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Papa ai rettori francesi: avere cura della formazione sacerdotale

“Cari Rettori, sono lieto di accogliervi in ​​occasione del vostro pellegrinaggio giubilare, durante il quale vi siete riuniti per riflettere sulla formazione sacerdotale. Questa è un cammino di discernimento in cui voi svolgete un ruolo essenziale. Siete come l’anziano sacerdote Eli che disse al giovane Samuele: ‘Se ti chiamerà, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta’. Voi siete la presenza rassicurante, la bussola per i giovani affidati alle vostre cure”: con queste parole papa Francesco ha accolto, sabato scorso, i Rettori dei Seminari Maggiori di Francia per il loro pellegrinaggio giubilare.

Durante l’incontro papa Francesco ha richiamato un’udienza generale di papa san Paolo VI sulla testimonianza: “Ciò vale sicuramente per i formatori nei seminari. La loro testimonianza coerente di vita cristiana avviene all’interno di una comunità educativa, i cui membri sono, nel seminario, il vescovo, i sacerdoti e i religiosi, i professori, il personale. Questa comunità, però, si estende là dove il seminarista viene inviato: alle parrocchie, ai movimenti, alle famiglie. La formazione comunitaria è quindi unitaria, toccando tutte le dimensioni della persona e orientando verso la missione”.

E’ stato un invito a curare le relazioni: “Affinché il seminario possa dare questa testimonianza e diventare uno spazio favorevole alla crescita del futuro sacerdote, è importante avere cura della qualità e dell’autenticità delle relazioni umane che vi si vivono, simili a quelle di una famiglia, con tratti di paternità e fraternità. Solo in questo clima può instaurarsi la fiducia reciproca, indispensabile per un buon discernimento. Il seminarista potrà allora essere sé stesso, senza paura d’essere giudicato in modo arbitrario; essere autentico nei rapporti con gli altri; collaborare pienamente alla propria formazione per scoprire, accompagnato dai formatori, la volontà del Signore per la sua vita e rispondere liberamente”.

Infatti la cura delle relazioni nei seminari è un fattore importante: “E’ certamente una grande sfida proporre una formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale a una comunità così diversificata. Il vostro compito non è facile. Ecco perché l’attenzione al percorso di ciascuno così come l’accompagnamento personale sono più che mai indispensabili.

Ecco perché è importante che le équipes di formazione accettino questa diversità, che sappiano accoglierla e accompagnarla. Non abbiate paura della diversità! Non abbiatene paura, è un dono! L’educazione all’accoglienza dell’altro, così com’è, sarà la garanzia, per il futuro, di un presbiterio fraterno e unito nell’essenziale”.

Ed ha evidenziato tre punti, di cui il primo è la cura della libertà interiore: “Il primo è quello di aver cura che nel candidato si formi una vera libertà interiore. Non abbiate paura di questa libertà! Le sfide che gli si presenteranno nel corso della sua vita richiedono che egli sappia, illuminato dalla fede e mosso dalla carità, giudicare e decidere con la propria testa, a volte controcorrente o correndo rischi, senza allinearsi a risposte preconfezionate, preconcetti ideologici o al pensiero unico del momento. Che maturino il pensiero e che maturino il cuore e che maturino le mani!”

Una libertà interiore che porta alla relazione umana: “Questi sono i tre attributi di Dio: tenerezza vicinanza e compassione. Dio è vicino, è tenero, è compassionevole. Un seminarista che non sia capace di questo, non va. È importante! Non c’è bisogno d’insistere sul pericolo rappresentato da personalità troppo deboli e rigide, o da disordini di carattere affettivo. D’altronde, l’uomo perfetto non esiste e la Chiesa è composta da membra fragili e da peccatori che possono sempre sperare di progredire; il vostro discernimento su questo punto deve essere tanto prudente quanto paziente, illuminato dalla speranza”.

L’ultimo punto evidenziato dal papa riguarda la missione: “Il sacerdote è sempre per la missione. Sebbene, naturalmente, essere sacerdote comporti una realizzazione personale, non lo si diventa per sé stessi, ma per il Popolo di Dio, per fargli conoscere e amare Cristo. Il punto di partenza di questa dinamica non può che trovarsi in un amore sempre più profondo e appassionato per Gesù, nutrito da una seria formazione alla vita interiore e dallo studio della Parola di Dio. E’ difficile immaginare una vocazione sacerdotale che non abbia una forte dimensione oblativa, di gratuità e di distacco da sé, di sincera umiltà; e questo è da verificare. Solo Gesù riempie di gioia il suo sacerdote”.

E’ stato un invito a mettersi al servizio: “Per favore, la povertà è una cosa molto bella. Servire gli altri. E state attenti al carrierismo, state attenti. State attenti alla  mondanità, alla gelosia, alla vanità. Che l’amore per Dio e per la Chiesa non diventino un pretesto per l’autocelebrazione. Quando tu trovi qualche ecclesiastico che sembra più un pavone che un ecclesiastico è brutto. Che l’amore per Dio e la Chiesa non sia un pretesto: che sia vero”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: i pellegrini di speranza hanno bisogno di indicatori

“E’ per me una grande gioia accogliervi in ​​questa casa, dove venite come pellegrini della speranza in questo Anno Giubilare. Nel cammino della vita potremmo identificare la speranza nei segni che segnano il nostro itinerario”; con un breve incontro papa Francesco oggi ha accolto i seminaristi e formatori del Seminario Mayor de San Pelagio di Córdoba, in pellegrinaggio dalla Spagna.

Anche se l’incontro è stato breve il papa ha indicato tre segnali, che indicano la strada nella formazione sacerdotale, di cui la prima è la direzione: “La prima è la direzione: verso il cielo, verso l’incontro definitivo con Gesù. No alle posizioni di vertice, no ai posti più comodi, sono vicoli ciechi e se abbiamo la sfortuna di raggiungerli, dobbiamo tirarci indietro con fatica e vergogna”.

L’altro segnale importante è quello che indica i pericoli stradali: “Il secondo segnale, i pericoli sulla strada. Provenite da un luogo bellissimo che porta il nome di San Pelagio e occupa l’antico sito del campo dei martiri. Come fece allora quel santo bambino, in mezzo al dolore della guerra, alla crudeltà più indegna dell’uomo, armato dell’elmo della speranza, si può dare testimonianza, si può perseverare sulla via del Signore, convinti che Gesù ci sosterrà sempre e ci darà anche la forza di essere seminatori di speranza”.

Però lungo la strada sono necessarie anche alcune stazioni di rifornimento: “In questo cammino, che ora ci ha condotto a Roma, ad attraversare la Porta Santa e a visitare le tombe degli apostoli, abbiamo bisogno di essere sostenuti, di sentire la presenza di colui che è la nostra unica speranza, Gesù.

Egli si presenta a noi come Maestro, come Signore, si dona a noi come nutrimento nella sua parola e nell’Eucaristia, ci guarisce quando siamo stanchi in mezzo alla strada e ci accoglie quando siamo vinti dalla stanchezza. e deve fermarsi e fare una pausa. Senza questa speranza, partire sarebbe una follia, ma confidando in Lui non abbiamo dubbi che raggiungeremo il porto desiderato”.

