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Una giornata di studio per i coordinatori e segretari dei gruppi del Sinodo

Si è svolto nei giorni scorsi l’incontro dei Coordinatori e dei Segretari dei 10 Gruppi di Studio su questioni emerse nel corso della Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Ad informare dell’incontro è un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede che aggiunge anche quanto accaduto durante la riunione. L’incontro è iniziato con un momento di preghiera in cui i partecipanti hanno ricordato il Santo Padre, pregando per la sua pronta guarigione.

Successivamente, a turno, ciascun coordinatore ha presentato i lavori del proprio gruppo soffermandosi in particolare sul metodo utilizzato e i soggetti (persone/organizzazioni) coinvolte, la tempistica prevista per la consegna del resoconto del gruppo, le difficoltà riscontrate e le domande aperte.

Dopo questo ricco tempo di condivisione, utile in particolare per quei gruppi di Studio che affrontano questioni ‘trasversali’, p. Giacomo Costa S.I., Consultore della Segreteria Generale, ha fornito alcuni elementi utili per una certa uniformità nella stesura dei resoconti e per la loro consegna.

I coordinatori dei gruppi sono stati informati della disponibilità della Commissione Canonica di accompagnare i loro rispettivi lavori, in particolare per quelle questioni che dovessero toccare anche la dimensione canonica.

Il Cardinale Mario Grech ha ricordato ai partecipanti la necessità di tener conto di quei contributi esterni che possono ancora giungere tramite email (synodus@synod.va), entro e non oltre il 31 marzo 2025, alla Segreteria Generale, così come aveva annunciato in apertura della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Come finora fatto, i nuovi contributi saranno inoltrati tempestivamente ai segretari dei gruppi interessati.

Giornata del Malato: la speranza rende forti nella tribolazione

“Celebriamo la XXXIII Giornata Mondiale del Malato nell’Anno Giubilare 2025, in cui la Chiesa ci invita a farci ‘pellegrini di speranza’. In questo ci accompagna la Parola di Dio che, attraverso San Paolo, ci dona un messaggio di grande incoraggiamento: ‘La speranza non delude’, anzi, ci rende forti nella tribolazione”: alcuni giorni fa è stato reso noto il messaggio di papa Francesco, redatto in occasione della XXXIII Giornata Mondiale del Malato, che si celebra martedì 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, con il titolo tratto dalla lettera di san Paolo ai Romani: ‘La speranza non delude e ci rende forti nella tribolazione’.

Però per l’Anno Giubilare la celebrazione di questa Giornata a livello mondiale si terrà il prossimo anno al Santuario Mariano della Virgen de Chapi, di Arequipa, in Perù, mentre il Giubileo degli Ammalati e del Mondo della Sanità, si svolgerà sabato 5 e domenica 6 aprile, ed il Giubileo delle Persone con Disabilità avrà luogo lunedì 28 e martedì 29 aprile.

Le parole dell’Apostolo delle Genti sono ‘consolanti’ che però nel malato possono generare alcune domande: “Ad esempio: come rimanere forti, quando siamo toccati nella carne da malattie gravi, invalidanti, che magari richiedono cure i cui costi sono al di là delle nostre possibilità? Come farlo quando, oltre alla nostra sofferenza, vediamo quella di chi ci vuole bene e, pur standoci vicino, si sente impotente ad aiutarci? In tutte queste circostanze sentiamo il bisogno di un sostegno più grande di noi: ci serve l’aiuto di Dio, della sua grazia, della sua Provvidenza, di quella forza che è dono del suo Spirito”.

Il messaggio è un invito “a riflettere sulla presenza di Dio vicino a chi soffre, in particolare sotto tre aspetti che la caratterizzano: l’incontro, il dono e la condivisione”.

Quindi la prima parola consiste nell’incontro con i malati; anche per loro Gesù ha mandato i discepoli: “Gesù, quando invia in missione i settantadue discepoli, li esorta a dire ai malati: ‘E’ vicino a voi il regno di Dio’. Chiede, cioè, di aiutare a cogliere anche nell’infermità, per quanto dolorosa e difficile da comprendere, un’opportunità d’incontro con il Signore.

Nel tempo della malattia, infatti, se da una parte sentiamo tutta la nostra fragilità di creature (fisica, psicologica e spirituale), dall’altra facciamo esperienza della vicinanza e della compassione di Dio, che in Gesù ha condiviso le nostre sofferenze. Egli non ci abbandona e spesso ci sorprende col dono di una tenacia che non avremmo mai pensato di avere, e che da soli non avremmo mai trovato”.

In questo caso la malattia può diventare un’esperienza di consolazione: “La malattia allora diventa l’occasione di un incontro che ci cambia, la scoperta di una roccia incrollabile a cui scopriamo di poterci ancorare per affrontare le tempeste della vita: un’esperienza che, pur nel sacrificio, ci rende più forti, perché più consapevoli di non essere soli. Per questo si dice che il dolore porta sempre con sé un mistero di salvezza, perché fa sperimentare vicina e reale la consolazione che viene da Dio”.

L’altro punto importante riguarda il dono, richiamando alla ‘definizione’ data da Madeleine Delbrêl, che si realizza nella Resurrezione: “Mai come nella sofferenza, infatti, ci si rende conto che ogni speranza viene dal Signore, e che quindi è prima di tutto un dono da accogliere e da coltivare, rimanendo ‘fedeli alla fedeltà di Dio’, secondo la bella espressione di Madeleine Delbrêl.

