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Liturgia virale per vivere l’Eucarestia

Negli ultimi anni, la pandemia ha scosso le fondamenta della nostra società, mettendo alla prova non solo la salute pubblica, ma anche la dimensione spirituale delle nostre vite. In particolare, il modo in cui viviamo la liturgia ha subito trasformazioni drastiche, ponendo interrogativi profondi sul suo ruolo in tempi di emergenza. Il libro Liturgia Virale di don Enrico Finotti affronta proprio questi temi, proponendo una riflessione lucida e documentata sulle difficoltà incontrate e sulle risposte che la Chiesa ha cercato di dare.
Quale posto ha la liturgia nelle nostre vite? Possiamo davvero celebrare l’Eucaristia senza il popolo? La Messa trasmessa online è una soluzione sufficiente? Quali conseguenze ha avuto la pratica della Comunione nelle mani? E soprattutto: cosa ci ha insegnato questo periodo sulla centralità della liturgia nella vita cristiana?
Liturgia Virale ripercorre le problematiche liturgiche emerse durante la pandemia, offrendo risposte chiare e fondate sulla Tradizione della Chiesa. Un testo che non solo aiuta a comprendere il passato recente, ma che diventa un monito per il futuro, affinché la celebrazione dei Sacramenti non venga mai più relegata a semplice optional nella vita dei fedeli.
Il libro si struttura in una serie di capitoli che affrontano, con precisione e rigore, questioni di grande attualità: la Messa senza il popolo: riflessioni sulla sua legittimità e sul valore della celebrazione comunitaria. Il diritto liturgico: quali sono le norme fondamentali che regolano la celebrazione dei Sacramenti? La sanificazione delle chiese e la santificazione delle anime: un confronto tra sicurezza sanitaria e necessità spirituali.
Gli audiovisivi nella liturgia: un’opportunità o un rischio di desacralizzazione? La crisi dei novissimi: perché la pandemia ha fatto emergere una crisi profonda nella predicazione su morte, giudizio, inferno e paradiso?
Don Enrico Finotti non si limita a un’analisi teorica, ma invita il lettore a interrogarsi sulla propria vita spirituale. La liturgia non è un semplice rituale, ma il cuore pulsante della fede cristiana. Come possiamo riscoprirne il valore autentico?
In tempi di crisi, la tentazione è quella di trovare soluzioni pratiche immediate, ma senza una vera riflessione sul significato profondo della liturgia. Liturgia Virale ci aiuta a prendere coscienza di quanto sia importante custodire e vivere con fedeltà il culto divino, indipendentemente dalle difficoltà contingenti.
Un libro per tutti i fedeli e gli operatori pastorali; per chi vuole comprendere meglio le sfide liturgiche emerse durante la pandemia; per sacerdoti e catechisti che desiderano approfondire il diritto liturgico e la pastorale sacramentale; per i fedeli che si chiedono quale sia il vero posto della liturgia nella loro vita e come affrontare le crisi con una fede più salda.
Con la presentazione di Aurelio Porfiri, ‘Liturgia Virale’ si propone come un testo di grande valore per chi desidera capire e difendere il vero significato della liturgia in tempi difficili. Un libro che non solo illumina il passato recente, ma che offre anche strumenti concreti per affrontare il futuro con una fede più consapevole e radicata.
Papa Francesco ai diaconi: perdono essenziale nella vita

“Cari fratelli Diaconi, voi vi dedicate all’annuncio della Parola e al servizio della carità; svolgete il vostro ministero nella Chiesa con parole e opere, portando l’amore e la misericordia di Dio a tutti. Vi esorto a continuare con gioia il vostro apostolato e, come ci suggerisce il Vangelo di oggi, ad essere segno di un amore che abbraccia tutti, che trasforma il male in bene e genera un mondo fraterno. Non abbiate paura di rischiare l’amore!”: anche oggi è stato pubblicato il testo preparato da papa Francesco per l’Angelus di questa domenica, al termine della celebrazione eucaristica del Giubileo dei Diaconi.
Nel testo papa Francesco ha ringraziato per l’affetto ricevuto in questi giorni di ricovero: “Da parte mia, proseguo fiducioso il ricovero al Policlinico Gemelli, portando avanti le cure necessarie; e anche il riposo fa parte della terapia! Ringrazio di cuore i medici e gli operatori sanitari di questo Ospedale per l’attenzione che mi stanno dimostrando e per la dedizione con cui svolgono il loro servizio tra le persone malate…
In questi giorni mi sono giunti tanti messaggi di affetto e mi hanno particolarmente colpito le lettere e i disegni dei bambini. Grazie per questa vicinanza e per le preghiere di conforto che ho ricevuto da tutto il mondo! Affido tutti all’intercessione di Maria e vi chiedo di pregare per me”.
Ed infine ha chiesto di pregare per la pace nei Paesi in guerra: “Si compie domani il terzo anniversario della guerra su larga scala contro l’Ucraina: una ricorrenza dolorosa e vergognosa per l’intera umanità! Mentre rinnovo la mia vicinanza al martoriato popolo ucraino, vi invito a ricordare le vittime di tutti i conflitti armati e a pregare per il dono della pace in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu e in Sudan”.
Nella celebrazione eucaristica per il giubileo dei diaconi il Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le Questioni Fondamentali dell’Evangelizzazione nel Mondo, mons. Rino Fisichella, ha letto l’omelia del papa, basata su servizio disinteressato, comunione e perdono:
“L’annuncio del perdono è un compito essenziale del diacono. Esso è infatti elemento indispensabile per ogni cammino ecclesiale e condizione per ogni convivenza umana… Un mondo dove per gli avversari c’è solo odio è un mondo senza speranza, senza futuro, destinato ad essere dilaniato da guerre, divisioni e vendette senza fine, come purtroppo vediamo anche oggi, a tanti livelli e in varie parti del mondo.