In conclusione il papa li ha invitati a ‘seminare’ speranza anche attraverso la croce: “Tuttavia, non bisogna mai pensare che seminare speranza significhi dire parole educate od optare per un sdolcinato buonismo. Questa via è la via di Gesù, che conduce alla Gerusalemme celeste, passando per quella terrena, abbracciando la croce e sorretta da innumerevoli Cirenei. Un cammino che non si può percorrere da soli, ma in comunità, guidando, difendendo, aiutando e benedicendo coloro che il Signore ci ha lasciato come compito. Che Gesù vi ​​sostenga in tutto questo e la Vergine della Fuensanta si prenda cura di voi”.

Inoltre il papa ha nominato alcuni Consultori del Dicastero per le Chiese Orientali; ne faranno parte Don Salvador Aguilera López, Officiale del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; Don Jean Paul Vito Lieggi, Professore Ordinario di Teologia Dogmatica presso l’Istituto Teologico Regina Apuliae della Facoltà Teologica Pugliese a Molfetta; Padre Edward G. Farrugia, S.I., Professore emerito di Teologia Orientale presso la Facoltà di Scienze Ecclesiastiche Orientali del Pontificio Istituto Orientale della Pontificia Università Gregoriana; Enrico Morini, Professore di Storia del Cristianesimo e delle Chiese presso il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna; Fratello Sabino Chialà, Priore della Comunità Monastica di Bose.

Il Dicastero per le Chiese Orientali (guidato dal 21 novembre 2022 dal card. Claudio Gugerotti) “si occupa delle materie concernenti le Chiese cattoliche orientali sui iuris, per quanto riguarda le persone e le cose. Sono Membri di diritto del dicastero: i Patriarchi, gli Arcivescovi Maggiori delle Chiese orientali sui iuris e il Prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.  Per quanto è possibile, i Consultori e gli Officiali siano scelti sia tra i fedeli di rito orientale delle diverse Chiese sui iuris, sia tra i fedeli di rito latino”.

(Foto: Santa Sede)

Cei: la missione è centrale per la formazione dei sacerdoti

Sacerdote con Rosario

“All’origine della formazione presbiterale sta la Parola di Dio che raggiunge il chiamato domandando di essere da lui accolta. Quando ciò avviene, la Parola comincia ad agire efficacemente in tutta la persona (‘vi farò diventare’), rimanendo il fondamentale principio formativo verso una particolare configurazione a Cristo Signore, in unione d’amore, con la mediazione della Chiesa che riconosce, custodisce, accompagna l’opera di Dio”: nei giorni scorsi è entrato in vigore, ad experimentum per tre anni, il documento ‘La formazione dei presbiteri nelle Chiese in Italia. Orientamenti e norme per i seminari’, approvato dalla 78^ Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, svoltasi ad Assisi a novembre di due anni fa.

Il testo, che ha ottenuto la conferma della Santa Sede con decreto del Dicastero per il Clero, presenta un iter formativo al presbiterato articolato in due tempi: una prima fase di carattere iniziatico, dedicata alla costruzione della consistenza interiore, in un rapporto educativo forte con i formatori, attraverso lo sviluppo di una solida vita spirituale, l’applicazione seria allo studio e alla preghiera, una vita comunitaria intensa, la conoscenza di sé. La seconda fase è dedicata alla scoperta del Popolo di Dio e al maggiore coinvolgimento della comunità cristiana nella formazione dei candidati al presbiterato.

Nel primo capitolo si risponde alla domanda su quale prete si debba formare e per quale Chiesa. Per questo, da una parte, si assume la formazione permanente in alcuni suoi elementi, ritenuti necessari al presbitero italiano odierno, come paradigma della formazione in Seminario; dall’altra, si accentuano decisamente le due dimensioni della missione e della comunione come orizzonte fondamentale di tale formazione:

“La liturgia ben vissuta è lo spazio quotidiano in cui, sia il seminarista che il presbitero, insieme con le loro comunità, possono cogliere gli appelli alla conversione permanente e attingere alla grazia che consente la prosecuzione del processo di configurazione a Cristo Servo, Pastore e Sposo. La liturgia, infatti, è paradigma della vita cristiana e, per essere vissuta in modo efficace e fruttuoso, deve inserirsi in un contesto comunitario aperto all’ascolto profondo del Vangelo e dei fratelli e delle sorelle. Lì nasce e si sviluppa una comunità che dall’ascolto del Signore diviene disponibile alla comunione fraterna, pronta al servizio dei poveri, alla missione verso coloro che non conoscono il Signore e al dialogo con chiunque il Signore ponga sulla nostra strada”.

Nel secondo capitolo la pastorale vocazionale è presentata come impegno di tutta la comunità ecclesiale, passando poi a specificare le modalità di accompagnamento vocazionale dei ragazzi e dei giovani, basato su una seria formazione spirituale: “La proposta educativa, strutturata nelle quattro dimensioni (umana, spirituale, intellettuale e pastorale) si declina nel vissuto ordinario, fatto di proposte di gioco, laboratori, percorsi formativi, incontri con testimoni, esperienze di carità, colloqui con i formatori, studio, momenti di ritiro, tempi di rielaborazione del vissuto, permette a chi vi aderisce di integrare gradualmente fede e vita e di interrogare il proprio vissuto e la propria storia con autenticità e alla luce del Vangelo”.

Perciò sono delineate alcune ‘caratteristiche’: “Alcuni tratti genuini che testimoniano il cammino di crescita sono: la capacità di intessere relazioni con tutti, l’amore per la verità, lo spirito di iniziativa, l’assunzione responsabile dei propri impegni, la rielaborazione delle esperienze vissute, il superamento delle ansie da prestazione e degli atteggiamenti compiacenti, la consegna di sé nella trasparenza e l’orientamento ad una scelta di vita. L’esito di tale percorso può essere la decisione di iniziare il cammino nell’anno propedeutico oppure di continuare un discernimento vocazionale”.

Il terzo capitolo presenta le quattro tappe dell’itinerario formativo proposto dalla Ratio fundamentalis: propedeutica (un anno), discepolare (due anni), configuratrice (quattro anni) e di sintesi vocazionale (un anno), ponendo attenzione anche alla dimensione ‘affettivo-sessuale’ del candidato: “La dimensione affettivo-sessuale è un’area di primaria importanza per l’efficacia del ministero presbiterale vissuto in una prospettiva di amore-carità, dono di sé; nella libertà intima e relazionale che nel celibato (secondo la tradizione latina) trova un contesto di particolare fecondità e apertura nelle relazioni con persone, donne e uomini, giovani e anziani, laici, famiglie e consacrate/i, che animano le nostre comunità. L’attuale contesto socio-culturale, insieme a contraddizioni e ambiguità, offre particolari opportunità di crescita più autentica in questo ambito. La libertà con cui si affrontano oggi questi temi è buona premessa perché anche nel contesto della formazione dei candidati al presbiterato ci possano essere frutti di sempre maggiore maturità umana, affettiva, psichica e spirituale”.

