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C’è sempre una prima volta

Difficile dire quanto di vangelo c’è in questa presenza e quanto di diplomazia vaticana che, com’è noto, appare tra le più rodate e lungimiranti. Ciò che nondimeno stupisce è anzitutto il fatto stesso che il papa, rappresentante della Chiesa Cattolica, sia stato invitato a questo tipo di vertice che mette assieme alcuni tra i ‘potenti’ della politica e dell’economia del mondo.
L’invito del papa, per motivi che non è poi difficile discernere, è già un segno e un messaggio la cui tragica scelta non potrà non lasciare tracce nel presente e il futuro del papato e della Chiesa stessa. Essere invitati al vertice di alcuni tra i Paesi più ricchi e potenti del globo significa dare sufficienti ‘garanzie’ al sistema perché esso possa perpetuarsi o quantomeno continuare a legittimarsi.
Aver accettato l’invito ( o allora la proposta è giunta dal vaticano e accolta dalle diplomazie del vertice), come il papa ha fatto, non è che l’ennesimo e patetico tentativo di accompagnare, da ‘cappellano di corte’, il sistema attuale che, come il capitalismo di cui è l’espressione, è nato e cresciuto senza cuore. Non dovremmo dimenticare che i membri di questo vertice sono corresponsabili o sostenitori della produzione, vendita e uso di armi in zone di guerra. Si tratta dunque di persone che hanno le mani macchiate di sangue.
D’altra parte sembra tipico di questo insondabile e ambiguo pontificato giocare su tutti i fronti con la stessa spudorata disinvoltura. Incontrare e valorizzare i movimenti sociali. Assumere i poveri come elemento trasformatore del sistema (secondo le lezioni latinoamericane ben assimilate). Proteggere i migranti nella loro ricerca di futuro e parlare di ‘periferie’ dalle quali dovrebbe sgorgare un mondo nuovo e una Chiesa che ascolta. Questo e molto altro all’ordine del giorno, senza dimenticare le innumerevoli volte nelle quali è stato necessario precisare, rettificare, contraddire quanto affermato il giorno precedente in uno dei tanti discorsi letti o improvvisati.
Allo stesso tempo, lo stesso pontefice (vero ponte tra sponde diverse) accompagna e celebra un’alleanza vaticana col ‘Capitalismo Inclusivo’ che vede tra i suoi membri e promotori i più quotati magnati del capitalismo globalizzato. Con la manipolata crisi del Covid poi, l’attuale papa, ha toccato quanto di peggio ci si sarebbe potuto attendere da un qualunque politico da strapazzo. L’obbligo per tutto il personale dello Stato Vaticano alla vaccinazione pena il licenziamento in tronco, il fermo invito fatto ai fedeli cristiani di vaccinarsi ‘come gesto d’amore’ e gli incontri più o meno ‘segreti’ con boss dell’industria delle vaccinazioni, Bourla.
Malgrado i danni occasionati e accertati, l’aumento della mortalità nei Paesi che più hanno somministrato i ‘vaccini’, non è mai sfuggita al papa una sola parola di attenzione per quanti hanno sofferto a causa delle suo fermo invito a vaccinarsi e tantomeno la richiesta ufficiale di perdono per essersi sbagliato di bersaglio. Mai ha domandato venia per la mancanza di rispetto dei diritti dei dipendenti che avrebbero potuto scegliere o meno di vaccinarsi in tutta libertà di coscienza come i documenti della Chiesa e della medicina ufficiale sottolineano da tempo.
La parvenza ‘democratica’ di questo papato è poi contraddetta da protagonismi nella vita pubblica quotidiana che si esibisce in modo asfissiante fino a domandarsi se esiste ancora una conferenza episcopale italiana degna di questo nome. Dappertutto e su ogni tema ci si aspetta una parola, un’allusione e soprattutto una conferma. Persino nelle trasmissioni televisive seguite da largo pubblico dove si ha il diritto e il piacere di ascoltare quanto papa Bergoglio afferma, sostiene, propone e soprattutto allude.
