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Da Novara mons. Brambilla invita a vivere la divina leggerezza della vita in speranza

“Bisogna dire che sperare è vivere in speranza, al posto di concentrare la nostra attenzione ansiosa sui pochi spiccioli messi in fila davanti a noi, su cui febbrilmente, senza posa, facciamo e rifacciamo il conto, morsi dalla paura di trovarcene frustrati e sguarniti. Più noi ci renderemo tributari dell’avere, più diverremo preda della corrosiva ansietà che ne consegue, tanto più tenderemo a perdere, non dico solamente l’attitudine alla speranza, ma alla stessa fiducia, per quanto indistinta, della sua realtà possibile.

Senza dubbio in questo senso è vero che solo degli esseri interamente liberi dalle pastoie del possesso sotto tutte le forme sono in grado di conoscere la divina leggerezza della vita in speranza”: da questo pensiero del filosofo francese Gabriel Marcel è partita la riflessione del vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla, per la festa patronale di san Gaudenzio, che si è snodata intorno a due domande: ‘Cosa possiamo sperare? Come dobbiamo sperare?’

Partendo dal brano evangelico, in cui si narra la presenza di Gesù dodicenne nel Tempio, il vescovo di Novara ha sottolineato che fede e speranza si ricevono: “La fede e la speranza non si inventano, ma si ricevono nel cuore del popolo santo e della propria famiglia: prima che un compito, sono un dono, anzi sono la grazia della festa. Solo mettendosi dentro la ‘consuetudine’, conoscendola ed amandola, si apre lo spazio per l’inedito di Dio e il gioco della nostra libertà…

La prima cosa che ci dice il racconto di Nazareth è questa: se si vuole partire per l’avventura della vita, bisogna piantare le radici nella propria terra. Così ha fatto Gesù, di cui il racconto poco prima dice che ‘cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di Lui’. Su questo terreno ricco di minerali preziosi e succhi vitali (la sapienza e la grazia), irrompe la novità della speranza!”

E’ stato un invito ad allenarsi alla speranza: “Noi mettiamo al mondo figli come miracolo della vita, ma dobbiamo allenarli all’avventura della divina leggerezza della speranza. Ecco, allora, cosa significa sperare: la spes latina e l’elpís greca, che sembrano venire dalla radice indoeuropea vel-, si pongono nell’orizzonte del ‘volere’.  Per volere e decidere bisogna abitare un’attesa e una tensione verso un ‘non ancora’… In tal modo, la speranza è sorretta dalla fiducia, talvolta può attendere solo ciò che appare, può persino sbagliare mèta, ma fin quando essa spera, punta su qualcosa che ha da venire, è in comunione con una certezza che la precede e le viene incontro”.

E’ stato un invito ad insegnare il modo in cui essere nella speranza: “Insegniamo ai figli le azioni e le opere che anticipano il futuro: diciamo ai nostri adolescenti e giovani di osare, sperimentare, provare per trovare la loro strada. La speranza è avventura e rischio, è prova ed errore, è cercare un maestro e una guida che non leghi a sé, ma ti liberi per custodire il tuo sogno e per trovare il tuo cammino. La speranza è la virtù dei forti, è la postura dei nani che si mettono sulle spalle dei giganti del passato, per vedere meglio e oltre loro”.

Riprendendo la lettera di san Pietro il vescovo di Novara ha sottolineato che la speranza richiede la passione: “La speranza rende beati a caro prezzo coloro che sono ‘ferventi nel bene’ ed hanno ‘passione per la giustizia’, che lottano per cambiare la vita delle famiglie e costruire i legami della città, coloro che operano anche quando sono criticati o si mette in dubbio la loro buona fede. L’Apostolo proclama anzitutto la beatitudine di coloro che soffrono per la giustizia, richiamando una delle più caratteristiche beatitudini di Gesù. Colpisce che la beatitudine trovi riscontro nella vita delle comunità che devono soffrire per le persecuzioni”.