In questo discernimento è importante la relazione: “Durante il discernimento e il percorso formativo, i formatori devono favorire nei candidati uno stile relazionale aperto alla discussione e fondato sulla sincerità. Occorre infatti stimolare il candidato ad una profonda autovalutazione attraverso il confronto con l’altro in un percorso di maturazione finalizzato al raggiungimento di un equilibrio generale che permetta al candidato di prendere sempre più consapevolezza e coscienza di sé, della propria personalità e di tutte le parti che contribuiscono a definirla, compresa quella sessuale e il proprio orientamento, in modo da integrarle e gestirle con sufficiente libertà e serenità, coerentemente con la natura e gli obiettivi propri della vocazione presbiterale. E’ essa a ispirare vita e stile relazionale del sacerdote celibe e casto”.

In tale capitolo un paragrafo è ‘dedicato’ alla formazione della personalità del candidato, ovvero sulla castità: “Nel processo formativo, quando si fa riferimento a tendenze omosessuali, è anche opportuno non ridurre il discernimento solo a tale aspetto, ma, così come per ogni candidato, coglierne il significato nel quadro globale della personalità del giovane, affinché, conoscendosi e integrando gli obiettivi propri della vocazione umana e presbiterale, giunga a un’armonia generale… La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore”.

E’ un superamento per migliorare la propria consapevolezza: “Questo non significa solo controllare i propri impulsi sessuali, ma crescere in una qualità di relazioni evangeliche che superi le forme della possessività, che non si lasci sequestrare dalla competizione e dal confronto con gli altri e sappia custodire con rispetto i confini dell’intimità propria e altrui. Essere consapevole di ciò è fondamentale e indispensabile per realizzare l’impegno o la vocazione presbiterale, ma chi vive la passione per il Regno nel celibato dovrebbe diventare anche capace di motivare, nella rinuncia per esso, le frustrazioni, compresa la mancata gratificazione affettiva e sessuale”.

Per questo i vescovi chiedono più attenzione verso chi chiede di essere ammesso in seminario: “Massima attenzione dovrà essere prestata al tema della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, vigilando con cura che coloro che chiedono l’ammissione al Seminario maggiore non siano incorsi in alcun modo in delitti o situazioni problematiche in questo ambito.”

Nel quarto capitolo si parla della formazione nel Seminario Maggiore che viene presentata come unica, integrale, comunitaria e missionaria: non si esaurisce nell’apprendimento di nuovi contenuti, né si limita ai comportamenti morali o disciplinari, ma deve riguardare il campo delle motivazioni e delle convinzioni personali, è formazione della coscienza: “I candidati al presbiterato siano perciò provocati ad avere cuore e mentalità missionari, ad allargare gli orizzonti del loro impegno apostolico e a essere disponibili alla missione.

C’è una missionarietà del cuore che si manifesta nella piena disponibilità a ‘faticare’ per il Vangelo ed a privilegiare l’incontro con chi non crede o non pratica; c’è una missionarietà all’interno della Diocesi e delle parrocchie, che richiede disponibilità all’itineranza e alla mobilità interparrocchiale; c’è una missionarietà ad gentes, che si esprime nel servizio come preti fidei donum e nella cooperazione fra le Chiese”.

Nel quinto capitolo  è recepita la richiesta emersa nel Cammino sinodale di allargare la condivisione dell’opera formativa dei seminaristi: “Coloro che entrano in seminario sono chiamati innanzitutto a confrontarsi per avere conferma che il Signore li chiami a vivere la grazia battesimale nella forma specifica del ministero presbiterale. Per verificare la chiamata del Signore bisogna che essi si mettano ai piedi del Maestro, per essere con lui, frequentarlo, conoscerlo e diventare continuamente discepoli missionari nella vita con gli altri, mettendo alla prova sé stessi. , coinvolgendo la comunità ecclesiale e invitando a pensare creativamente le forme di collaborazione possibili con particolare riguardo alla figura femminile”.

Quarto Anno Rondine. Iscrizioni aperte fino al 31 gennaio

Sono aperte le iscrizioni per l’anno scolastico 2025-2026 del Quarto Anno Rondine. Un percorso innovativo di educazione e formazione, riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito come percorso di sperimentazione per l’innovazione didattica, per cui sarà possibile presentare la propria candidatura entro il 31 gennaio 2025.

Il Quarto Anno Rondine è un programma dedicato a studenti talentuosi dei licei classico, scientifico e delle scienze umane di tutta Italia: un’opportunità unica per chi desidera ampliare i propri orizzonti, mettersi in gioco come individuo oltre che come studente, puntare sulla didattica delle relazioni e iniziare a costruire concretamente il proprio futuro.

Si svolge nella Cittadella della Pace ad Arezzo, dove gli studenti vivono un anno scuola a contatto con la World House di Rondine, uno studentato internazionale dove si formano giovani provenienti da Paesi interessati da guerre e conflitti, impegnati nella costruzione della pace. Una nuova strada per sviluppare un senso critico capace di abbracciare una visione globale.

Il Quarto Anno Rondine, basato sul Metodo Rondine, aiuta gli studenti a sviluppare le proprie risorse interiori e a prepararsi ad affrontare i conflitti e le sfide della società moderna, sempre più complesse e rapide. Un metodo che rappresenta un valido strumento per promuovere i valori del dialogo, dell’inclusione, della convivenza pacifica, della cittadinanza attiva e digitale per agevolare la lotta al bullismo e alla violenza nelle scuole.

Inoltre il Quarto Anno Rondine non finisce a giugno! Grazie al programma Itaca, un percorso di innovazione sociale che offre due anni di formazione e accompagnamento alla progettazione, i giovani entreranno in un network di giovani ma anche docenti, professionisti e mentori provenienti da diversi settori, che li supporteranno costantemente nello sviluppo e realizzazione dei propri progetti di impatto sociale. Un’opportunità unica per trasformare i propri sogni in azioni concrete e dare risposta ai bisogni di coesione dei territori italiani.

“Qui ogni giorno è un’occasione per mettersi in discussione e scoprire nuovi lati di me. Una delle cose più importanti che sto imparando è l’importanza di valorizzare ed accogliere le proprie debolezze, accettandole e rendendole punti di forza. I miei compagni di classe sono parte indispensabile del mio percorso, qui sto capendo come le relazioni che viviamo ogni giorno ci portano una ricchezza enorme e ci aiutano a capire chi siamo e come possiamo dare il nostro contributo nel mondo”, racconta Sara Fiorentini, studentessa del Quarto Anno.

Per accedere alla selezione per l’A.S. 2025/26 e ai contributi a sostegno della partecipazione degli studenti, è possibile inviare la propria candidatura on line entro il 31 gennaio 2025 dal sito https://quartoanno.rondine.org/partecipa-al-bando/.  Per informazioni scrivere a segreteria@quartoanno.rondine.org.

Il Quarto Anno Rondine offre un’esperienza formativa completa, focalizzata sulla crescita personale e sull’educazione a tutto tondo, combinando diverse componenti fondamentali. La didattica innovativa del programma si distingue per l’attenzione alla relazione educativa tra docenti, studenti e gruppo classe, integrando tecnologie digitali avanzate con il metodo Rondine, incentrato sulla crescita emotiva e relazionale. Lezioni non frontali, percorsi interdisciplinari e applicativi digitali rendono l’apprendimento più critico e creativo, collegando i contenuti disciplinari all’attualità e ai temi chiave di Rondine.

