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Ramadan e Quaresima per andare oltre le ideologie

“Cari fratelli e sorelle musulmani, all’inizio del mese di Ramadan il Dicastero per il Dialogo Interreligioso vi porge i suoi più calorosi saluti e la sua amicizia. Questo periodo di digiuno, preghiera e condivisione è un’occasione privilegiata per avvicinarsi a Dio e rinnovarsi nei valori fondamentali della fede, della compassione e della solidarietà”: lo ha scritto il Dicastero per il Dialogo interreligioso nel messaggio inviato oggi alle comunità musulmane di tutto il mondo in occasione del Ramadan, che si intitola ‘Cristiani e musulmani: ciò che speriamo di diventare insieme’.

Nel messaggio si mette in evidenza la coincidenza che vede quest’anno il Ramadan e la Quaresima cristiana sovrapporsi nello stesso periodo: “Quest’anno il Ramadan coincide in gran parte con la Quaresima, che per i cristiani è un periodo di digiuno, supplica e conversione a Cristo. Questa vicinanza nel calendario spirituale ci offre un’opportunità unica di camminare fianco a fianco, cristiani e musulmani, in un percorso comune di purificazione, preghiera e carità. Per noi cattolici è una gioia condividere questo momento con voi, perché ci ricorda che siamo tutti pellegrini su questa terra e che stiamo tutti cercando di ‘vivere una vita migliore’.

Quest’anno desideriamo riflettere con voi non solo su ciò che possiamo fare insieme per ‘vivere una vita migliore’, ma soprattutto su ciò che vogliamo diventare insieme, come cristiani e musulmani, in un mondo in cerca di speranza. Vogliamo essere semplici collaboratori per un mondo migliore o autentici fratelli e sorelle testimoni comuni dell’amicizia di Dio con tutta l’umanità?”

Ma Quaresima e Ramadan non sono semplici periodi di astinenza e di penitenza: “Più che un semplice mese di digiuno, noi cattolici consideriamo il Ramadan come una scuola di trasformazione interiore. Astenendosi dal cibo e dalle bevande, i musulmani imparano a controllare i loro desideri e a porre l’attenzione su ciò che è essenziale. Questo tempo di disciplina spirituale è un invito a coltivare la pietà, quella virtù che avvicina a Dio e apre il cuore agli altri.

Come sapete, nella tradizione cristiana, la stagione santa della Quaresima ci invita a seguire un percorso simile: attraverso il digiuno, la preghiera e l’elemosina cerchiamo di purificare il nostro cuore e di concentrarci su Colui che guida e dirige la nostra vita. Queste pratiche spirituali, sebbene espresse in modo diverso, ci ricordano che la fede non è solo una questione di gesti esteriori, ma un percorso di conversione interiore”.

Nel messaggio il card. George Koovakad, da poche settimane prefetto di questo organismo della Santa Sede e il segretario mons. Indunil Kodithuwakku Janakaratne Kankanamalage, hanno sottolineato il significato di speranza: “In un mondo segnato dall’ingiustizia, dai conflitti e dall’incertezza sul futuro la nostra vocazione comune implica molto di più di pratiche spirituali analoghe. Il nostro mondo ha sete di fraternità e di dialogo autentico. Insieme, musulmani e cristiani, possono essere testimoni di questa speranza, nella convinzione che l’amicizia è possibile nonostante il peso della storia e delle ideologie che intrappolano.

La speranza non è semplice ottimismo: è una virtù ancorata nella fede in Dio, il Misericordioso, nostro Creatore. Per voi, cari amici musulmani, la speranza si nutre della fiducia nella misericordia divina che perdona e guida. Per noi cristiani, essa si fonda sulla certezza che l’amore di Dio è più forte di tutte le prove e gli ostacoli”.

Ed ecco emergere il valore della fraternità: “Quello che vogliamo diventare insieme è perciò essere fratelli e sorelle in umanità, che si stimano profondamente a vicenda. La nostra fede in Dio è un tesoro che ci unisce, ben oltre le nostre differenze. Ci ricorda che siamo tutte creature, spirituali, incarnate e amate, chiamate a vivere nella dignità e nel rispetto reciproco. E noi desideriamo diventare custodi di questa sacra dignità, rifiutando ogni forma di violenza, discriminazione ed esclusione. Quest’anno, mentre le nostre due tradizioni spirituali si ritrovano nel celebrare il Ramadan e la Quaresima, abbiamo un’opportunità unica di mostrare al mondo che la fede trasforma le persone e la società, e che è una forza propulsiva di unità e riconciliazione”.

Quindi il messaggio è un invito a ‘costruire’ ponti: “Non vogliamo semplicemente coesistere; vogliamo vivere insieme in sincera e reciproca stima. I valori che condividiamo, come la giustizia, la compassione e il rispetto per il creato dovrebbero ispirare le nostre azioni e i nostri rapporti e servirci da bussola per essere costruttori di ponti anziché di muri, fautori della giustizia anziché dell’oppressione, essere protettori dell’ambiente anziché distruttori. La nostra fede e i suoi valori dovrebbero aiutarci a essere voci che si ergono contro l’ingiustizia e l’indifferenza e che proclamano la bellezza della diversità umana”.

Il messaggio si chiude con l’invito a ‘seminare’ speranza: “In questo tempo di Ramadan e con l’approssimarsi di ‘Id al-Fitr siamo felici di condividere questa speranza con voi. Che le nostre preghiere, i nostri gesti di solidarietà e i nostri sforzi per la pace siano segni tangibili della nostra sincera amicizia con voi. Che questa festa sia un’occasione di incontri fraterni tra musulmani e cristiani in cui possiamo celebrare insieme la bontà di Dio. Questi semplici, ma profondi momenti di condivisione, sono semi di speranza che possono trasformare le nostre comunità e il nostro mondo. Che la nostra amicizia sia una brezza ristoratrice per un mondo assetato di pace e fraternità!”

Ottava domenica  del Tempo Ordinario: Gesù invita alla purificazione del cuore!

Con quattro brevi parabole Gesù esorta i discepoli a guardarsi bene dell’ipocrisia. L’ipocrisia è il male terribile che impedisce di prendere coscienza dei propri limiti e rende l’uomo giudice implacabile degli altri. Gesù invita la sua Chiesa ad una vera conversione del cuore per vivere una fede viva e coinvolgente. Le quattro brevi parabole sono assai efficaci e sono dirette sia ai pastori che al popolo di Dio. Da qui la necessita di un’autocritica alla luce della ‘parola di Dio’. E’ la parola di Dio che oggi ci interpella, ci invita a riflettere, a tirare fuori ciò che è buono e saggio, ci invita a misurare con la stessa misura noi e gli altri, consapevoli dei nostri limiti e carenze.