Eppoi ha tratteggiato tre atteggiamenti per vivere la speranza, di cui il primo passo riguarda la centralità di Cristo e di Dio nella vita personale: “In questo anno giubilare la speranza viva ci chiede anzitutto di mettere in ordine le cose della nostra esistenza, di porre al primo posto ciò che deve stare al centro, il Signore e le cose decisive della vita, del lavoro e della famiglia. Il Giubileo è un anno di riposo della terra, di ricostruzione dei legami, di remissione dei torti e dei debiti, di riconciliazione tra i popoli… Bisogna ridare ordine alla nostra vita mettendo al centro il primato dell’anima e dello spirituale, della carità e della compassione!”

Un ulteriore passo richiama alla testimonianza personale e civile: “Ecco il messaggio della Prima lettera di Pietro: al centro della nostra vita c’è una speranza a caro prezzo, che è Gesù sofferente divenuto il Signore Risorto! È la “speranza vivente”, cuore dell’esistenza cristiana (in voi) e della comunità cristiana (fra voi)! Oggi è diventata una testimonianza difficile nella vita familiare, lavorativa e sociale: vincono i poli estremi della contrapposizione o della mimetizzazione. Anche noi cristiani abbiamo paura che ‘rendere ragione’ della nostra fede e delle nostre convinzioni non ci faccia sentire accettati dagli altri, oppure orgogliosamente vogliamo far valere la nostra differenza, spacciandola subito per la speranza cristiana”.

Il terzo aspetto riguarda lo stile della vita: “Non dimentichiamo che il carattere disarmato e disarmante dello stile cristiano, anche di fronte alle calunnie riguardo al nostro essere e agire nella luce e nello stile di Cristo, è stato il fattore più importante per il diffondersi del Cristianesimo nei primi quattro secoli. La ‘gentilezza’ del tratto, su cui anche la nostra città di Novara ha investito molto, deve accompagnarsi al rispetto per la dignità delle donne e degli uomini, riconosciuta davanti a Dio, e per una coscienza pura e trasparente”.

Insomma, è un invito ad essere abitati da una ‘speranza viva’: “E’ quella che ogni giorno fa prevalere la fiducia sul sospetto, la tenerezza sulla rigidità, la vicinanza sulla solitudine, l’interesse sul menefreghismo, la compassione sulla rigidità, la generosità sull’egoismo, l’accoglienza sull’esclusione, la fiducia nel prossimo piuttosto che la rivalità sfrenata, la vita semplice e operosa anziché che la ricchezza sfarzosa e ostentata. In una parola la ‘speranza viva’ è l’umile vittoria della vita sulla morte, perché l’abbiamo ricevuta in dono e non possiamo non regalarla agli altri. Questa è la divina leggerezza della vita in speranza!”

(Foto: diocesi di Novara)

Papa Francesco: la gente è in attesa di speranza

“La gente chiede a Giovanni il Battista: ‘Che cosa dobbiamo fare?’ Che cosa dobbiamo fare? E’ una domanda da ascoltare con attenzione, perché esprime il desiderio di rinnovare la vita, di cambiarla in meglio. Giovanni sta annunciando l’arrivo del Messia tanto atteso: chi ascolta la predicazione del Battista vuole prepararsi a questo incontro, all’incontro con il Messia, all’incontro con Gesù”: papa Francesco ha concluso il viaggio apostolico in Corsica con la messa nella Place d’Austerlitz.

In questa domenica di Avvento il papa ha sottolineato il desiderio alla conversione: “Chi si ritiene giusto non si rinnova. Coloro invece che venivano considerati pubblici peccatori vogliono passare da una condotta disonesta e violenta a una vita nuova. E i lontani diventano vicini quando il Cristo si fa vicino a noi”.

La conversione ha bisogno di gesti concreti: “Giovanni, infatti, risponde così ai pubblicani e ai soldati: praticate la giustizia; siate retti e onesti. Coinvolgendo specialmente gli ultimi e gli esclusi, l’annuncio del Signore ridesta le coscienze, perché Egli viene a salvare, non a condannare chi è perduto. E il meglio che noi possiamo fare per essere salvati e cercati da Gesù, è dire la verità su noi stessi: ‘Signore, sono peccatore’. Tutti noi lo siamo, qui, tutti. ‘Signore, sono peccatore’. E così ci avviciniamo a Gesù con la verità, non con il maquillage di una giustizia non vera. Perché viene a salvare proprio i peccatori”.

