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Papa Francesco invita a seguire Gesù come Maria e Giuseppe

“In quest’ultima catechesi dedicata all’infanzia di Gesù, prendiamo spunto dall’episodio in cui, a dodici anni, Egli rimase nel Tempio senza dirlo ai genitori, i quali lo cercarono ansiosamente e lo ritrovarono dopo tre giorni. Questo racconto ci presenta un dialogo molto interessante tra Maria e Gesù, che ci aiuta a riflettere sul cammino della madre di Gesù, un cammino non certo facile. Infatti Maria ha compiuto un itinerario spirituale lungo il quale è avanzata nella comprensione del mistero del suo Figlio”: anche oggi è stata pubblicata la catechesi dell’udienza generale che papa Francesco avrebbe dovuto tenere e che è stata annullata a causa del ricovero al Policlinico Gemelli.
E’ stato un invito a ripensare al ‘percorso’ compiuto dalla Madre di Dio: “All’inizio della sua gravidanza, Maria fa visita a Elisabetta e si ferma da lei per tre mesi, fino alla nascita del piccolo Giovanni. Poi, quando è ormai al nono mese, a causa del censimento, con Giuseppe va a Betlemme, dove dà alla luce Gesù. Dopo quaranta giorni si recano a Gerusalemme per la presentazione del bambino; quindi ogni anno ritornano in pellegrinaggio al Tempio.
Ma con Gesù ancora piccolo si erano rifugiati a lungo in Egitto per proteggerlo da Erode, e solo dopo la morte del re si erano stabiliti di nuovo a Nazaret. Quando Gesù, divenuto adulto, inizia il suo ministero, Maria è presente e protagonista alle nozze di Cana; poi lo segue ‘a distanza’, fino all’ultimo viaggio a Gerusalemme, fino alla passione e alla morte. Dopo la Risurrezione, Maria resta a Gerusalemme, come Madre dei discepoli, sostenendo la loro fede in attesa dell’effusione dello Spirito Santo”.
Questo percorso permette a Maria di essere pellegrina di speranza: “In tutto questo cammino, la Vergine è pellegrina di speranza, nel senso forte che diventa la ‘figlia del suo Figlio’, la prima sua discepola. Maria ha portato al mondo Gesù, Speranza dell’umanità: lo ha nutrito, lo ha fatto crescere, lo ha seguito lasciandosi plasmare per prima dalla Parola di Dio… Questa singolare comunione con la Parola di Dio non le risparmia però la fatica di un impegnativo apprendistato”.
Però essere la Madre di Dio non impedisce l’esercizio di svolgere il compito di genitori: “Maria e Giuseppe hanno provato il dolore dei genitori che smarriscono un figlio: credevano entrambi che Gesù fosse nella carovana dei parenti, ma non avendolo visto per un’intera giornata, incominciano la ricerca che li porterà a fare il viaggio a ritroso. Tornati al Tempio, scoprono che Colui che ai loro occhi, fino a poco prima, era un bambino da proteggere, è come cresciuto di colpo, capace ormai di coinvolgersi in discussioni sulle Scritture, reggendo il confronto con i maestri della Legge”.
Non capiscono ma comprendono ma meditano ciò che Gesù dice: “Maria e Giuseppe non comprendono: il mistero del Dio fatto bambino supera la loro intelligenza. I genitori vogliono proteggere quel figlio preziosissimo sotto le ali del loro amore; Gesù invece vuole vivere la sua vocazione di Figlio del Padre che sta al suo servizio e vive immerso nella sua Parola.
I Racconti dell’Infanzia di Luca si chiudono, così, con le ultime parole di Maria, che ricordano la paternità di Giuseppe nei confronti di Gesù, e con le prime parole di Gesù, che riconoscono come questa paternità tragga origine da quella del Padre suo celeste, del quale riconosce il primato indiscusso”.
La catechesi del papa è un invito a seguire Gesù come hanno fatto Maria e Giuseppe: “Cari fratelli e sorelle, come Maria e Giuseppe, pieni di speranza, mettiamoci anche noi sulle tracce del Signore, che non si lascia contenere dai nostri schemi e si lascia trovare non tanto in un luogo, ma nella risposta d’amore alla tenera paternità divina, risposta d’amore che è la vita filiale”.
E dalla Sala Stampa della Santa Sede è arrivato anche un aggiornamento sulla salute del papa: ‘Il Papa ha riposato bene nella notte, si è svegliato poco dopo le 8:00’, proseguendo la terapia e la fisioterapia respiratoria; però la situazione appare stabile, sempre nel contesto di un quadro complesso.
‘La Comunicazione Creativa per lo sviluppo Socio-Umanitario’: il libro a favore della cultura del dialogo e dell’emancipazione umana contro il linguaggio aggressivo dei media

“Sua Santità assicura un ricordo nella preghiera e, mentre auspica che la società così come la Chiesa si avvalgano di una comunicazione le cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare, che non separi mai la verità dalla carità, invoca l’intercessione della Santa Vergine Maria e di cuore imparte la Benedizione Apostolica, con l’augurio di ogni bene nel Signore”: con queste parole Sua Santità Papa Francesco lo scorso anno ha benedetto il libro del giornalista Biagio Maimone intitolato ‘La Comunicazione Creativa per lo Sviluppo Socio-Umanitario’, edito dalla Casa Editrice Tracceperlameta.
Il libro ha ricevuto, inoltre, l’apprezzamento del Segretario di Stato della Santa Sede, Cardinale Pietro Parolin, il quale ha scritto: “La congratulo per quest’opera e per le finalità che essa si propone di ‘rimarcare il valore centrale della Parola educativa, della Parola che crea relazioni umane, improntate al rispetto reciproco, al rispetto della sacralità della dignità umana’. Mi fa piacere sapere anche che l’opera ha ricevuto l’apprezzamento di tante illustri personalità e la benedizione di Papa Francesco. Mentre auguro una sua ampia diffusione, mi è grato porgerLe cordiali saluti e un augurio fervido di buon Anno, animato dalla speranza che non delude”.
Il testo, che è stato presentato nella Camera dei Deputati, nell’Istituto Italiano di Cultura di New York ed in Senato, propone la necessità di un nuovo modello comunicativo che ponga al centro la relazione umana ed, ancor più, l’emancipazione morale ed umana della società odierna.
Sulla scorta della constatazione delle innumerevoli comunicazioni distorte veicolate dai media e da tutti i mezzi di comunicazione, compresi i social, foriere di sottocultura che non può essere consentita in quanto impoverisce la società civile deteriorando le relazioni umane, Biagio Maimone ritiene che non sia più rimandabile la necessità di far vivere un linguaggio scevro da menzogne, da offese e dal turpiloquio.
La violenza, il cyberbullismo e l’incitazione all’odio non devono essere avvolti dal silenzio, ma combattuti da un sano impegno che disciplini l’uso della parola in modo che essa non divenga strumento di violenza e generi, pertanto, forme molto gravi di bullismo e comunicazioni nocive all’educazione dei giovani, facendo degenerare l’intera società verso l’involuzione morale.
‘La Comunicazione diventa futuro’ è lo slogan che identifica l’impegno di Biagio Maimone. Egli ritiene, infatti, che il futuro per essere finalizzato al progresso umano debba far propria una nuova modalità di comunicare che veicoli la pedagogia della vita, della pace, della fratellanza umana, della parola vitale che educa le coscienze dei singoli affinché essi si dirigano sulla strada della vera emancipazione umana, oltre l’impoverimento morale ed anche materiale.
