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A San Paolo fuori le Mura la Comunità di Sant’Egidio ha festeggiato 57 anni

Nella basilica di San Paolo fuori le Mura la Comunità di Sant’Egidio ha ‘festeggiato’ 57 anni di ‘vita’, nata nel 1968, a conclusione del Concilio Vaticano II, per iniziativa di Andrea Riccardi, in un liceo del centro di Roma. Con gli anni è divenuta una rete di comunità che, in più di 70 paesi del mondo, con una particolare attenzione alle periferie e ai periferici, raccoglie uomini e donne di ogni età e condizione, uniti da un legame di fraternità nell’ascolto del Vangelo e nell’impegno volontario e gratuito per i poveri e per la pace.
Per questa occasione il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, è stato ricevuto da papa Francesco, che ha ringraziato per l’impegno negli anni a favore dei poveri e, in particolare, in questo tempo difficile, per l’accoglienza e l’integrazione offerta ai migranti attraverso i corridoi umanitari, rallegrandosi, in modo particolare, per l’ultimo arrivo, in salvezza, di circa 140 profughi dalla Libia.
Nell’omelia della celebrazione eucaristica il card. Baldassarre Reina, vicario generale della diocesi di Roma, commentando le letture della liturgia, ha affermato: “In un tempo in cui sperimentiamo una solitudine, che è fonte di angoscia e sofferenza per tanti, è importante ribadire che non è bene che l’uomo sia solo, non è bene lasciare nessuno indietro: non possiamo accettare che nessuno sia schiacciato dalla povertà, dalla sofferenza, dalla malattia o da qualsiasi forma di disagio”.
Commentando il capitolo della Genesi sulla creazione il vicario generale ha riletto l’impegno della Comunità: “E rileggo in questa espressione l’impegno, il cammino, lo sforzo, la profezia della Comunità di Sant’Egidio, che ha creduto fortemente, e crede, nelle relazioni. Che vive nel promuovere queste relazioni, a tutti i livelli. E diventano relazioni di pace laddove ci sono i conflitti, purtroppo ancora oggi assai presenti e sanguinanti. Diventano relazioni diplomatiche, diventano relazioni tra le diverse fedi, tra le diverse sensibilità, tra le diverse religioni”.
Quindi è necessario ‘sentire’ la carne: “Sentire nostra la carne di tutta l’umanità, sentire nostra la fatica e la gioia di ogni essere che è sulla faccia della terra. Poter dire: questa è carne della mia carne. Non lo dice soltanto il marito alla moglie, l’uomo alla donna, ma lo dice ogni persona ritrovandosi davanti una creatura che gli è simile. Ed è il comandamento simile al primo: ama il prossimo tuo perché è come te stesso, perché è te stesso. Non è bene che l’uomo sia solo. Finalmente questa è carne della mia carne”.
Ed affrontando il tema giubilare ha citato don Tonino Bello: “Diceva don Tonino Bello: la speranza va organizzata. Ci vuole pazienza nel saper organizzare la speranza. Perché servono decisioni ferme, delle risposte puntuali, ma serve anche la pazienza di saper costruire futuro. Questo è un tempo che ha bisogno di persone, di uomini e donne che costruiscono futuro. Quella donna ha saputo aspettare.
Avrebbe potuto dire a se stessa: non ce la faccio, anche il Messia, anche il Signore mi ha girato le spalle, me ne vado. Ha saputo aspettare con pazienza, sotto la tavola. Ed è stata premiata: Per questa tua parola la tua figlioletta è guarita. Ed è, la parola di questa donna, una parola di fede e di pazienza, una parola coraggiosa, una parola umile, una parola forte”.
Infine un ringraziamento ma anche un invito a ‘guardare avanti’: “Ma l’anniversario nella logica cristiana è sempre l’occasione per guardare avanti. Perché la nostra non è una fede del passato, ma semmai una esperienza che getta lo sguardo sul futuro. Allora vogliamo chiedere al Signore, in questa celebrazione eucaristica, che continui ad accompagnare i passi della Comunità di Sant’Egidio, che continui a benedire questa Comunità così come ha fatto in questi 57 anni.
A tutti voi la gratitudine della nostra Chiesa, della Chiesa di Roma e, attraverso le mie parole, la gratitudine del Santo Padre. Ed è una gratitudine che vi responsabilizza, che vi chiede un impegno ancora maggiore”.