Il papa propone alcuni segni di speranza a questa attesa: “Colui che viene è l’Emmanuele, il Dio con noi, che dona la pace agli uomini amati dal Signore. E mentre ci prepariamo ad accoglierlo, in questo tempo di Avvento, le nostre comunità crescano nella capacità di accompagnare tutti, specialmente i giovani in cammino verso il Battesimo e i Sacramenti; e in un modo speciale anche i vecchietti, gli anziani. Gli anziani sono la saggezza di un popolo. Non lo dimentichiamo!”

Inoltre ha rivolto un pensiero ai giovani: “E pensiamo ai giovani in cammino verso il Battesimo e i Sacramenti. In Corsica, grazie a Dio, ce ne sono tanti! E complimenti! Mai ho visto tanti bambini come qui! È una grazia di Dio! E ho visto solo due cagnolini. Cari fratelli, fate figli, fate figli, che saranno la vostra gioia, la vostra consolazione nel futuro. Questa è la verità: mai ho visto tanti bambini.

Soltanto a Timor-Leste erano tanti così, ma nelle altre città non tanti così. Questa è la vostra gioia e la vostra gloria. Fratelli e sorelle, purtroppo sappiamo bene che non mancano tra le nazioni grandi motivi di dolore: miseria, guerre, corruzione, violenze… Questi bambini non sorridono! Hanno dimenticato il sorriso. Per favore, pensiamo a questi bambini nelle terre di guerre, al dolore di tanti bambini”.

E la Chiesa annuncia questa speranza: “La Parola di Dio, però, ci incoraggia sempre. E davanti alle devastazioni che opprimono i popoli, la Chiesa annuncia una speranza certa, che non delude, perché il Signore viene ad abitare in mezzo a noi. Ed allora il nostro impegno per la pace e la giustizia trova nella sua venuta una forza inesauribile.

Sorelle e fratelli, in ogni tempo e in qualsiasi tribolazione, Cristo è presente, Cristo è la fonte della nostra gioia. È con noi nella tribolazione per portarci avanti e darci la gioia. Teniamo sempre nel cuore questa gioia, questa sicurezza che Cristo è con noi, cammina con noi. Non dimentichiamolo! E così con questa gioia, con questa sicurezza che Gesù è con noi, saremo felici e faremo felici gli altri. Questa dev’essere la nostra testimonianza”.

In precedenza,  nell’incontro con il clero ed le consacrate, aveva sottolineato la necessità della cura spirituale: “Perché la vita sacerdotale o religiosa non è un “sì” che abbiamo pronunciato una volta per tutte. Non si vive di rendita con il Signore! Al contrario, ogni giorno va rinnovata la gioia dell’incontro con Lui, in ogni momento bisogna nuovamente ascoltare la sua voce e decidersi a seguirlo, anche nei momenti delle cadute. Alzati, uno sguardo al Signore: ‘Scusami, aiutami ad andare avanti’. Questa vicinanza fraterna e filiale”.

E’ un invito a non trascurare la preghiera: “Ricordiamoci questo: la nostra vita si esprime nell’offerta di noi stessi, ma più un sacerdote, una religiosa, un religioso si donano, si spendono, lavorano per il Regno di Dio, e più diventa necessario che si prendano cura anche di sé stessi. Un prete, una suora, un diacono che si trascura finirà anche per trascurare coloro che gli sono affidati.

Per questo ci vuole una piccola ‘regola di vita’ (i religiosi già ce l’hanno), che comprenda l’appuntamento quotidiano con la preghiera e l’Eucaristia, il dialogo con il Signore, ciascuno secondo la spiritualità propria e il proprio stile. E vorrei anche aggiungere: conservare qualche momento di solitudine; avere un fratello o una sorella con cui condividere liberamente ciò che portiamo nel cuore (un tempo si chiamava il direttore spirituale, la direttrice spirituale); coltivare qualcosa di cui siamo appassionati, e non per passare il tempo libero, ma per riposarci in modo sano dalle stanchezze del ministero”.