Perdonare, allora, vuol dire preparare al futuro una casa accogliente, sicura, in noi e nelle nostre comunità. E il diacono, investito in prima persona di un ministero che lo porta verso le periferie del mondo, si impegna a vedere (ed ad insegnare agli altri a vedere) in tutti, anche in chi sbaglia e fa soffrire, una sorella e un fratello feriti nell’anima, e perciò bisognosi più di chiunque di riconciliazione, di guida e di aiuto”.
L’altro punto riguarda il servizio diaconale: “Il Signore, nel Vangelo, lo descrive con una frase tanto semplice quanto chiara: ‘Fate del bene e prestate senza sperarne nulla’. Poche parole che portano in sé il buon profumo dell’amicizia. Prima di tutto quella di Dio per noi, ma poi anche la nostra. Per il diacono, tale atteggiamento non è un aspetto accessorio del suo agire, ma una dimensione sostanziale del suo essere. Si consacra infatti ad essere, nel ministero, ‘scultore’ e ‘pittore’ del volto misericordioso del Padre, testimone del mistero di Dio-Trinità”.
E’ stato un invito ad accogliere con la carità: “Fratelli Diaconi, il lavoro gratuito che svolgete, dunque, come espressione della vostra consacrazione alla carità di Cristo, è per voi il primo annuncio della Parola, fonte di fiducia e di gioia per chi vi incontra… Il vostro agire concorde e generoso sarà così un ponte che unisce l’Altare alla strada, l’Eucaristia alla vita quotidiana delle persone; la carità sarà la vostra liturgia più bella e la liturgia il vostro più umile servizio”.
Ed infine l’invito ad essere fonte di comunione: “Dare senza chiedere nulla in cambio unisce, crea legami, perché esprime e alimenta uno stare insieme che non ha altro fine se non il dono di sé e il bene delle persone. San Lorenzo, vostro patrono, quando gli fu chiesto dai suoi accusatori di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò loro i poveri e disse: ‘Ecco i nostri tesori!’
E’ così che si costruisce la comunione: dicendo al fratello e alla sorella, colle parole, ma soprattutto coi fatti, personalmente e come comunità: ‘per noi tu sei importante’, ‘ti vogliamo bene’, ‘ti vogliamo partecipe del nostro cammino e della nostra vita’. Questo fate voi: mariti, padri e nonni pronti, nel servizio, ad allargare le vostre famiglie a chi è nel bisogno, là dove vivete”.
Intanto dopo la crisi di ieri, che sembra superata, il bollettino medico dice che stamattina il papa, pure essendo vigile, è in uno stato maggiore di sofferenza, ma solo i risultati delle analisi e dei controlli diranno come sta davvero.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco: le opere di carità sono il frutto dell’Eucarestia

A termine delle udienze previste questa mattina, papa Francesco è stato ricoverato al Policlinico Agostino Gemelli ‘per alcuni necessari accertamenti diagnostici e per proseguire in ambiente ospedaliero le cure per la bronchite tutt’ora in corso’, come ha riferito la Sala Stampa Vaticana. Le udienze odierne si sono svolte regolarmente nell’ufficio privato del papa in Casa Santa Marta, incontrando il card. Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, Robert Fico, primo ministro della Repubblica Slovacca, Mark Thompson, presidente e amministratore delegato della CNN, e i membri della Fondazione ‘Gaudium et Spes’, con un ringraziamento per le opere di sostegno svolte:
“Con gioia vi ricevo oggi in questo anno giubilare che abbiamo appena iniziato e che fa di noi tutti ‘pellegrini della speranza’. Desidero ringraziarvi per il compito che svolgete, specialmente a favore dei più poveri, seguendo gli insegnamenti della costituzione conciliare da cui avete preso il nome e che onorate con le vostre azioni”.
Proprio tali attività si concretizzano secondo uno spirito ecclesiale: “In tal senso, la Fondazione e le sue opere rendono attuale questo documento, che coincide con lo spirito sinodale della Chiesa, dove tutti siamo uniti in Cristo, formando una fratellanza universale, come membri del suo Corpo. Questa unione si realizza per mezzo dello Spirito Santo, che è Amore, e si manifesta nella solidarietà, specialmente verso quanti più soffrono”.
Tale ‘amicizia’ è resa possibile dall’Eucarestia: “Questo rimanere in Cristo ci rende famiglia, fratelli, con la stessa dignità. E il nutrimento di questa famiglia che si riunisce per mangiare insieme la domenica nella Messa, è l’Eucarestia. Formiamo un solo corpo, perché mangiamo lo stesso pane. E’ il cibo spirituale che si serve a tutti in egual misura, e ci fa vivere in comunione con Dio e con i nostri fratelli”.
Ed ha concluso l’incontro con un ringraziamento: “Questa forza dello Spirito Santo ci porta a essere strumenti dell’amore di Dio che vuole giungere a tutti gli uomini, senza distinzione. Perciò, in questo Anno Santo, desidero ringraziarvi perché siete motivo di speranza per tante persone che soffrono e sono scoraggiate, persone che, attraverso le vostre opere, sentono che Dio le accarezza e le consola nelle sofferenze”.
Dopo le udienze il ricovero al Policlinico ‘Gemelli’ e di conseguenza è stato riprogrammato il calendario degli impegni previsti per i prossimi giorni: l’udienza giubilare di sabato 15 febbraio è stata annullata e la Messa in occasione del Giubileo degli Artisti e del Mondo della cultura, di domenica 16 febbraio, sarà presieduta dal card. Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, mentre l’incontro con gli artisti, previsto per lunedì 17 a Cinecittà, è annullato per l’impossibilità del papa alla presenza.