Non solo, ma il Risorto cammina anche con noi, facendosi nostro compagno di viaggio, come per i discepoli di Emmaus. Come loro, anche noi possiamo condividere con Lui il nostro smarrimento, le nostre preoccupazioni e le nostre delusioni, possiamo ascoltare la sua Parola che ci illumina e infiamma il cuore e riconoscerlo presente nello spezzare del Pane, cogliendo nel suo stare con noi, pur nei limiti del presente, quell’ ‘oltre’ che facendosi vicino ci ridona coraggio e fiducia”.

Quindi dalla speranza e dal dono nasce la condivisione: “I luoghi in cui si soffre sono spesso luoghi di condivisione, in cui ci si arricchisce a vicenda. Quante volte, al capezzale di un malato, si impara a sperare! Quante volte, stando vicino a chi soffre, si impara a credere! Quante volte, chinandosi su chi è nel bisogno, si scopre l’amore! Ci si rende conto, cioè, di essere ‘angeli’ di speranza, messaggeri di Dio, gli uni per gli altri, tutti insieme: malati, medici, infermieri, familiari, amici, sacerdoti, religiosi e religiose; là dove siamo: nelle famiglie, negli ambulatori, nelle case di cura, negli ospedali e nelle cliniche”.

E’ un invito ad apprezzare la bellezza di un gesto, che può rendere ‘diversa’ la vita: “Ed è importante saper cogliere la bellezza e la portata di questi incontri di grazia e imparare ad annotarseli nell’anima per non dimenticarli: conservare nel cuore il sorriso gentile di un operatore sanitario, lo sguardo grato e fiducioso di un paziente, il volto comprensivo e premuroso di un dottore o di un volontario, quello pieno di attesa e di trepidazione di un coniuge, di un figlio, di un nipote, o di un amico caro. Sono tutte luci di cui fare tesoro che, pur nel buio della prova, non solo danno forza, ma insegnano il gusto vero della vita, nell’amore e nella prossimità”.

Affidando i malati alla protezione di Maria, papa Francesco ha ringraziato, oltre ai malati, anche chi è al fianco di chi sta male per tale testimonianza: “Cari malati, cari fratelli e sorelle che prestate la vostra assistenza ai sofferenti, in questo Giubileo voi avete più che mai un ruolo speciale. Il vostro camminare insieme, infatti, è un segno per tutti, ‘un inno alla dignità umana, un canto di speranza’, la cui voce va ben oltre le stanze e i letti dei luoghi di cura in cui vi trovate, stimolando ed incoraggiando nella carità ‘la coralità della società intera’, in una armonia a volte difficile da realizzare, ma proprio per questo dolcissima e forte, capace di portare luce e calore là dove più ce n’è bisogno.

Tutta la Chiesa vi ringrazia per questo! Anch’io lo faccio e prego per voi affidandovi a Maria, Salute degli infermi, attraverso le parole con cui tanti fratelli e sorelle si sono rivolti a Lei nel bisogno: Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta”.

‘Sacerdoti Insieme’: il primo meeting sulla ‘Fraternità Sacerdotale’ organizzato dal Centro per l’Evangelizzazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue

«È stata una tre giorni ricca di grazia quella che si è svolta dal 27 al 29 gennaio presso il Collegio del Preziosissimo Sangue di Roma, che ha visto la presenza di oltre 20 sacerdoti provenienti da tutta Italia. Un meeting sulla “Fraternità Sacerdotale”per tutti quei confratelli nel sacerdozio che ho avuto la possibilità di incontrare, nelle varie occasioni di predicazioni e missioni al popolo, su tutto il territorio nazionale» afferma don Flavio Calicchia, Missionario del Preziosissimo Sangue e direttore del Centro per l’Evangelizzazione della Provincia Italiana.

 «Prima di programmare iniziative concretecontinua don Flavio – abbiamo sentito il bisogno di ritrovarci insieme per condividere, in semplicità, la nostra esperienza ministeriale, promuovendo una forma di “spiritualità della comunione”, tanto cara al nostro fondatore San Gaspare del Bufalo. “Nessun presbitero è in condizione di realizzare a fondo la propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza unire le proprie forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la guida di coloro che governano la Chiesa!” (PO 7). I contatti regolari con il Vescovo e con gli altri sacerdoti, la mutua collaborazione, la vita comune o fraterna tra sacerdoti, sono mezzi molto utili per superare gli effetti negativi della solitudine che alcune volte il sacerdote può sperimentare e per superare una certa sfiducia e scontentezza così diffusa tra i sacerdoti».

Don Ambrogio Monforte, uno dei sacerdoti partecipanti, racconta: «Ci siamo ritrovati in quella concreta fraternità sacerdotale dove le parole e la vita del confratello accanto ci hanno permesso di riprendere la vita di ogni giorno ricaricati, con la grinta di voler donare all’altro qualcosa della propria ricchezza e di incrementare meglio la vocazione propria e dell’amico (cfr. 2 Pt 3, 10). Ecco perché per noi sacerdoti diocesani, vivere la spiritualità del Preziosissimo Sangue significa vivere la spiritualità che riesce a dare luce a ciò che già c’è, ossia il nostro ministero sacerdotale, proprio come il sangue che ha la capacità di ossigenare e rivitalizzare tutto il corpo.