Per tale ragione nei primi mesi dell’anno costituirà l’Associazione ‘Progetto Vita e Umanità’, la comunicazione al servizio degli ultimi e degli indifesi. Maimone ha offerto, nel corso degli anni, servizi di comunicazione a persone che vivevano in situazioni di disagio economico segnalandole all’opinione pubblica. Egli definisce tale forma di comunicazione ‘Comunicazione Solidale’ ed afferma:
“Nel 2025 darò vita con alcuni miei colleghi all’Associazione ‘Progetto Vita & Umanità’- Azioni di Comunicazione socio-umanitaria contro ogni forma di discriminazione e di povertà. L’ Associazione darà voce agli ultimi, ai discriminati, agli emarginati, a chi subisce bullismo, mobbing e violenza, ai poveri, agli sfruttati, alle prostitute, ai tossicodipendenti, ai clochard, ai detenuti, ai malati, a tutti, nessuno escluso. Con la comunicazione si possono portare alla luce situazioni di enorme gravità, su cui occorre intervenire. Su di esse, destinate a restare nel buio, si accende, in tal modo, una luce. La povertà deve essere conosciuta per porvi rimedio. Passare dal silenzio alla voce eclatante di un fatto è la missione del giornalismo”.
Egli, pertanto, pone in risalto l’importanza della cultura umana da riversare nel contesto della comunicazione ampiamente intesa, affinché si pongano le fondamenta di un nuova e migliorativa modalità di trasmettere informazioni affinché esse arricchiscano sempre più l’universo interiore di coloro che le recepiscono, alimentandolo con verità e valori morali e spirituali, senza i quali l’essere umano viene deprivato di quei contenuti che ne fanno un soggetto pensante capace di costruire un mondo accogliente in cui viva la legalità, la fratellanza umana e quella bellezza che sgorga dall’animo di chi si è nutrito di cultura umana, unica cultura che consente il miglioramento delle relazioni umane e lo sviluppo socio-umanitario.
Per Biagio Maimone occorre superare gli stereotipi che sorreggono la comunicazione, sia quella giornalistica, sia quella di ogni altro media, nonché quella istituzionale, necessariamente legata ai vari ambiti della vita umana e sociale, al fine di creare un nuovo modello comunicativo che prenda le mosse dai suoni, dai colori e dalle voci legati al sentimento, scaturenti dall’interiorità e dalla spiritualità umana. Dare voce agli infiniti linguaggi depositati nell’intimo di ognuno egli ritiene debba essere l’intento del nuovo comunicatore, animato dalla finalità primaria di educare all’apprendimento di un linguaggio che fondi le sue radici nei valori insiti nell’animo umano. Il linguaggio dovrà divenire, pertanto, vettore di valori e non di offese ed insulti, come sovente si verifica.
Partendo dal linguaggio, ripulito dal desiderio di ferire e ridimensionare l’altro, si potrà anche ricreare la relazione umana, rendendola scevra da conflitti lesivi della dignità dell’interlocutore per orientarla all’ascolto autentico, che è creativo di benefici reciproci. Non meno rilevante sarà la forma che tale nuovo linguaggio dovrà assumere per essere vera espressione del mondo interiore, in cui vivono i valori umani.
Tale forma non potrà che essere la forma che rimanda sia al suono musicale, in quanto esso crea il senso della melodia, intesa come coinvolgimento all’unisono delle varie sensibilità umane, forza reale del linguaggio penetrante e convincente, sia al suono della poesia, da intendersi come modalità sublime di quella dimensione altamente creativa, proprio in quanto sorretta dai valori umani, che la comunicazione di elevato livello non può esimersi dal fare propria.
Biagio Maimone definisce tale processo comunicativo ‘Comunicazione creativa della dimensione socio-umanitaria’, che potrà essere utilizzato dagli operatori degli Uffici Stampa, dai giornalisti e da chiunque si prefigga l’obiettivo di rendere la comunicazione una professione di elevato valore morale e sociale. Altisonante ed indicativa di un preciso impegno concreto è la sua affermazione: “La Bellezza – non vi è dubbio – tornerà ad essere il volto magnifico della vita. La forza prorompente della Bellezza, che la Parola ha il dovere di trasmettere, sconfigge ogni male! E’ scritto nel Vangelo, è scritto nel cuore degli uomini di Buona Volontà ed è scritto nelle trame vitali dell’esistenza, che nessuno potrà mai distruggere perché esse appartengono alla Vita e la Vita è la ragione stessa dell’esistere umano”.
Partendo da tali principi, riportati nel quarto di copertina del suo libro, Biagio Maimone si accinge a divulgare i contenuti della nuova corrente filosofica a cui egli ha voluto dar vita, denominata ‘Comunicazione socio-umanitaria’. Il messaggio del libro è universale, finalizzato all’affermazione di una nuova cultura della comunicazione, tale in quanto tesa a rivedere l’uso del linguaggio e, più precisamente, della parola, alla luce delle nuove sfide dell’epoca contemporanea, permeata da nuove esigenze e, tra queste, l’esigenza di riconsegnare alla persona la sua centralità nel contesto della vita umana, che appare essere percorsa da continue frammentazioni.
Il messaggio veicolato dal libro nasce dalla constatazione dell’affermarsi di una subcultura della comunicazione, che bisogna contrastare in quanto determina un crescente impoverimento morale, sociale e culturale. Rilievo centrale riveste il tema della comunicazione che trasmette l’importanza della solidarietà, presupposto ineludibile da cui prendere le mosse per dirigersi verso lo sviluppo socio-umanitario.
Biagio Maimone, in veste di Direttore della Comunicazione dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, fondata da mons. Yoannis Lahzi Gaid, già Segretario personale di Papa Francesco, ha richiamato, mediante il giornalismo, alla necessità di far vivere il dialogo interreligioso, la pace e la solidarietà, attraverso le iniziative dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’ che si qualifica nei termini di attività giornalistica a favore dei bambini poveri ed ammalati dell’Egitto.
L’Associazione è stata fondata in seguito alla sottoscrizione del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’ da parte di Sua Santità Papa Francesco e da parte del Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, in data 4 febbraio 2019: “Nel mio testo, si rimarca che la parola è vita in quanto deve generare la vita nelle sue espressioni più nobili e spirituali, perché essa penetra nelle coscienze individuali e collettive e, se è sorretta dalla violenza e dalla menzogna, crea una coscienza umana che è guidata da disvalori che impoveriscono i singoli individui e, conseguentemente, l’intera collettività ed il contesto sociale”, ha dichiarato Maimone, il quale ha aggiunto:
“Umanizzare il linguaggio affinché sia veicolo della ‘Pedagogia della Vita’ definisce il significato autentico del mio impegno giornalistico, che sono certo possa essere condiviso da chi fa della comunicazione lo strumento mediante cui giungere al mondo interiore di chi ascolta, al fine di arricchirlo e non impoverirlo attraverso un uso distorto e, pertanto, nocivo del linguaggio”.