Essere persona libera ed aiutare il fratello a liberarsi è la dinamica del saggio educatore senza quella falsa ipocrisia che  porta a vedere i difetti degli altri e non scorgere mai i propri. La tentazione è sempre quella di essere indulgenti con noi stessi, duri, anzi durissimi, nei riguardi degli altri. Gesù ebbe a dire: ‘Perchè guardi la pagliuzza che è nell’occhio del fratello e non vedi la trave che c’è nel tuo occhio?’ Può, dirà Gesù, un cieco guidare un altro cieco?. Una vera guida deve possedere quella  saggezza  ed umiltà che gli permetta di svolgere bene il suo ruolo e discernere la via giusta da seguire.

L’atteggiamento da vivere è l’empatia o la capacità di immedesimarsi nella realtà dell’altro, ascoltare le motivazioni per meglio aiutarlo. Inoltre possedere sempre rispetto caloroso ed accoglienza incondizionata dell’altro: due virtù che evidenziano l’amore misericordioso di Dio. L’atteggiamento da evitare: quello di volere apparire predicatore, giudice, moralista. Deciditi, dunque caro amico, a seguire la vera guida: Cristo Gesù,  colui che non è nato cieco perché è la ‘luce’; l’unico che conosce la strada perché è la ‘via’; l’unico che dà senso alla vita perché è la ‘vita’: Gesù è vero Signore e Maestro.

‘Un discepolo, dice Gesù, non è più del maestro’, unico vero maestro è Gesù che si rivolge a noi dicendo: ‘Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore’. Come riconoscere noi stessi se siamo o no guide cieche? Ce lo insegna lo stesso Cristo Gesù: l’albero si riconosce dai frutti; l’albero buono dà frutti buoni, l’albero cattivo dà frutti cattivi. Non dobbiamo essere ipocriti: predicare bene ed  operare male. L’ipocrisia sta nello zelo nel rilevare i difetti degli altri e nessuna premura nel correggere i propri difetti.

La carità fraterna è un dovere ma va fatta sempre con verità, carità ed umiltà. La parola buona sa correggere con mitezza chi sbaglia ed aiuta a rimuovere la pagliuzza che può esserci nel proprio occhio; parola buona è quella che infonde sempre coraggio e speranza. Cristo Gesù oggi invita il suo discepolo, ciascuno di noi, alla purificazione del cuore, ad una vita responsabile ed attenta.

Uomo, sii te stesso; vivi da uomo, da figlio di Dio, redento da Cristo, per la vita eterna. Se la Chiesa tutta: clero e laici, ci mettiamo con umiltà in ascolto della parola di Dio, si può guardare al futuro anche in mezzo a difficoltà dovute alla cattiveria altrui o alla nostra fragilità. Il futuro è nelle mani di Dio, l’avvenire è del cristianesimo, come assicura Gesù: ‘le porte degli inferi non prevarranno’. Maria, madre di Gesù e madre nostra, alla quale siamo stati affidati dalla misericordia divina, non abbandonerà mai i suoi figli. “Rivolgi a noi, Madre, gli occhi tuoi misericordiosi”.

Un Gesto, una Speranza: la Giornata della Raccolta Alimentare contro la Fame in Italia

Sabato 1° marzo 2025, un semplice gesto di generosità potrà fare la differenza. In un mondo in cui molti lottano contro la povertà e l’emarginazione sociale, la Fondazione Banco delle Opere di Carità invita tutti a partecipare alla ‘Giornata della Raccolta Alimentare contro la Fame in Italia’, un’iniziativa nazionale che da oltre 30 anni si pone come obiettivo quello di combattere la fame e sostenere chi è in difficoltà.

Da un Sacchetto a un Pasto: come funziona?

Ti basta prendere un prodotto extra dal tuo carrello e donarlo. Un piccolo gesto, ma che può arrivare direttamente sulla tavola di chi ne ha più bisogno, trasformando una spesa quotidiana in un aiuto concreto.

L’iniziativa coinvolgerà circa 170 supermercati e negozi alimentari di diverse dimensioni in tutta la provincia di Lecce, e vedrà la partecipazione di circa 100 enti locali che coopero a supporto di quella che può essere definita una vera e propria missione contro la povertà.

Nel 2024, il Banco delle Opere di Carità di Alessano (uno degli enti gestori della Caritas diocesana di Ugento-S. Maria di Leuca) ha supportato 12.813 persone, attraverso gli enti caritativi,  in modo continuativo, offrendo loro un aiuto quotidiano, e 10.001 persone in maniera saltuaria, comprese quelle che hanno usufruito delle mense e dei servizi di unità di strada. Un impegno costante che continua a fare la differenza nella vita di tante famiglie e individui in difficoltà.

Cosa Donare?

Alcuni alimenti fanno davvero la differenza, garantendo un pasto nutriente a chi si trova in difficoltà. Ecco i prodotti più utili da donare: tonno e carne in scatola, legumi e pelati, olio d’oliva, alimenti per l’infanzia. Si precisa che non saranno accettati denaro o prodotti deperibili.

Questa raccolta alimentare non è solo un’iniziativa per sostenere chi è in difficoltà, ma un vero e proprio movimento di speranza. Con una campagna di sensibilizzazione, vogliamo dare voce a chi riceve questi aiuti, raccontando le storie di persone e famiglie il cui futuro può cambiare grazie alla solidarietà di tutti.

Ogni piccolo gesto conta. Partecipa recandoti in uno dei supermercati aderenti, scegli i prodotti da donare e consegnali ai volontari. La tua partecipazione porta conforto, speranza e un sorriso a chi ne ha più bisogno. Per maggiori informazioni visita il sito www.bancodelleoperedicarita.org e unisciti a questa grande catena di solidarietà!

(Foto: Caritas Leuca)

Papa Francesco ha benedetto libro di Maimone su comunicazione socio-umanitaria e parola vitale

“Sua Santità assicura un ricordo nella preghiera e, mentre auspica che la società così come la Chiesa si avvalgano di una comunicazione le cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare, che non separi mai la verità dalla carità, invoca l’intercessione della Santa Vergine Maria e di cuore imparte la Benedizione Apostolica, con l’augurio di ogni bene nel Signore”. Con queste parole Sua Santità Papa Francesco lo scorso anno ha benedetto il libro del giornalista di America Oggi TV Biagio Maimone intitolato “La Comunicazione Creativa per lo Sviluppo Socio-Umanitario”, edito dalla Casa Editrice Tracceperlameta.

Il libro ha ricevuto, inoltre, l’apprezzamento del Segretario di Stato della Santa Sede, Cardinale Pietro Parolin, il quale ha scritto: “La congratulo per quest’opera e per le finalità che essa si propone: “rimarcare il valore centrale della Parola educativa, della Parola che crea relazioni umane, improntate al rispetto reciproco, al rispetto della sacralità della dignità umana”. Mi fa piacere sapere anche che l’opera ha ricevuto l’apprezzamento di tante illustri personalità e la benedizione di Papa Francesco. Mentre auguro una sua ampia diffusione, mi è grato porgerLe cordiali saluti e un augurio fervido di buon Anno, animato dalla speranza che non delude”.