Un altro aspetto chiave è la capacità di trasformare i conflitti in opportunità, sviluppando consapevolezza critica e rafforzando le competenze emotive e relazionali. Grazie al Metodo Rondine gli studenti imparano a trovare il proprio equilibrio interiore, indispensabile per affrontare le sfide della società fluida del terzo millennio. La dimensione internazionale della Cittadella della Pace rende il Quarto Anno Rondine molto di più di un anno all’estero! Permette di vivere un ambiente protetto ma dove si sperimenta autonomia e responsabilità; dove si incontrano giovani di tutto il mondo: le loro storie e culture arricchiscono l’esperienza, offrendo agli studenti una nuova prospettiva sulla scuola, su sé stessi e sulla società globale.

Infine, il lavoro sulla vocazione professionale dei ragazzi e l’impatto sociale del programma si estende oltre la Cittadella, fino ad arrivare a tutto il Paese. Gli studenti vengono formati come innovatori sociali, pronti a iniziare a costruire il proprio futuro professionale e mettere le competenze acquisite al servizio della propria comunità. Al termine dell’anno potranno entrare nel network di Itaca, continuando la formazione professionale accanto agli oltre 200 ex studenti ‘changemakers’, le Rondinelle d’Oro, che stanno sviluppando progetti di innovazione sociale in Italia e nel mondo.

Il valore del Quarto Anno Rondine è garantito da un vasto network di partner che supportano il progetto. Questa rete unisce soggetti diversi con l’obiettivo comune di sostenere un’esperienza formativa con un impatto pratico ed esperienziale immediato. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito riconosce il progetto come percorso di sperimentazione per l’innovazione didattica.

Il supporto della rete scolastica territoriale è cruciale. Il Liceo Vittoria Colonna di Arezzo è titolare della sperimentazione presso il Ministero dell’Istruzione. Grazie a un accordo tra Rondine Cittadella della Pace e le scuole della provincia di Arezzo (Liceo F. Petrarca, Liceo F. Redi, ITIS Galilei, Convitto nazionale Vittorio Emanuele II), il programma garantisce i piani ministeriali per tutti gli indirizzi liceali del ‘Quarto Anno Rondine’.

Grazie ai partenariati e alla rete ampia che Rondine ha costruito negli anni, saranno messe a disposizione borse di studio parziali a supporto della partecipazione degli studenti.

Il progetto è stato realizzato con il contributo di: Fondazione di Sardegna; Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo; Fondazione Cariplo; Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia; Fondazione Andrea Biondo Istituto di Cultura; Fondazione Cassa di Risparmio di Prato; Gecofin; Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano; Fondazione ONLUS Niccolò Galli; Banca del Valdarno Credito Cooperativo – ‘borsa di studio in memoria di Bani Giovanni’; Fondazione Compagnia di San Paolo; Fondazione Finanza Etica; Fondazione Friuli; Fondazione Vincenzo Casillo; Fondazione il Cuore si Scioglie; Fondo di solidarietà Quarto Anno, amici e sostenitori. Partner che hanno collaborato allo sviluppo del percorso Ulisse e Itaca: Fondazione Finanza Etica; Istituto Jacques Maritain; Nuovo Laboratorio di Psicologia; AIESEC; Fior di risorse; Scuola di Economia Civile; Aboca; Goel Gruppo cooperativo; FEDUF Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio.

Cresce la Piazza dei Mestieri a Catania

Era il 2012 quando la Piazza dei Mestieri decideva, dopo aver consolidato l’esperienza torinese, di iniziare l’avventura al Sud: “Eravamo stanchi di sentire analisi sui problemi del sud e sui suoi giovani ed allora abbiamo deciso di fare l’unica cosa che sappiamo fare: mettere le mani in pasta. La scelta è caduta su Catania perché per realizzare il modello della Piazza dei Mestieri non si può partire da zero, occorre avere partner credibili che conoscano il territorio e che abbiano capacità professionale e passione per l’educazione dei giovani. Tutto queste caratteristiche le abbiamo trovate in Archè impresa sociale che già operava con successo da circa 20 anni in Sicilia nel campo della formazione professionale”.

In questi anni di collaborazione, seguendo il modello della Piazza dei Mestieri, sono nate due sedi (la prima presso l’IPAB Santa Maria del Lume e la seconda presso la Fondazione Duca di Carcaci), costruendo progetti a sostegno dei giovani italiani e stranieri, della formazione professionale e delle scuole collaborando con le istituzioni locali. Grazie a questo nel 2023 sono stati accolti ed accompagnati oltre 2.000 giovani:

“Nel 2022, insieme al nostro partner Archè, ci siamo resi conto che era giunta il momento di rendere più stabile e completo il nostro modello. E’ nata così l’idea di ampliare la sede di Carcaci con altri 600 mq di superficie interna e 1600 di aree esterne, per sviluppare un nuovo progetto che intende attivare e consolidare una rete di intervento nel territorio catanese e che vede la Piazza dei Mestieri come player in accordo con istituzioni, istituti scolastici, agenzie educative, enti del terzo settore e imprese.

Insieme vogliamo costruire un punto di riferimento per le politiche di contrasto alla dispersione scolastica e per evitare che tanti giovani possano scivolare lentamente, ma inesorabilmente, in situazioni di marginalità sociale. Un rischio particolarmente elevato nei quartieri in cui si colloca la presenza della Piazza dei Mestieri (Monte Po, Nesima, San Leone, Rapisardi, Librino)”.

Il progetto vedrà, tra le altre cose, il consolidamento delle seguenti attività: a) La ‘Casa dei Compiti’ un luogo in cui tutti i pomeriggi, docenti e tutor, accoglieranno e aiuteranno i giovani delle scuole del territorio che sono in difficoltà nel loro percorso scolastico. b) lo ‘Sportello di Orientamento’ per aiutare i giovani in uscita dalle scuole medie a identificare il percorso più adatto per proseguire gli studi.

c) I ‘Laboratori di Mestiere’ in cui i ragazzi e le ragazze potranno sperimentare attitudini e competenze trasversali e scoprire i propri talenti. d) Le ‘Azioni di Capacity Building’ che si tradurranno in percorsi di affiancamento degli insegnati delle scuole del territorio, per condividere metodologie educative già sperimentate con successo dal modello della Piazza dei Mestieri.

e) Il ‘Cartellone degli eventi culturali’ che avrà a disposizione il nuovo grande giardino per l’estate e una sala dedicata nei mesi più freddi. Ci saranno spettacoli e incontri volti a valorizzare i talenti del territorio e offrire ai giovani la possibilità di fruire di un’offerta culturale che spesso per motivi diversi risulta a loro inaccessibile. f) Il ‘Bar e il Ristorante’ che diventeranno luoghi ideali per momenti di convivialità dedicati alle famiglie e ai giovani, facilitando la convivenza e l’incontro tra generazioni.

Per realizzare tutto questo il presidente Dario Odifreddi ha ringraziato chi ha creduto in questo progetto, come Marco Lori, presidente ‘Fondazione Azimut’: “Abbiamo aderito con convinzione alla proposta di sostenere lo sviluppo di Piazza dei Mestieri a Catania. Grazie a iniziative come queste, moltissimi giovani trovano una strada per uscire dalla marginalità e inserirsi nel mondo del lavoro. Spezzare la spirale della povertà attraverso il lavoro è un passo fondamentale per costruire un futuro migliore” .