Tutto pronto per il Giubileo degli Artisti

Fra qualche giorno a Roma si svolge il ‘Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura’, che è stato presentato ieri con gli interventi della senatrice Lucia Borgonzoni, sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura; del capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria f.f. del Ministero della Giustizia della Repubblica Italiana, Lina Di Domenico; della dott.ssa Barbara Jatta, Direttore dei Musei Vaticani; della dott.ssa Cristiana Perrella, curatrice dello spazio ‘Conciliazione 5’; della dott.ssa Raffaella Perna, curatrice della mostra ‘Global Visual Poetry: traiettorie transnazionali nella Poesia Visiva’ e del card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, che ha sottolineato l’auspicio del papa formulato all’inizio della Bolla di indizione del Giubileo (‘Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza’):
“Questa frase programmatica sta alla base delle diverse iniziative che promuoveremo. Da un lato, rafforza la coscienza che la speranza è un’esperienza antropologica globale, che pulsa nel cuore di ogni cultura, e che a tutte dà la possibilità di dialogare a partire dalla speranza. Dobbiamo in effetti ascoltare ciò che le diverse culture hanno da dire sulla speranza. E, dall’altro lato, ci pone di fronte alla sfida concreta, lanciata come un’urgenza, di dare vita a occasioni creative che consentano, a tutti e a ciascuno, di rianimare la speranza”.
Quindi ha spiegato lo scopo di queste iniziative: “A far dialogare sulla speranza. A metterla al centro dello spazio pubblico come tema culturale prioritario. A intercettare la speranza come una risorsa necessaria e potente, una risorsa collettiva su cui dobbiamo investire sempre di più. A dichiarare insieme la speranza come bene di prima necessità, non semplicemente come un qualcosa di accessorio.
A domandarci in che modo il patrimonio culturale delle religioni possa essere un trasmettitore più attivo di speranza presso le nuove generazioni. A interrogarci su come l’arte contemporanea possa veicolare la speranza, andando incontro a luoghi umani sensibili. A cercare insieme espressioni spirituali e artistiche che possano costituire per la contemporaneità grammatiche e poetiche della speranza”.
Per questo l’occasione è una grande opportunità di dialogo: “Uno degli aspetti più forti di questo Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura è che esso si configura come un grande incontro veramente mondiale, dal momento che riunisce più di 10.000 partecipanti iscritti, provenienti da oltre 100 nazioni dei cinque continenti”.
Quindi questo è il programma: “Sabato 15, cominceremo con la partecipazione all’Udienza generale del Santo Padre. Avremo poi un ricco programma. Con la collaborazione dei Musei Vaticani organizzeremo un incontro con i responsabili di grandi musei e istituzioni culturali di riferimento per pensare a forme di impegno comune che favoriscano la trasmissione del codice culturale delle religioni, senza il quale la cultura resta irrimediabilmente impoverita.
Alla fine del pomeriggio inaugureremo un nuovo spazio espositivo, una galleria di strada, o Window Gallery, destinata a rimanere anche oltre il giubileo: è sita in Via della Conciliazione, e si chiama Conciliazione 5. La mostra inaugurale è un progetto del Maestro Yan Pei-Ming; è curata da Cristiana Parrella, e mette al centro affettivo e visivo dell’attenzione di tutti la Comunità del Carcere di Regina Coeli. Questa iniziativa è realizzata in collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria italiana”.
Gli appuntamenti continuano nei due giorni successivi: “Domenica 16, le iniziative sono concentrate in San Pietro. Qui avremo la celebrazione alle ore 10, alla quale sono invitati i protagonisti della cultura e chi, a diverso titolo, lavora nel mondo delle arti. Per la sera, la possibilità di compiere insieme il gesto più emblematico del Giubileo, il passaggio della Porta Santa, e di seguire un percorso spirituale e culturale in Basilica. Questa iniziativa, che chiamiamo ‘notte bianca a San Pietro’, naturalmente si avvale della collaborazione della Fabbrica di San Pietro e di Umberto Vattani”.
Infine lunedì il papa visiterà Cinecittà: “Un momento molto atteso è la prima visita di un pontefice a Cinecittà. Lunedì 17 febbraio, papa Francesco visita gli studios di Roma, dove incontrerà una rappresentanza di artisti e protagonisti del mondo della cultura, dei lavoratori di Cinecittà, e sarà accolto da un coro speciale: il Coro La Nave, composto da oltre cinquanta persone, che unisce detenuti, ex-detenuti e volontari in un’esperienza di reinclusione sociale attraverso la musica. L’iniziativa di Cinecittà è realizzata in collaborazione con il Ministero della Cultura italiano e Cinecittà.
Sempre lunedì, ma nel pomeriggio, il Dicastero per la Cultura e l’Educazione promuove un incontro di rappresentanti dei centri culturali cattolici e degli organismi ecclesiali dedicati alla cultura. Martedì 18, memoria liturgica del Beato Angelico, patrono delle arti, inaugureremo negli spazi del dicastero una grande mostra sulle ‘traiettorie transnazionali nella Poesia Visiva’, curata da Raffaella Perna, che si collega a questa ricerca comune di poetiche capaci di ridire, oggi, la speranza. E ridire la speranza è compito di tutti”.
A questo punto la direttrice dei Musei Vaticani, dott.ssa Barbara Jatta, ha sottolineato l’apertura di questo Giubileo anche agli operatori del mondo artistico: “Abbiamo fortemente voluto che questo Giubileo fosse dedicato non solo agli artisti ma anche agli operatori del mondo dell’arte il cui ruolo è essenziale nella trasmissione dei codici religiosi, della tradizione, della fede e dell’arte stessa. I Musei Vaticani riconoscono il valore di tutti coloro che, attraverso la divulgazione e l’insegnamento, custodiscono e trasmettono questo patrimonio e questo Giubileo è un segno di riconoscenza”.
Infine Lina Di Domenico ha espresso “grande soddisfazione, ma anche emozione, per questa nuova iniziativa che, in occasione del Giubileo 2025, prevede diversi punti di contatto con il mondo delle carceri, a conferma della proficua e profonda collaborazione con la Santa Sede”.
(Foto: Vatican News)
Papa Francesco ai pellegrini scandinavi: Carlo Acutis sia il vostro modello

“Sono lieto di salutare tutti voi, provenienti da Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda, in occasione del vostro pellegrinaggio a Roma, organizzato dalla Conferenza Episcopale dei Paesi Nordici. Prego affinché, attraverso questa esperienza del camminare insieme come fratelli e sorelle in Cristo, i vostri cuori si rafforzino nella fede, nella speranza e nell’amore, perché questi sono tre elementi essenziali della vita cristiana, tre modi in cui lo Spirito Santo ci guida nel nostro cammino, nel nostro pellegrinaggio, perché noi siamo dei pellegrini”.
Dopo aver ricevuto i partecipanti al convegno sui bambini papa Francesco ha incontrato i fedeli di Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda, in pellegrinaggio a Roma esortandoli ‘a cooperare con gli altri fratelli cristiani’ ed a coltivare il dialogo interreligioso, nel segno del Giubileo: “Il motto di questo Giubileo, come ben sapete, è ‘Pellegrini di speranza’.