Il testo, che è stato presentato nella Camera dei Deputati, nell’Istituto Italiano di Cultura di New York ed in Senato, propone la necessità di un nuovo modello comunicativo che ponga al centro la relazione umana ed, ancor più, l’emancipazione morale ed umana della società odierna. Sulla scorta della constatazione delle innumerevoli comunicazioni distorte veicolate dai media e da tutti i mezzi di comunicazione, compresi i social, foriere di sottocultura che non può essere consentita in quanto impoverisce la società civile deteriorando le relazioni umane, Biagio Maimone ritiene che non sia più rimandabile la necessità di far vivere un linguaggio scevro da menzogne, da offese e dal turpiloquio.

La violenza, il cyberbullismo e l’incitazione all’odio non devono essere avvolti dal silenzio, ma combattuti da un sano impegno  che disciplini l’uso della parola in modo che essa non divenga strumento di violenza e generi, pertanto, forme molto gravi di bullismo e comunicazioni nocive all’educazione dei giovani, facendo degenerare l’intera società verso l’involuzione morale.

“La Comunicazione diventa futuro” è lo slogan che identifica l’impegno di Biagio Maimone. Egli ritiene, infatti,  che il futuro per essere finalizzato al progresso umano debba far propria una nuova modalità di comunicare che veicoli la pedagogia della vita, della pace, della fratellanza umana, della parola vitale che educa le coscienze dei singoli affinché essi si dirigano sulla strada della vera emancipazione umana, oltre l’impoverimento morale ed anche materiale.

Per tale ragione nei primi mesi dell’anno costituirà l’Associazione “Progetto Vita e Umanità”, la comunicazione al servizio degli ultimi e degli indifesi. Egli, pertanto, pone in risalto l’importanza della cultura umana da riversare nel contesto della comunicazione ampiamente intesa,  affinché si pongano le fondamenta di un nuova e migliorativa modalità di trasmettere informazioni affinché esse arricchiscano sempre più l’universo interiore di coloro che le recepiscono, alimentandolo con verità e valori morali e spirituali, senza i quali l’essere umano viene deprivato di quei contenuti che ne fanno un soggetto pensante capace di costruire un mondo accogliente in cui viva la legalità, la fratellanza umana e quella bellezza che sgorga dall’animo di chi si è nutrito di cultura umana, unica cultura che consente il miglioramento delle relazioni umane e lo sviluppo socio-umanitario.

Per Biagio Maimone occorre superare  gli stereotipi che sorreggono la comunicazione, sia quella giornalistica, sia quella di ogni altro media, nonché quella istituzionale, necessariamente legata ai vari ambiti della vita umana e sociale, al fine di creare un nuovo modello comunicativo che prenda le mosse dai suoni, dai colori e dalle voci legati al sentimento, scaturenti dall’interiorità e dalla spiritualità umana. Dare voce agli infiniti linguaggi depositati nell’intimo di ognuno egli ritiene debba essere l’intento del nuovo comunicatore, animato dalla finalità primaria di educare all’apprendimento di un linguaggio che fondi le sue radici nei valori insiti nell’animo umano.

Il linguaggio dovrà divenire, pertanto, vettore di valori e non di offese ed insulti, come sovente si verifica.

Partendo dal linguaggio, ripulito dal desiderio di ferire e ridimensionare l’altro, si potrà anche ricreare la relazione umana, rendendola scevra da conflitti lesivi della dignità dell’interlocutore per orientarla all’ascolto autentico, che è creativo di benefici reciproci. Non meno rilevante sarà la forma che tale nuovo linguaggio dovrà assumere per essere vera espressione del mondo interiore, in cui vivono i valori umani.

Tale forma non potrà che essere la forma che rimanda sia al suono musicale, in quanto esso crea il senso della melodia, intesa come coinvolgimento all’unisono delle varie sensibilità umane, forza reale del linguaggio penetrante e convincente, sia al suono della poesia, da intendersi come modalità sublime di quella dimensione altamente creativa, proprio in quanto sorretta dai valori umani, che la comunicazione di elevato livello non può esimersi dal fare propria.

Altisonante ed indicativa di un preciso  impegno concreto è la sua affermazione: “La Bellezza – non vi è dubbio – tornerà ad essere il volto magnifico della vita. La forza prorompente della Bellezza, che la Parola ha il dovere di trasmettere, sconfigge ogni male! È scritto nel Vangelo, è scritto nel cuore degli uomini di Buona Volontà ed è scritto nelle trame vitali dell’esistenza, che nessuno

potrà mai distruggere perché esse appartengono alla Vita e la Vita è la ragione stessa dell’esistere umano”.

Partendo da tali principi, riportati nel quarto di copertina del suo libro, Biagio Maimone si accinge a divulgare i contenuti della nuova corrente filosofica a cui egli ha voluto dar vita, denominata “Comunicazione socio-umanitaria”. Il messaggio del libro è universale,  finalizzato all’affermazione di una nuova cultura della comunicazione, tale in quanto tesa a rivedere l’uso del linguaggio e, più precisamente, della parola, alla luce delle nuove sfide dell’epoca contemporanea, permeata da nuove esigenze e, tra queste, l’esigenza di riconsegnare alla persona la sua centralità nel contesto  della  vita umana, che appare essere percorsa da continue frammentazioni.

Il messaggio veicolato dal libro nasce dalla constatazione dell’affermarsi di una subcultura della comunicazione, che bisogna contrastare in quanto determina un crescente impoverimento morale, sociale e culturale. Rilievo centrale riveste il tema della comunicazione che trasmette l’importanza della solidarietà, presupposto ineludibile da cui prendere le mosse per dirigersi verso lo sviluppo socio-umanitario.

Biagio Maimone, in veste di Direttore della Comunicazione dell’Associazione “Bambino Gesù del Cairo”, fondata da Monsignor Yoannis Lahzi Gaid, già Segretario personale di Papa Francesco, ha richiamato, mediante il giornalismo, alla necessità di far vivere il dialogo interreligioso, la pace e la solidarietà, attraverso le iniziative dell’Associazione “Bambino Gesù del Cairo” che si qualifica nei termini di attività giornalistica a favore dei bambini poveri ed ammalati dell’Egitto. L’Associazione è stata fondata in seguito alla sottoscrizione del Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune” da parte di  Sua Santità Papa Francesco e da parte del Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, in data 4 febbraio 2019.