Proprio come lo fu per il Beato Giovanni Merlini che, già da sacerdote, conoscendo san Gaspare si perfezionò nel suo ministero: anche noi sacerdoti diocesani che viviamo questa spiritualità ci sentiamo di scegliere quanto abbiamo già scelto: innamorarci in maniera nuova di ciò che già siamo». «Nella relazione centrale che ci è stata offerta, – continua il presbitero – don Luigi Maria Epicoco, ha voluto sottolineare proprio questo legame tra sacerdoti definendolo a partire da ciò che Gesù dice nel vangelo di Giovanni con la categoria più importante, quella dell’amicizia: “Non vi chiamo più servi ma amici” (cfr. Gv 15, 12-17): nell’amicizia sacerdotale tra i santi cappadoci Basilio e Gregorio ci ha mostrato quella custodia premurosa vicendevole e la bellezza di fare strada all’altro senza farsi strada.

Dopo il pellegrinaggio alla Porta Santa della Basilica Vaticana, abbiamo concelebrato la santa messa pomeridiana con il card. Mauro Gambetti, il quale ci ha ricordato il legame di parentela che noi abbiamo con Gesù: nella misura in cui siamo sempre più servitori e annunciatori instancabili della Parola riusciamo a generarLo negli altri diventando suoi fratelli, sorelle e madri (cfr. Mc 3, 35). E così, forti di questa esperienza, abbiamo concluso le nostre giornate con un giro di condivisione di esperienze e la celebrazione presieduta da don Benedetto Labate, direttore della Provincia Italiana dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Le parole risuonate nella nostra vita diventano una linfa vitale di grazia, ci rafforzano nel ministero, ci invitano a raggiungere e donarci a quanti il Signore mette sul nostro cammino, come il Sangue prezioso di Cristo che dalla Croce scorre come un fiume verso tutti».

Papa Francesco: Dio condivide la vita umana

Nell’Angelus odierna papa Francesco, incoraggiando i presente in piazza san Pietro nonostante la pioggia, ha raccontato la ‘potenza’ del brano evangelico odierno: “Oggi il Vangelo, parlandoci di Gesù, Verbo fatto carne, ci dice che ‘la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta’. Ci ricorda, cioè, quanto è potente l’amore di Dio, che non si lascia vincere da nulla e che, al di là di ostacoli e rifiuti, continua a risplendere e a illuminare il nostro cammino”.

Attraverso il Vangelo di questa domenica Dio si manifesta nell’umiltà: “Lo vediamo nel Natale, quando il Figlio di Dio, fattosi uomo, supera tanti muri e tante divisioni. Affronta la chiusura di mente e di cuore dei ‘grandi’ del suo tempo, preoccupati più di difendere il potere che di cercare il Signore.

Condivide la vita umile di Maria e Giuseppe, che lo accolgono e crescono con amore, ma con le possibilità limitate e i disagi di chi non ha mezzi: erano poveri. Si offre, fragile e indifeso, all’incontro con i pastori, uomini dal cuore segnato dalle asprezze della vita e dal disprezzo della società; e poi con i Magi, che spinti dal desiderio di conoscerlo affrontano un lungo viaggio e lo trovano in una casa di gente comune, in grande povertà”.

E nonostante le ‘chiusure’Dio continua ad elargire misericordia: “Di fronte a queste e a tante altre sfide, che sembrano contraddizioni, Dio non si ferma mai: trova mille modi per arrivare a tutti e a ciascuno di noi, là dove ci troviamo, senza calcoli e senza condizioni, aprendo anche nelle notti più oscure dell’umanità finestre di luce che il buio non può coprire. E’ una realtà che ci consola e che ci dà coraggio, specialmente in un tempo come il nostro, un tempo non facile, dove c’è tanto bisogno di luce, di speranza e di pace, un mondo dove gli uomini a volte creano situazioni così complicate, che sembra impossibile uscirne”.

Quindi il Vangelo odierno è stato un invito ad aprirsi all’amore: “Sembra impossibile uscire da tante situazioni, ma oggi la Parola di Dio ci dice che non è così! Anzi, ci chiama a imitare il Dio dell’amore, aprendo spiragli di luce dovunque possiamo, con chiunque incontriamo, in ogni contesto: familiare, sociale, internazionale. Ci invita a non aver paura di fare il primo passo. Questo è l’invito del Signore oggi: non abbiamo paura di fare il primo passo: ci vuole coraggio per farlo, ma non abbiamo paura”.

Ci si apre all’amore attraverso una risposta positiva alla vita: “Spalancando finestre luminose di vicinanza a chi soffre, di perdono, di compassione, di riconciliazione: questi sono i tanti primi passi che noi dobbiamo fare per rendere il cammino più chiaro, sicuro e possibile per tutti. E questo invito risuona in modo particolare nell’Anno giubilare da poco iniziato, sollecitandoci ad essere messaggeri di speranza con semplici ma concreti ‘sì’ alla vita, con scelte che portano vita. Facciamolo, tutti: è questa la via della salvezza!”

Ed oggi è stata aperta anche l’ultima Porta Santa romana, quella della Basilica di San Paolo fuori le Mura, con una celebrazione eucaristica del card. James Michael Harvey, arciprete della Basilica, che nell’omelia ha fatto riferimento alla gioia e alla speranza che caratterizzano il tempo di Natale e quello del Giubileo: “La Chiesa fa un ulteriore passo decisivo nella sua storia millenaria… Le parole che il salmista canta alla città santa Gerusalemme ora la liturgia le canta alla Chiesa universale e a ogni singolo membro di essa.

Questa mattina con l’apertura della Porta Santa, un atto tanto semplice quanto suggestivo, abbiamo varcato la soglia del tempio sacro con immensa gioia perché in modo emblematico abbiamo varcato la porta della speranza. La gioia e la speranza sono il binomio del rito liturgico. Gioia perché è nato il Salvatore, speranza perché Cristo Salvatore è la nostra speranza. E’ la letizia del tempo natalizio in cui il mondo cristiano contempla il disegno di salvezza di Dio».