La Banca d’Italia, da sempre attenta a coniugare lo svolgimento dei compiti istituzionali con l’impegno sociale, eroga somme a scopo di beneficenza o per contributi a iniziative di interesse pubblico. Ciò rappresenta uno dei canali attraverso cui restituire alla collettività parte delle risorse pubbliche derivanti dall’esercizio delle funzioni istituzionali. In questo contesto, la Banca d’Italia ha sostenuto il progetto ‘Un laboratorio per scrivere il proprio futuro’, che, affrontando temi come l’inclusione e la lotta alla dispersione scolastica, è destinato a produrre effetti duraturi a favore della comunità locale.

Anche Filippo Nicolò Rodriguez, consigliere delegato di Enel Cuore, ha sottolineato l’originalità di ‘Piazza dei Mestieri: “Piazza dei mestieri è un luogo che nasce con l’idea di offrire ai ragazzi uno spazio di confronto e crescita personale, ma anche di apprendimento e creazione di quelle competenze professionali che saranno veicolo di riscatto, partecipazione ed inserimento sociale.

Per Enel Cuore, da sempre impegnata a sostenere il benessere e lo sviluppo delle nuove generazioni, questa collaborazione rappresenta un’opportunità per contribuire alla creazione di un modello virtuoso. La rete di ‘Piazze’, che oggi raggiunge Catania, dimostra come l’impegno condiviso possa creare opportunità concrete e trasformative per i ragazzi su tutto il territorio nazionale”.

Giuseppe Nargi, direttore regionale di Campania, Calabria e Sicilia di Intesa Sanpaolo, ha evidenziato l’impegno per la realizzazione di questo luogo: “Grazie al programma Formula sono stati raccolti i fondi necessari per realizzare anche in Sicilia la Piazza dei Mestieri. Il nostro Gruppo supporta molti progetti in favore dei ragazzi e delle loro famiglie, con l’obiettivo condiviso di favorire sostenibilità e inclusione sociale che puntino ad attivare meccanismi di risposta collettiva alle istanze e ai bisogni del territorio. Nello specifico, a Catania, vogliamo costruire un punto di riferimento per le politiche di contrasto alla dispersione scolastica, strappando quanti più giovani possibile da situazioni di marginalità sociale”.

Infine Francesca Sofia, direttrice generale di Fondazione CDP, ha sottolineato l’impegno per il contrasto alla dispersione scolastica: “Il contrasto alla dispersione scolastica rappresenta uno degli obiettivi chiave di Fondazione CDP, soprattutto nel Mezzogiorno. Piazza dei Mestieri negli anni ha saputo creare un network vincente per rispondere concretamente a questo fenomeno e attraverso il nostro sostegno alla nuova iniziativa di Catania, contribuiremo a garantire a oltre 1.400 studenti di fruire di eque opportunità nell’affrontare il proprio percorso scolastico, tentando di rimuovere le barriere che tutti i giorni ostacolano il loro futuro e, in senso più ampio, quello del Paese. Con questa ulteriore collaborazione, sale a quasi 3.000.000 il totale delle risorse destinate da Fondazione CDP a progetti nella Regione”.

Alla Pontificia Università ‘Auxilium’ concluso il corso sull’identità di genere

Un puzzle che va completandosi poco a poco. È la metafora proposta dalla preside, Piera Ruffinatto, all’avvio del secondo incontro del Corso interdisciplinare sul tema “Identità di genere: sfide e prospettive per gli educatori”, organizzato a Roma dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione ‘Auxilium’. Uno scenario ampio, complesso e sfidante quello emerso negli interventi dei relatori della mattinata di studio del 23 novembre scorso, dove le diverse espressioni del concetto di gender sono state rilette in chiave antropologica, giuridica e biologica per comprendere il fenomeno con spirito critico e con l’intento di liberare il campo da fraintendimenti e forzature interpretative.

La Tavola rotonda odierna, con gli interventi di Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta, ed Emanuele Fusi, consulente pedagogico e formatore, si concentra sugli approcci psicologici e pedagogici, con l’obiettivo di fornire strumenti interpretativi sul piano della pratica educativa e formativa di genitori, insegnanti, educatori. A moderare gli interventi, Maria Grazia Vergari, docente alla Facoltà ‘Auxilium’.

A partire dalla sua esperienza in un servizio territoriale a Milano e di formatrice di genitori e insegnanti, Mariolina Ceriotti Migliarese premette che l’identità umana è sempre un’identità sessuata. Ma se dal punto di vista biologico nasciamo secondo due specifiche definite (il maschile o il femminile), il corpo sessuato da solo non definisce l’identità della persona.

Questa si rivela in un percorso che parte dal dato biologico ma che passa attraverso una storia complessa di identificazioni e rispecchiamenti e coinvolge il corpo (proprio e dell’altro), il linguaggio, le relazioni e il contesto culturale nel quale siamo immersi e che ci orienta sul valore e sul significato della nostra identità.

Il contesto socio-culturale ed educativo per definire l’identità di genere è determinante anche per Emanuele Fusi, docente di Scienze umane e Filosofia in un Liceo di Monza. Occorre partire da un atto di consapevolezza degli adulti e dei nostri modelli, aspettative, dei valori di riferimento, riconoscendo che l’azione educativa è sempre orientata e orientante.

Da qui, gli interrogativi sfidanti: quali sono le posture e gli stili educativi prevalenti? come questi offrono spazi di individuazione ai più giovani e secondo quali traiettorie formative? Si scopre così che il disorientamento relativo alla messa in questione di sé e alla sua formazione non è che l’emergenza di un modo di abitare l’esperienza che spesso gli adulti, con poca intenzionalità, hanno offerto ai più piccoli. Occorre quindi re-istituire esperienze che permettano l’incontro, la rivelazione e la coltivazione della propria unicità nella relazione e non contro ogni legame.

L’analisi culturale sul tema è approfondita dal documentario – riproposto in questa seconda giornata del Corso – ‘Vite in cerca di identità’, curato da Annalisa Picardi e Edoardo Zaccagnini, dove nella produzione mediale si intravvedono itinerari fecondi anche per le professioni educative.

A tirare le file delle due intense mattinate di studio, la preside dell’Auxilium Piera Ruffinatto, sottolinea l’importanza di acquisire una consapevolezza interpretativa del fenomeno gender e delle sue varie espressioni, ed anche la necessità di fare rete tra istituzioni educative per aprire percorsi di formazione e di educazione:

“Ogni sfida educativa – osserva – cela opportunità e risorse che solo l’occhio esperto di una educatrice, un educatore sa cogliere e volgere a suo vantaggio, valorizzando la ricerca di senso, il desiderio di trovare se stessi attraverso relazioni autentiche e generative”.