Verso la canonizzazione di Carlo Acutis: Milano, Busto Arsizio e Gallarate dedicano tre momenti

Da Assisi a Milano nel nome di Carlo Acutis. Mercoledì 12 febbraio, il Vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, mons. Domenico Sorrentino, sarà nella Diocesi ambrosiana per ricordare la figura del giovane scomparso nel 2006 a soli 15 anni a causa di una leucemia fulminante, che sarà proclamato santo il 27 aprile durante il Giubileo degli adolescenti.
Un legame profondo, quello tra Acutis e la città di Assisi, che si è consolidato nei periodi trascorsi dal giovane nella località umbra, dove ha potuto respirare la spiritualità di San Francesco. È proprio ad Assisi che il 10 ottobre 2020 Carlo è stato beatificato e dove ora riposa nel Santuario della Spogliazione, meta di pellegrinaggio da parte di fedeli di tutto il mondo.
La giornata di mons. Sorrentino inizierà alle 10.30 con un incontro che si svolgerà nella chiesa di Santa Maria Segreta (piazza Nicolò Tommaseo), quella che Carlo frequentava quotidianamente: con lui interverranno don Giuseppe Como, Vicario episcopale per l’Educazione e la Celebrazione della fede e per la Pastorale scolastica della Diocesi di Milano, suor Monica Ceroni, ex insegnante di Carlo all’Istituto Marcelline Tommaseo, e Claudio Cogliati, presidente della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, che rappresenterà l’ospedale in cui Acutis ha trascorso i suoi ultimi giorni.
Durante l’incontro sarà presentato ‘Carlo Acutis sulle orme di Francesco e Chiara d’Assisi – Originali non fotocopie’ (Edizioni Francescane italiane), il libro di mons. Sorrentino dedicato al beato ambrosiano e al suo legame ideale con Francesco e Chiara di Assisi: tre giovani che, seppure con esperienze di vita molto diverse, sono stati accomunati da un cammino di spogliazione e sacrificio. A moderare il dibattito sarà Catia Caramelli, giornalista di Radio24. All’evento sono invitati gli studenti delle tre scuole frequentate dal futuro santo: il Collegio arcivescovile San Carlo, l’Istituto Marcelline Tommaseo e il Leone XIII, dei gesuiti.
Nel pomeriggio, dopo un incontro privato con l’Arcivescovo di Milano, mons. Delpini, alle ore 16.00 mons. Sorrentino farà visita alla Casa circondariale di Busto Arsizio (via per Cassano Magnago 102), dove, dopo un momento di preghiera con i detenuti, consegnerà una reliquia del beato Acutis.
In serata, alle ore 21.00, nella Basilica di Santa Maria Assunta a Gallarate, dopo la preghiera del vespro, il Vescovo consegnerà un’altra reliquia di Carlo nell’ambito della ‘Staffetta di preghiera’, un’iniziativa promossa dalla FOM (Fondazione Oratori Milanesi).
Il progetto, avviato in ottobre, prevede che la reliquia venga portata nelle parrocchie della Diocesi che ne fanno richiesta: nell’occasione ogni parrocchia promuove momenti di meditazione e attività per avvicinare i giovani alla figura di Carlo e per far conoscere la sua testimonianza di fede.
Papa Francesco: l’incontro è ponte di riconciliazione

“Questa mattina, a causa di una caduta a casa Santa Marta, papa Francesco ha riportato una contusione all’avambraccio destro, senza fratture. Il braccio è stato immobilizzato come misura cautelativa”, è stato reso noto dalla sala stampa vaticana, ma ciò non ha impedito di incontrare una delegazione della Comunità Bektashi, provenienti dall’Albania per un incontro organizzato dal Dicastero per il Dialogo Interreligioso:
“Ogni volta che dei leader religiosi si riuniscono in spirito di mutua stima e si impegnano in favore della cultura dell’incontro, attraverso il dialogo, la comprensione reciproca e la cooperazione, si rinnova e si conferma la nostra speranza in un mondo migliore e più giusto. Quanto il nostro tempo ha bisogno di tale speranza!
Ed ha ricordato le relazioni tra la Santa Sede e l’Albania: “Le relazioni di amicizia tra la Chiesa Cattolica, l’Albania e la Comunità Bektashi sono un bene per tutti noi, e nutro la fiducia che questi legami si rafforzeranno sempre più a servizio della fraternità e della convivenza pacifica tra i popoli. In questi tempi difficili, tutti siamo chiamati a rifiutare la logica della violenza e della discordia, per abbracciare quella dell’incontro, dell’amicizia e della collaborazione nella ricerca del bene comune”.
Inoltre ha ricordato gli incontri avutisi negli ultimi anni: “In proposito, penso con gratitudine ai molti momenti di incontro fraterno che hanno avuto luogo tra la comunità Bektashi e la Chiesa Cattolica, come la Preghiera per la pace nei Balcani del 1993 e la Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace di Assisi del 2011. L’inaugurazione del Tempio Bektashi di Tirana, nel 2015, è stata un momento particolarmente fecondo di vicinanza e amicizia”.
Tale momento è stato un’occasione per affermare la necessità di costruire ‘ponti’: “Sono convinto che la Comunità Bektashi, assieme agli altri musulmani, ai cristiani e a tutti gli altri credenti presenti in Albania, possa servire da ponte di riconciliazione e arricchimento reciproco non solo all’interno del vostro Paese, ma anche tra Oriente e Occidente. Nonostante le sfide del presente, il dialogo interreligioso ha un ruolo unico nella costruzione di un futuro di riconciliazione, giustizia e pace che i popoli del mondo, e specialmente i giovani, tanto ardentemente desiderano”.