L’arciprete della Basilica ha ricordato che lo scopo dell’incarnazione del Figlio di Dio è non solo “essere in mezzo a noi ma essere uno di noi. Ci ha comunicato la sua stessa vita filiale per metterci in rapporto intimo con Dio. In Gesù riceviamo l’adozione a figli, ci conduce in una pienezza di vita insuperabile… La gioia è il sentimento giusto anche per il dono della redenzione.

L’apertura della Porta Santa segna il passaggio salvifico aperto da Cristo chiamando tutti i membri della Chiesa a riconciliarsi con Dio e con il prossimo. Varcando con fede questa soglia entriamo nel tempio della misericordia e del perdono. Quanto abbiamo bisogno adesso della speranza, in questo periodo post-pandemia ferito da tragedie, guerre, crisi di varia natura. La speranza è indubbiamente legata al futuro ma si sperimenta anche nel presente”.

Concludendo l’omelia il cardinale ha ricordato che “la città eterna si prepara ad accogliere pellegrini di tutto il mondo; anche noi di Roma ripetiamo gesti che caratterizzano l’esperienza giubilare e la viviamo come speciale dono di grazia, penitenza e perdono dei peccati. La Chiesa invita ciascun pellegrino a percorrere un viaggio spirituale sulle orme della fede. Nello spirito di veri pellegrini, camminando per così dire con la croce in mano, accogliamo con gioia l’appello rivolto a tutta la Chiesa dal papa, un appello pressante e impegnativo, a non accontentarci solo di avere ma anche irradiare speranza, essere seminatori di speranza. E’ il dono più bello che la Chiesa può fare all’umanità intera”.

Mentre nei giorni precedenti il card. Rolandas Makrickas aveva aperto la porta santa della basilica di santa Maria Maggiore: “Dalla cima dell’Esquilino, punto più elevato del centro di Roma, fin dal primo Giubileo della Chiesa essa continua sino ad oggi a diffondere il suo suono per tutta la Città Eterna, a conforto di ogni pellegrino. Il suono di questa campana non solo scandisce le ore e i tempi per la preghiera, ma trasforma in suono la tradizionale immagine ascritta a Maria, quella di guida e segnavia, la Stella Maris, che illumina il cammino nel buio della notte”.

Nell’omelia il cardinale si è soffermato sul valore della ‘pienezza del tempo’: “Il tempo acquista la sua pienezza quando è unito all’eternità, cioè con il tempo infinito di Dio. Il tempo è una grande creatura di Dio. L’uomo spesso e in diversi modi ha voluto aumentare o perfezionare il tempo con le nuove tecnologie, ma ogni suo tentativo si risolve sempre nella sua perdita o in quella che potremmo definire la ‘stanchezza del tempo’. Basti pensare ai computer o ai telefonini: progettati per salvare e arricchire il tempo, ne diventano spesso i suoi peggiori nemici. Non ci si può, invece, sentire mai sperduti, persi o stanchi del tempo vissuto con Dio”.

In questa chiesa è custodita  l’icona mariana della ‘Salus Populi Romani’: “Ogni pellegrino che varcherà la soglia della Porta Santa di questo primo santuario Mariano d’Occidente durante l’Anno Giubilare si disporrà alla preghiera di fronte all’icona della Madre di Dio, Salus Populi Romani, e di fronte alla Sacra Culla di Gesù e non potrà uscire di qui senza avvertire una sensazione particolare”.

(Foto: Santa Sede)

Terza domenica di Avvento: cosa dobbiamo fare?

Gaudete

‘Rallegrati, figlia di Sion…’, così il profeta Sofonia, mentre  l’apostolo Paolo esorta: ‘fratelli, siate sempre lieti nel Signore’. Questa è la domenica ‘gaudete’, domenica della gioia. Siamo ormai vicini al Natale, la solennità che ci ricorda la prima venuta di Cristo, la sua nascita a Betlemme. Protagonista nel Vangelo è Giovanni Battista, colui che viene per preparare la via al Signore: raddrizzare i sentieri, cioè ‘convertirsi’.    

La folla chiede a Giovanni: cosa dobbiamo fare? Le risposte di Giovanni non sono moralistiche ma molto concrete: anzitutto a) condividere (chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha); b) non appropriarsi iniquamente (non esigere di più di quanto è stato fissato); c) non fare violenza ma rispettare gli altri.

Giovanni non è il Cristo, il Messia: questi annuncerà una giustizia superiore; Gesù dirà: a chi ti toglie il mantello non rifiutare la tunica; a chi ti dà uno schiaffo sulla destra, a lui porgi anche la sinistra. Giovanni non dice alla folla: fate quello che faccio io, ma ‘age quad agis’ (fai bene quello che fai), compi onorevolmente il tuo ruolo nella famiglia e nella società.

Dio non richiede miracoli da nessuno nè cose straordinarie; ma tu, uomo, sii sempre fedele al tuo ruolo di uomo creato ad immagine di Dio. Dio è amore, allora ama Dio con tutto il cuore e il prossimo tuo come te stesso. Non fare dell’egoismo il criterio del tuo agire; da qui la necessità del Battesimo, di lavarsi per rinascere ad una vita nuova.

Non è il solo rito del battesimo che ti purifica e neppure l’appartenenza al popolo di Dio: sei figlio di Dio? Allora sii misericordioso; ti vanti di avere Abramo per padre, allora compi le opere di Abramo. Non approfittare del tuo ruolo, della tua posizione per arricchirti ingiustamente, ma ama il prossimo tuo come te stesso, non fare agli altri quello che vorresti non fosse fatto a te; la vita di ogni giorno deve incarnare l’amore.