Ed, infine, la partecipazione anche fisica al vertice del G7 che ha annoverato altri invitati di marca, ma non la Russia e la Cina ad esempio. Invitato, accolto e infine assimilato ai potenti, tra coloro che hanno diritto di presenza, ascolto e udienza. Per parlare dell’intelligenza artificiale di cui, sembra, il vaticano ha assunto un ruolo non trascurabile e naturalmente apprezzato. Una Chiesa segno di contraddizione per gli imperi di oggi sembra essere passata di moda. Accomodarsi accanto al potere di turno e allo stesso tempo prendere le difese dei poveri desta sospetto sull’autenticità e sincerità di chi gioca a dare spettacolo per il pubblico.
Al vertice citato nessun povero è stato invitato. In un non lontano passato, ad esempio il G8 di Genova, si presentava come un vanto del summit quello di invitare persone di alcuni Paesi che aiutassero a non dimenticare che c’è anche e soprattutto un altro mondo. Quello a cui spesso il papa allude e che diventa visibile nelle guerre, le migrazioni e le terre rare … da sfruttare per motivi ecologici ben ricordati dall’ultima esortazione, al soldo anch’essa di una sola versione del mondo.
La presenza del papa tra i ‘grandi’ del sistema addolora, preoccupa e fa vergognare chi pensava che scegliere i poveri e la loro strada non fosse per farsi strada tra i potenti per diventarne il ‘cappellano’ e in definitiva il garante. Si tratta dell’esibizione di un tradimento nell’usare i volti e il silenzio dei poveri per poi accomodarsi alla mensa dei ricchi e dei potenti.
Le elezioni: riflessioni sulla partecipazione

Ormai i risultati delle elezioni europee sono noti a tutti, compreso l’altissima percentuale di astensionismo (ha votato il 49,69% degli aventi diritto): poco e pone molti interrogativi. Interrogativi cui ha cercato di dare una risposta il Segretariato della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (COMECE), ribadendo con preoccupazione che le elezioni sono sempre un esercizio democratico:
“Con oltre 370.000.000 di cittadini chiamati alle urne in 27 paesi diversi, queste elezioni, che rispettano le diverse tradizioni di voto degli Stati membri, sono state un grande esercizio di democrazia. I risultati preliminari mostrano che nel Parlamento europeo viene mantenuta una maggioranza filoeuropea.
La maggioranza dei votanti ha espresso sostegno al progetto europeo e un forte desiderio di più Europa. Questa è una buona notizia e uno dei punti chiave sottolineati dai vescovi della Comece nei mesi precedenti le elezioni”.
Per i vescovi europei è un motivo di preoccupazione il disinteresse dei cittadini per l’Europa: “L’affluenza alle urne per queste elezioni è di circa il 50%. Sebbene ciò sia in linea con le precedenti elezioni europee, non è ancora sufficiente, indicando un persistente disinteresse e una mancanza di impegno tra i cittadini dell’UE. Una bassa affluenza alle urne, combinata con il forte aumento dei partiti nazionalisti ed euroscettici, soprattutto nei paesi fondatori dell’Unione Europea, manifesta una forte insoddisfazione per la performance dell’UE.
I risultati di queste elezioni spingono tutti noi, soprattutto i neoeletti eurodeputati e i futuri commissari, a lavorare per ridurre il divario percepito tra l’Unione europea e i suoi cittadini e a dare risposte adeguate alle loro preoccupazioni reali”.
Anche la Compagnia delle Opere, prendendo a prestito una frase del film ‘C’è ancora domani’ della regista Paola Cortellesi (‘Stringiamo le schede come biglietti d’amore’) ha sottolineato che votare è un diritto/dovere, ricordando il voto delle donne: “Oggi, a distanza di 78 anni da quel voto, non può non colpirci il dato dell’astensione registrato all’elezioni europee. Meno del 50% degli aventi diritto si è recato alle urne.
Come Compagnia delle Opere ci sentiamo provocati da questo dato e intendiamo promuovere un particolare percorso di sensibilizzazione rivolto ai giovani, cercando di introdurli all’importanza non tanto e non solo del voto, ma della partecipazione alla vita della comunità.
Partecipazione che, in questi mesi prima delle elezioni, si è concretizzata nell’organizzazione di oltre 25 incontri su tutto il territorio italiano, con una partecipazione di oltre 20.000 persone sia in presenza sia online, che hanno voluto approfondire i temi del documento di giudizio promosso da Cdo in occasione di questo appuntamento elettorale”.