Inoltre, incontrando la comunità sacerdotale argentina a Roma, il papa ha ricordato il sacerdote Brochero: “In ogni caso, per non tralasciare gli odori della nostra terra, voglio raccontarvi una cosa che ho letto recentemente su Sacerdote Brochero e che ritengo faccia molto comodo a voi, che continuate a prepararvi per affrontare l’ardua battaglia del Vangelo. Ciò che vi illustrerò di lui si riferisce alla sua anima sacerdotale e il primo, essenziale punto è l’affermazione fatta dai suoi amici secondo cui Brochero non avrebbe dovuto essere altro che un prete”.
Per questo è importante la vocazione: “Dobbiamo assumere con fermezza questa identità sacerdotale, prendendo coscienza che la nostra vocazione non è un’appendice, un mezzo per altri fini, anche pii, come quello di essere salvati. Assolutamente no. La vocazione è il progetto di Dio nella nostra vita, ciò che Dio vede in noi, ciò che muove il suo sguardo d’amore, oserei dire che in un certo modo è l’amore che Lui ha per noi e in questo sta la nostra vera essenza”.
Quindi ha spiegato il significato di vocazione secondo tale sacerdote: “Cioè prendersi cura della nostra interiorità, tenere il fuoco acceso, con grande umiltà, ‘abbattuti’, perché ‘stando’ nel nostro orgoglio siamo più vulnerabili. Altra nota importante è la fraternità sacerdotale. Innanzitutto con l’Alfiere, considerato un semplice soldato, per emulare le gesta degli eroi, combattendo al suo fianco, fianco a fianco, fino all’ultima cartuccia. E con i suoi fratelli sacerdoti vuole condividere tutto ciò che ha, li invita a correggerlo con fiducia e lo fa con loro con franchezza, chiedendo loro di condurre una vita di profonda pietà, con la confessione frequente per condividere così tutta la vita, sia materiale che spirituale e apostolica”.
Infine il suo rapporto con l’Eucarestia, senza abbandonare il proprio ‘compito’: “Infine, come non potrebbe essere altrimenti, l’Eucaristia. Per quanto arduo fosse il suo compito, cercava di non lasciarlo mai, trascorrendo gran parte della notte all’aperto, in mezzo ai campi di grano, aspettando che si svegliassero al ranch, poiché non riteneva opportuno disturbarli all’alba) così poteva entrare per festeggiare. Quel rispetto sacrificale per il mistero che, lontano dalle imposizioni, permeava più di mille parole di stucchevole eloquenza”.
(Foto: Santa Sede)
Epifania del Signore: Dio si manifesta alle genti

L’Epifania è la ‘manifestazione’ di Gesù a tutte le genti; è la festa della vocazione missionaria della Chiesa istituita da Cristo Gesù. Con Abramo si era data vita al popolo ebreo, popolo di Dio, caratterizzato del ‘monoteismo’: credo in un Dio uno e unico ed Israele è il suo popolo. Con l’incarnazione del Verbo e la nascita di Gesù la benedizione di Dio è estesa a tutta l’umanità, chiamata ad essere il suo popolo.
Nel Natale del Signore una grande luce è scesa sulla terra e da Betlem si è irradiata a tutto il mondo: in mezzo al popolo ebreo con gli angeli che invitarono i pastori alla grotta; in mezzo al mondo ancora pagano con una stella cometa apparsa in Oriente ed i Magi che intravidero in essa la chiamata di Dio e subito partirono alla ricerca del Bambino Gesù. L’Epifania è l’evento che oggi la Chiesa celebra mostrando Gesù nell’Eucaristia: ‘Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo’; ecco la vera luce!
L’Epifania è la manifestazione di Dio all’umanità; per manifestarsi si è incarnato, ha preso un corpo nel grembo della Santissima Vergine e fu mostrato ai Pastori e ai Magi. Lo stesso avviene nell’Eucaristia; è lo stesso Gesù che i Magi e i Pastori videro Bambino, oggi, sotto il velo del pane e del vino, nella Messa è mostrato al popolo: ‘Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo’. Nella prima Epifania è Gesù bambino incarnato; nella Messa è lo stesso Gesù che è morto poi in croce ed è risorto aprendo a noi le porte del regno dei cieli.
Da qui la necessità all’inizio del nuovo anno di purificare il nostro cuore, consapevoli che non siamo figli della terra ma del cielo; saremo da Lui accolti se purificati; è necessario convertirsi all’amore verso Dio e verso i fratelli in nome di Dio, che è amore. L’arrivo dei Magi a Betlem per adorare il Re dei Giudei, è il segno eclatante della manifestazione di Gesù come Re universale, Re di tutti i popoli.
L’arrivo dei Magi è un movimento di amore e di unione, opposto a quello avvenuto con la costruzione della torre di Babele, quando gli uomini vollero costruire una torre alta sino al cielo e Dio confuse le loro lingue e dovettero disperdersi.. Betlem è il richiamo del popolo di Dio (i pastori) e dei popoli pagani ( i Magi che vengono dall’oriente). Si passa così dalla dispersione alla riconciliazione, è il richiamo che ci ricorda la pentecoste e il dono delle lingue.
I Magi sono la primizia della chiamata alla fede, i primi pagani a ricevere l’annuncio della rivelazione dell’amore di Dio verso l’umanità. I Magi sono i veri ricercatori di Dio: camminano sulla terra guardando il cielo, la meta del viaggio è chiara: essi chiedono: ‘Dove è nato il re dei Giudei?’ E’ la stessa espressione che diventa ‘capo di accusa’ portata avanti dai Capi del popolo e dai Sommi sacerdoti contro Gesù davanti a Ponzio Pilato: ‘Dice di essere re; noi non abbiamo altro re che Cesare!’