Al termine della celebrazione eucaristica il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ha sottolineato la ‘responsabilità’ della speranza, fondata sull’ascolto della Parola di Dio: “Sentiamo la responsabilità di portare ‘la speranza che non delude’ e siamo consapevoli che solo con la forza dell’amicizia e del sostegno di tutti voi potremo essere all’altezza di questo compito. In questi anni abbiamo sempre cercato, in ascolto della Parola di Dio, ‘lampada ai nostri passi’, di non coltivare visioni di parte o ideologiche della vita e della vicenda storica”.
E la Parola di Dio si associa alla parola della libertà: “Abbiamo cercato di essere liberi dal guardare le situazioni in modo binario e contrapposto (come capita spesso nelle vicende dei conflitti) e dalla cultura del nemico, che vede tutto il male nell’altro. E di scoprire così risorse ed energie insospettate, liberandoci da un pessimismo scontato, nella riscoperta dei legami tra uomo e donna, tra i popoli, tra gente diversa. Con la convinzione di dover costruire giorno dopo giorno un destino comune da cui nessuno si senta escluso”.
Al termine della celebrazione è iniziata la festa con tutti i partecipanti: anziani in difficoltà, a cui Sant’Egidio è particolarmente vicino, persone senza dimora, alcuni dei quali usciti dalla strada grazie al sostegno della Comunità, persone con disabilità, molte delle quali inserite in percorsi artistici e lavorativi, i ‘nuovi italiani’ oggi integrati nel nostro paese e i rifugiati venuti con i corridoi umanitari. Ma anche un gruppo di profughi ucraini, toccati da un conflitto che proprio in questo mese sta arrivando dolorosamente ai suoi tre anni. La festa di Roma è stata la prima di tante altre che ci saranno negli oltre 70 Paesi in cui è presente Sant’Egidio, dall’Europa all’Africa, dall’Asia all’America Latina.
(Foto: Comunità di Sant’Egidio)
‘Antiqua et Nova’: aprirsi all’Intelligenza Artificiale con l’Intelligenza Umana

Nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di san Tommaso d’Aquino (28 gennaio) il dicastero per la Dottrina della Fede ed il Dicastero per la Cultura e l’Educazione hanno pubblicato la nota ‘Antiqua et nova’ sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana, ribadendo che l’intelligenza è un dono, che deve essere ‘coltivato’:
“Con antica e nuova sapienza siamo chiamati a considerare le odierne sfide e opportunità poste dal sapere scientifico e tecnologico, in particolare dal recente sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA). La tradizione cristiana ritiene il dono dell’intelligenza un aspetto essenziale della creazione degli esseri umani ‘ad immagine di Dio’. A partire da una visione integrale della persona e dalla valorizzazione della chiamata a ‘coltivare’ e ‘custodire’ la terra, la Chiesa sottolinea che tale dono dovrebbe trovare espressione attraverso un uso responsabile della razionalità e della capacità tecnica a servizio del mondo creato”.
La Chiesa, infatti, non condanna il progresso: “La Chiesa incoraggia i progressi nella scienza, nella tecnologia, nelle arti e in ogni altra impresa umana, vedendoli come parte della ‘collaborazione dell’uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile’… Le abilità e la creatività dell’essere umano provengono da Lui e, se usate rettamente, a Lui rendono gloria, in quanto riflesso della Sua saggezza e bontà. Pertanto, quando ci domandiamo cosa significa ‘essere umani’, non possiamo escludere anche la considerazione delle nostre capacità scientifiche e tecnologiche”.
Con questa nota la Chiesa vuole affrontare le ‘questioni’ antropologiche ed etiche che l’Intelligenza Artificiale pone: “Per esempio, a differenza di molte altre creazioni umane, l’IA può essere addestrata sui prodotti dell’ingegnosità umana e quindi generare nuovi ‘artefatti’ con un livello di velocità e abilità che spesso uguagliano o superano le capacità umane, come generare testi o immagini che risultano indistinguibili dalle composizioni umane, quindi suscitando preoccupazione per il suo possibile influsso sulla crescente crisi di verità nel dibattito pubblico.