Giovanni esorta a compiere opere di misericordia: queste sono la misura della vera conversione. Un cuore pentito si vede e si misura di come e di quanto è capace di essere caritatevole, soccorritore, benefattore del prossimo. Ami veramente se hai il coraggio di prendere per mano chi ha veramente bisogno; la violenza non trova mai giustificazione da qualunque parte è effettuata. Solo l’amore genera la gioia; ‘La gioia del cristiano è la gioia del sabato che prelude la domenica’.

Questa è la domenica della gioia perchè prelude il Natale ormai vicino, la venuta di Gesù, il Salvatore. Dove c’è Gesù, c’è sempre la vera gioia. Da qui l’apostolo Pietro scrive: ‘Siate ricolmi di gioia, anche se siete afflitti da varie prove’ (1 Pt. 1,3-4).

Sei tu il Messia?, chiede la folla a Giovanni; perchè battezzi? La risposta di Giovanni: ‘Io battezzo con acqua, ma viene colui che è più forte di me a cui non sono degno di sciogliere i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire l’aia e raccoglierà il frumento nel suo granaio, la paglia sarà bruciata con un fuoco inestinguibile’.

E’ il linguaggio che riguarda la seconda venuta quando giudicherà i buoni e i cattivi come il pastore separa le pecore dalle capre. Il Battesimo di Gesù non si limita a perdonare i peccati, come quello di Giovanni, ma ci innesta a Cristo, trasforma l’uomo, imprime il carattere di figli di Dio per cui preghiamo: ‘Padre nostro, che sei nei cieli’. Se Dio è il Padre nostro, noi siamo figli di Dio e fratelli e sorelle tra di noi.

Le esortazioni profetiche di Giovanni ci guidano con fermezza verso la consapevolezza che nel cristianesimo non c’è spazio per la ‘mediocrità’ ma è necessario la concretezza, lo slancio e le scelte coraggiose. Chi ama osa e mette in giuoco tutto. Allora, amici carissimi, è tempo di presa di coscienza, di operare una vera conversione; domani potrebbe essere troppo tardi. Nella gioia prepariamoci ed un Natale cristiano.

Un Dono di Accoglienza: il nuovo trend dei Buoni Soggiorno

L’Associazione Ospitalità Religiosa Italiana lancia una novità che unisce accoglienza e significato: i buoni regalo per soggiorni nelle case religiose e non-profit in tutta Italia. Un’idea regalo perfetta per chi desidera offrire un’esperienza autentica, all’insegna della serenità e del valore.

I buoni, disponibili per qualsiasi importo, possono essere utilizzati presso oltre 1.000 strutture ricettive che fanno parte della rete dell’Associazione. Si tratta di luoghi unici, dove accoglienza, spiritualità e cultura si incontrano. Dalle case religiose immerse nella natura alle strutture nei centri storici delle città d’arte, ogni soggiorno è un’occasione per vivere momenti di pace e scoprire la bellezza del territorio italiano.

“Con questa iniziativa vogliamo offrire un dono che non sia solo materiale, ma che racchiuda un’esperienza di valore e un messaggio di condivisione” spiega Fabio Rocchi, presidente dell’Associazione. I buoni regalo sono acquistabili online sul sito ufficiale ospitalitareligiosa.it nella sezione PROPOSTE e permettono massima flessibilità: chi li riceve potrà scegliere quando e dove utilizzarli, rendendo il regalo personalizzato e su misura.

Un’idea innovativa, che unisce tradizione e modernità, perfetta per chi cerca un dono speciale per le feste natalizie, compleanni o altre occasioni importanti.

Oltre l’assistenza: un’amicizia che trasforma la povertà

C’è un’Associazione che da 191 anni è accanto agli ultimi, ai vulnerabili, agli invisibili: la Società di San Vincenzo De Paoli, che in occasione della VIII Giornata mondiale dei Poveri ha deciso di offrire un segno tangibile.

“In tutto il Paese – dichiara Paola Da Ros, Presidente della Federazione Nazionale Italiana Società di San Vincenzo De Paoli ODV – si moltiplicano le iniziative a favore dei bisognosi: raccolte di alimenti, pranzi ed altre attività da svolgere insieme come le visite ai musei o la partecipazione a spettacoli teatrali. Quest’anno, insieme agli altri membri della Famiglia Vincenziana Italia consegneremo 1.300 zaini contenenti prodotti per la cura e l’igiene personale ed altri generi di conforto alle persone che parteciperanno al pranzo con Papa Francesco in Vaticano domenica 17 novembre”.

Un dono che rappresenta un’opportunità per farsi prossimi all’umanità ferita. Un beneficio tangibile che viene rinnovato, giorno dopo giorno, attraverso la vicinanza di oltre 11.300 soci e volontari che, in tutta Italia, supportano 30.000 famiglie – più di 100.000 persone -. Questo aiuto va oltre l’assistenza materiale, perché i volontari della Società di San Vincenzo De Paoli incontrano i più fragili visitandoli nelle loro case, negli ospedali, nelle residenze per anziani, nelle strade e perfino nelle carceri. Portano loro un pacco viveri o un sostegno economico che non è il fine dell’incontro, ma solo un mezzo per instaurare una relazione duratura nel tempo.