All’Auxilium di Roma un corso sulle identità di genere: a colloquio con la preside Ruffinato

‘Identità di genere: sfide e prospettive per gli educatori’ è il tema del corso interdisciplinare 2024-2025 proposto dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione ‘Auxilium’ di Roma, che mira ad esplorare le principali espressioni del concetto di gender attraverso un approccio multidisciplinare. Infatti, mediante un confronto costruttivo, si propone di individuare percorsi pedagogici ed educativi che favoriscano, soprattutto nelle nuove generazioni, il processo di crescita nell’identità e promuovano atteggiamenti rispettosi di accoglienza e inclusione:

“La realtà odierna, caratterizzata da fluidità e complessità, solleva questioni radicali sulla struttura relazionale della persona. Individualismo, solitudine e isolamento contrastano con un forte bisogno di incontro e relazioni profonde. Le nuove generazioni sono particolarmente vulnerabili al condizionamento mediatico, che trasmette opinioni ambigue e contraddittorie riguardo all’identità e alla struttura relazionale della persona, nonché al paradigma antropologico fondamentale uomo-donna. Anche i significati della genitorialità rischiano di essere banalizzati, entrando in un vortice di significati contraddittori.

È quindi urgente avviare una riflessione antropologica di fondo per individuare le coordinate fondamentali che sostengono la relazionalità umana nelle sue forme strutturali costitutive e, di conseguenza, nelle sue molteplici altre forme”.

Tale percorso propone di comprendere il fenomeno nelle sue coordinate fondamentali dal punto di vista della ricerca scientifica; conoscere le ideologie dominanti che maggiormente influenzano il pensiero sociale e il concetto di gender, nonché l’auto-progettazione delle nuove generazioni; affrontare la dimensione educativa, dove la relazione è fondamentale, poiché non esiste educazione senza relazione; identificare percorsi educativi efficaci per affrontare le questioni di genere con adolescenti e giovani.

L’analisi del fenomeno da parte di esperti nei campi dell’antropologia, del diritto, della psicologia e della pedagogia fornirà le coordinate concettuali e culturali necessarie per affrontare l’argomento con maggiore competenza. Nei due incontri, interverranno Susy Zanardo (Università Europea di Roma), Sergio Cicatelli (Docente di discipline pedagogiche e giuridiche), Assunta Morresi (Università degli Studi di Perugia), Mariolina Ceriotti Migliarese (medico, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta) e Emanuele Fusi (consulente pedagogico e formatore).

Il tema è approfondito sabato 23 novembre dalle ore 9.00 alle ore 12.30 e sabato 30 novembre 2024 dalle ore 10:15 alle ore 12:30 in presenza presso l’aula magna ‘Giovanni Paolo II’ della stessa facoltà ed in diretta streaming sul canale Youtube. Per coloro che partecipano in presenza e non sono studenti/studentesse iscritti alla Facoltà né Insegnanti di Religione della Diocesi di Porto-Santa Rufina è richiesta l’iscrizione.

Per approfondire questo corso interdisciplinare abbiamo chiesto alla preside della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione ‘Auxilium’, prof.ssa Piera Silvia Ruffinato, docente di Metodologia pedagogica, abbiamo chiesto di raccontare il motivo, per cui è stato istituito un corso interdisciplinare sull’identità di genere:

“Come Facoltà di Scienze dell’Educazione Pontificia, abbiamo sentito la necessità di affrontare questa complessa tematica che intreccia studi e ricerche con la pratica educativa, ponendo molteplici sfide a chi opera nel campo della formazione. Il contesto odierno, caratterizzato da fluidità e complessità, solleva questioni radicali sulla struttura relazionale della persona. Queste vanno affrontate in un’ottica pedagogica per individuare le coordinate fondamentali che sostengono la relazionalità umana nelle sue forme strutturali costitutive e nelle sue molteplici altre forme, con attenzione e spirito critico”.

A quali sfide sono chiamati gli educatori?

“La prima sfida è legata alla formazione ed all’aggiornamento costante sui temi del genere, cercando di affrancare l’argomento dalle strumentalizzazioni ideologiche per comprendere le esperienze delle persone di diverse identità di genere, combattendo disinformazione e pregiudizi. Gli educatori devono essere preparati ad offrire ascolto e sostegno, ed ad indirizzare le persone verso risorse appropriate quando necessario, coinvolgendo sempre le famiglie nel dialogo sulle questioni di genere. In chiave preventiva, è importante offrire ai preadolescenti ed agli adolescenti un’educazione affettiva e sessuale che li aiuti a comprendere se stessi, attraverso un accompagnamento che offra modelli comportamentali e valori tradotti in percorsi educativi”.

Quali sono gli obiettivi del corso?

“Il Corso Interdisciplinare si propone di offrire ai partecipanti gli strumenti per comprendere il fenomeno del gender nelle sue coordinate fondamentali, riconoscendone le manifestazioni e valutandolo criticamente; analizzare l’impatto della pressione sociale sulla crescita relazionale delle nuove generazioni, identificando come essa alimenti stereotipi e pregiudizi; identificare percorsi educativi efficaci per affrontare le questioni di genere con adolescenti e giovani”.

Quali sono le coordinate per poter affrontare l’identità di genere?

“L’approccio interdisciplinare è il più adatto per esplorare le principali espressioni del concetto di gender. La tematica verrà affrontata dal punto di vista antropologico, del diritto, medico, psico-pedagogico e attraverso la lente della comunicazione digitale. Il confronto costruttivo potrà portare a individuare percorsi educativi che favoriscano il processo di crescita nell’identità di preadolescenti e adolescenti, promuovendo atteggiamenti rispettosi di accoglienza e inclusione”.

Quale formazione può fornire il corso?

“Il corso può aiutare a pervenire a una visione più ampia e scientificamente fondata sul gender, alla base della quale sia posta una antropologica integrata, descritta dal card. Giuseppe Versaldi, prefetto emerito della Congregazione per l’educazione cattolica, come uno studio, cioè, che integrando la propria visione della persona umana in chiave cristiana con i risultati delle scienze naturali ed umane ‘compia un’operazione di vero dialogo ed integrazione con esse…, che sia, cioè, il risultato di un dialogo non ideologico tra tutte le scienze che studiano la sessualità umana’, come ha affermato nell’intervista a Luciano Moia pubblicata in Avvenire lo scorso 21 aprile”.

Papa Francesco invita a ricucire lo strappo delle disuguaglianze di Roma

‘Ricucire lo strappo: oltre le disuguaglianze’: è stato il titolo dell’Assemblea della Diocesi di Roma che si è svolta oggi pomeriggio nella basilica di san Giovanni in Laterano, a due mesi dall’avvio del Giubileo, alla presenza di papa Francesco, richiamando il convegno svoltosi cinquanta anni fa sui ‘mali’ di Roma, in cui la Chiesa si è messa in ascolto della città:

“Si è trattato di un evento che ha segnato il cammino ecclesiale e sociale della Città e, in quell’occasione, la Chiesa di Roma si è messa in ascolto delle tante sofferenze che la segnavano, invitando tutti a riflettere sulle responsabilità dei cristiani di fronte ai mali della Chiesa, ai mali della Città, entrando in dialogo con essa e scuotendo la coscienza civile, politica e cristiana di tanti”.

Il papa ha seguito le tappe, che hanno condotto a questo evento conclusivo, in cui è stata esposta la situazione, in cui si trova la capitale: “Se da una parte tutto questo ci addolora, dall’altra ci fa comprendere quanto sia ancora lunga la strada da percorrere. Sapere che ci sono persone che vivono per strada, giovani che non riescono a trovare un lavoro o una casa, ammalati e anziani che non hanno accesso alle cure, ragazzi che sprofondano nelle dipendenze dalle droghe e in molte altre dipendenze ‘moderne”’ persone segnate da sofferenze mentali che vivono in stato di abbandono o disperazione”.