Oltre a ciò, essendo una tale tecnologia progettata per imparare e adottare in autonomia alcune scelte, adeguandosi a nuove situazioni e fornendo soluzioni non previste dai suoi programmatori, ne derivano problemi sostanziali di responsabilità etica e di sicurezza, con ripercussioni più ampie su tutta la società. Questa nuova situazione induce l’umanità a interrogarsi circa la propria identità e il proprio ruolo nel mondo”.
La nota, innanzitutto, pone un chiarimento intorno all’Intelligenza Artificiale attraverso una breve digressione storica: “Il concetto di intelligenza nell’IA si è evoluto nel tempo, raccogliendo in sé una molteplicità di idee provenienti da varie discipline. Sebbene abbia radici che risalgono a secoli fa, un momento importante di questo sviluppo si è avuto nel 1956, quando l’informatico statunitense John McCarthy organizzò un convegno estivo presso l’Università di Dartmouth per affrontare il problema dell’ ‘Intelligenza Artificiale’, definito come ‘quello di rendere una macchina in grado di esibire comportamenti che sarebbero chiamati intelligenti se fosse un essere umano a produrli’. Il convegno lanciò un programma di ricerca volto a usare le macchine per riuscire ad eseguire compiti tipicamente associati all’intelletto umano e a un comportamento intelligente”.
Quindi molti ‘compiti’ sono stati affidati ad essa: “A causa di tali rapidi progressi, molti lavori un tempo gestiti esclusivamente dalle persone sono ora affidati all’IA. Tali sistemi possono affiancare o addirittura sostituire le possibilità umane in molti settori, in particolare in compiti specializzati come l’analisi dei dati, il riconoscimento delle immagini e le diagnosi mediche.
Sebbene ogni applicazione di IA ‘ristretta’ sia calibrata su un compito specifico, molti ricercatori sperano di giungere alla cosiddetta ‘intelligenza artificiale generale’ (Artificial General Intelligence, AGI), cioè ad un singolo sistema, il quale, operando in ogni ambito cognitivo, sarebbe in grado di svolgere qualsiasi lavoro alla portata della mente umana”.
E proprio intorno all’intelligenza è stato aperto un importante dibattito: “Alcuni sostengono che una tale IA potrebbe un giorno raggiungere lo stadio di ‘superintelligenza’, oltrepassando la capacità intellettuale umana, o contribuire alla ‘superlongevità’ grazie ai progressi delle biotecnologie. Altri temono che queste possibilità, per quanto ipotetiche, arrivino un giorno a mettere in ombra la stessa persona umana, mentre altri ancora accolgono con favore questa possibile trasformazione”.
La nota ribadisce che il pensiero è solo umano: “Le sue caratteristiche avanzate conferiscono all’IA sofisticate capacità di eseguire compiti, ma non quella di pensare. Una tale distinzione è di importanza decisiva, poiché il modo in cui si definisce l’ ‘intelligenza’ va inevitabilmente a delimitare la comprensione del rapporto che intercorre tra il pensiero umano e tale tecnologia. Per rendersi conto di ciò, occorre ricordare che la ricchezza della tradizione filosofica e della teologia cristiana offre una visione più profonda e comprensiva dell’intelligenza, la quale a sua volta è centrale nell’insegnamento della Chiesa sulla natura, dignità e vocazione della persona umana”.
In questo senso l’intelligenza umana è una facoltà della persona: “In questo contesto, l’intelligenza umana si mostra più chiaramente come una facoltà che è parte integrante del modo in cui tutta la persona si coinvolge nella realtà. Un autentico coinvolgimento richiede di abbracciare l’intera portata del proprio essere: spirituale, cognitivo, incarnato e relazionale”.
La nota specifica anche la visione cristiana come integrazione tra verità e vita: “Al cuore della visione cristiana dell’intelligenza vi è l’integrazione della verità nella vita morale e spirituale della persona, orientando il suo agire alla luce della bontà e della verità di Dio. Secondo il Suo disegno, l’intelligenza intesa in senso pieno include anche la possibilità di gustare ciò che è vero, buono e bello, per cui si può affermare, con le parole del poeta francese del XX secolo Paul Claudel, che ‘l’intelligenza è nulla senza il diletto’. Anche Dante Alighieri, quando raggiunge il cielo più alto nel Paradiso, può testimoniare che il culmine di questo piacere intellettuale si trova nella ‘Luce intellettüal, piena d’amore; / amor di vero ben, pien di letizia; / letizia che trascende ogne dolzore’”.