I Magi arrivarono a Betlem, fecero i loro doni. oro, incenso e mirra. L’Epifania che oggi celebriamo è la manifestazione di Gesù presente in noi ogni volta che celebriamo la messa e ci avviciniamo alla Comunione. Infatti è lo stesso Gesù che nacque a Betlem. I magi si inginocchiano ed adorano lo stesso Dio che noi adoriamo nell’Eucaristia: i Magi videro il bambino Gesù con Maria, sua madre, ed adorarono il Figlio di Dio incarnato; noi vediamo nell’Eucaristia il Pane e i Vino, frutto del lavoro dell’uomo, e sotto quelle apparenze adoriamo il Figlio di Dio incarnato per amore e presente in mezzo a noi.
La Messa che celebriamo è la suprema Epifania che si ripete, dove Gesù, vero Dio e vero uomo, mostra all’umanità tutto il suo amore ed invita ogni credente: ‘Siete stanchi, affaticati, venite a me ed Io vi ristorerò’. Come Maria presentò il Bambino ai Magi ed essi adorarono il Figlio di Dio, così nella messa il sacerdote dice: ecco l’agnello i Dio che toglie i peccati del mondo. Amici carissimi, ogni celebrazione della messa è l’Epifania che si ripete: la Madonna ci aiuti a vivere con fede profonda il nostro essere cristiani.
Vocazioni cristiane: una visione nuova e inclusiva dal Mistero di Cristo

La riflessione sulla vocazione cristiana ha trovato un nuovo impulso grazie all’opera del teologo francescano p. Manuel Valenzisi, che nel suo ultimo libro, ‘Matrimonio e celibato. Per una teologia nuziale del cristiano’, offre un’analisi innovativa e profonda sul significato del matrimonio e del celibato alla luce del Mistero di Cristo. Questa prospettiva teologica, che affonda le sue radici nell’offerta sponsale di Cristo per la Chiesa, propone una visione organica e inclusiva delle vocazioni, individuandone il fondamento nel Mistero dell’Alleanza nuziale tra Dio e l’umanità.
Con un approccio che intreccia teologia dogmatica, spiritualità e diritto canonico, p. Valenzisi analizza criticamente la nozione tradizionale di ‘stati di vita’, dimostrandone le origini socio-giuridiche piuttosto che teologiche. Da questa analisi nasce un nuovo vocabolario per comprendere e vivere le vocazioni cristiane, intese non come ruoli statici ma come modalità dinamiche di partecipazione al Mistero nuziale di Cristo.
Il matrimonio e il celibato per il Regno sono al centro della riflessione dell’autore, presentati come vocazioni ‘paradigmatiche’ che si completano reciprocamente. Questa impostazione valorizza anche il celibato dei cosiddetti single, anche se nella Chiesa nessuno è solo, spesso trascurato o oggetto di stereotipi, offrendo un’interpretazione che include tutte le forme di vocazione come espressione di fecondità spirituale.
Dio ha stretto un’alleanza con il suo popolo, che è come un legame di nozze, puro e fedele. Quando il popolo tradisce questa alleanza, Dio manda i profeti a ricordarla: alcuni con il loro matrimonio, altri vivendo come celibi, per denunciare l’infedeltà di Israele. Con Maria e Giuseppe c’è un cambiamento importante: nel loro matrimonio, sponsalità e celibato non sono separati ma si uniscono, diventando un segno perfetto dell’alleanza tra Dio e l’umanità. Il loro legame non è solo una convenzione culturale, ma un esempio vivo di amore sponsale e dedizione verginale.
Maria e Giuseppe mostrano che matrimonio e celibato possono esprimere insieme il Mistero di Cristo. Nel loro rapporto, il matrimonio diventa un segno cristiano e il celibato un dono fecondo, entrambi orientati al Regno dei cieli. La loro relazione, benedetta dallo Spirito Santo, illumina ogni vocazione e ci invita a vivere come sposi o celibi in comunione con Dio.
L’opera culmina in una visione profonda dell’Eucaristia, considerata fonte e culmine del Mistero nuziale che illumina sia la vocazione matrimoniale sia quella celibataria. In questa prospettiva, l’Eucaristia diventa il luogo in cui l’unione con Dio si manifesta pienamente, trasformando le diverse vocazioni in espressioni di una stessa chiamata all’amore e alla comunione.
Il libro di p. Valenzisi si rivolge a chi è in cerca della propria vocazione o desidera approfondirla, offrendo uno strumento di riflessione inclusivo e ricco di spunti. La sua analisi, radicata nella tradizione e aperta al futuro, si nutre della comunione dei santi e del dialogo con la comunità di fede. Il volume si distingue per il linguaggio chiaro e il rigore teologico, rendendolo accessibile sia agli studiosi sia ai fedeli desiderosi di comprendere più a fondo il significato della propria vocazione.
Con questa proposta, p. Valenzisi non solo arricchisce il dibattito teologico, ma apre nuove vie per una pastorale vocazionale capace di abbracciare tutte le forme di vita cristiana, superando pregiudizi e visioni limitanti. Un’opera che invita la Chiesa a riscoprire la bellezza e la profondità del battesimo nel quale tutti siamo coniugati a Cristo, ciascuno nella propria forma di vita.
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Papa Francesco: la gente è in attesa di speranza

“La gente chiede a Giovanni il Battista: ‘Che cosa dobbiamo fare?’ Che cosa dobbiamo fare? E’ una domanda da ascoltare con attenzione, perché esprime il desiderio di rinnovare la vita, di cambiarla in meglio. Giovanni sta annunciando l’arrivo del Messia tanto atteso: chi ascolta la predicazione del Battista vuole prepararsi a questo incontro, all’incontro con il Messia, all’incontro con Gesù”: papa Francesco ha concluso il viaggio apostolico in Corsica con la messa nella Place d’Austerlitz.