Tale situazione pone alcune domande fondamentali, su cui riflettere, partendo dalla necessità di portare ai poveri il lieto annuncio: “ I poveri saranno sempre con noi. I poveri sono la carne di Cristo e, come un sacramento, lo rendono visibile ai nostri occhi…

E la buona notizia da annunciare ai poveri è anzitutto dire loro che sono amati dal Signore e che agli occhi di Dio sono preziosi, che la loro dignità, spesso calpestata dal mondo, davanti a Dio è sacra. Ma tante volte, noi cristiani diciamo questo a parole, e poi non facciamo i gesti che lo rendono credibile”.

Per questo il papa ha sottolineato che il povero è ‘è carne della nostra carne’: “La Chiesa è chiamata ad assumere uno stile che mette al centro coloro che sono segnati dalle diverse povertà, i poveri di cibo e di speranza, gli affamati di giustizia, gli assetati del futuro, i bisognosi di legami veri per affrontare la vita. Rendiamoci presenti presso i poveri e diventiamo per loro segno della tenerezza di Dio! Dio è presente con tre atteggiamenti: la vicinanza, la compassione e la tenerezza. E un cristiano che non si fa vicino, che non è compassionevole e che non è tenero non è cristiano. Vicinanza, compassione e tenerezza. Così imitiamo Dio”.

Per questo occorre ricucire lo ‘strappo’ nella città: “Una città che assiste inerme a queste contraddizioni è una città lacerata, così come lo è l’intero nostro pianeta. Ecco che allora è necessario ricucire questo strappo impegnandoci a costruire delle alleanze che mettano al centro la persona umana, la sua dignità. Per fare questo occorre lavorare insieme, armonizzare le differenze, condividere ciascuno il dono e la missione che ha già ricevuto. E questo significa anche crescere nel dialogo: il dialogo con le istituzioni e le associazioni, il dialogo con la scuola e la famiglia, il dialogo tra le generazioni, il dialogo con tutti, anche con chi la pensa diversamente”.

E’ stato un invito ad uscire dall’indifferenza, che porta al disinteresse: “Per ricucire abbiamo bisogno innanzitutto di uscire dall’indifferenza e lasciarci coinvolgere in prima persona! Sarebbe bello se dall’incontro di stasera si uscisse con qualche impegno concreto, verificabile sulla linea di uno sforzo comune mirato ad azioni capaci di aiutarci a superare le disuguaglianze”.

Quindi il papa ha chiesto di non trascurare il pensiero sociale della Chiesa attraverso la formazione delle coscienze: “Ma, intanto, vorrei chiedervi questo: valorizzate di più, nella pastorale ordinaria e nella catechesi, il pensiero sociale della Chiesa. E’ importante infatti, formare le coscienze alla dottrina sociale della Chiesa, perché il Vangelo sia tradotto nelle diverse situazioni di oggi e ci renda testimoni di giustizia, di pace, di fraternità. E tessitori di una nuova rete sociale e solidale nella Città, per ricucire gli strappi che la lacerano”.

Questi due passaggi conduce alla semina della speranza, che non delude mai, ricordando mons. Di Liegro e molte altre persone: “Sorelle, fratelli, la speranza non delude! Non delude mai. Andiamo sulla strada della speranza. In questa Città hanno operato uomini e donne che davanti ai problemi non sono rimasti a guardare e nemmeno si sono limitati a dire o a scrivere tante cose.

Penso specialmente ad alcuni sacerdoti, veri uomini di speranza, come don Luigi Di Liegro; penso anche a tanti laici che si sono messi all’opera rispondendo al bisogno di gettare un seme di bene, di attivare processi nella speranza che qualcun altro si sarebbe preso cura di quel piccolo seme fino a farlo diventare un albero grande. Se oggi, ad esempio, è molto forte la spinta al volontariato è perché qualcuno ci ha creduto e ha iniziato con piccoli passi”.

Quindi il bene va contagiato: “Quel bene ha contagiato tanti altri fino a diventare stile condiviso. Oggi dobbiamo avviare nuovi processi, nuovi processi di speranza: sognare la speranza e costruire la speranza attraverso il nostro impegno, che è un impegno responsabile e solidale! Osate!

Tutti voi osate nella carità, non abbiate paura di sognare imprese grandi anche se queste iniziano con impegni piccoli. Il poeta Charles Peguy afferma così, e, a questo proposito, concludo con quanto diceva sulla speranza: ‘La Fede è una Sposa fedele. La Carità è una Madre. La Speranza è una bambina da nulla. Eppure è questa bambina che attraverserà i mondi’. Andiamo avanti con la speranza”.

(Foto: Santa Sede)

Il Metodo Rondine: la sperimentazione arriva anche nelle scuole secondarie di primo grado

Oltre 500 persone a Rondine da tutta Italia e del mondo per l’Inaugurazione dei Percorsi Formativi a Rondine quest’anno per la prima volta nell’ambito della Giornata della Virtù Civile in Toscana promossa dall’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli. Il Benvenuto delle community ai nuovi 15 studenti della World House, alla classe del Quarto Anno Rondine e alle 32 Sezioni Rondine attivate in tutta Italia.

A Rondine torna a suonare la campanella del primo giorno scuola in una giornata che ha dato avvio ad un nuovo anno di formazione. Tre i principali percorsi formativi in partenza, tutti uniti dal Metodo Rondine.  Dal benvenuto alla nuova generazione degli studenti della World House provenienti da luoghi di guerra, all’avvio del nuovo anno scolastico nella Cittadella della Pace di Arezzo per i 31 studenti del Quarto Anno Rondine fino alla partenza delle nuove Sezioni Rondine nelle scuole di tutta Italia, che quest’anno per la prima volta è stata attivata anche nelle scuole medie o meglio secondarie di primo grado.

 Una giornata che ha visto il borgo di Rondine animato dalla presenza di oltre 500 persone provenienti da tutta Italia tra studenti, docenti e dirigenti scolastici ma che ha visto anche la forte partecipazione di tanti partner e autorità che hanno permesso la crescita delle opportunità formative di Rondine rivolte alla trasformazione creativa del conflitto:

“E’ un grande piacere essere qui insieme oggi. Come sapete, questo appuntamento di fine settembre è un momento di festa. Rondine ha la forza di fare festa nonostante quello che succede, non perché dimentica, ma perché ha speranza. Grazie a voi, venendo a Rondine regalate un pezzettino di fiducia: la Cittadella prende questo patrimonio e cerca di riprodurlo”, ha affermato il presidente di Rondine, Franco Vaccari, che continua: “Stamani, forse qualcuno l’ha potuto leggere nell’editoriale di Avvenire. Ho voluto ribadire che sì, la tregua è importante, ma senza il riconoscimento non può esserci tregua. Come nelle nostre relazioni personali: se non c’è riconoscimento, se sento che l’altro vuole solo la mia eliminazione, come posso arrivare a una tregua? Il riconoscimento, come in tutte le nazioni, ha bisogno di un investimento di fiducia. Se Rondine ha una sua forza, è perché tutti noi stiamo mettendo in questo francobollo di terra e nella sua esperienza la fiducia”.