Prego perciò che la vostra speranza si rafforzi durante questi giorni. Sicuramente siete già consapevoli dei segni di speranza presenti nei vostri Paesi d’origine, perché la Chiesa, nelle vostre terre, sebbene piccola, cresce in numero. Cresce sempre. Possiamo ringraziare Dio Onnipotente, perché i semi di fede, piantati e irrigati lì da generazioni di pastori e persone perseveranti, stanno dando i loro frutti. Né questo deve sorprenderci, perché il Signore è sempre fedele alle sue promesse!”
Inoltre ha esortate ad alimentare la fede: “Mentre visitate i vari luoghi santi della Città Eterna, in particolare le tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, prego anche che la vostra fede nel Signore Gesù e la vostra consapevolezza di appartenere a Lui e gli uni agli altri nella comunione della Chiesa, sia nutrita e approfondita.
In questo modo, con la mente e il cuore più pienamente in sintonia con la grazia trasformante di Cristo, potrete tornare nei vostri Paesi pieni del gioioso entusiasmo di condividere il grande dono che avete ricevuto, perché, come dice San Paolo, siamo stati creati in Cristo per compiere opere buone”.
Alimentando la fede si può portare un messaggio di salvezza: “Di fatto non c’è ‘opera’ più grande che trasmettere agli altri il messaggio di salvezza del Vangelo, e noi siamo chiamati a farlo soprattutto per quelli che si trovano ai margini. Pensiamo ad esempio a chi è solo e isolato (tanta gente è isolata, sola), nel cuore e nelle periferie delle vostre comunità e nei territori più remoti.
Peraltro, questo compito è affidato a ciascuno di voi, qualunque sia la vostra età, stato di vita o capacità. Anche quelli che tra voi sono anziani, malati o in qualche modo in difficoltà hanno la nobile vocazione di testimoniare l’amore compassionevole del Padre”.
Quindi è stato un incoraggiamento a ‘vivacizzare’ le comunità locali’: “Tornando a casa, dunque, ricordate che il pellegrinaggio non si conclude, ma sposta il suo obiettivo sul quotidiano cammino del discepolato e sulla chiamata a perseverare nel compito dell’evangelizzazione. In proposito, vorrei incoraggiare le vostre vivaci comunità cattoliche a cooperare con gli altri fratelli cristiani, perché in questi tempi difficili, segnati dalla guerra in Europa e nel mondo, la nostra famiglia umana ha tanto bisogno di una testimonianza unitaria di quella riconciliazione, guarigione e pace che può venire solo da Dio”.
Senza dimenticare il dialogo con le altre comunità religiose: “Allo stesso modo, nei vostri contesti multiculturali, siete chiamati a dialogare e lavorare insieme agli appartenenti ad altre religioni, molti dei quali migranti, che avete accolto così bene nelle vostre società. Ricordo, infatti, di averlo visto in prima persona durante la mia visita in Svezia nel 2016. E per noi Paesi latinoamericani, nei tempi delle dittature (Brasile, Uruguay, Cile, Argentina): sono andati lì i nostri fratelli e sorelle che fuggivano dalle dittature. Continuate ad essere fari di accoglienza e di solidarietà fraterna!”
Infine si è rivolto ai giovani ricordando la canonizzazione di Carlo Acutis nel prossimo aprile: “Infine, una parola ai pellegrini più giovani tra voi. Nell’ambito degli eventi di quest’anno, il 27 aprile celebreremo la canonizzazione del beato Carlo Acutis. Questo giovane santo dei nostri tempi e per i nostri tempi mostra a voi, e a tutti noi, quanto sia possibile nel mondo d’oggi per i giovani seguire Gesù, condividere i suoi insegnamenti con gli altri e così trovare la pienezza della vita nella gioia, nella libertà e nella santità”.
(Foto: Santa Sede)
Il giornalista Maimone: La Chiesa di Papa Francesco è la mia Chiesa, la Chiesa di tutti

“Papa Francesco – come ho più volte scritto – è ‘Un cuore innamorato di Dio’, in quanto è vicino realmente a chi vive nella sofferenza, che egli desidera alleviare senza temere giudizi e senza nascondersi dietro ipocrisie al cospetto del potere, ossia il potere terreno. La Chiesa di Francesco è la Chiesa che apre le porte a tutti, perché, come egli afferma, Dio è Padre di tutti gli esseri umani. La Chiesa di Francesco è anche la mia Chiesa, in quanto, oggi, grazie a Papa Francesco la sento mia.
La Chiesa di Papa Francesco è la Chiesa che ha parole chiare e decise contro le guerre, la Chiesa che richiama alla necessità di instaurare il dialogo interreligioso e far vivere la vera fratellanza umana, la Chiesa che non si piega al compromesso di chi giustifica, per fini apparentemente giusti, il conflitto e l’esclusione di chi si ritiene di scarso valore sociale ed umano”, ha dichiarato il giornalista Biagio Maimone, Direttore della Comunicazione dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui Presidente è Monsignor Yoannis Lazhi Gaid, già Segretario personale di Sua Santità Papa Francesco e fondatore del gruppo ‘Progetto di Vita e Umanità’ – la comunicazione al servizio degli ultimi e degli indifesi, il quale ha aggiunto: “Papa Francesco parla con chiarezza, senza tentennamenti, perché ha il coraggio della fede.
Papa Francesco sa, infatti, e vuole rimarcare, che chi rappresenta la Chiesa deve avere il coraggio della fede, deve essere testimonianza viva del Cristianesimo. Nella nostra bizzarra e dolente epoca è forte il desiderio di verità e giustizia che non può certamente rimanere senza risposta alcuna, come sostiene il Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, sottoscritto da Papa Francesco, in rappresentanza della Chiesa Cattolica, e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, in rappresenta dei musulmani sunniti.
Papa Francesco, sottoscrivendo il suddetto Documento, si fa promotore di un disegno universale di giustizia, di amore, di fratellanza, di lotta contro la povertà, di affermazione della donna, di tutela della fragilità degli anziani, dei bambini, dei portatori di handicap, dei cosiddetti ultimi. Quel che maggiormente definisce l’impegno di Papa Francesco è che egli compie un profondo e sorprendente atto di umiltà, talmente incisivo e davvero cristiano, quando include le altre religioni nel disegno di umanizzazione della realtà, riconoscendo pari dignità ad ogni altra religione che si prefigge l’amore universale.
Sa che l’umiltà è l’espressione più elevata della fede cristiana e ne diventa testimonianza sottoscrivendo il Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’. Supera, in tal modo, gli steccati in cui sono chiuse le singole religioni ed apre un orizzonte senza limiti alla cooperazione di tutte le religioni, di tutte le fedi religiose e laiche, di tutti i credenti e di tutti i laici affinché trovi realizzazione la piena cittadinanza umana. L’essere uguali significa andare oltre gli steccati, come insegna il Cristianesimo, per aprirsi all’amore infinito.
Papa Francesco lo ha compreso e lo testimonia con il suo impegno universale e con il messaggio forte ed incisivo dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani in quanto fratelli, tali in quanto tutti figli di Dio. Per questo sento il dovere di affermare che la Chiesa di Papa Francesco è la mia Chiesa. Perché la Chiesa di cui parla Papa Francesco è la Chiesa universale, che tutti include in un grandioso disegno di amore, senza limiti ed ingiustificati pregiudizi”.