E l’intelligenza umana non implica solo acquisizione di ‘dati’: “Una corretta concezione dell’intelligenza umana, quindi, non può essere ridotta alla semplice acquisizione di fatti o alla capacità di eseguire certi compiti specifici; invece, essa implica l’apertura della persona alle domande ultime della vita e rispecchia un orientamento verso il Vero e il Buono… Per i credenti, questa capacità comporta, in modo particolare, la possibilità di crescere nella conoscenza dei misteri di Dio attraverso l’approfondimento razionale delle verità rivelate (intellectus fidei)”.
Per questo esiste una responsabilità morale: “Questo principio è valido anche per le questioni riguardanti l’IA. In tale ambito, la dimensione etica assume primaria importanza poiché sono le persone a progettare i sistemi e a determinare per quali scopi essi vengano usati. Tra una macchina e un essere umano, solo quest’ultimo è veramente un agente morale, cioè un soggetto moralmente responsabile che esercita la sua libertà nelle proprie decisioni e ne accetta le conseguenze”.
E’ un invito ad usare l’Intelligenza Artificiale per il bene di ‘tutti’: “Nella misura in cui tali applicazioni ed il loro impatto sociale diventano più chiari, si dovrebbero cominciare a fornire adeguati riscontri a tutti i livelli della società, secondo il principio di sussidiarietà. E’ importante che i singoli utenti, le famiglie, la società civile, le imprese, le istituzioni, i governi e le organizzazioni internazionali, ciascuno al proprio livello di competenza, si impegnino affinché sia assicurato un uso dell’IA confacente al bene di tutti”.
Infine un appello particolare è rivolto ai credenti: “Nella prospettiva della sapienza, i credenti saranno in grado di operare come agenti responsabili capaci di usare questa tecnologia per promuovere una visione autentica della persona umana e della società, a partire da una comprensione del progresso tecnologico come parte del disegno di Dio per la creazione: un’attività che l’umanità è chiamata a ordinare verso il Mistero Pasquale di Gesù Cristo, nella costante ricerca del Vero e del Bene”.
XXVIII Domenica Tempo Ordinario: la vera sapienza è di lasciare che Gesù ci guardi e ci ami!

Scrive san Paolo: gli Ebrei chiedono miracoli; i Pagani invocano la sapienza umana che si chiama ‘filosofia’; per i Cristiani la vera sapienza è Cristo, che è amore ed ha dato la vita per la salvezza di tutti (cfr. 1 Cor. 1, 22-24). Il brano del Vangelo ci presenta l’incontro di un Giovane con Gesù: Nell’incontro possiamo distinguere tre momenti: a) una domanda del Giovane; b) Gesù aiuta quel giovane a scoprire il volto vero di Dio, che è amore; c) un invito di Gesù: vai, vendi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi. Gesù invita a conseguire la vera Sapienza che è quella che guida a raggiungere il fine ultimo; la meta per la quale siamo stati creati.
La creazione è il grande atto di amore di Dio nei riguardi dell’uomo: conseguire la vita eterna. Il peccato aveva distolto l’uomo dal suo fine ultimo; ma il cuore dell’uomo è inquieto sino a quando non riposa in Dio. Per conseguire la vita eterna è necessario camminare nella via tracciata da Gesù, l’unico che poté dire: ‘Io sono la Via, la Verità e la Vita’. Dio ha scritto due libri. la natura con la molteplicità delle cose create, la Bibbia o sacra scrittura: Antino e Nuovo Testamento; se impariamo a leggere questi libri, se camminiamo nella via tracciata da Dio si arriva alla vita eterna. A causa del peccato l’uomo intravede solo la speranza terrena, frutto della sapienza terrena limitata e fragile.
Nella pienezza dei tempi Dio interviene con la rivelazione: dà all’uomo i dieci comandamenti e lo invita a guardare avanti , all’opera redentrice di Cristo Gesù. Il giovane, che si era presentato a Gesù, aveva osservato i dieci comandamenti amando Dio e i fratelli ma il suo cuore era rimasto sempre sulla terra e per la terra. Aveva accumulato molti beni sulla terra e il suo cuore era legato ad essi. Si era ora presentato a Gesù per conoscere la sua vera identità e cosa fare per assicurarsi la vita eterna.