Quest’anno inoltre, per la prima volta l’inaugurazione dei Percorsi formativi di Rondine, si è svolta nell’ambito della prima Giornata della Virtù Civile in Toscana promossa dall’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli con Rondine nel comune impegno per il dialogo, la convivenza pacifica e la cittadinanza attiva: ““Per me, questo è come un gemellaggio di due sogni che condividono idee e valori, valori straordinariamente incarnati dall’avvocato Giorgio Ambrosoli”, ha affermato in apertura il Presidente dell’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli, Roberto Notarbartolo di Villarosa consegnando l’attestato della borsa di studio alla studentessa della World House Elina, proveniente dall’Armenia: “So che tornerete ai vostri paesi con carichi importanti e grandissime responsabilità, soprattutto quella di essere voi stessi semi di pace. Questo, come è stato raccontato questa mattina. Grazie soprattutto al vostro coraggio e alla vostra determinazione, insieme all’appoggio delle vostre famiglie. A voi giovani, a voi ragazzi così preparati, è possibile affidare la parte migliore del futuro del mondo. Questo è il nostro sogno”.

 A seguire il benvenuto di uno studente senior alla nuova generazione della World House di Rondine, composta dai 15 giovani kosovari, bosniaci, serbi, armeni, azeri, osseti, maliani, colombiani, che hanno accettato la sfida di incontrare il nemico e formarsi come leader di pace: “Qui, cammineremo insieme sul sentiero della pace, passando davanti alle nostre bandiere che non solo rappresentano i nostri paesi, ma anche noi stessi, con tutte le qualità che possediamo come esseri umani.

Impareremo ad accettare le differenze, abbracciare coloro che sono diversi, celebrare i compleanni degli altri come se fossero nostri e rallegrarci dei successi condivisi. Impareremo come creare la pace, e poi la riporteremo nei nostri paesi e, alla fine, nel mondo intero”, ha affermato Hamza, studente bosniaco dando il benvenuto ai nuovi compagni.

Grande novità di quest’anno l’attivazione della sperimentazione anche nelle scuole medie grazie all’adesione dell’Istituto Comprensivo Giovanni XXIII di Terranuova Bracciolini e dell’Istituto Comprensivo di Marciano e Lucignano: “Il metodo Rondine, come abbiamo capito questa mattina, offre ai nostri studenti e studentesse le competenze necessarie per affrontare le sfide del futuro e per imparare a stare al mondo. Per noi è veramente una grande opportunità poter iniziare con i ragazzini piccoli e dare loro la possibilità di imparare già da piccoli ad affrontare i conflitti e a sviluppare le competenze di educazione civica fondamentali. Grazie, grazie di cuore”, ha affermato Luisella Orsini dell’IC Giovanni XXIII.

Sezione Rondine avviata nel 2021 grazie alla collaborazione dell’Ufficio Scolastico Provinciale e Regionale e alle scuole della provincia di Arezzo che sono state pioniere della sperimentazione, da quest’anno vede 12 nuovi Istituti aderenti che hanno accolto l’opportunità di offrire ai propri studenti un percorso che mira a trasformare i conflitti in opportunità di crescita e apprendimento, a rafforzare le competenze relazionali e stimolare la cittadinanza attiva. Tutto questo grazie agli oltre 600 docenti certificati con il Metodo Rondine dai percorsi formativi di Rondine Academy.

Tra i pilastri dell’offerta formativa la nuova figura professionale del tutor di classe, che ha un ruolo fondamentale e innovativo per promuovere la coesione degli studenti e del gruppo classe. La formazione dei tutor è garantita dal Corso di Alta Formazione promosso da Rondine in collaborazione con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La quarta edizione del corso sarà a gennaio e a breve saranno aperte le iscrizioni.

A Rondine, in presenza, anche molti dirigenti scolastici e docenti delle scuole aderenti. Il primo passo fondamentale per l’avvio della sperimentazione infatti è stata proprio la formazione dei docenti al Metodo Rondine da parte di Rondine Academy, che ad oggi vede già 600 docenti certificati con il Metodo Rondine che oggi trasferiscono la metodologia per la trasformazione creativa dei conflitti nelle scuole. Non solo corso, ad ottobre il Corso al Metodo Rondine per la prima volta sarà disponibile non solo ai docenti ma per chiunque voglia cambiare il proprio approccio nelle relazioni e imparare a disinnescare i piccoli-grandi conflitti quotidiani. Per informazioni https://rondine.org/formazione-metodo-rondine/

Sezione Rondine è realizzato nell’ambito del protocollo d’Intesa sottoscritto con il Ministero dell’Istruzione e del Merito ‘Accordo di collaborazione per la diffusione della sperimentazione ‘Sezione Rondine’ (Atti del Ministro R.0000021 27-09-2023). In collaborazione con Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca direzione Regionale Toscana Ufficio Scolastico Provinciale di Arezzo. Il progetto è finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo AID 012618/04/0 – Sezione Rondine. Con il sostegno di Enel Cuore Onlus. Con il contributo di Fondazione KPMG; Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro; Federcasse BCC–Credito Cooperativo.

Infine sul palco anche i 31 studenti provenienti da tutta Italia del Quarto Anno Rondine che hanno scelto di frequentare un anno di scuola internazionale nella Cittadella della Pace per crescere nella relazione, imparare a trasformare i conflitti e progettare il proprio futuro a servizio del bene comune con il Metodo Rondine.

 Il Ministero dell’Istruzione riconosce il progetto come percorso di sperimentazione per l’innovazione didattica. Il progetto è stato realizzato con il contributo di: Fondazione di Sardegna; Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo; Fondazione Cariplo; Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia; Fondazione Andrea Biondo Istituto di Cultura; Fondazione Cassa di Risparmio di Prato; Gecofin; Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano; Fondazione ONLUS Niccolò Galli; Banca del Valdarno Credito Cooperativo – ‘borsa di studio in memoria di Bani Giovanni’; Fondazione Compagnia di San Paolo; Fondazione Finanza Etica; Fondazione Friuli; Fondazione Vincenzo Casillo; Fondazione il Cuore si Scioglie; Fondo di solidarietà Quarto Anno, amici e sostenitori.

Tra le istituzioni, presenti all’evento mons. Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro che ha voluto augurare un buon cammino di pace a tutti i giovani e agli intervenuti; l’assessore Simone Chierici, in rappresentanza del Comune di Arezzo; infine Lorenzo Pierazzi, Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Arezzo, e il precedente Provveditore Roberto Curtolo.

Infine non poteva mancare un saluto dei sostenitori della Cittadella della Pace intervenuti tra cui Marina Perotti e Carla Revello, Consigliere Generali della Cassa di Risparmio di Cuneo; Stefano Betti, Rappresentante della Fondazione Cassa Risparmio di Prato; Giuseppe Morandini, Presidente della Fondazione Friuli, Giovanni Galli, Consigliere della Fondazione Niccolò Galli, e Federica Ferrarese della Banca del Credito Cooperativo del Valdarno. Sarà presente anche Emiliano Maratea, Responsabile Affari Istituzionali Appenninica presso ENEL; Matteo Antonelli, Area Manager Retail Toscana Sud e Guido Guidarini del team Sviluppo territoriale Centro Nord di UniCredit.

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