Il teologo Brunetto Salvarani: il dialogo cristiano-ebraico, ‘un percorso difficile’

“In questi ultimi tempi, segnati dal tragico atto terroristico del 7 ottobre 2023, dalla guerra successiva e dall’escalation del conflitto in Medio Oriente, i rapporti tra cattolici ed ebrei, in Italia, sono stati difficili con momenti di sospetto, incomprensioni e pregiudizi. Ma il dialogo non si è interrotto. In Europa sono tornati deprecabili atti di antisemitismo e incaute prese di posizione, a volte anche violente. Proprio per questo il dialogo va rafforzato. Continuiamo a crederci”: così scrive la commissione episcopale per l’ecumenismo ed il dialogo nel messaggio ‘Pellegrini di Speranza’ in occasione della 36^ Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei in svolgimento oggi.
E nella prefazione al libro ‘Un percorso difficile anche per Dio. Sul futuro del dialogo cristiano-ebraico’, scritto dal teologo Brunetto Salvarani, docente di Missiologia e Teologia del dialogo presso la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna di Bologna, direttore della rivista ‘QOL’ e presidente dell’associazione italiana ‘Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam’, il presidente della Commissione Episcopale CEI per l’ecumenismo ed il dialogo, mons. Derio Olivero, vescovo della diocesi di Pinerolo, ha scritto:
“Consapevoli che il dialogo cristiano-ebraico sta attraversando una fase critica, è necessario conoscere quali siano state e siano le pietre d’inciampo più classiche, e anche quali siano le contestuali tracce di speranza, oltre che interrogarsi su come, con e dopo il 7 ottobre 2023, si sia aperta un’ulteriore crepa, che rimanda alla necessità di elaborare un paradigma inedito nel dialogo fra cristiani ed ebrei.
Tutto da pensare, tutto da costruire, e sul quale occorrerà esercitarsi a fondo da parte di chi intenda dedicarvisi. Noi non siamo ‘la sostituzione’ del popolo d’Israele, né il ‘vero Israele’. Siamo un ramo spuntato da un popolo che continua a esistere. Il dialogo con questo popolo concreto ci è essenziale per dire noi stessi. Gesù di Nazareth appartiene al popolo ebraico. Non possiamo comprenderlo negando tale appartenenza. Non possiamo comprenderci negando tale appartenenza”:
A Brunetto Salvarani abbiamo chiesto di spiegarci il titolo di questo libro: “Il titolo, volutamente paradossale, l’ho tratto da un testo che mi aveva donato Paolo De Benedetti, uno dei miei più cari maestri. Allude, evidentemente, alle difficoltà in cui opera chi si dedica al dialogo fra cristiani ed ebrei”.
Ed ha spiegato i passaggi della genesi del libro: “Come ogni libro, anche questo nasce da una passione, che viene da lontano. E’ lunga, ormai, la lista di maestri e maestre che hanno contribuito a maturare in me l’idea che il dialogo fra ebrei e cristiani risiede al cuore dell’identità delle Chiese e dei cristiani. Ora, è evidente che dal 7 ottobre scorso, data della mattanza di ebrei in Israele da parte di Hamas, i processi dialogici fra ebrei e cristiani si sono ulteriormente complicati, messi duramente alla prova, come mai finora, mostrando tutte le loro gracilità e vulnerabilità”.
Per quale motivo il dialogo tra ebrei e cristiani è difficile?
“A mio parere il dialogo cristiano-ebraico ha sofferto e soffre di una doppia, paralizzante asimmetria. La prima risiede nella constatazione che è esso necessario per il cristiano, ma non per l’ebreo. Ciò perché, mentre il cristianesimo senza rapporti con l’ebraismo manca di quelle radici e della linfa che gli consentono di vivere, l’ebraismo, in virtù del dono della Torah e dello speciale legame che lo stringe a Dio, non ha bisogno del cristianesimo per fondarsi e comprendersi. La seconda nasce dal fatto che tale dialogo dovrebbe derivare da un altro dialogo che lo precede, interno alle due fedi.
Il dialogo, infatti, non si dà tanto fra cattolici e rabbini, ma fra cristiani ed ebrei. Se così stanno le cose, è necessario un percorso ecumenico che metta a confronto, qui, le diverse confessioni cristiane, e là un dibattito fra ebraismo in terra d’Israele e diaspora, fra ebraismo laico e religioso. Senza tali presupposti, ogni forma di dialogo rischia di essere inconcludente, o di ridursi a dichiarazioni di principio sulla Shoah e sull’antisemitismo, fondate sulla retorica del mai più ma non finalizzate a costruire un cammino, anche solo in parte, comune e condiviso”.
Dopo il 7 ottobre quali difficoltà incontra questo dialogo?
“Con e dopo il 7 ottobre 2023, in effetti, si è aperta un’ulteriore crepa nel dialogo cristiano-ebraico, a partire dalla lettura che si è data a quella tremenda mattanza di ebrei da parte di Hamas, una crepa grave che rimanda alla necessità di elaborare un paradigma inedito nel dialogo. Tutto da pensare, tutto da costruire, e sul quale occorrerà esercitarsi a fondo da parte di chi intenda dedicarvisi.
In una manciata di ore è cambiato radicalmente lo scenario in cui si muove chi opera nel campo delle relazioni cristiano-ebraiche, tanto da richiedere un autentico salto di qualità rispetto al passato, a sei decenni dalla dichiarazione conciliare ‘Nostra aetate’: ma senza buttare via il grande lavoro fatto sinora”.
Perché è necessario il dialogo ebraico-cristiano?
“La necessità è fotografata appieno nel famoso incipit della Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane ‘Nostra aetate’ al n. 4: ‘Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo’. Siamo legati, dunque, a un livello molto profondo, e l’identità della Chiesa si intreccia inevitabilmente con quella di Israele (e anche questo dato, se vogliamo, è fra le ragioni delle difficoltà del dialogo)”.
Come è possibile rimuovere le ‘pietre d’inciampo’ per rivitalizzare il dialogo?
“Ci sarebbe bisogno di un impegno più costante e più approfondito, che favorisca la presa di coscienza della necessità del dialogo con Israele; di più studio, più informazione e più formazione… Conoscenza, stima e riconoscimento dell’altro: sono questi i presupposti del dialogo perché aprono alla collaborazione nella differenza. Cartina di tornasole della situazione attuale è quanto poco sia sentita, in genere, l’esperienza (benemerita) della Giornata del dialogo. Quanti, nella Chiesa italiana, sanno che esiste?”
Nel messaggio per questa Giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei, ‘Pellegrini di speranza’, i vescovi italiani invitano a ‘ripartire dalla Scrittura’: è realizzabile?
“Mi auguro di sì! Certo, sono del tutto d’accordo! Ma anche qui, occorre un impegno maggiore e più capillare: dopo la fine dell’esilio della Parola di Dio, con la Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione ‘Dei Verbum’, molto di quell’entusiasmo si è smorzato. Un esempio: quanti, nella Chiesa italiana, sanno che esiste una (pure benemerita) ‘Domenica della Parola di Dio’, giunta alla sua quinta edizione?”
In questo difficile percorso quanto è importante riscoprire il ‘sogno’ di p. Bruno Hussar?
“E’ molto importante! La presenza, oltre mezzo secolo dopo il suo sorgere, del ‘Villaggio della pace’ di ‘Neve Shalom- Wahat as Salam’ in Israele è il segnale che investire nell’educazione interculturale e interreligiosa, nell’educazione alla pace e alla gestione dei conflitti paga, e può rappresentare una scintilla di autentica profezia”.