Gesù amò subito questo giovane e gli addita i veri valori, la vita eterna; Gesù evidenzia che per seguirlo non basta l’osservanza dei dieci comandamenti, ma occorre dargli il cuore amandolo più dei beni terreni, dei parenti, della stessa vita perchè solo Dio è il Bene sommo. Lo invita perciò: vai, vendi tutto, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi ‘vieni e seguimi’! Il giovane se ne partì triste: era legato ai suoi beni terreni. Da qui il messaggio di Gesù: ‘Beati i poveri di spirito perchè di essi è il regno dei cieli” infatti dove c’è il tuo tesoro, là c’è il tuo cuore’!
Non dimenticare, amico che leggi, che i beni terreni hanno sempre un limite, viceversa il desiderio dell’uomo è sempre inappagato, non ha limiti: se hai poco non sei beato perchè cerchi ancora; se hai molto non sei beato perchè vuoi di più e temi di perdere quello che hai. Se sei ricco la tua vita è solo una bolgia ansiosa. Finché sei insoddisfatto non sei ricco ma solo povero e vivi nell’angoscia che presto dovrai lasciare tutto.
Ricordati non sei mai quello che credi di essere, nè quello che la gente pensa di te o quello che appari davanti al pubblico; sei solo quello che ami; ma amare è servire incondizionatamente. Non vali per i titoli che possiedi, per i tuoi anni o per le tue forze: tu vali solo per quello che effettivamente ami: se il tuo amore è fango, rimani infangato; se ami Dio e vedi l’immagine di Dio nei fratelli, diventerai simile a Dio. Scegli cosa ti conviene fare; la risposta non dovrebbe essere difficile.
Seguire Gesù è la vera sapienza; è la cosa più importante ma comporta rinnegare se stesso e prendere la croce ogni giorno. Conoscere Gesù e seguirlo è la vera sapienza: non è un atto di intelligenza ma del cuore, di tutta la persona, come ci insegna il Padre. Amare il Regno di Dio più della salute e della bellezza fisica è lasciare che Gesù ci guardi e ci ami.
Cristiano vero non è colui che si affanna per i beni terreni ma chi riscopre se stesso e la meta verso la quale è diretto; cristiano vero è chi ha veramente fede, speranza e carità e sperimenta ogni giorno la presenza di Gesù nella propria vita. Questa è la vera sapienza. Fare esperienza di Gesù significa fare esperienza della sapienza divina che non è un atto dell’intelletto ma del cuore, di tutta la persona.
Dio è amore e ti insegna solo ad amare nella duplice dimensione orizzontale e verticale: amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore , con tutte le forze; amerai il prossimo tuo come te stesso. Ama e sarai veramente sapiente e saggio. La Vergine Maria, che ha detto il suo “Sì” al Signore, Lei, madre di Gesù e nostra , ci aiuti a scoprire il vero senso della vita, ci aiuti ad amare e a scoprire la bellezza di fare della vita un dono prezioso a Dio, creatore e padre.
Per una visione antropocentrica dell’Intelligenza Artificiale

Risulta essere sempre più impattante l’Intelligenza Artificiale sulla quotidianità di ciascuno; che lo faccia in maniera diretta o trasversalmente, sta cambiando inevitabilmente il mondo e le relazioni rispetto a come lo abbiamo conosciuto fino ad ora. Ciò accade soprattutto a seguito dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale Generativa, con la capacità, oltre che di auto-apprendere, di produrre contenuti complessi che imitano sempre più la creatività umana.
Trova sempre maggiore applicazione, in diversi ambiti, la così detta GenAI, ad esempio in ambito clinico per una maggiore accuratezza delle diagnosi, in campo farmacologico per rendere più tempestiva la progettazione e lo sviluppo di nuove terapie, per aumentare l’accuratezza dei sistemi di identificazione facciale, contrastare le frodi e tanto altro.
A fronte di questo incremento e sviluppo positivo dell’Intelligenza Artificiale, sono cospicui gli investimenti delle grandi imprese, che vi vedono giustamente una fonte di affari. Basti pensare che per gli investimenti globali sull’Intelligenza Artificiale, il Fondo Monetario Internazionale prevede una costante e significativa progressione: circa 300 miliardi di dollari per il 2024, fino a 1847 miliardi di dollari per il 2030, mentre il McKinsey Global Institute stima addirittura che il potenziale economico dell’Intelligenza Artificiale potrebbe raggiungere cifre fino a 4,4 trilioni di dollari ogni anno.