“Nel mio testo, si rimarca che la parola è vita in quanto deve generare la vita nelle sue espressioni più nobili e spirituali, perché essa penetra nelle coscienze individuali e collettive e, se è sorretta dalla violenza e dalla menzogna, crea una coscienza umana che è guidata da disvalori che impoveriscono i singoli individui e, conseguentemente, l’intera collettività ed il contesto sociale” ha

dichiarato Maimone, il quale ha aggiunto: “Umanizzare il linguaggio affinché sia veicolo della ‘Pedagogia della Vita’ definisce il significato autentico del mio impegno giornalistico, che sono certo possa essere condiviso da chi fa della comunicazione lo strumento mediante cui giungere al mondo interiore di chi ascolta, al fine di arricchirlo e non impoverirlo attraverso un uso distorto e, pertanto, nocivo del linguaggio”.

Papa Francesco ai diaconi: perdono essenziale nella vita

“Cari fratelli Diaconi, voi vi dedicate all’annuncio della Parola e al servizio della carità; svolgete il vostro ministero nella Chiesa con parole e opere, portando l’amore e la misericordia di Dio a tutti. Vi esorto a continuare con gioia il vostro apostolato e, come ci suggerisce il Vangelo di oggi, ad essere segno di un amore che abbraccia tutti, che trasforma il male in bene e genera un mondo fraterno. Non abbiate paura di rischiare l’amore!”: anche oggi è stato pubblicato il testo preparato da papa Francesco per l’Angelus di questa domenica, al termine della celebrazione eucaristica del Giubileo dei Diaconi.

Nel testo papa Francesco ha ringraziato per l’affetto ricevuto in questi giorni di ricovero: “Da parte mia, proseguo fiducioso il ricovero al Policlinico Gemelli, portando avanti le cure necessarie; e anche il riposo fa parte della terapia! Ringrazio di cuore i medici e gli operatori sanitari di questo Ospedale per l’attenzione che mi stanno dimostrando e per la dedizione con cui svolgono il loro servizio tra le persone malate…

In questi giorni mi sono giunti tanti messaggi di affetto e mi hanno particolarmente colpito le lettere e i disegni dei bambini. Grazie per questa vicinanza e per le preghiere di conforto che ho ricevuto da tutto il mondo! Affido tutti all’intercessione di Maria e vi chiedo di pregare per me”.

Ed infine ha chiesto di pregare per la pace nei Paesi in guerra: “Si compie domani il terzo anniversario della guerra su larga scala contro l’Ucraina: una ricorrenza dolorosa e vergognosa per l’intera umanità! Mentre rinnovo la mia vicinanza al martoriato popolo ucraino, vi invito a ricordare le vittime di tutti i conflitti armati e a pregare per il dono della pace in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu e in Sudan”.

Nella celebrazione eucaristica per il giubileo dei diaconi il Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le Questioni Fondamentali dell’Evangelizzazione nel Mondo, mons. Rino Fisichella, ha letto l’omelia del papa, basata su servizio disinteressato, comunione e perdono:

“L’annuncio del perdono è un compito essenziale del diacono. Esso è infatti elemento indispensabile per ogni cammino ecclesiale e condizione per ogni convivenza umana… Un mondo dove per gli avversari c’è solo odio è un mondo senza speranza, senza futuro, destinato ad essere dilaniato da guerre, divisioni e vendette senza fine, come purtroppo vediamo anche oggi, a tanti livelli e in varie parti del mondo.

Perdonare, allora, vuol dire preparare al futuro una casa accogliente, sicura, in noi e nelle nostre comunità. E il diacono, investito in prima persona di un ministero che lo porta verso le periferie del mondo, si impegna a vedere (ed ad insegnare agli altri a vedere) in tutti, anche in chi sbaglia e fa soffrire, una sorella e un fratello feriti nell’anima, e perciò bisognosi più di chiunque di riconciliazione, di guida e di aiuto”.

L’altro punto riguarda il servizio diaconale: “Il Signore, nel Vangelo, lo descrive con una frase tanto semplice quanto chiara: ‘Fate del bene e prestate senza sperarne nulla’. Poche parole che portano in sé il buon profumo dell’amicizia. Prima di tutto quella di Dio per noi, ma poi anche la nostra. Per il diacono, tale atteggiamento non è un aspetto accessorio del suo agire, ma una dimensione sostanziale del suo essere. Si consacra infatti ad essere, nel ministero, ‘scultore’ e ‘pittore’ del volto misericordioso del Padre, testimone del mistero di Dio-Trinità”.

E’ stato un invito ad accogliere con la carità: “Fratelli Diaconi, il lavoro gratuito che svolgete, dunque, come espressione della vostra consacrazione alla carità di Cristo, è per voi il primo annuncio della Parola, fonte di fiducia e di gioia per chi vi incontra… Il vostro agire concorde e generoso sarà così un ponte che unisce l’Altare alla strada, l’Eucaristia alla vita quotidiana delle persone; la carità sarà la vostra liturgia più bella e la liturgia il vostro più umile servizio”.

Ed infine l’invito ad essere fonte di comunione: “Dare senza chiedere nulla in cambio unisce, crea legami, perché esprime e alimenta uno stare insieme che non ha altro fine se non il dono di sé e il bene delle persone. San Lorenzo, vostro patrono, quando gli fu chiesto dai suoi accusatori di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò loro i poveri e disse: ‘Ecco i nostri tesori!’

E’ così che si costruisce la comunione: dicendo al fratello e alla sorella, colle parole, ma soprattutto coi fatti, personalmente e come comunità: ‘per noi tu sei importante’, ‘ti vogliamo bene’, ‘ti vogliamo partecipe del nostro cammino e della nostra vita’. Questo fate voi: mariti, padri e nonni pronti, nel servizio, ad allargare le vostre famiglie a chi è nel bisogno, là dove vivete”.

Intanto dopo la crisi di ieri, che sembra superata, il bollettino medico dice che stamattina il papa, pure essendo vigile, è in uno stato maggiore di sofferenza, ma solo i risultati delle analisi e dei controlli diranno come sta davvero.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: le opere di carità sono il frutto dell’Eucarestia

A termine delle udienze previste questa mattina, papa Francesco è stato ricoverato al Policlinico Agostino Gemelli ‘per alcuni necessari accertamenti diagnostici e per proseguire in ambiente ospedaliero le cure per la bronchite tutt’ora in corso’, come ha riferito la Sala Stampa Vaticana. Le udienze odierne si sono svolte regolarmente nell’ufficio privato del papa in Casa Santa Marta, incontrando il card. Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, Robert Fico, primo ministro della Repubblica Slovacca, Mark Thompson, presidente e amministratore delegato della CNN, e i membri della Fondazione ‘Gaudium et Spes’, con un ringraziamento per le opere di sostegno svolte:

“Con gioia vi ricevo oggi in questo anno giubilare che abbiamo appena iniziato e che fa di noi tutti ‘pellegrini della speranza’. Desidero ringraziarvi per il compito che svolgete, specialmente a favore dei più poveri, seguendo gli insegnamenti della costituzione conciliare da cui avete preso il nome e che onorate con le vostre azioni”.