(Tratto da Aci Stampa)
Papa Francesco: l’incontro è ponte di riconciliazione

“Questa mattina, a causa di una caduta a casa Santa Marta, papa Francesco ha riportato una contusione all’avambraccio destro, senza fratture. Il braccio è stato immobilizzato come misura cautelativa”, è stato reso noto dalla sala stampa vaticana, ma ciò non ha impedito di incontrare una delegazione della Comunità Bektashi, provenienti dall’Albania per un incontro organizzato dal Dicastero per il Dialogo Interreligioso:
“Ogni volta che dei leader religiosi si riuniscono in spirito di mutua stima e si impegnano in favore della cultura dell’incontro, attraverso il dialogo, la comprensione reciproca e la cooperazione, si rinnova e si conferma la nostra speranza in un mondo migliore e più giusto. Quanto il nostro tempo ha bisogno di tale speranza!
Ed ha ricordato le relazioni tra la Santa Sede e l’Albania: “Le relazioni di amicizia tra la Chiesa Cattolica, l’Albania e la Comunità Bektashi sono un bene per tutti noi, e nutro la fiducia che questi legami si rafforzeranno sempre più a servizio della fraternità e della convivenza pacifica tra i popoli. In questi tempi difficili, tutti siamo chiamati a rifiutare la logica della violenza e della discordia, per abbracciare quella dell’incontro, dell’amicizia e della collaborazione nella ricerca del bene comune”.
Inoltre ha ricordato gli incontri avutisi negli ultimi anni: “In proposito, penso con gratitudine ai molti momenti di incontro fraterno che hanno avuto luogo tra la comunità Bektashi e la Chiesa Cattolica, come la Preghiera per la pace nei Balcani del 1993 e la Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace di Assisi del 2011. L’inaugurazione del Tempio Bektashi di Tirana, nel 2015, è stata un momento particolarmente fecondo di vicinanza e amicizia”.
Tale momento è stato un’occasione per affermare la necessità di costruire ‘ponti’: “Sono convinto che la Comunità Bektashi, assieme agli altri musulmani, ai cristiani e a tutti gli altri credenti presenti in Albania, possa servire da ponte di riconciliazione e arricchimento reciproco non solo all’interno del vostro Paese, ma anche tra Oriente e Occidente. Nonostante le sfide del presente, il dialogo interreligioso ha un ruolo unico nella costruzione di un futuro di riconciliazione, giustizia e pace che i popoli del mondo, e specialmente i giovani, tanto ardentemente desiderano”.
Inoltre, incontrando la comunità sacerdotale argentina a Roma, il papa ha ricordato il sacerdote Brochero: “In ogni caso, per non tralasciare gli odori della nostra terra, voglio raccontarvi una cosa che ho letto recentemente su Sacerdote Brochero e che ritengo faccia molto comodo a voi, che continuate a prepararvi per affrontare l’ardua battaglia del Vangelo. Ciò che vi illustrerò di lui si riferisce alla sua anima sacerdotale e il primo, essenziale punto è l’affermazione fatta dai suoi amici secondo cui Brochero non avrebbe dovuto essere altro che un prete”.
Per questo è importante la vocazione: “Dobbiamo assumere con fermezza questa identità sacerdotale, prendendo coscienza che la nostra vocazione non è un’appendice, un mezzo per altri fini, anche pii, come quello di essere salvati. Assolutamente no. La vocazione è il progetto di Dio nella nostra vita, ciò che Dio vede in noi, ciò che muove il suo sguardo d’amore, oserei dire che in un certo modo è l’amore che Lui ha per noi e in questo sta la nostra vera essenza”.
Quindi ha spiegato il significato di vocazione secondo tale sacerdote: “Cioè prendersi cura della nostra interiorità, tenere il fuoco acceso, con grande umiltà, ‘abbattuti’, perché ‘stando’ nel nostro orgoglio siamo più vulnerabili. Altra nota importante è la fraternità sacerdotale. Innanzitutto con l’Alfiere, considerato un semplice soldato, per emulare le gesta degli eroi, combattendo al suo fianco, fianco a fianco, fino all’ultima cartuccia. E con i suoi fratelli sacerdoti vuole condividere tutto ciò che ha, li invita a correggerlo con fiducia e lo fa con loro con franchezza, chiedendo loro di condurre una vita di profonda pietà, con la confessione frequente per condividere così tutta la vita, sia materiale che spirituale e apostolica”.
Infine il suo rapporto con l’Eucarestia, senza abbandonare il proprio ‘compito’: “Infine, come non potrebbe essere altrimenti, l’Eucaristia. Per quanto arduo fosse il suo compito, cercava di non lasciarlo mai, trascorrendo gran parte della notte all’aperto, in mezzo ai campi di grano, aspettando che si svegliassero al ranch, poiché non riteneva opportuno disturbarli all’alba) così poteva entrare per festeggiare. Quel rispetto sacrificale per il mistero che, lontano dalle imposizioni, permeava più di mille parole di stucchevole eloquenza”.
(Foto: Santa Sede)
Premiato il ‘giornalista dei poveri’ Biagio Maimone per l’impegno a favore dei bambini dell’Egitto e per aver promosso il dialogo interreligioso di papa Francesco

Il giornalista e scrittore Biagio Maimone, direttore della Comunicazione dell’associazione ‘Bambino Gesù’ del Cairo, il cui presidente è mons. Yoannis Lazhi Gaid, già segretario personale di Sua Santità Papa Francesco, nonché corrispondente dall’Italia per il quotidiano ‘America Oggi TV’, soprannominato ‘Il giornalista dei poveri’, ha ricevuto a Milano un premio speciale per il giornalismo solidale.
Maimone, il quale ha frequentato il corso triennale di spiritualità francescana al Convento Sant’Angelo di Milano dei Frati Minori (spiritualità, cultura e dialogo), ha offerto, nel corso degli anni, servizi di comunicazione gratuita a persone che vivevano in situazioni di disagio economico segnalandole all’opinione pubblica.
Egli definisce tale forma di comunicazione ‘Comunicazione Solidale’ ed afferma: “Con la comunicazione si possono portare alla luce situazioni di enorme gravità, su cui occorre intervenire. Su di esse, destinate a restare nel buio, si accende, in tal modo, una luce. La povertà deve essere conosciuta per porvi rimedio. Passare dal silenzio alla voce eclatante di un fatto è la missione del giornalismo. Il mio intento è far conoscere la sofferenza sociale al fine di porvi rimedio. E’ il fine sociale e, nel contempo, etico, del giornalismo a cui desidero dar vita per pormi al servizio della società in cui vivo”.
A consegnargli il premio è stato il Direttore d’Orchestra e musicista Vince Tempera. Il premio tiene conto anche dell’impegno di Maimone per aver richiamato, mediante il giornalismo, alla necessità di far vivere il dialogo interreligioso, la pace e la solidarietà, attraverso le iniziative dell’associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’ che si qualifica nei termini di attività giornalistica a favore dei bambini poveri ed ammalati dell’Egitto.
L’associazione è stata fondata in seguito alla sottoscrizione del documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’ da parte di Sua Santità Papa Francesco e da parte del Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, in data 4 febbraio 2019. Biagio Maimone, inoltre, è autore del libro ‘La Comunicazione Creativa per lo Sviluppo Socio-umanitario’, che ha ricevuto la Benedizione Apostolica di Sua Santità Papa Francesco.