Tale cura conduce alla fraternità: “Impariamo a condividere non soltanto le fatiche e le sfide, ma anche la gioia e l’amicizia tra di noi: il vostro Vescovo dice una cosa che mi piace molto, e cioè che è importante passare dal ‘Libro delle lamentazioni’ al ‘Libro del Cantico dei Cantici’. Lo facciamo poco questo. Ci piacciono le lamentazioni!.. Condividiamo la gioia di essere apostoli e discepoli del Signore! Una gioia va condivisa. Altrimenti, il posto che deve prendere la gioia lo prende l’aceto. E’ una cosa brutta trovare un prete con il cuore amareggiato. È brutto… Chiediamo al Signore di mutare il nostro lamento in danza, di darci il senso dell’umorismo, la semplicità evangelica”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: il cristiano nutre speranza nell’attesa della Sua venuta

“Seguo ogni giorno quanto sta avvenendo in Siria, in questo momento così delicato della sua storia. Auspico che si raggiunga una soluzione politica che, senza altri conflitti né divisioni, promuova responsabilmente la stabilità e l’unità del Paese. Prego, per intercessione della Vergine Maria, che il popolo siriano possa vivere in pace e sicurezza nella sua amata terra, e le diverse religioni possano camminare insieme nell’amicizia e nel rispetto reciproco per il bene di quella Nazione, afflitta da tanti anni di guerra…

E penso sempre alla martoriata Ucraina che sta soffrendo tanto di questa guerra. Preghiamo perché si trovi una via di uscita. E penso alla Palestina, a Israele, al Myanmar. Che torni la pace, che ci sia pace! La guerra sempre è una sconfitta. Preghiamo per la pace”: al termine dell’udienza generale papa Francesco ha ricordato e pregato per i conflitti che affliggono i popoli, in particolar modo per la Siria, l’Ucraina, il Medio Oriente ed il Myanmar.

E nella catechesi dedicata allo Spirito Santo il papa ha riflettuto sul tema della speranza del ‘ritorno’ di Cristo: “In quella fase più antica l’invocazione aveva uno sfondo che oggi diremmo escatologico. Esprimeva, infatti, l’ardente attesa del ritorno glorioso del Signore. E tale grido e l’attesa che esso esprime non si sono mai spenti nella Chiesa.

Ancora oggi, nella Messa, subito dopo la consacrazione, essa proclama la morte e la risurrezione del Cristo ‘nell’attesa della sua venuta’. La Chiesa è in attesa della venuta del Signore. Ma questa attesa della venuta ultima di Cristo non è rimasta l’unica e la sola. Ad essa si è unita anche l’attesa della sua venuta continua nella situazione presente e pellegrinante della Chiesa”.

Infatti la Chiesa ‘grida’ la venuta di Gesù: “Esso non è abitualmente rivolto solo a Cristo, ma anche allo Spirito Santo stesso! Colui che grida è ora anche Colui al quale si grida. ‘Vieni!’ è l’invocazione con cui iniziano quasi tutti gli inni e le preghiere della Chiesa rivolti allo Spirito Santo: ‘Vieni, o Spirito creatore’, diciamo nel Veni Creator, e ‘Vieni, Spirito Santo’, ‘Veni Sancte Spiritus’, nella sequenza di Pentecoste; e così in tante altre preghiere.

E’ giusto che sia così, perché, dopo la Risurrezione, lo Spirito Santo è il vero ‘alter ego’ di Cristo, Colui che ne fa le veci, che lo rende presente e operante nella Chiesa. E’ Lui che ‘annuncia le cose future’ e le fa desiderare e attendere. Ecco perché Cristo e lo Spirito sono inseparabili, anche nell’economia della salvezza”.

Ecco che lo Spirito Santo è linfa della speranza cristiana: “Lo Spirito Santo è la sorgente sempre zampillante della speranza cristiana… Se la Chiesa è una barca, lo Spirito Santo è la vela che la spinge e la fa avanzare nel mare della storia, oggi come in passato!”

Quindi la speranza è una certezza: “Speranza non è una parola vuota, o un nostro vago desiderio che le cose vadano per il meglio: la speranza è una certezza, perché è fondata sulla fedeltà di Dio alle sue promesse. E per questo si chiama virtù teologale: perché è infusa da Dio e ha Dio per garante. Non è una virtù passiva, che si limita ad attendere che le cose succedano”.

Perciò il cristiano deve portare speranza: “E’ una virtù sommamente attiva che aiuta a farle succedere… Il cristiano non può accontentarsi di avere speranza; deve anche irradiare speranza, essere seminatore di speranza. E’ il dono più bello che la Chiesa può fare all’umanità intera, soprattutto nei momenti in cui tutto sembra spingere ad ammainare le vele”.