Proprio tali attività si concretizzano secondo uno spirito ecclesiale: “In tal senso, la Fondazione e le sue opere rendono attuale questo documento, che coincide con lo spirito sinodale della Chiesa, dove tutti siamo uniti in Cristo, formando una fratellanza universale, come membri del suo Corpo. Questa unione si realizza per mezzo dello Spirito Santo, che è Amore, e si manifesta nella solidarietà, specialmente verso quanti più soffrono”.

Tale ‘amicizia’ è resa possibile dall’Eucarestia: “Questo rimanere in Cristo ci rende famiglia, fratelli, con la stessa dignità. E il nutrimento di questa famiglia che si riunisce per mangiare insieme la domenica nella Messa, è l’Eucarestia. Formiamo un solo corpo, perché mangiamo lo stesso pane. E’ il cibo spirituale che si serve a tutti in egual misura, e ci fa vivere in comunione con Dio e con i nostri fratelli”.

Ed ha concluso l’incontro con un ringraziamento: “Questa forza dello Spirito Santo ci porta a essere strumenti dell’amore di Dio che vuole giungere a tutti gli uomini, senza distinzione. Perciò, in questo Anno Santo, desidero ringraziarvi perché siete motivo di speranza per tante persone che soffrono e sono scoraggiate, persone che, attraverso le vostre opere, sentono che Dio le accarezza e le consola nelle sofferenze”.

Dopo le udienze il ricovero al Policlinico ‘Gemelli’ e di conseguenza è stato riprogrammato il calendario degli impegni previsti per i prossimi giorni: l’udienza giubilare di sabato 15 febbraio è stata annullata e la Messa in occasione del Giubileo degli Artisti e del Mondo della cultura, di domenica 16 febbraio, sarà presieduta dal card. Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, mentre l’incontro con gli artisti, previsto per lunedì 17 a Cinecittà, è annullato per l’impossibilità del papa alla presenza.

Papa Francesco ricorda alla Congregazione di san Vincenzo de’ Paoli il ‘fuoco’ della missione

“Mentre la Congregazione della Missione si prepara a commemorare il quarto centenario della sua fondazione, porgo affettuosi auguri a Lei, ai sacerdoti e ai fratelli della Congregazione e a tutti i membri della grande Famiglia vincenziana. Prego affinché questo significativo anniversario sia un’occasione di grande gioia e di rinnovata fedeltà alla concezione del discepolato missionario, fondato sull’imitazione dell’amore preferenziale di Cristo per i poveri”: così inizia il messaggio scritto da papa Francesco a p. Tomaz Mavric, superiore generale della Congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli in occasione dei 400 anni di fondazione.

Nel messaggio il papa ha ripercorso la storia della nascita delle opere di carità di quello che oggi chiamiamo la ‘San Vincenzo’: “Gli inizi della vostra Congregazione sono radicati nella profonda esperienza personale di san Vincenzo de’ Paoli, in quel ‘fuoco d’amore’ che ardeva nel cuore del Figlio di Dio incarnato e che lo portò a identificarsi con i poveri e gli emarginati.

Angosciato per la mancanza di cure pastorali nelle campagne francesi, all’inizio del 1617 decise di organizzare le missioni volte a fornire un’istruzione catechistica di base e incoraggiare un ritorno ai sacramenti. Un sogno che avrebbe portato a compimento, circa otto anni dopo, con la fondazione della Congregazione della Missione il 17 aprile 1625”.

E’ stato un inizio con forte impulso missionario: “Nei primi sette anni di vita, i sacerdoti e i fratelli della Congregazione svolsero 140 missioni. Tra il 1632 e il 1660, i missionari della Casa madre di Parigi organizzarono altre 550 missioni. A partire dal 1635, con la nascita di comunità fuori Parigi, furono avviate centinaia di altre missioni. Questa notevole espansione testimonia la fecondità religiosa e missionaria dello zelo sacerdotale di San Vincenzo e la sua sete di convertire i cuori e le menti a Cristo”.

Inoltre il papa ha sottolineato anche l’importante ruolo delle donne nelle opere di carità nella società: “Nella sua opera di sensibilizzazione verso i poveri, Vincenzo si rese subito conto che le opere di carità dovevano essere ben organizzate. Le donne furono le prime a raccogliere questa sfida. Nel 1617, nella parrocchia di Châtillon, fondò la prima delle ‘Confraternite della Carità’, che continuano oggi come Associazione Internazionale di Carità o Volontariato Vincenziano.

Nel 1633, insieme a Santa Luisa de Marillac, fondò una forma rivoluzionaria di comunità femminile, le ‘Figlie della Carità’. Fino a quel momento, le religiose vivevano nei monasteri; le Figlie della Carità furono invece inviate nelle strade di Parigi per servire gli ammalati e i poveri. Questa innovazione darà i suoi frutti in una vera e propria proliferazione di Congregazioni religiose femminili dedite alle opere apostoliche nei secoli successivi”.

E si dedicò anche alla formazione del clero, per cui il papa ha invitato a non dimenticare questa eredità spirituale: “In questo anniversario, è opportuno riflettere sull’eredità spirituale, sullo zelo apostolico e sulla cura pastorale che san Vincenzo de’ Paoli ha trasmesso alla Chiesa universale. L’elenco di coloro che hanno assimilato la spiritualità vincenziana e l’hanno vissuta eroicamente nel corso degli anni è lungo e abbraccia tutti i continenti…

Ancora oggi, sulle orme di san Vincenzo, la sua famiglia continua ad avviare opere di carità, ad intraprendere nuove missioni e ad aiutare nella formazione del clero e del laicato. Più di 100 rami di sacerdoti, fratelli, sorelle, laici e uomini costituiscono oggi la famiglia vincenziana. La Società di San Vincenzo de’ Paoli, fondata nel 1833 dal Beato Frédéric Ozanam, è diventata una straordinaria forza di bene al servizio dei poveri, con centinaia di migliaia di membri in tutto il mondo”.

Quindi la ‘crescita’ missionaria è la ‘forza’ della congregazione: “La Congregazione della Missione sta vivendo attualmente nuovi segni di crescita. Le Province più giovani, soprattutto in Asia e in Africa, dove le vocazioni alla Congregazione sono fiorenti, hanno risposto alla chiamata di iniziare missioni in altri Paesi. La Congregazione continua anche a intraprendere nuove opere creative tra i bisognosi”.

Una missione attenta ai poveri: “Penso all’ ‘Alleanza Famiglia Vincenziana con le persone senza fissa dimora’, un’iniziativa internazionale per fornire alloggi a prezzi accessibili alle persone senzatetto, ispirata all’esempio di Vincenzo de’ Paoli, che iniziò il suo lavoro nei loro confronti nel 1643, costruendo tredici case a Parigi per i poveri. Questa iniziativa intende svilupparsi nei Paesi dove sono presenti i vincenziani con la costruzione di altre case superando così l’obiettivo iniziale di accogliere 10.000 persone”.