Perché il vincenziano rappresenta, per chi gli si affida, un punto di riferimento, un confidente, un amico, una guida saggia e non soltanto una persona che eroga servizi. Così il volontario, coinvolgendo le famiglie in un percorso di crescita personale, diventa anche stimolo a migliorarsi e cercare di acquisire nuove competenze da spendere nel mondo del lavoro, ad adottare stili di vita più consapevoli e a ritrovare il proprio posto nella società. “È un modo di aiutare – prosegue la Presidente Da Ros – che non si limita a risolvere una criticità immediata, ma produce cambiamenti e risultati che si mantengono nel tempo”.

Comunione, condivisione, reciprocità, solidarietà sono le parole del corpo semantico Carità che ben racchiude il significato della Giornata mondiale dei poveri. Ogni gesto quotidiano teso verso gli ultimi è un segno di reciproca Carità che eleva non solo l’indigente ma anche chi accoglie la sofferenza dell’altro e tende la mano per condividerla.

Uno scambio che consente di vedere “nei volti e nelle storie dei poveri che incontriamo nelle nostre giornate” (Papa Francesco nel messaggio per l’VIII Giornata mondiale dei poveri) un momento unico e propizio per stare accanto a chi è nel bisogno ed aiutarlo ad elevarsi dalla condizione di povertà, proprio come raccomandava il fondatore della Società di San Vincenzo De Paoli, il beato Federico Ozanam: «L’assistenza umilia quando si preoccupa soltanto di garantire le necessità terrene dell’uomo, ma onora quando unisce al pane che nutre, la visita che consola, il consiglio che illumina, la stretta di mano che ravviva il coraggio abbattuto, quando tratta il povero con rispetto» (da “l’assistenza che umilia e quella che onora”, L’Ere Nouvelle, 1848).

“La Giornata Mondiale dei Poveri è per tutta la Chiesa un’opportunità per prendere coscienza della presenza dei poveri nelle nostre città e comunità, e per comprendere le loro necessità”, afferma Padre Valerio Di Trapani CM, Visitatore della Provincia d’Italia dei Padri della Missione. Il 17 novembre 2024 ogni uomo è chiamato a vivere un momento di riflessione attorno al tema “La preghiera del povero sale fino a Dio” (cfr Sir 21,5) con cui il Papa ha voluto ribadire che i poveri hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio, che è attento e vicino a ognuno di loro. 

Per la Società di San Vincenzo De Paoli questo rappresenta la quotidianità: “Accanto ai vincenziani che svolgono la visita a domicilio – conclude la Presidente Paola Da Ros – da nord a sud, le nostre strutture si fanno carico delle sfide sociali più complesse: accoglienza temporanea, condomini, negozi ed empori solidali, mense, dormitori, ambulatori, borse lavoro, laboratori di cucito e cucina, centri per il doposcuola e altre iniziative di sostegno allo studio e persino una stireria solidale”.

Da Trieste l’impegno dei cattolici per una riscoperta della ‘tensione costituente’

Pregando per la pace nelle zone martoriate dalla guerra ieri a Trieste papa Francesco ha concluso la 50^ Settimana Sociale dei cattolici italiani con l’invito a raccogliere la sfida della democrazia: “Trieste è una di quelle città che hanno la vocazione di far incontrare genti diverse: anzitutto perché è un porto, è un porto importante, e poi perché si trova all’incrocio tra l’Italia, l’Europa centrale e i Balcani. In queste situazioni, la sfida per la comunità ecclesiale e per quella civile è di saper coniugare l’apertura e la stabilità, l’accoglienza e l’identità.

Ed allora mi viene da dire: avete le ‘carte in regola’. Grazie! Avete le ‘carte in regola’ per affrontare questa sfida! Come cristiani abbiamo il Vangelo, che dà senso e speranza alla nostra vita; come cittadini avete la Costituzione, ‘bussola’ affidabile per il cammino della democrazia. Ed allora, avanti! Avanti. Senza paura, aperti e saldi nei valori umani e cristiani, accoglienti ma senza compromessi sulla dignità umana. Su questo non si gioca”.

Quindi un impegno molto importante raccolto subito dalle associazioni con le ‘carte in regola’, presenti nella città (Azione Cattolica Italiana, ACLI, Associazioni, Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani, Comunità di Sant’Egidio, Fraternità di Comunione e Liberazione, Movimento Cristiano Lavoratori, Movimento Politico per l’Unità Focolari, Rinnovamento nello Spirito e Segretaria della Consulta nazionale delle aggregazioni laicali), che hanno inviato una lettera agli italiani, sottolineando il loro impegno a difesa della democrazia, che sia sempre più partecipata dal basso e sostanziale, al servizio degli ultimi e dei deboli:

“Siamo una realtà plurale, accomunata dall’appartenenza ecclesiale, e riconosciamo tale condizione come una ricchezza che ci anima ancora di più nella ricerca quotidiana di ascolto attento, confronto leale, dialogo paziente e collaborazione costruttiva. Siamo altresì consapevoli che in questo tempo, attraversato dalla violenza della guerra e dalla crescita delle disuguaglianze, la democrazia è un bene sempre più fragile che esige una cura che non può escludere nessuno”.

Ed hanno raccolto ben volentieri, dopo la lettera di ‘intenti’ dello scorso maggio, le sfide del papa: “Mantenere viva la democrazia è, come ci ha ricordato papa Francesco, una sfida che la storia oggi ci pone, incoraggiando tutti a lavorare perché l’impegno a rigenerare le istituzioni democratiche possa sempre più essere a servizio della pace, del lavoro e della giustizia sociale”.

Per questo hanno chiesto di escogitare soluzioni di pace per fermare le guerre: “Non possiamo innanzitutto tacere la nostra viva e crescente preoccupazione per la guerra. La guerra continua a mietere vittime e a produrre distruzioni in Ucraina, in Terra Santa, nel Sudan, in Congo e in altre regioni del mondo. La guerra, che si insinua anche nella nostra società, si fa cultura, modo di pensare, di parlare, di vedere il mondo”.

