciamo inoltre appello a tutte le persone di fede, ai governi e alla comunità internazionale affinché agiscano rapidamente e con decisione per fermare questa catastrofe. Non ci sia alcuna giustificazione per lo sradicamento di un popolo che ha già sofferto oltre misura”.

Questa  è stata una sottolineatura necessaria in quanto ogni vita è sacra: “Lasciamo che la sacralità della vita umana e l’obbligo morale di proteggere gli indifesi superino le forze della distruzione e della disperazione. Chiediamo un accesso umanitario immediato e senza restrizioni a coloro che sono in disperato bisogno. Abbandonarli ora significherebbe abbandonare la nostra comune umanità”.

La nota si conclude con il sostegno a coloro che hanno perso un familiare in questo perenne conflitto con un verso tratto dal salmo 145: “Mentre eleviamo le nostre preghiere per coloro che sono in lutto, per i feriti e per coloro che rimangono saldi nella terra dei loro antenati, ricordiamo la promessa della Scrittura: ‘Il Signore sostiene tutti quelli che cadono e rialza tutti quelli che sono curvi’. Possa il Dio della misericordia rafforzare gli afflitti, ammorbidire i cuori di coloro che detengono il potere e portare una pace che sostenga la giustizia, preservi la dignità umana e salvaguardi la presenza di tutti i popoli nella terra a cui appartengono”.

Tra i firmatari della dichiarazione anche il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino, padre Francesco Patton, custode di Terra Santa, il patriarca greco-ortodosso Teofilo III ed altri rappresentanti delle Chiese cristiane e cattoliche (copta, maronita, melkita, siro-cattolica, episcopale, evangelica luterana, armena).

Ed anche il segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, in un’intervista al giornale ‘Eco di Bergamo’ ha auspicato auspica che possa essere ‘permanente, che metta fine alla sofferenza del popolo palestinese’ nella Striscia di Gaza e nel resto della Palestina: Ora bisogna dare segni di speranza ad entrambi: sia agli israeliani che ai palestinesi”. L’auspicio del cardinale è che la Comunità internazionale, e in particolare le nazioni vicine, aiutino il Paese a rimanere territorialmente integro, “soccorrendo la popolazione nelle povertà che la guerra ha generato in questi lunghi anni”.

Le difficili realtà socio-politiche nel Medio Oriente portano all’interrogativo sul ruolo che lì possono avere i cristiani, non una minoranza, ma una ‘componente’ essenziale e imprescindibile, che ha ‘sempre contribuito allo sviluppo e al progresso dei loro Paesi’: “Quanto alla Terra Santa, ogni cristiano dovrebbe potervisi recare liberamente e senza restrizioni”.

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