Ed il carisma di san Vincenzo de’ Paoli è un arricchimento per la Chiesa: “Quattro secoli dopo la fondazione della Congregazione della Missione, non c’è dubbio che il carisma di San Vincenzo de’ Paoli continui ad arricchire la Chiesa attraverso i vari apostolati e le buone opere dell’intera Famiglia vincenziana.

Spero che le celebrazioni del quarto centenario mettano in evidenza l’importanza della concezione di San Vincenzo del servizio a Cristo nei poveri per il rinnovamento della Chiesa del nostro tempo, nella sequela missionaria e nell’aiuto ai bisognosi e agli abbandonati nelle molte periferie del nostro mondo e ai margini di una cultura superficiale e ‘usa e getta’.

Sono convinto che l’esempio di San Vincenzo possa ispirare in modo particolare i giovani, che con il loro entusiasmo, la loro generosità e la loro preoccupazione per la costruzione di un mondo migliore, sono chiamati a essere testimoni audaci e coraggiosi del Vangelo tra i loro coetanei e ovunque si trovino”.

(Foto: Congregazione San Vincenzo de’ Paoli)

Papa Francesco: la carità aiuta a cambiare il mondo

“Venticinque anni fa, durante il Grande Giubileo del 2000, fu istituita la Fondazione della Guardia Svizzera Pontificia. Ora è appena iniziato un altro Anno Giubilare, che coincide felicemente con la celebrazione del vostro 25^ anniversario. E’ molto bello che lo facciate con un pellegrinaggio a Roma, dove potete rinnovare la professione di fede in Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, presso le tombe degli Apostoli. A me piace pensare che tutta questa costruzione vaticana è sopra le tombe dei martiri. Sono stati sepolti qui, qui sotto”: oggi papa Francesco ha ricevuto in udienza i rappresentanti della Fondazione che da 25 anni sostiene gli appartenenti al corpo pontificio e le loro famiglie sia negli anni di servizio in Vaticano sia dopo il rientro nei luoghi di provenienza.

Ed è un ‘lavoro’ che chiede molta pazienza: “Il vostro prezioso impegno, infatti, deve essere sempre animato da uno spirito di fede e di carità, perché aiutare la Guardia Svizzera Pontificia significa sostenere il Successore di Pietro nel suo ministero nella Chiesa universale; anch’io personalmente sono molto grato per il servizio fedele delle guardie.

Nei tempi il lavoro della Guardia Svizzera è molto cambiato, ma la sua finalità rimane sempre quella di proteggere il papa. Questo comporta anche di contribuire all’accoglienza di tanti pellegrini provenienti da tutte le parti del mondo che desiderano incontrarlo. Per questo ci vuole pazienza, e le guardie ne hanno! Questa è una cosa bella di loro: ripetono le cose, spiegano… Una pazienza molto grande”.

Ed ha ringraziato la Fondazione per il supporto dato alle guardie ed alle loro famiglie: “La vostra Fondazione supporta le guardie in diversi modi e ambiti: in primo luogo si adopera in favore delle famiglie, soprattutto per quanto riguarda l’educazione e la formazione dei figli negli istituti scolastici appropriati. A me piace che le guardie si sposino; a me piace che abbiano dei figli, che abbiano una famiglia. Questo è molto importante, molto importante. Questo aspetto è diventato tanto più rilevante, in quanto le guardie sposate con figli sono aumentate e il bene delle famiglie è di fondamentale importanza per la Chiesa e la società”.

Inoltre ha evidenziato la collaborazione ed il sostegno che essa mette a disposizione: “ Inoltre, la Fondazione fornisce i mezzi per garantire, migliorare e aggiornare la professionalità e i metodi di lavoro, delle attrezzature e delle infrastrutture. Infine, offrite una valida assistenza per tutti coloro che, dopo il loro servizio in Vaticano, rientrano in patria. Io sono in contatto con alcuni di questi, che rimangono molto, molto uniti al Vaticano, alla Chiesa. A volte chiamano al telefono, inviano qualcosa; quando passano da Roma mi fanno visita. E’ un bel contatto che ho.

E tutto questo è necessario perché le guardie possano svolgere il loro prezioso servizio nel modo più efficace e per il bene di tutti. La cooperazione tra la vostra Fondazione e la Guardia Svizzera Pontificia è esemplare, perché dimostra che nessuna realtà può andare avanti da sola. E’ importante collaborare. Tutti dobbiamo aiutarci e sostenerci a vicenda e questo vale per voi, per le singole comunità, ma anche per la Chiesa intera”.

E’ stato un ringraziamento per questo supporto: “Perciò vorrei cogliere l’occasione di questo incontro con voi per esprimervi la mia viva gratitudine per il generoso sostegno che avete elargito a favore della Guardia Svizzera Pontificia durante questi venticinque anni. Grazie, grazie tante! E auspico che anche in futuro possiate proseguire il vostro apprezzato lavoro”.

In seguito il papa ha ricevuto una sessantina di membri della ‘Fondazione Cattolica’ di Verona, incoraggiandoli a disporre delle risorse economiche a ‘vantaggio del prossimo’: “Sono lieto di incontrarvi all’inizio di quest’anno, nel quale celebriamo il Giubileo della speranza. Insieme, peregrinantes in spem: camminare come pellegrini nel mondo ci ricorda che non ne siamo padroni, bensì custodi. Questo ci riguarda tutti: siamo chiamati a prenderci cura della casa comune che il Signore ci ha affidato, cioè a coltivarla e custodirla secondo una regola sapiente e rispettosa; custodire la nostra casa comune”.

Ricordando il significato di ‘economia’ il papa ha incoraggiato a proseguire nelle azioni a favore del bene comune: “A tale proposito, la vostra Fondazione è attiva in molti ambiti sociali. Ho appreso con piacere le iniziative di solidarietà, di sostegno al volontariato, di formazione culturale e professionale a cui vi dedicate. Lodo soprattutto quelle a sostegno delle famiglie e dei giovani, in collaborazione con la diocesi di Verona.

L’intraprendenza e la generosità del vostro operato è coerente col nome della Fondazione che rappresentate: Cattolica. Vi incoraggio perciò ad andare avanti facendo del bene sempre e a tutti. Facendo non stiamo fermi; fare del bene, e a tutti, fare del bene a tutti. Un bel programma di vita!”

Inoltre ha sottolineato che il denaro rende meglio se investito in opere a favore del prossimo: “Non dimentichiamo che il denaro rende di più quando è investito a vantaggio del prossimo. Questo è importante. C’è una situazione molto brutta, adesso, sugli investimenti. In alcuni Paesi gli investimenti che danno più reddito sono le fabbriche delle armi: investire per uccidere. Sono pazzi!”