E da queste votazioni la Compagnia delle Opere prova a ricostruire il tessuto sociale insieme agli eletti: “Con gli eurodeputati eletti desideriamo avviare un percorso che vuole ulteriormente coinvolgere le istituzioni e la società civile in un lavoro di continuo approfondimento dei temi che ci stanno a cuore. Questa sfida verrà proposta ad una molteplicità di stakeholder di diversi Paesi e di diversi schieramenti politici per lavorare sui temi per noi prioritari: la pace, la persona umana come relazione ed un corretto approccio alle moderne tecnologie”.
Ed anche per Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli, l’astensionismo è un grave problema per la democrazia: “Prima di entrare nel merito di qualsiasi analisi del voto per il rinnovo del Parlamento Europeo, non possiamo far finta di niente rispetto alla nuova e ulteriore crescita del dato sull’astensionismo, che per la prima volta nel nostro Paese, in una tornata elettorale di carattere nazionale, scende sotto alla soglia del 50% dei votanti”.
E’ un invito alle forze politiche di collaborare con l’associazionismo per stimolare la partecipazione democratica: “Per questo rinnoviamo l’invito a tutte le forze dell’arco parlamentare a mettere al centro della loro azione politica il problema della partecipazione democratica: come Acli abbiamo presentato due proposte di legge di iniziativa popolare che hanno l’obiettivo di invertire questa tendenza, da una parte rinnovando la vita dei partiti nel segno della trasparenza, anche con la reintroduzione del finanziamento pubblico, e dall’altra parte cercando di coinvolgere nuovamente i cittadini nelle decisioni politiche, creando delle assemblee partecipative i cui pareri siano vincolanti per i partiti stessi”.
Chiudo questa disanima del voto europeo con una ‘vista’ sulle elezioni comunali, con un riferimento particolare a Bibbiano, dove è stato eletto sindaco Stefano Marazzi, addirittura con il 73,50% con un’affluenza al 58%; a Riace, dove è stato eletto Mimmo Lucano con il 46,30% ed un’affluenza al 56%, dopo essere state gettate tonnellate di ‘fango’ mediatico per distruggere un altro ‘modo’ di fare politica a partire dalla comunità.
Sergio Mattarella: la democrazia va difesa

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, domenica pomeriggio ha salutato 1800 cittadini che hanno visitato i Giardini del Quirinale in occasione della Festa della Repubblica, la cui apertura è stata dedicata alle fasce deboli della popolazione coinvolte tramite invito. Ma, soprattutto, è importante riflettere su ciò che ha detto o scritto nel 78^ anniversario della proclamazione della Repubblica italiana, come nel messaggio al capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, sulla definizione di libertà:
“I Padri della Patria erano consapevoli dei rischi e dei limiti della chiusura negli ambiti nazionali e sognavano una Italia aperta all’Europa, vicina ai popoli che ovunque nel mondo stessero combattendo per le proprie libertà.
Il nostro contributo (ed in esso delle Forze Armate) alla causa della pace e della stabilità internazionali è più che mai prezioso nell’odierna situazione caratterizzata da devastazioni e aggressioni alle popolazioni civili in Europa e in Medio Oriente”.
Un particolare riferimento al contributo offerto dalle donne: “La Repubblica è grata alle donne e agli uomini delle Forze Armate per i compiti assolti negli impegnativi teatri operativi ove sono chiamati ad operare, nell’ambito delle missioni delle Nazioni Unite, di quelle frutto della solidarietà fra i Paesi dell’Alleanza Atlantica, delle decisioni alle quali abbiamo concorso in sede di Unione Europea”.
Un altro punto cardine lasciato dal Presidente della Repubblica ai prefetti si basa sulla memoria come compito principale del cittadino: “Fare memoria del lascito ideale di quegli avvenimenti fondativi è dovere civico e preziosa opportunità per riflettere insieme sulle ragioni che animano la vita della nostra collettività, inserita oggi nella più ampia comunità dell’Unione Europea cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del continente e di cui consacreremo, tra pochi giorni, con l’elezione del Parlamento Europeo, la sovranità.
Fare memoria è un esercizio proprio a ogni cittadino e soprattutto per quanti, esercitando pubbliche funzioni, trovano nei principi costituzionali di libertà, uguaglianza e solidarietà una bussola di sicuro orientamento di fronte alle complesse sfide del presente”.