E’ chiaro, pertanto, che questo modo di procedere nella “privatizzazione” in poche mani di tali mezzi, tenderà a concentrare il potere dell’Intelligenza Artificiale sempre più nelle mani dei grandi investitori, correndo il rischio che, questi ultimi, indirizzino e sviluppino la tecnologia con il solo fine di massimizzare i profitti, magari a discapito del bene comune e, soprattutto, di uno sviluppo etico.
Più volte Papa Francesco ci ha messo in guardia da questo rischio. Oltre all’intervento tenuto in Puglia il 14 giugno 2024 al G7, il Santo Padre, lo scorso 22 giugno, nel discorso ai partecipanti al Convegno Internazionale promosso dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice sui temi dell’Intelligenza Artificiale, parlando di ‘pericolo di un rafforzamento del paradigma tecnocratico’ aveva lanciato una provocazione affermando: ‘siamo sicuri di voler continuare a chiamare intelligenza ciò che intelligenza non è?’.
Questo paradigma tecnocratico a discapito di una visione antropocentrica, si è riscontrato proprio in questi giorni, in alcune indiscrezioni dell’agenzia Reuters riguardanti la nota azienda OpenAI, la quale, forte degli investimenti finanziari che sta accumulando, intenderebbe raggiungere un nuovo obiettivo: con il progetto ‘Strawberry’, appartenente alla galassia della GenAI, avrebbe l’ardire di migliorare significativamente le capacità di ragionamento dell’Intelligenza Artificiale, eseguendo induzioni e deduzioni pari, se non superiori a quelli dell’essere umano.
Uno sviluppo dell’Intelligenza Artificiale che non sia nutrita di valori e non sia governata dalla persona umana, può portare al rischio che si ponga l’attenzione ad uno sviluppo tecnologico finalizzato solo alla massimizzazione del profitto a scapito del bene comune. Con una visione ristretta e settoriale dell’innovazione, nella quale viene meno il rapporto con l’etica, si giunge inevitabilmente ad assumere una visione miope e frazionata, che non porta beneficio globale ma individuale.
Probabilmente a tal proposito, qualche interrogativo riguardo cosa sia prioritario, se il beneficio individuale o quello globale, era già sorto anche a Jane Leike, ricercatore di alto livello e uomo chiave dell’azienda OpenIA, il quale venerdì 17 maggio 2024 si era dimesso sostenendo che, nello sviluppo di ChatGPT, ‘la sicurezza è stata messa in secondo piano rispetto alla creazione di prodotti sempre più scintillanti da vendere’.
In questo variegato mondo dell’Intelligenza Artificiale, c’è anche chi investe nelle competenze umanistiche come punto di partenza fondamentale per comprendere e guidare la GenAI nei processi aziendali. E’ il caso della ‘Generative AI Tamers – Domatori di Intelligenza Artificiale Generativa’: un corso di Alta Formazione realizzato da Umana, Agenzia per il lavoro, aperto ai laureati in discipline umanistiche, la quale ha avuto l’idea di formare dei veri e propri ‘domatori’ dell’Intelligenza Artificiale e il successivo inserimento nel mondo lavorativo.
Non mancano quindi le buone prassi per incentivare non solo il concetto di algoretica, ma anche la saggia intuizione di formare gli sviluppatori e gli utilizzatori dell’Intelligenza Artificiale, così che si possa avere una tecnologia fruibile dall’umanità e a favore del bene comune. Potrebbe essere auspicabile un’analoga formazione nelle Facoltà di teologia, a vantaggio dei futuri preti e dei laici che dovranno gestire una nuova e mai del tutto prevedibile situazione.
Tota pulchra es, Maria

Maria è proclamata da Elisabetta beata perché ha creduto in ciò che il Signore le ha detto per mezzo dell’Angelo. La festa di oggi ci fa prendere era coscienza i quello che è l’uomo e i fine ultimo per il quale Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. L’uomo non è stato creato per la morte ma per la vita. L’uomo costituito essenzialmente da anima e corpo, di spirito e materia, è un essere libero e responsabile; alla fine della sua esperienza terrena dovrà ricevere un premio o un castigo.