Per questo il papa ha evidenziato che investire in armamenti è contro le persone: “Questo non è a vantaggio della gente. E quando si fa così, contro o fuori rispetto al vantaggio della gente, il denaro invecchia e appesantisce il cuore, rendendolo duro e sordo alla voce dei poveri. La prima cosa da scartare per l’egoismo sono i poveri, è curioso questo”.

Infine li ha esortati a promuovere il bene comune: “Quando mettiamo la ricchezza a servizio della dignità dell’uomo, non possiamo che averne guadagno, sempre: promuovendo il bene comune, infatti, si migliorano i legami della società cui tutti partecipiamo.

Davanti alle emergenze educative e lavorative, vi esorto a rinnovare di continuo la vostra fiducia nella Provvidenza di Dio, che guida con amore la storia chiamandoci a costruire un futuro secondo giustizia”.

(Foto: Santa Sede)

Don Giovanni Merlini è beato: seppe coniugare preghiera ed azione

“Nella Basilica di San Giovanni in Laterano, stamani è stato beatificato Don Giovanni Merlini, sacerdote dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Dedito alle missioni al popolo, fu consigliere prudente di tante anime e messaggero di pace. Invochiamo anche la sua intercessione mentre preghiamo per la pace in Ucraina, in Medio Oriente e nel mondo intero. Un applauso al nuovo Beato!”: al termine della recita dell’Angelus domenicale papa Francesco ha ricordato la beatificazione di don Giovanni Merlini, presieduta dal prefetto del dicastero delle cause dei santi, card. Marcello Semeraro, nella basilica di san Giovanni in Laterano.

Giovanni Merlini nacque a Spoleto il 28 agosto 1795. Ordinato sacerdote il 19 dicembre 1818, due anni dopo, partecipando ad un corso di esercizi spirituali predicato da San Gaspare del Bufalo (1786-1837), fondatore della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, colpito dal carisma del Santo, chiese di aderire alla sua opera.

Si dedicò con intensità al lavoro missionario e alla direzione spirituale di tante anime, in modo particolare quella di Santa Maria De Mattias (1805-1866), che guidò per ben 42 anni, insieme alla nascente famiglia delle Adoratrici del Preziosissimo Sangue. Svolse il suo ministero nella zona pontina e marittima, in un contesto di forte resistenza sociale allo Stato pontificio.

Nel 1847 venne eletto Moderatore Generale della Congregazione del Preziosismo Sangue, incarico che mantenne fino alla morte. Conobbe personalmente Pio IX di cui divenne consigliere spirituale. Grazie a questo legame si deve la pubblicazione, il 10 agosto 1849, del decreto ‘Redempti sumus’ con cui si istitutiva a livello universale la festa del Preziosissimo Sangue. Morì a Roma il 12 gennaio 1873 a seguito di un incidente stradale occorso nei pressi di Santa Maria in Trivio. Il decreto sull’eroicità delle virtù venne promulgato il 10 maggio 1973.

Nell’omelia il card. Semeraro ha fatto il ritratto di questo nuovo beato della Chiesa, che è stato un uomo di preghiera, che ha saputo unire nella sua vita e nel suo apostolato la dimensione attiva e quella contemplativa, che ha saputo governare con la virtù della prudenza, che ha saputo relazionarsi con amicizia verso tutti:

“Dai racconti evangelici e specialmente dal vangelo secondo Luca sappiamo che per Gesù la preghiera è un atteggiamento abituale, il luogo privilegiato in cui egli vive il mistero della sua persona e della sua missione, lo spazio vitale in cui colloca le sue relazioni con il Padre e con i discepoli. Il Padre suo Gesù lo prega sempre; da ultimo nel Getsemani e sulla croce. Per i discepoli prega quando li sceglie e quando insegna loro a pregare”.

Ed è stato un ‘ottimo’ discepolo: “In questo (oggi lo riconosciamo con gioia) il beato Giovanni Merlini è stato suo ottimo discepolo. Le testimonianze raccolte nel Processo per la sua beatificazione e canonizzazione sono unanimi nel dirci che il Signore lo aveva arricchito del dono della preghiera: una preghiera che in lui diveniva abitualmente contemplazione”.

Però la preghiera conduce all’azione: “Egli, tuttavia, fu anche uomo di azione e di apostolato, in particolare nella predicazione missionaria (cosa per la quale era molto stimato da san Gaspare), e fu pure uomo dalle ottime capacità di governo e, soprattutto, arricchito dalla virtù della prudenza. E’ questa, difatti, tra le virtù cardinali quella più necessaria in chi ha responsabilità di guida: aspetto, questo, che san Tommaso d’Aquino sottolineava in particolare giacché (diceva) è prudente chi sa decidere il da farsi concretamente e sa farlo con sapienza.

Del beato Giovanni Merlini i testimoni del processo per la beatificazione dicono che esercitava la virtù della prudenza in modo veramente straordinario: studiava le situazioni, consultava e interveniva in forme adatte e questo, specialmente in decisioni difficili per le persone, con carità”.

Infatti, come hanno riferito i testimoni, seppe coniugare insieme ‘Marta e Maria’: “Sono questi, carissimi, alcuni aspetti della vita e della spiritualità del nuovo Beato che da oggi la Chiesa ci propone per la invocazione e per la imitazione. Ce n’è, però, un altro che non voglio omettere di richiamare ed è l’amicizia con cui egli è vissuto specialmente con i confratelli nella famiglia religiosa e con le persone a lui affidate per la guida e l’accompagnamento spirituale. I nomi di san Gaspare del Bufalo e di santa Maria de Mattias sono emblematici per il loro speciale legame con il beato Giovanni Merlini”.

Beato don Giovanni Merlini il servitore dei miseri

Lo scorso 23 maggio la Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato il riconoscimento di un miracolo attribuito a don Giovanni Merlini, che sarà il primo beato del Giubileo: “Il Sommo Pontefice Francesco, accogliendo e confermando i voti del Dicastero delle Cause dei Santi, ha dichiarato: consta il miracolo, compiuto da Dio per intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Merlini”. Quindi il venerabile don Giovanni Merlini sarà beatificato oggi nell’arcibasilica papale San Giovanni in Laterano dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, suscitando gratitudine in don Emanuele Lupi, moderatore generale della Congregazione dei ‘Missionari del Preziosissimo Sangue’ ed in suor Nicla Spezzati, postulatrice della Causa:

“Tale notizia è per ognuno di noi fonte di grande gioia e di sentimenti di profonda gratitudine a Dio per il dono della santità offerto alla sua Chiesa nella persona del nostro amato don Giovanni Merlini, sacerdote e terzo Moderatore generale della Congregazione dei ‘Missionari del Preziosissimo Sangue’, nato a Spoleto (PG) il 28 agosto 1795 e morto a Roma il 12 gennaio 1873. Uomo di profondo discernimento e di sapienza, ha annunciato, come Missionario Apostolico, il Mistero della Redenzione ad intere popolazioni nello Stato Pontificio e nel Regno di Napoli, favorendo i miseri ed i reietti”.