Solo con la pace si costruisce la democrazia: “Vogliamo quindi affermare nuovamente il grande desiderio di pace che ci muove a chiedere di restituire all’Italia e all’Europa una missione di pace. La pace è il fondamento della democrazia. La guerra corrode e corrompe la democrazia. Oggi per noi andare al cuore della democrazia significa confermare e chiedere alla società, alla politica, alle istituzioni una scelta per la pace che si faccia azione concreta”.

Hanno richiamato il valore che ancora oggi è vivo della Costituzione italiana, nata dalla condivisione di tutte le esperienze democratiche: “La nostra Costituzione è nata da uno spirito di condivisione, che ha consentito di superare le barriere ideologiche per costruire la casa comune e promuovere un ampio sviluppo del Paese, facendo tesoro della libertà conquistata dopo la dittatura fascista e l’esperienza distruttiva della Seconda guerra mondiale”.

E’ stato un servizio che i cattolici hanno offerto a tutti gli italiani: “I cattolici si sono messi al servizio di quest’opera civile di straordinario valore. Vi hanno contribuito con la loro fede, con il loro impegno, con le loro idee. Lo hanno fatto camminando insieme a donne e uomini di cultura diversa, cercando di dare alla comunità un destino migliore e un ordinamento più giusto, convinti che la solidarietà accresce la qualità della vita e che la prima prova di ogni democrazia sia l’attenzione a chi ha maggior bisogno”.

E’ un invito a riscoprire quello ‘spirito’ che ha permesso la democrazia in Italia anche oggi: “Di questo spirito costituente e costituzionale di condivisione abbiamo ancora bisogno oggi. Per questo sentiamo la necessità di interrogarci su come infondere ancora una volta questo spirito nel tessuto della nostra società, della nostra patria e della nostra Europa.

La crisi della rappresentanza e della partecipazione richiede uno sforzo condiviso per aggiornare le istituzioni repubblicane e ripensare la politica al fine di riavvicinare alla partecipazione democratica i cittadini, le nuove generazioni e le periferie, geografiche ed esistenziali, del Paese”.

E chiedono una collaborazione tra le forze politiche per sconfiggere l’astensionismo ed il ‘malessere’ democratico, che si attua attraverso percorsi condivisi: “Per questo motivo, in un contesto di astensionismo allarmante, e in un quadro europeo e internazionale caratterizzato da spinte che mettono in discussione il senso stesso della democrazia, sentiamo il dovere di favorire in ogni modo il dialogo sulle riforme costituzionali.

Desideriamo affermare che ogni riforma della Costituzione, nata da istanze sociali plurali e concorrenti, debba essere frutto di una comune responsabilità nell’incontro, che crediamo sempre possibile, tra le argomentazioni e le ragioni di ciascuna parte”.

Quindi le associazioni invitano a riscoprire una ‘tensione costituente’ per la dignità umana: “E’ necessaria oggi più che mai quella tensione costituente, che recuperi con magnanimità un desiderio di confronto reciproco nelle differenze, che superi il rischio di radicali polarizzazioni e che diventi impegno a realizzare, a ogni livello, quella ‘democrazia sostanziale’, la quale consiste nella piena concretizzazione dei diritti sociali per i poveri, per gli ‘invisibili’ e per ogni persona nella sua infinita dignità che rappresentano (come ha ricordato papa Francesco) il cuore ferito della democrazia perché la democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e dell’ecologia integrale”.

Ed infine un impegno per il bene degli italiani: “Ci sentiamo impegnati, a partire dall’ambito educativo, a dare vita ad una democrazia partecipata e dal basso, garantita dall’equilibrio di pesi e contrappesi dell’assetto istituzionale della Repubblica, e sostenuta dalla promozione delle autonomie locali in una prospettiva sussidiaria e solidale. Nella consapevolezza che, come ci ha ricordato il capo dello Stato: la democrazia non è mai conquistata per sempre”.

A Tolentino inaugurata una statua alla santa Madre Teresa di Calcutta

Nel dicembre dello scorso anno la Comunità albanese di Tolentino ha festeggiato il 111° anniversario dell’indipendenza dell’Albania alla presenza dell’ambasciatrice della Repubblica del Kosovo, Lendita Haxhitasim, e del sindaco della città, Mauro Sclavi, i quali hanno ‘scoperto’ la statua dedicata a santa Madre Teresa di Calcutta, posizionata nel quartiere di viale Benadduci, benedetta da don Gianni Compagnucci, parroco della concattedrale di san Catervo, che all’inizio della sua vocazione di sacerdote è vissuto per oltre un anno in Albania.

La statua, alta 165 cm, realizzata in bronzo, da un artista kosovaro, è stata donata dalla famiglia di Gzim Gashi per ringraziare la Comunità tolentinate per quanto fatto in favore del popolo albanese. Infatti Gashi, a partire dal 1999, grazie alla collaborazione del Sermit e del comune tolentinate, ha promosso una raccolta sistematica di genere alimentari e di prima necessità che erano donati dai tolentinati e che lui personalmente trasportava ogni mese in Albania, poi distribuiti per aiutare le famiglie in difficoltà. 

Al termine dell’inaugurazione abbiamo chiesto a Gashi Gzim di spiegare il motivo per cui ha donato una statua dedicata a santa Madre Teresa: “Lei è un simbolo del nostro Paese, perché è nata a Skopje ed è di origine albanese. Ha donato tutta se stessa alle persone bisognose di tutto il mondo; ha vissuto in posti, da cui tutti fuggivano; invece lei è stata lì. Sono orgoglioso che è parte della nostra comunità albanese.