In questa domenica di Avvento il papa ha sottolineato il desiderio alla conversione: “Chi si ritiene giusto non si rinnova. Coloro invece che venivano considerati pubblici peccatori vogliono passare da una condotta disonesta e violenta a una vita nuova. E i lontani diventano vicini quando il Cristo si fa vicino a noi”.
La conversione ha bisogno di gesti concreti: “Giovanni, infatti, risponde così ai pubblicani e ai soldati: praticate la giustizia; siate retti e onesti. Coinvolgendo specialmente gli ultimi e gli esclusi, l’annuncio del Signore ridesta le coscienze, perché Egli viene a salvare, non a condannare chi è perduto. E il meglio che noi possiamo fare per essere salvati e cercati da Gesù, è dire la verità su noi stessi: ‘Signore, sono peccatore’. Tutti noi lo siamo, qui, tutti. ‘Signore, sono peccatore’. E così ci avviciniamo a Gesù con la verità, non con il maquillage di una giustizia non vera. Perché viene a salvare proprio i peccatori”.
Il papa propone alcuni segni di speranza a questa attesa: “Colui che viene è l’Emmanuele, il Dio con noi, che dona la pace agli uomini amati dal Signore. E mentre ci prepariamo ad accoglierlo, in questo tempo di Avvento, le nostre comunità crescano nella capacità di accompagnare tutti, specialmente i giovani in cammino verso il Battesimo e i Sacramenti; e in un modo speciale anche i vecchietti, gli anziani. Gli anziani sono la saggezza di un popolo. Non lo dimentichiamo!”
Inoltre ha rivolto un pensiero ai giovani: “E pensiamo ai giovani in cammino verso il Battesimo e i Sacramenti. In Corsica, grazie a Dio, ce ne sono tanti! E complimenti! Mai ho visto tanti bambini come qui! È una grazia di Dio! E ho visto solo due cagnolini. Cari fratelli, fate figli, fate figli, che saranno la vostra gioia, la vostra consolazione nel futuro. Questa è la verità: mai ho visto tanti bambini.
Soltanto a Timor-Leste erano tanti così, ma nelle altre città non tanti così. Questa è la vostra gioia e la vostra gloria. Fratelli e sorelle, purtroppo sappiamo bene che non mancano tra le nazioni grandi motivi di dolore: miseria, guerre, corruzione, violenze… Questi bambini non sorridono! Hanno dimenticato il sorriso. Per favore, pensiamo a questi bambini nelle terre di guerre, al dolore di tanti bambini”.
E la Chiesa annuncia questa speranza: “La Parola di Dio, però, ci incoraggia sempre. E davanti alle devastazioni che opprimono i popoli, la Chiesa annuncia una speranza certa, che non delude, perché il Signore viene ad abitare in mezzo a noi. Ed allora il nostro impegno per la pace e la giustizia trova nella sua venuta una forza inesauribile.
Sorelle e fratelli, in ogni tempo e in qualsiasi tribolazione, Cristo è presente, Cristo è la fonte della nostra gioia. È con noi nella tribolazione per portarci avanti e darci la gioia. Teniamo sempre nel cuore questa gioia, questa sicurezza che Cristo è con noi, cammina con noi. Non dimentichiamolo! E così con questa gioia, con questa sicurezza che Gesù è con noi, saremo felici e faremo felici gli altri. Questa dev’essere la nostra testimonianza”.
In precedenza, nell’incontro con il clero ed le consacrate, aveva sottolineato la necessità della cura spirituale: “Perché la vita sacerdotale o religiosa non è un “sì” che abbiamo pronunciato una volta per tutte. Non si vive di rendita con il Signore! Al contrario, ogni giorno va rinnovata la gioia dell’incontro con Lui, in ogni momento bisogna nuovamente ascoltare la sua voce e decidersi a seguirlo, anche nei momenti delle cadute. Alzati, uno sguardo al Signore: ‘Scusami, aiutami ad andare avanti’. Questa vicinanza fraterna e filiale”.
E’ un invito a non trascurare la preghiera: “Ricordiamoci questo: la nostra vita si esprime nell’offerta di noi stessi, ma più un sacerdote, una religiosa, un religioso si donano, si spendono, lavorano per il Regno di Dio, e più diventa necessario che si prendano cura anche di sé stessi. Un prete, una suora, un diacono che si trascura finirà anche per trascurare coloro che gli sono affidati.
Per questo ci vuole una piccola ‘regola di vita’ (i religiosi già ce l’hanno), che comprenda l’appuntamento quotidiano con la preghiera e l’Eucaristia, il dialogo con il Signore, ciascuno secondo la spiritualità propria e il proprio stile. E vorrei anche aggiungere: conservare qualche momento di solitudine; avere un fratello o una sorella con cui condividere liberamente ciò che portiamo nel cuore (un tempo si chiamava il direttore spirituale, la direttrice spirituale); coltivare qualcosa di cui siamo appassionati, e non per passare il tempo libero, ma per riposarci in modo sano dalle stanchezze del ministero”.