Per approfondire questa beatificazione abbiamo contattato don Valerio Volpi, missionario del ‘Preziosissimo Sangue’ e direttore dell’ufficio di pastorale giovanile e vocazionale della congregazione: “Per il suo essere stato un uomo ‘tutto di Dio’ in ogni ambito della sua vita. Nella preghiera che lui stesso compone per la Congregazione scrive: ‘Signore, voglio essere tutto, tutto tuo e solo tuo’ e penso che ci sia davvero riuscito.

Se è vero che i frutti della santità si riconoscono nella vita non tanto della persona interessata, quanto in quella delle anime che gli sono accanto, un uomo che ha guidato spiritualmente per 42 anni Maria De Mattias (fondatrice della congregazione delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo e proclamata santa da papa Giovanni Paolo II, ndr.), facendone una santa non può che essere qualcuno che ha vissuto di cielo.

Un uomo insomma, che in tutta la sua vita non ha fatto che ricercare quello che Dio voleva da lui e dalle persone che aveva accanto. Non a caso era solito ripetere: ‘La volontà di Dio sola mi basta’. Santo perché un uomo divenuto volontà di Dio in tutto e nel concreto”.

Perché aderì alla Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue?

“Rimase affascinato dalla predicazione e dall’amabilità di san Gaspare del Bufalo che incontrò nel luglio del 1820, prendendo parte ad un corso di esercizi spirituali da lui stesso predicati nell’abbazia di san Felice di Giano, in Umbria, casa di fondazione dell’allora nascente Congregazione. Rimase colpito dal fuoco di passione e di zelo per il vangelo che quel santo uomo riusciva a trasmettere e da san Gaspare stesso si sentì rivestito di immane fiducia.

A seguito di quella settimana di esercizi il fondatore gli affidò direttamente la possibilità di predicare un altro corso di esercizi al suo posto, subito dopo lo portò con sé nella missione popolare di Monte Martano. Don Giovanni si sentì investito di gratuita fiducia da parte di quello che lui stesso considerava un santo. La vita della Congregazione fu da subito, per lui, la possibilità di mettere a frutto la migliore versione del suo sacerdozio, brillando forse oltre quello che lo stesso don Giovanni si sarebbe mai aspettato”.

Per quale motivo volle che la festa del Preziosissimo Sangue si estendesse a tutta la Chiesa?

“Nei moti rivoluzionari del 1848 il papa si era trovato invischiato in fraintendimenti di quello che lui stesso avrebbe voluto dire ai cristiani. Papa Pio IX sentiva di non doversi schierare da nessuna parte rispetto alle fazioni che erano venute a crearsi perché si considerava padre di tutti. Per riaffermare questo concetto di fraternità del genere umano, secondo don Giovanni Merlini, bisognava partire dal presupposto che la comunione è un dato di partenza per i cristiani e non un punto di arrivo. Mentre tutti cercavano soluzioni umane su come poter ‘costruire’ la comunione e la fraternità, secondo don Giovanni Merlini era necessario invertire l’ottica: la comunione non è un semplice obiettivo da raggiungere, ma un dato di fatto, che ci è già stato conquistato dal sacrificio di Cristo sulla croce, da cui bisogna ripartire.

Estendere la festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa voleva dire gridare al mondo che la comunione e la fraternità non erano punti da costruire, quanto piuttosto premesse indispensabili e irrinunciabili da cui far partire ogni altro tentativo. Proprio perché le guerre e le rivoluzioni avevano sconfessato i tentativi umani di costruire comunione e fraternità, bisognava riaffermare che Cristo aveva già compiuto questa opera e che essa andava assunta come principio vitale di fondo per ogni altro pensiero o azione”.

Quale era la spiritualità di don Giovanni Merlini?

“Cento misure e un taglio, amava ripetere. Uomo di profonda preghiera era fermamente convinto che la comunione con Dio si dovesse tradurre in scelte concrete. Tanta preghiera precedeva ogni sua scelta, ma era fermamente convinto che le scelte sono il vero risultato di una vita di comunione con Dio. Ecco perché fu uomo di profonda contemplazione ma anche faro di discernimento spirituale. Una spiritualità che si nutriva della intima comunione con Dio per poter comprendere cosa Dio volesse da lui e dal cuore delle persone che a lui si rivolgevano. Un uomo ‘vuoto di sé stesso’ ma pieno di Dio. ‘Siamo canali, non fonti’, ripeteva a santa Maria De Mattias, frase in cui si vedono bene i due poli della sua vita spirituale: rimanere attaccati in intima unione alla sorgente che è Dio, e fare in modo che questo Dio si comunichi e arrivi alle anime assetate”.

In quale modo coniugò l’adorazione eucaristica con la carità?

“Nella casa di Santa Maria in Trivio era solito pregare nascosto nella cantoria che sovrasta l’altare, in modo che nessuno potesse vederlo mentre adorava il Santissimo Sacramento nel tabernacolo dell’altare maggiore. La prima carità don Giovanni l’ha esercitata da Moderatore Generale con i confratelli. Cercava di guardare tutti con gli occhi con cui si sentiva lui stesso guardato da Dio: Mi raccomando (scriveva a Maria De Mattias) usi carità con tutte, soprattutto con le anime più problematiche”.

In quale modo è stato ‘servitore dei miseri’?

“Un episodio in particolare ci aiuta a vedere il cuore di don Giovanni Merlini nei confronti dei bisognosi. Quando è stato superiore della casa di Sonnino, che era posta fuori dall’abitato, era solito attendere tutte le sere i contadini che si ritiravano stanchi dalla campagna. Don Giovanni si faceva trovare fuori dalla porta della casa di missione, con un orcio d’acqua e un mestolo: un sorso d’acqua e una parola del Vangelo per tutti quelli che passavano, perché potessero ristorarsi prima di riprendere il cammino per la salita che li avrebbe ricondotti in paese”.

Allora, come può aiutare a vivere il Giubileo don Giovanni Merlini?

“Penso che il primo e più grande insegnamento che ci viene da don Giovanni sia la necessità di imparare l’arte del discernimento. Il tema del Giubileo ci richiama alla speranza, una virtù teologale spesso confusa con l’idea del terno a lotto, di quelle frasi che suonano molto come ‘speriamo che Dio mi sia benevolo’, ‘speriamo che Dio voglia le stesse cose che mi porto nel cuore io’, ‘speriamo che vada bene’. Da don Giovanni impariamo che speranza è la capacità di saper vedere in ogni situazione quello che Dio vuole rivelarmi. E’ passare da ‘speriamo che Dio voglia’ ad ‘in quello che vivo, mi basta la tua Volontà, perché so che sarà il meglio per me’”.

(Tratto da Aci Stampa)

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