Ma il discorso più esaustivo ed articolato sul valore della democrazia è stato pronunciato prima del concerto dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI diretta dal maestro Michele Gamba: “Il 2 giugno del 1946 l’Italia sceglieva la Repubblica. Quel voto (all’avvio della vita democratica) rappresentò per gli italiani una chiamata alla responsabilità. In quegli anni di speranze diffuse, le aspirazioni al benessere e al miglioramento della condizione personale, procedevano insieme alle conquiste democratiche e sociali”.
Ed ha ricordato un altro valore della Costituzione italiana: “Avvertiamo tutti che da tante parti nel mondo proviene un grido di sofferenza, di richiesta di serenità di vita, di progresso, di giustizia, di pace.
L’Italia, Paese fondatore dell’Unione Europea, convinta partecipe del rapporto transatlantico, dell’amicizia e dell’alleanza in cui questo si esprime, continuerà a impegnarsi (anche nella qualità di Presidente di turno del Gruppo dei 7) per la tutela (sempre, ovunque, per tutti) dei diritti fondamentali della persona, per la pace e il dialogo tra i popoli e gli Stati, per la giustizia e la solidarietà internazionale, per la lotta alla fame, alle malattie, al sottosviluppo, per la difesa dell’ambiente”.
Stessi pensieri nel ricordo delle vittime della strage di piazza della Loggia a Brescia, avvenuta il 28 maggio 1974: “Tutti gli italiani che, nel 1974, erano cittadini consapevoli ricordano, in maniera indelebile, quella orribile giornata, a partire dalle prime, incerte notizie della mattina. Fino alla drammatica conferma, alla diffusione dei particolari, alla straziante contabilità delle vittime”.
E’ stata una ricostruzione chiara delle responsabilità di chi attentava alla vita democratica dell’Italia: “La strage di Brescia fece seguito a numerosi gravi episodi in questo territorio nei mesi immediatamente precedenti: pestaggi, intimidazioni, attentati neofascisti contro sedi di istituzioni, di sindacati, di cooperative, di forze dell’ordine, di giornali, di scuole. Armi, bombe ed esplosivi erano stati scoperti e sequestrati durante gli arresti di alcuni estremisti di destra.
Un giovanissimo neofascista, pochi giorni prima della strage, era morto ucciso dal materiale esplosivo che trasportava. Quella manifestazione (quella del 28 maggio) promossa dai sindacati, nasceva come risposta della cittadinanza, della società civile bresciana contro questa serie di inaccettabili minacce e violenze. Fu, allora, che il terrorismo nero decise di alzare il livello di azione criminale”.
E non ha fatto sconti a nessuno nella difesa della democrazia dopo il voto del 2 giugno 1946: “Di fronte alla guerra violenta di opposti estremismi (nero e rosso) che, in quella stagione di sangue e di aspri conflitti internazionali, provarono a rovesciare la Repubblica e la sua democrazia, possiamo dire oggi, con certezza, che ha prevalso lo Stato, la Repubblica, il suo popolo, con i suoi autentici, leali servitori”.
E la democrazia è viva grazie all’impegno di tanti cittadini: “Una vittoria che è stata di tutti i cittadini italiani, che si sono sempre raccolti, nei momenti più bui, attorno alle istituzioni e che non si sono mai lasciati sedurre dalle insidie della violenza, della lotta armata, dell’eversione. E che mai hanno reclamato l’instaurazione di misure autoritarie per sconfiggere la minaccia terrorista”.
Questi cittadini devono essere ricordati: “La nostra Repubblica è stata difesa e rafforzata, negli anni, dai sacrifici di tanti servitori dello Stato, di tanti cittadini onesti e coraggiosi…
Al di là delle doverose rievocazioni, il modo per ricordarli degnamente è quello di respingere e isolare i predicatori di odio, gli operatori di mistificazione, i seminatori di discordia. È quello di rivendicare e vivere i principi e i valori su cui si basa la nostra Costituzione. Quello di operare costantemente per l’unità del popolo italiano, per la diffusione della libertà e dei diritti, per un quadro internazionale che assicuri la pace nella giustizia”.
(Foto: Quirinale)