Dico l’uomo: non il suo corpo o la sua anima ; da qui la necessità metafisica della risurrezione della carne. Posta la nostra fede nella vita eterna, si rende necessaria, a filo di logica, la risurrezione. Gesù ci rivela questo mistero laddove dice: ‘Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, vivrà in eterno’. La risurrezione della carne, difficile umanamente a pensarsi, trova la prima reale attuazione nella risurrezione di Gesù, che ha aperto a noi le porte del regno dei cieli; dopo Gesù si ha avuto, grazie a Dio, l’assunzione al cielo, anima e corpo, della Santissima Vergine, madre di Dio e nostra, della quale oggi celebriamo la festività.
Se Cristo Gesù è risorto anima e corpo, anche Maria perché Immacolata sin dalla sua concezione, ha seguito la sorte di Cristo Signore. Nella festività di oggi Maria ci invita a guardare il cielo perché come Cristo Gesù, vincitore della morte, è risorto; come Lei, Maria è stata assunta in cielo anima corpo, cos’ anche noi risusciteremo anima e corpo: è verità di fede!
Il Vangelo oggi ci presenta l’episodio della visita di Maria ad Elisabetta, che era sterile ed è divenuta madre ed aspetta un bambino anche se anziana; era stato l’Angelo e rivelare questa realtà a Maria: ‘Tua cugina, Elisabetta, la donna che tutti chiamano sterile, è al sesto mesi di gravidanza. Nulla è impossibile a Dio’.
Al saluto di Maria, Elisabetta, ricolma di Spirto Santo, l’accoglie esclamando: ‘Benedetta sei tu tra tutte le donne, benedetto il frutto del tuo grembo; a che debbo che la madre del mio Signore venga a me?’ Maria inneggia subito alla grandezza di Dio e alla sua misericordia: ‘Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente’. L’umiltà è il segreto della grandezza di Maria; la sua umiltà ha attirato lo sguardo di Dio.
L’occhio umano ricerca subito la grandezza e si lascia abbagliare da ciò che è appariscente; l’occhio di Dio guarda invece il cuore ed è incantato solo dall’umiltà. Umiltà viene da humus= terra; per arrivare in alto, bisogna restare bassi, in terra. Il segreto del successo di Maria sta nel riconoscersi piccola, bisognosa dell’aiuto di Dio. Giustamente il poeta Dante definisce Maria. ‘umile ed alta più che creatura’.
Maria diventa la primizia dell’umanità redenta da Cristo Gesù: come Gesù, vero uomo e vero Dio, è risorto; come Maria è stata assunta in cielo anima corpo perché ‘Immacolata’, così anche noi, incorporati a Cristo con il battesimo, aspettiamo la risurrezione della carne, risorgeremo. Questa vittoria sulla morte ha come radice la fede, che è accettare e seguire Cristo risorto, ubbidire alla sua parola.
Maria assunta in cielo ci indica la meta ultima del nostro pellegrinaggio terreno; ci ricorda che il nostro essere (spirito, anima, corpo) è destinato alla pienezza della vita: come Cristo è risorto, anche noi risorgeremo. Questo è il messaggio della festa di oggi. Nel cuore del mese che gli antichi chiamavano ‘ferragosto = feriae Augusti’, noi celebriamo l’assunzione di Maria anima e corpo in cielo; la stessa realtà toccherà tutti noi nel giorno della risurrezione della carne.
La festa di oggi è veramente la festa della Chiesa; la festa della Madre è sempre la gioia dei figli e Maria ci addita il cielo come vera nostra patria. A Lei ci rivolgiamo supplici: ‘Rivolgi a noi, madre, gli occhi tuoi misericordiosi’.