Prima dell’udienza generale il papa aveva i membri del Movimento ‘Human Economic Forum’, che stanno svolgendo il loro convegno a Roma sul bene comune: “La ricerca di uno sviluppo umano sostenibile e integrale è decisiva per la salvaguardia e la promozione del bene comune universale.

Per questo è necessario porre la persona umana al centro del nostro interesse e delle nostre attività. Occorre tenere sempre lo sguardo sulle persone concrete, in tutte le loro dimensioni, per combattere la povertà, restituire la dignità agli esclusi e, nello stesso tempo, prendersi cura della casa comune”.

Mentre al termine dell’udienza generale papa Francesco ha incontrato una delegazione della ‘Onlus ResQ – People Saving People’, affermando che la vita è inalienabile: “Voi non guardate da un’altra parte. Alla base di questo atteggiamento c’è la convinzione che ogni essere umano è unico e la sua dignità è inviolabile, qualunque sia la sua nazionalità, il colore della pelle, l’opinione politica o la religione”.

Ed ha elogiato la loro attività: “Ben venga allora l’azione di coloro che non si limitano a osservare le cose, criticando da lontano, ma si mettono in gioco, offrendo un po’ del loro tempo, del loro ingegno e delle loro risorse per alleviare le sofferenze dei migranti, per salvarli, accoglierli e integrarli. Il migrante va accolto, accompagnato, promosso e integrato. Questa generosità, questa operosità è in sintonia con il Vangelo, che invita a fare del bene a tutti e in modo speciale agli ultimi, ai più poveri, ai più abbandonati, ai malati, alle persone in pericolo”.

(Foto: Santa Sede)

The Sun: senza te non si può fare

Il 31 maggio 2024 è stata una data storica per la musica in Italia e non solo! Con il nuovo singolo ‘Senza te non si può fare’, disponibile su tutte le piattaforme digitali, per la prima volta nel nostro Paese una band cattolica e un cantante evangelico, i più seguiti nei loro relativi contesti, collaborano insieme per un progetto straordinario.

The Sun e Angelo Maugeri, infatti, hanno unito le loro voci per celebrare l’uscita della nuova stagione dell’innovativo dramma storico ‘The Chosen’, la prima serie cinematografica dedicata alla figura di Gesù, diventata fenomeno mondiale con centinaia di milioni di spettatori, oltre 770.000.000 di visualizzazioni di singoli episodi ed oltre 12.000.000 di follower sui social media.

‘Senza te non si può fare’, come racconta Francesco Lorenzi nell’articolo apparso all’interno del suo blog Per Anime Libere, è frutto di una serie di giorni intensi trascorsi a riflettere sul rapporto di Dio con Mosè, e viceversa: “Vedevo di fronte a me in modo nitido come questa relazione parlasse al cuore di ogni uomo pronto a guardarsi dentro per lasciarsi guidare oltre l’Egitto interiore, superando il deserto e giungendo alla propria Terra Promessa. Così, parole e musica si sono mostrate in modo unitario, quasi come una dichiarazione di fiducia, vicinanza e supporto dal Padre verso ognuno di noi”.

Un brano suggestivo, pubblicato dall’etichetta discografica La Gloria, rivestito di un sound nettamente rock, in cui batteria e basso trainano l’ascolto dando alla melodia e alle parole una immediata energia che coinvolge mente e cuore:

“Questa canzone è una ennesima benedizione per noi e per le persone a noi vicine e speriamo possa esserlo anche per chiunque la ascolterà a cuore aperto, sottolinea sempre Francesco nel suo articolo. Nella vita di ognuno ci sono attese talvolta incomprensibili: momenti in cui dobbiamo decidere di fare un passo indietro o in cui qualcosa a cui teniamo ci pare venga tolta vita o visibilità o importanza. Ma se cerchiamo la volontà del Padre affinché diriga i nostri passi, se cerchiamo la Sua volontà nelle scelte che compiamo, avviene poi che si manifestano meraviglie… Meraviglie che avevano solo bisogno di un certo tempo per mostrarsi e della nostra personale adesione a quel tempo, proprio come Mosè”.