Frutti del documento sono la ‘Casa della Famiglia Abramitica’, edificata nella città di Abu Dhabi, che è uno tra i progetti più rilevanti ed esemplari del documento ‘Sulla Fratellanza Umana’ in quanto pone le basi del dialogo interreligioso, creando uno spazio fisico, un territorio comune su cui sono stati edificati tre luoghi di culto diversi (una Chiesa, una Sinagoga e una Moschea), posti l’uno accanto all’altro, in ciascuno dei quali si praticano religioni diverse, le quali si interfacciano reciprocamente per dialogare su ogni tema della vita umana, l’Orfanotrofio ‘Oasi della Pietà’, già realizzato, che accoglierà 300 bambini e garantirà loro l’assistenza familiare nonché una casa dove trovare cure e protezione, accompagnandoli fino alla crescita per un adeguato sviluppo educativo.
L’Ospedale pediatrico ‘Bambino Gesù del Cairo’, primo ‘Ospedale del Papa’ fuori dall’Italia, in fase di realizzazione, garantirà le cure medico-sanitarie adeguate e specialistiche sia ai bambini dell’orfanotrofio, sia agli altri bambini, nonché l’accompagnamento delle donne durante tutto il periodo della gravidanza e post parto, la Catena dei Ristoranti della Fraternità Umana, denominata “Fratello”, che offre pasti, ogni giorno, a 5000 famiglie egiziane e il progetto denominato ‘Salus’, che consiste nell’attuazione di cliniche mobili finalizzate a visitare e a curare i bambini poveri in quelle zone dell’Egitto in cui mancano le strutture sanitarie.
Papa Francesco guarda con fiducia ai progetti suindicati, sorretti dalla pedagogia dell’amore e della pace ed, ancor più, in quanto finalizzati all’educazione ed alla cura dei bambini, nonché al rispetto della loro sacralità.
Biagio Maimone: comunicazione e giornalismo al servizio degli ultimi e degli indifesi

Il giornalista e scrittore Biagio Maimone, direttore della Comunicazione dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui presidente è mons. Yoannis Lazhi Gaid, già segretario personale di Sua Santità Papa Francesco, definito ‘Il giornalista dei poveri’, premiato a New York e a Milano per il ‘giornalismo solidale’, comunica che, in questo anno, costituirà una associazione per dar voce agli ultimi e agli indifesi.
Maimone ha frequentato il corso triennale di spiritualità francescana nel Convento Sant’Angelo di Milano dei Frati Minori (spiritualità, cultura e dialogo) ed ha offerto, nel corso degli anni, servizi di comunicazione a persone che vivevano in situazioni di disagio economico, segnalandole all’opinione pubblica. Egli definisce tale forma di comunicazione ‘Comunicazione Solidale’ ed afferma che, nell’anno, darà vita, con alcuni suoi colleghi, all’associazione ‘Progetto Vita & Umanità’, Azioni di Comunicazione Socio-Umanitaria contro ogni forma di discriminazione e di povertà.
“L’Associazione darà voce agli ultimi, ai discriminati, agli emarginati, a chi subisce bullismo, mobbing e violenza, ai poveri, agli sfruttati, alle prostitute, ai tossicodipendenti, ai clochard, ai detenuti, ai malati, a tutti, nessuno escluso”, ha dichiarato Biagio Maimone, il quale ha aggiunto: “Mediante la comunicazione si possono portare alla luce situazioni di enorme gravità, su cui occorre intervenire. Su di esse, destinate a restare nel buio, si accende, in tal modo, una luce.
La povertà deve essere conosciuta per porvi rimedio. Passare dal silenzio alla voce eclatante di un fatto è la missione del giornalismo. Il mio intento è far conoscere la sofferenza sociale al fine di porvi rimedio. E’ il fine sociale e, nel contempo, etico, del giornalismo che desidero realizzare per pormi al servizio della società in cui vivo”.
Maimone ha richiamato, mediante il giornalismo, alla necessità di far vivere il dialogo interreligioso, la pace e la solidarietà, attraverso le iniziative dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, di cui è direttore della comunicazione, che si qualifica nei termini di attività giornalistica a favore dei bambini poveri ed ammalati dell’Egitto. L’Associazione è stata fondata da mons. Yoannis Lazhi Gaid in seguito alla sottoscrizione del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’ da parte di Sua Santità Papa Francesco e da parte del Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, in data 4 febbraio 2019.
Frutti del Documento sono: la ‘Casa della Famiglia Abramitica’, edificata nella città di Abu Dhabi, che è uno tra i progetti più rilevanti ed esemplari del Documento ‘Sulla Fratellanza Umana’ in quanto pone le basi del dialogo interreligioso, creando uno spazio fisico, un territorio comune su cui sono stati edificati tre luoghi di culto diversi (una Chiesa, una Sinagoga e una Moschea), posti l’uno accanto all’altro, in ciascuno dei quali si praticano religioni diverse, le quali si interfacciano reciprocamente per dialogare su ogni tema della vita umana;
l’Orfanotrofio ‘Oasi della Pietà’, già realizzato, che accoglierà 300 bambini e garantirà loro l’assistenza familiare, nonché una casa in cui trovare cure e protezione, accompagnandoli fino alla crescita per un adeguato sviluppo educativo; l’Ospedale pediatrico ‘Bambino Gesù del Cairo’, primo ‘Ospedale del Papa’ fuori dall’Italia, in fase di realizzazione, che garantirà le cure medico-sanitarie adeguate e specialistiche sia ai bambini dell’orfanotrofio, sia ad altri bambini, nonché l’accompagnamento delle donne durante tutto il periodo della gravidanza e post parto;
la Catena dei Ristoranti della Fraternità Umana, denominata ‘Fratello’, che offre pasti, ogni giorno, a 5000 famiglie egiziane ed il progetto denominato ‘Salus’, che consiste nell’attuazione di cliniche mobili finalizzate a visitare e a curare i bambini poveri in quelle zone dell’Egitto in cui mancano le strutture sanitarie. Maimone sottolinea come papa Francesco guarda con fiducia ai progetti suindicati, sorretti dalla pedagogia dell’amore e della pace ed, ancor più, in quanto finalizzati all’educazione ed alla cura dei bambini, nonché al rispetto della loro sacralità.
Biagio Maimone, inoltre, è autore del libro ‘La Comunicazione Creativa per lo Sviluppo Socio-umanitario’ che ha ricevuto la Benedizione Apostolica di Sua Santità Papa Francesco tramite la Segreteria di Stato a firma dell’Assessore, mons. Roberto Campisi, con le seguenti parole: “Sua Santità assicura un ricordo nella preghiera e, mentre auspica che la società così come la Chiesa si avvalgano di una comunicazione le cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare, che non separi mai la verità dalla carità, invoca l’intercessione della Santa Vergine Maria e di cuore imparte la Benedizione Apostolica, con l’augurio di ogni bene nel Signore”.