La prima cosa a cui ho pensato è stata quella di donare la statua alla città di Tolentino, perché nel 1999 quando il popolo kosovaro è fuggito dall’Albania, perché era un Paese povero e non poteva ospitare le persone evacuate dal Kosovo  per trovare la salvezza, è stato ospitato dalle città italiane. In quel tempo eravamo un unico Paese. Io sono a Tolentino da più di 30 anni e sono stato ben accolto.

Arrivato in città da Bari il presidente del Ser.Mi.T (Servizio Missionario Tolentino) di quel tempo, Sandro Luciani, mi ha accolto ed aiutato a sistemarmi; anche tutti i cittadini ci ha aiutato con cibo e vestiario. Quindi con questa statua voglio ringraziare la città per l’accoglienza. Poi mi hanno aiutato a trovare un lavoro ed una degna sistemazione: la statua è un pensiero per condividere il bene ricevuto”.

Per quale motivo ha regalato alcuni volumi su Madre Teresa al Sermit?

“Don Gjergje, sacerdote nella Pristina, ha seguito molto la storia della santa albanese ed ha scritto molti libri, tra cui ‘La spiritualità di Madre Teresa, in quanto ha trascorsi alcuni anni in missione con lei e voleva essere presente in città all’inaugurazione. Purtroppo non è potuto essere presente, ma mi ha consegnato alcuni libri da regalare al Sermit”.

Cosa è stato per lei il Sermit?

“Per me è stato un punto di riferimento, perché quello che il Sermit ha fatto per me è stato straordinario. I libri sono solo una testimonianza per tutte le persone che svolgono questo servizio di volontariato”.

Per chi voglia sostenere l’opera del SerMiT:

Intesa San Paolo IBAN: IT 94 D 03069 69200 100000 006377;

Poste Italiane: IBAN: IT 66 N 07601 13400 000014 616627.

Domani la Giornata Nazionale dell’8xmille alla Chiesa cattolica

Domenica 5 maggio torna la Giornata Nazionale dell’8xmille alla Chiesa cattolica. Nelle circa 25.500 parrocchie del Paese, infatti, ai fedeli sarà ricordato che il sostegno economico della Chiesa è affidato a loro e che la firma per la destinazione dell’8xmille del gettito Irpef è uno degli strumenti essenziali.

Anche quest’anno la Conferenza Episcopale Italiana ripropone lo slogan lanciato lo scorso anno: ‘Una firma che fa bene’. Un’affermazione declinata su una serie di piccoli o grandi gesti di altruismo, che non fanno sentire bene solo chi li riceve, ma anche chi li compie: “Una comunità cresce ed è viva quando può contare sul contributo di ciascuno – osserva Mons. Ivan Maffeis, Presidente del Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica: la corresponsabilità passa anche dalla firma sulla dichiarazione dei redditi, che esprime appartenenza, fraternità effettiva e condivisione.

Grazie ai fondi 8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica i territori delle diocesi e delle parrocchie che sono in Italia possono far tesoro di risorse che vanno a beneficio di tutti, indistintamente. Gli interventi spaziano dalle iniziative di accoglienza e solidarietà delle Caritas alle strutture educative, sportive e formative dei nostri Oratori; dagli interventi di restauro e valorizzazione delle nostre chiese al sostegno della missione dei sacerdoti”.

Solamente nell’anno 2023 sono stati assegnati oltre 243 milioni di euro per interventi caritativi (di cui 150 destinati alle diocesi per la carità, 13 ad esigenze di rilievo nazionale di cui circa la metà destinati a Caritas Italiana e 80 ad interventi a favore dei Paesi più poveri). Accanto a queste voci figurano 403 milioni di euro per il sostentamento degli oltre 32.000 sacerdoti che si spendono a favore delle comunità e che sono spesso i primi motori delle opere a sostegno dei più fragili. Ed oltre 352.000.000 di euro per esigenze di culto e pastorale, voce che comprende anche la tutela dei beni culturali ed ecclesiastici anche con interventi di restauro per continuare a tramandare arte e fede alle generazioni future oltreché sostenere l’indotto economico e turistico locale.

La firma non costa nulla al contribuente ed è un diritto di tutti coloro che percepiscono un reddito: chi presenta il 730, chi presenta il modello Redditi, ma anche chi possiede unicamente redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati e non è obbligato a presentare alcuna dichiarazione. Anche questi ultimi, infatti, possono esprimere la propria preferenza per la destinazione dell’8xmille utilizzando il modulo messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate e disponibile qui https://www.8xmille.it/wp-content/uploads/2024/04/Scheda_Modello_persone_fisiche_300424.pdf.

A breve, così come ogni anno, verrà pubblicato sui siti www.8xmille.it e https://rendiconto8xmille.chiesacattolica.it/ il rendiconto dettagliato di tutto il denaro utilizzato nell’anno precedente.

Firmare è dunque una scelta di responsabilità per ogni credente, ma spesso lo è anche da parte di chi non crede, perché sa che quelle risorse vengono utilizzate per il bene di tutta la comunità, cattolica e non, e poi rendicontate. Solamente nel 2022 (secondo gli ultimi dati disponibili) sono stati oltre 11 milioni e mezzo i cittadini che lo hanno fatto. Potranno essere ancora molti di più, nella misura in cui le comunità cristiane faranno la propria parte attivamente affinché ciascuno eserciti responsabilmente questo diritto di scelta.

(Foto: CEI)

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