Angelo Maugeri, uno dei massimi esponenti di musica cristiana in Italia con all’attivo 9 album da solista e produttore di numerosi altri nella sua etichetta Hopeful Music, racconta che “in Mosè mi rivedo un po’ perché per otto lunghi anni della mia infanzia, sono stato un balbuziente cronico! Quando The Chosen Italia mi ha contattato per invitarmi a mettere in piedi il progetto della sigla finale della quarta stagione, non ci ho pensato due volte! Cantare di Gesù, farlo con degli amici speciali ed insieme innalzare la stessa bandiera credo sia un privilegio che in tempi come questi non è scontato”.

Ad accompagnare l’uscita di ‘Senza te non si può fare’ è stato realizzato un videoclip ufficiale, che uscirà la sera di venerdì 7 giugno alle ore 21.00 in occasione della premier al cinema dei primi due episodi della quarta serie di The Chosen, diretto da Damiano Ferrari e da Francesco Lorenzi, che verrà lanciato venerdì 7 giugno in occasione della premier al cinema dei primi due episodi della quarta serie di The Chosen.

(Foto: The Sun)

Papa Francesco ai consacrati: adorare il Bambino

“Mentre il popolo attendeva la salvezza del Signore, i profeti ne annunciavano la venuta, come afferma il profeta Malachia: ‘Entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate. E l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire’. Simeone e Anna sono immagine e figura di questa attesa. Vedono entrare il Signore nel suo tempio e, illuminati dallo Spirito Santo, lo riconoscono nel Bambino che Maria porta in braccio. Lo avevano atteso per tutta la vita: Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele; Anna, che non si allontanava mai dal tempio”.

Prima Domenica di Avvento: vegliate e pregate

Inizia un nuovo anno liturgico; tra quattro settimane ricorderemo il Natale del Signore Gesù. L’avvento è come una porta che si apre, un orizzonte che si allarga, una luce nuova che la liturgia ci fa vivere, una luce che serve non per abbagliare me per risvegliarci dal sonno, una luce che ci aiuta a guardare avanti. Avvento è guardare verso…: non è tanto l’uomo che per primo si muove verso Dio, ma è Dio che scende e fa alleanza con l’uomo, che dà una mano all’uomo.

XXXII Domenica Tempo Ordinario: la vita come attesa responsabile

La festività di Tutti i Santi e la commemorazione dei fedeli defunti ci hanno preparato a riflettere sul tema: Che cosa è la vita?, dove andiamo? Un giorno che trascorre è un passo verso la grande meta. Con la parabola del Vangelo Gesù risponde alla domanda: dove siamo diretti?

Papa Francesco: la Quaresima è un tempo favorevole

Nel pomeriggio di oggi papa Francesco ha celebrato le Ceneri a Santa Sabina, la prima della stationes, ovvero le chiese dell’urbe che sono ‘sosta’ dei fedeli nel periodo di preparazione alla Pasqua, sottolineando che ‘il rito delle ceneri ci introduce’ nel cammino di ritorno a Dio, presentando due inviti: quello di ‘ritornare alla verità di noi stessi’ e quello di ‘ritornare a Dio e ai fratelli’, ricordando che il momento è ‘favorevole’:

Papa Francesco invita alla docilità per il popolo

Dopo l’incontro con le autorità sud sudanesi oggi papa Francesco ha incontrato i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, le consacrate ed i seminaristi nella cattedrale di Santa Teresa a Giuba, riprendendo l’immagine delle acque del fiume Nilo che attraversa il Paese, a cui già ieri si era ispirato parlando alle autorità sud sudanesi, e tratteggiando la figura di Mosè per cogliere alcune indicazioni utili:

‘Non lo sapevo, ma ti stavo aspettando’: quando Dio ti prende sul serio

Oggi, cari lettori, vorrei offrirvi una testimonianza. Vorrei raccontare una delle tante meraviglie che il Signore ha fatto per me. Ne stavo facendo memoria, proprio in questi giorni, e ho pensato che fosse bello condividere con voi la mia gratitudine. Sono passati sette anni esatti dall’uscita del mio primo romanzo, ‘Non lo sapevo, ma ti stavo aspettando’ (Mimep Docete, 2016).

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