Tale cura conduce alla fraternità: “Impariamo a condividere non soltanto le fatiche e le sfide, ma anche la gioia e l’amicizia tra di noi: il vostro Vescovo dice una cosa che mi piace molto, e cioè che è importante passare dal ‘Libro delle lamentazioni’ al ‘Libro del Cantico dei Cantici’. Lo facciamo poco questo. Ci piacciono le lamentazioni!.. Condividiamo la gioia di essere apostoli e discepoli del Signore! Una gioia va condivisa. Altrimenti, il posto che deve prendere la gioia lo prende l’aceto. E’ una cosa brutta trovare un prete con il cuore amareggiato. È brutto… Chiediamo al Signore di mutare il nostro lamento in danza, di darci il senso dell’umorismo, la semplicità evangelica”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco: la carità è strumento di evangelizzazione

Oggi papa Francesco, ricevendo i membri della Caritas della diocesi di Toledo in occasione del 60° anniversario dell’organismo caritativo, istituito il 2 giugno 1964, ha richiamato i principi di carità e giustizia per risvegliare ‘una coscienza più fraterna’ nella società: “Ricevendovi in questa casa dell’Apostolo, ho voluto unirmi al vostro ringraziamento per i sessanta anni di servizio caritativo nella Chiesa di Toledo. Un impegno che, come ho potuto constatare, va oltre il bene concreto che si può fare alla persona, assumendo la sfida di essere motore del cambiamento all’interno della società diffondendo lo spirito di carità e giustizia, per risvegliare in tutti coloro che hanno buona volontà una coscienza più fraterna”.
Nel saluto il papa ha sottolineato che le opere di carità sono ‘strumenti’ per l’evangelizzazione: “In questo modo non siete solo esempio di civiltà o di filantropia, ma divenite strumenti di evangelizzazione, attraverso il linguaggio universale delle opere di carità. E’ curioso, le opere di carità non hanno bisogno di traduttore, non c’è un dizionario per tradurre, è una lingua universale, la lingua universale delle opere di carità, tutti lo capiscono, è una lingua comprensibile a tutti, scritta con la testimonianza e l’impegno di tutti gli operatori della Caritas, impegnati in Gesù Cristo e nel suo Vangelo”.
E tali opere si realizzano attraverso la sinodalità: “Un traguardo, sicuramente alto, che si realizza attraverso l’abilità artigianale di ciascuno dei responsabili dell’azione socio-caritativa, fondata su una formazione umana e spirituale che consenta di affrontare con fermezza i problemi sociali, in continua evoluzione, alla luce della Dottrina Sociale. della Chiesa. Senza mai dimenticare lo spirito di collaborazione e sinodalità con tante realtà pastorali che compongono l’intera Chiesa diocesana”.
E’ un incoraggiamento ad essere ‘maestri artigianali’ attraverso la preghiera: “Sorelle, fratelli, vi incoraggio a proseguire in questo sforzo, imparando sempre dal Signore, nel libro vivo della preghiera, e nella lettura della sua Parola, nel libro vivo del vivere i sacramenti, e nell’ascolto attento della voce dei loro Pastori. e la loro presenza nell’Eucaristia ed in coloro che servono. Una cosa che vi chiedo è che siate maestri di questa saggezza, di quella saggezza di cui il mondo ha tanto bisogno. La stupidità è impressionante, la stupidità si vende e si compra, e i prezzi non sono occasioni, prezzi di liquidazione, sono prezzi stagionali, prezzi cari”.
Inoltre alle suore canonichesse dello Spirito Santo in Sassia ed alle altre comunità legate al carisma di Guido di Montepellier, beatificato nello scorso maggio, il papa ha evidenziato l’impegno del religioso francese verso poveri e malati e si sofferma sulla vita rigorosamente sobria e distaccata’ dei consacrati dell’ordine ospedaliero da lui fondato:
“La Regola del Beato Guido inizia nel nome della Santissima e Individuale Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, per proporre a tutti i fratelli e sorelle presenti e futuri, dell’Ordine, un appassionante progetto di vita. E qual è il progetto?: dedicarci principalmente alla cura e al servizio dei poveri”.
La cura dei poveri è stato il suo progetto all’interno della Chiesa: “Si tratta di un progetto che si allinea con la riforma che Innocenzo III promosse nella vita religiosa e che si sarebbe poi cristallizzata nei nuovi Ordini mendicanti. Un interesse del Pontefice che lo Spirito Santo ha saputo guidare nell’ascolto di alcuni santi come il Beato Guido e San Juan de Mata, con i quali ha coinciso agli albori del suo pontificato, essendo promotori di questo progetto”.
E’ un progetto con il sapore della cucina: “E’ interessante come il disegno di Dio marci nella cucina del cuore (e le suore e le suore lo sanno bene) e le note di sapore e di colore permeano le regole della vita, per poi diffondere il loro profumo su tutta la Chiesa. E tra queste note vorrei evidenziarne tre: comunione, sine proprio e servizio”.
E’ la regola dell’Ordine, basandosi sull’esempio della Chiesa di Gerusalemme: “Nella vostra Regola il voto di povertà è espresso in modo particolare: vivere senza nulla di proprio. Questa espressione non significa semplicemente una vita vigorosamente sobria e distaccata, come oggi viene definito il voto, ma piuttosto comprendere che siamo ospiti nella Casa di Dio, Casa della Trinità che ci accoglie, condividendola con i poveri che siamo chiamato a servire”.
Ciò significa privilegiare la fraternità: “In questo modo la vita fraterna va oltre la condivisione di spazi, compiti, servizi, la vita fraterna è fare una donazione di noi stessi a Dio nel fratello, una donazione senza riserve. Senza più nulla di suo nella camera delle sicurezze mondane, nascosto nella cella, in tasca o, peggio ancora, nel cuore. Senza niente di nostro, lasciato nella camera delle sicurezze mondane, o niente di nostro nascosto lì nella cella, o in tasca o, peggio ancora, nel cuore, perché solo da quella libertà, senza niente di nostro, possiamo iniziare un progetto in quello che portiamo avanti insieme e di cui siamo segno escatologico, il cammino verso dove il Signore ci chiama, il cammino verso il Cielo”.
Tale fraternità è un cammino che conduce alla santità: “Che è un cammino verso Dio, che è guidato dallo Spirito Santo, che ci rende seguaci di Gesù. E quando parliamo di Gesù non dimentichiamo che Lui non è venuto per essere servito, ma per servire. Questo è il nostro modello. La nostra santità sarà nella misura in cui sapremo diventare piccoli e servitori di tutti”.