San Bonaventura: contemplare Dio nella creazione

In occasione del 750° anniversario della morte di san Bonaventura, che ricorre il prossimo 15 luglio, è stata pubblicata sul sito dell’ordine dei frati minori la Lettera dei Ministri generali del Primo Ordine e del Terz’Ordine Regolare, in onore del frate teologo e mistico, firmata dai quattro Ministri generali: Fr. Massimo Fusarelli, Fr. Roberto Genuin, Fr. Carlos Alberto Trovarelli e Fr. Amando Trujillo Cano, per ricordare il suo amore per la Chiesa:
Papa Francesco ai biblisti: Bibbia è patrimonio di tutti
Papa Francesco agli artisti: raccontate la bellezza dello Spirito Santo

Ieri papa Francesco ha ricevuto nella Cappella Sistina in udienza circa 200 artisti, tra pittori, scultori, architetti, scrittori, poeti, musicisti, registi e attori da 30 Paesi, partecipanti all’incontro promosso in occasione del 50° anniversario dell’inaugurazione della Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani nel ricordo dell’udienza del 1964 di san Paolo VI, organizzato in collaborazione con il Governatorato vaticano, i Musei Vaticani e il dicastero per la Comunicazione, ringraziandoli della presenza:
Giornata di preghiera per il Creato: ambiente come giustizia

‘Che scorrano la giustizia e la pace’ è quest’anno il tema del Tempo ecumenico del Creato, ispirato dalle parole del profeta Amos: ‘Come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne’, da cui nelle scorse settimane papa Francesco ha presentato il messaggio per la giornata di preghiera per la cura del Creato, che collega alla natura la giustizia ed il diritto, in programma venerdì 1 settembre:
Dal Marocco un originale cammino sinodale

Era l’altra domenica a fine ottobre, subito dopo la messa, quando siamo partiti. Come inviato dall’assemblea, era un piccolo gruppo di studenti universitari subsahariani di Beni Mellal (Marocco) con le suore Chantale e Clotilde. Più di due ore di viaggio verso le alture del Medio Atlante. Un cammino sinodale originale su per i monti, in minibus.
Ci hanno accompagnato nella riflessione e nello scambio le frasi più belle dell’enciclica ‘Laudato si’. Le parole di papa Francesco preparano, così, la nostra mente a questo incontro sorprendente, una vera esperienza spirituale… Ci aspettava, infatti, ‘lo spettacolo naturale più bello del Marocco’: le cascate di Ozoud (che vuol dire mulino, in berbero, per la presenza di una dozzina di molini per l’olio).
Cascate spettacolari di un’altezza di 110 m, che spesso si rivestono di un bell’arcobaleno. L’acqua e i suoi vapori cadono davanti ai nostri occhi in una vallata dove il verde della vegetazione contrasta con il terreno rossastro attorno, in un’oasi di uliveti, di mandorli e di fichi. Una vera meraviglia!
Nella nostra testa risuonano, però, le parole di papa Francesco: ‘La terra, la nostra casa, sembra diventare sempre più un immenso deposito di immodizia!’ Ma qui, spalancando gli occhi, la sua visione delle cose ci tocca e ci parla: ‘Tutto l’universo materiale è espressione dell’amore di Dio, del suo eccessivo affetto verso di noi. La terra, l’acqua, le montagne, tutto è carezza di Dio!’
Ancora immobili per questo stupore, qualcosa intanto ci accarezza, per davvero, la schiena e il viso… Sono le piccole scimmie che appaiono all’improvviso, a decine, e addomesticano i visitatori di questo luogo magico. Viene in mente, allora, quella bella osservazione della ‘Laudato si’: “Per la tradizione giudaico-cristiana dire ‘creazione’ è più che dire natura, perché è un progetto dell’amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato!”.
Così, perso in mezzo a questo immenso Atlante, il nostro piccolo gruppo è invitato oggi a contemplare,… che è sempre stupirsi di qualcosa più grande di sé. Tuttavia, l’amara osservazione del papa sulla nostra società dei consumi, dal cuore incapace di meravigliarsi o di contemplare, ci intristisce non poco… ‘Più il cuore di una persona è vuoto, più oggetti ha bisogno di comprare, possedere e consumare’.
Soulaymane, una giovane guida berbera, socialmente impegnata, ci prende quasi per mano per mostrarci e contemplare questi luoghi… Così, Tanaghmelt, un antico e delizioso villaggio berbero, un mulino tradizionale, una cooperativa di tappeti berberi femminili, un centro di economia sociale, ci hanno aperto le loro porte e il loro mistero. Per dirci come cultura locale, economia, attività, uomini e natura,… tutto qui è tenuto insieme in una sinergia e un rispetto invisibili. Come la trama di un tappeto.
Infine, sulla via del ritorno, ci tornava continuamente in mente una domanda dell’enciclica del papa: “La natura è piena di parole d’amore, ma come ascoltarle in mezzo a un rumore costante, una distrazione permanente e ansiosa, o un culto dell’apparenza?” Sì, domanda vera, provocante.