Papa Francesco: la scuola educhi alla pace

Giornata dedicata alla scuola da parte di papa Francesco, che ha ricevuto in udienza l’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC), l’Unione Cattolica Italiana Insegnanti, Dirigenti, Educatori, Formatori (UCIIM), l’Associazione Genitori Scuole Cattoliche (AGeSC), chiedendo di non permettere il bullismo ai professori ed agli studenti, in quanto la scuola è preposta all’educazione alla pace, perché il suo compito è la vicinanza, la compassione e la tenerezza:
“La vicinanza, la prossimità. Come un maestro che entra nel mondo dei suoi alunni, Dio sceglie di vivere tra gli uomini per insegnare attraverso il linguaggio della vita e dell’amore. Gesù è nato in una condizione di povertà e di semplicità: questo ci richiama a una pedagogia che valorizza l’essenziale e mette al centro l’umiltà, la gratuità e l’accoglienza. La pedagogia distante e lontana dalle persone non serve, non aiuta. Il Natale ci insegna che la grandezza non si manifesta nel successo o nella ricchezza, ma nell’amore e nel servizio agli altri”.
Infatti la tenerezza di Dio si manifesta attraverso il dono: “Quella di Dio è una pedagogia del dono, una chiamata a vivere in comunione con Lui e con gli altri, come parte di un progetto di fraternità universale, un progetto in cui la famiglia ha un posto centrale e insostituibile. La famiglia! Inoltre, questa pedagogia è un invito a riconoscere la dignità di ogni persona, a cominciare da chi è scartato e ai margini, come duemila anni fa erano trattati i pastori, e ad apprezzare il valore di ogni fase della vita, compresa l’infanzia. La famiglia è il centro, non dimenticatelo!”
La tenerezza è alimentata dalla speranza: “La speranza è il motore che sostiene l’educatore nel suo impegno quotidiano, anche nelle difficoltà e negli insuccessi. Ma come fare per non perdere la speranza e per alimentarla ogni giorno? Tenere fisso lo sguardo su Gesù, maestro e compagno di strada: questo permette di essere davvero pellegrini di speranza…
Queste speranze umane, attraverso ciascuno di voi, possono incontrare la speranza cristiana, la speranza che nasce dalla fede e vive nella carità. E non dimentichiamo: la speranza non delude. L’ottimismo delude, ma la speranza non delude. Una speranza che supera ogni desiderio umano, perché apre le menti e i cuori sulla vita e sulla bellezza eterna”.
E’ stato un invito ad elaborare una ‘nuova’ cultura di pace, che sconfigga il bullismo: “La scuola ha bisogno di questo! Sentitevi chiamati a elaborare e trasmettere una nuova cultura, fondata sull’incontro tra le generazioni, sull’inclusione, sul discernimento del vero, del buono e del bello; una cultura della responsabilità, personale e collettiva, per affrontare le sfide globali come le crisi ambientali, sociali ed economiche, e la grande sfida della pace.
A scuola voi potete ‘immaginare la pace’, ossia porre le basi di un mondo più giusto e fraterno, con il contributo di tutte le discipline e con la creatività dei bambini e dei giovani. Ma se a scuola voi fate la guerra fra di voi, se a scuola voi fate i bulli con le ragazze e i ragazzi che hanno qualche problema, questo è prepararsi per la guerra non per la pace!”
Tali obiettivi possono essere raggiunti attraverso la comunità: “All’inizio della vostra storia c’è stata l’intuizione che solo associandosi, camminando insieme, si potesse migliorare la scuola, che per sua natura è una comunità, bisognosa del contributo di tutti. I vostri fondatori vivevano in tempi nei quali i valori della persona e della cittadinanza democratica avevano bisogno di essere testimoniati e rafforzati, per il bene di tutti; e anche il valore della libertà educativa.
Non dimenticate mai da dove venite, ma non camminate con la testa girata indietro, rimpiangendo i bei tempi passati! Pensate invece al presente della scuola, che è il futuro della società, alle prese con una trasformazione epocale. Pensate ai giovani insegnanti che muovono i primi passi nella scuola e alle famiglie che si sentono sole nel loro compito educativo. A ciascuno proponete con umiltà e novità il vostro stile educativo e associativo”.
Mentre alle partecipanti al XV Capitolo Generale dell’Unione Santa Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola, il papa ha invitato a riflettere su tre termini: santità, preparazione e affabilità, in modo da far comprendere il presente per capire il futuro:
“Comprendere il presente per capire insieme il futuro dell’Unione in cammino con la Chiesa. Capire il presente, comprenderlo, per capire il futuro; in cammino, non ferme (i morti sono fermi!), in cammino con la Chiesa. E’ bello! Esso è in linea con l’eredità, lasciatavi dalla Venerabile Luigia Tincani, di dare risposte creative alle domande degli uomini e delle donne del nostro tempo, specialmente degli indifferenti alla fede e dei lontani, attraverso la promozione di un umanesimo cristiano”.
Ed ha chiesto loro di vivere la santità con preparazione attraverso l’affabilità, in quanto la santità è: “una parola impegnativa, che può spaventare, al punto che spesso facciamo fatica ad applicarla a noi stessi. Eppure è la vocazione che ci accomuna tutti e l’obiettivo essenziale della nostra vita. Ma la santità è una cosa gioiosa, la santità attira, la santità è gioia spirituale. E’ vero che non è facile trovare la santità, ma con la grazia di Dio ce la possiamo fare. Quanto è importante questa missione oggi, specialmente per i giovani!”
E’ un invito a vivere tutto nella sequela Christi: “Rimanete ben radicate in questi fondamenti, perché il vostro apostolato sia solido e ricco. E per tradere agli altri bisogna parlare bene, con affabilità. E c’è un nemico molto grande di questo, che è il chiacchiericcio. Per favore, guardatevi dal chiacchiericcio. Il chiacchiericcio uccide, il chiacchiericcio avvelena”.
Però alla santità ci si arriva attraverso la preparazione: “Potremmo dire, con un termine moderno, ‘professionalità’; non però in un senso riduttivo di efficienza funzionale, ma in quello evangelico di dedizione, vissuta nello studio e nell’approfondimento continuo delle proprie conoscenze e delle proprie capacità, nel confronto personale e nella condivisione fraterna circa le verità apprese, nell’aggiornamento delle modalità didattiche e comunicative…
Il Signore ci ha fatto vedere che dialogava con tutti, tranne… C’era una persona con cui il Signore non dialogava mai: il diavolo. E quando il diavolo gli si avvicinò per fare quelle domande, il Signore non dialogò con lui. Gli rispose con la Parola di Dio, con la Scrittura. Per favore, dialogate con tutti, tranne che con il diavolo. Il diavolo viene nella comunità, guarda le gelosie, tutte quelle cose che sono di tutti gli umani, non solo delle donne, di tutti, e il diavolo va lì. Con il diavolo non si dialoga. Capito? Con il diavolo non si dialoga”.
Ed infine un invito ad essere ‘affabili’: “Siate messaggere di affabilità, che è dono dello Spirito, e di gioia, vivendo ogni incontro con riconoscenza solare dell’altro nella sua sacra unicità. Care sorelle, grazie per il vostro lavoro, specialmente in ambito giovanile! E vedo che mancano suore giovani… Continuate a portare avanti il vostro lavoro con l’apertura e il coraggio che vi sono propri, pronte a rinnovarvi là dove necessario, con santità di vita, preparazione e affabilità. Vi benedico e prego per voi. E anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me”.
(Foto: Santa Sede)