(Foto: Santa Sede)
Prima domenica di Avvento: siate pronti e vigilate

Inizia il nuovo anno liturgico: il termine Avvento dal latino significa: arrivo, venuta, presenza; indica infatti la realizzazione della promessa divina. Dio non dimentica l’uomo, creato a sua immagine e somiglianza; dopo il peccato originale Dio promette un ‘salvatore’ e nella pienezza dei tempi ‘Il Verbo si fece carne’, nasce Gesù ‘germoglio di giustizia e di pace’. L’avvento è la preparazione alla solennità del Natale; nel frattempo oggi ci si prepara alla seconda venuta di Cristo Gesù.
Due venute di Gesù: la prima in modo silenzioso e Gesù nasce in una grotta perché non ci fu posto per lui nella città. La seconda venuta sarà alla fine di questo mondo; verrà allora come giudice della storia e giudicherà i buoni e i cattivi con un giudizio inappellabile. Oggi ci prepariamo a celebrare la sua prima venuta sulla quale si fonda tutta la speranza cristiana. Dio mantiene la sua promessa: è arrivato il tempo; Dio mantiene la sua promessa: verrà il germoglio di giustizia, che rende giusti, che riapre le porte del Regno dei cieli, riappacificherà la terra con il cielo e Dio sarà per tutti ‘il Padre nostro che sei nei cieli’: da qui la gioia cristiana, la gioia del Natale.
Gesù, il Verbo incarnato arriva nel silenzio e nell’umiltà; Egli è il liberatore, colui che, come uomo, ha voluto patire e morire per liberarci da questa prigione di morte. Il messaggio che ci proviene da questa prima domenica ci proietta subito verso il ritorno glorioso di Cristo Gesù quando, alla fine ritornerà come giudice della storia.
Durante questo primo periodo Gesù è rimasto con noi nell’Eucaristia per non lasciarci soli e così dare forza, vigore e consistenza alla nostra debolezza e fragilità. Con il peccato originale l’uomo era caduto sotto il dominio della morte, Dio però ha avuto pietà di noi, ‘Kyrie, eleison’; Dio aveva fatto una promessa ed è venuto incontro all’uomo ascoltando la supplica: ‘Vieni, Signore Gesù, si aprano i cieli e piova il Giusto’.
Ecco perché l’Avvento è tempo di gioia, di preghiera, è tempo di speranza perché Dio non delude. la speranza è essenziale nella vita cristiana assieme alla Fede e alla Carità costituisce la triade indispensabile della vita cristiana. La Speranza spesso è rappresentata da un’ancora o da una vela: l’ancora tiene ferma la barca nel mare; la vela serve a spingere la barca avanti o verso la terra ferma.
Ai figli bisogna dare la speranza prima del pane come agli studenti è necessario dare la speranza prima della dottrina e del sapere. L’Avvento, mentre fa memoria della prima venuta del Signore nella carne, ci invita a risvegliare in noi l’attesa del ritorno glorioso di Cristo Gesù come Signore e Re della storia. Dio infatti è buono e misericordioso; è il Pastore che stringe a sé la pecorella smarrita, ma Egli è anche giusto e santo e perciò giudice che premia e castiga.
Da qui l’appello che in questa domenica Gesù ci ripropone: ‘vegliate in ogni momento’, invito rivolto ai discepoli e a tutti i discepoli da Lui particolarmente amati, perché nell’ora che non conosciamo saremo chiamati a rendere conto. Guardiamo, amici carissimi, anche oggi al futuro della nostra storia. Dio rispetta la nostra libertà, ma libertà non è libertinaggio ma presa di coscienza e di responsabilità.
Resta la certezza che questo mondo finirà e su questo mondo Gesù, il ‘Figlio dell’uomo”’tornerà giudice onnipotente, come d’altronde ripetiamo nel Credo o professione della fede: ‘verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti’ (vivi e i morti = buoni e cattivi)., vero giudice della storia umana. Un filosofo della storia, Carlo Marx, aveva definito la religione ‘l’oppio dei popoli’; povero illuso: la religione è vera presa di coscienza nell’umiltà del nostro essere, nella consapevolezza che proveniamo da Dio e ritorniamo a Dio.
L’insegnamento di Cristo Gesù non è pura evasione ma vera spinta a un impegno serio e duraturo: fede vera e sincera, amore verso Dio e i fratelli in nome di Dio, perché figli di Dio e nostri fratelli e sorelle. L’apostolo Paolo ci ricorda oggi come si attua l’impegno cristiano: davanti all’insidia dell’individualismo sta il caloroso impegno a crescere nella fraternità, nell’amore verso Dio e i fratelli: vegliate e pregate per comparire davanti al Figlio dell’uomo.
‘Fugit irreparabile tempus’: la fuga del tempo è una fuga inarrestabile; chi ha tempo non aspetti altro tempo. Guardati attorno, rifletti, discerni e poi vaglia sopra ogni cosa per distinguere bene la pula, che il vento disperde e porta via, dai valori eterni intramontabili. E’ necessario alimentare ogni giorno la nostra Speranza che ha come fondamento la Parola irrevocabile di Dio.
La Speranza è la sorella della Fede: con la fede si vede e si conosce quello che é; con la speranza si intravede quello che sarà. La Speranza sostenne il popolo di Dio e vide realizzata l’attesa messianica; la Speranza ci fa guardare avanti con fiducia. Dio non delude, confida in Lui; inizia questo nuovo anno liturgico perché sia per tutti un anno di grazia e di amore. La Madonna, la Vergine Santissima, madre di Gesù e nostra, ci prenda per mano, ci rassicuri sotto il suo materno manto, ci porti a Cristo, frutto benedetto del suo seno.