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Giovani naviganti per il Mediterraneo

Presentata l’iniziativa ‘MED 25 – Le Bel Espoir’ con 200 tra ragazzi e ragazze che da marzo a ottobre si alterneranno in navigazione per toccare trenta diversi porti nei quali si svolgeranno sessioni di formazione, conferenze e festival, provenienti da Nord Africa, Medio Oriente, Mar Nero ed Egeo, Balcani ed Europa con un unico sogno condiviso: costruire pace e giustizia in tutte quelle nazioni che si affacciano sul Mediterraneo sconvolte da conflitti etnici, politici e religiosi, dilaniate da una povertà che ogni anno costringe centinaia di migliaia di persone a fuggire in cerca di una vita migliore e messe in crisi dai cambiamenti climatici che sottraggono terra e risorse al loro possibile e naturale sviluppo.
L’iniziativa nasce dopo gli ‘Incontri del Mediterraneo’ che si sono svolti negli anni scorsi a Bari, Firenze, Marsiglia e Tirana, come hanno riferito gli organizzatori: “Non ci rassegniamo a lasciare che il Mediterraneo diventi un campo di battaglia o un cimitero. Ci rifiutiamo di lasciare che le argomentazioni politiche e i concetti di globalizzazione prevalgano sull’incontro tra le persone, che sono sempre singolari e uniche. Le nostre paure non devono prevalere sulle nostre speranze… La sua storia di convivialità e di scambio, ricca di molte tradizioni filosofiche e spirituali, racchiude la chiave della riconciliazione tra popoli, culture e religioni”.
Il veliero, lungo 29 metri e composto da 3 alberi, salperà dal porto di Barcellona e avrà un programma intenso: le prime tappe, ad esempio, saranno quella di Malta, dove si discuterà di donne e Mediterraneo, quella di Cipro, nella quale si affronterà il tema del dialogo tra le varie fedi, e quella della Turchia, dove si cercherà di approfondire il rapporto tra lo sviluppo e la difesa dell’ambiente. Durante la navigazione, inoltre, i giovani potranno fare altre tappe in scali intermedi e a bordo vivranno momenti di condivisione e fraternità in grado di rafforzare una rete di solidarietà e di amicizia che potrà essere messa a disposizione davvero di tutti.
L’AJD è un’associazione partner e proprietaria del Bel Espoir, che trasforma l’esperienza del mare in pedagogia della fratellanza, come ha spiegato p. Alexis Leproux: “Formare i marinai significa formare alla solidarietà, all’ascolto, alla fiducia. Una parabola di ciò che si vuole nel Mediterraneo”.
Nel suo intervento, il cardinale Jean-Marc Aveline, ha spiegato come questo progetto si componga di quattro importanti azioni: “Ascoltare le ferite e le risorse delle cinque sponde, suscitare e condividere progetti con altri partner con i quali collaborare, vivere la sinodalità e la fraternità, costruire una cultura di dialogo e di pace”.
(Foto: Bel Espoir)
Papa Francesco ad Ajaccio con l’invito a riscoprire la pietà popolare

“Le terre bagnate dal mar Mediterraneo sono entrate nella storia e sono state la culla di molte civiltà che hanno raggiunto un notevole sviluppo. Ricordiamo, in particolare, quella greco-romana e quella giudeo-cristiana, che attestano la rilevanza culturale, religiosa, storica di questo grande ‘lago’ in mezzo a tre continenti, di questo mare unico al mondo che è il Mediterraneo”: questa mattina papa Francesco ad Ajaccio ha partecipato alla sessione conclusiva del convegno ‘La Religiosité Populaire en Mediterranée’ sulla pietà popolare e della spiritualità nel Mediterraneo.
Quindi ha sottolineato che nel Mediterraneo sono sorte le culture che hanno dato origine al pensiero greco e latino: “Non possiamo dimenticare che nella letteratura classica, quella greca e quella latina, spesso il Mediterraneo è stato lo scenario ideale per la nascita di miti, racconti e leggende. Come pure il fatto che il pensiero filosofico e le arti, insieme con le tecniche di navigazione, permisero alle civiltà del Mare nostrum di sviluppare una cultura elevata, di aprire vie di comunicazione, di costruire infrastrutture e acquedotti e, ancor più, sistemi giuridici e istituzioni di notevole complessità, i cui principi di base sono ancora oggi validi e attuali”.
Da questi luoghi è sorta anche l’esperienza religiosa: “Tra il Mediterraneo e il vicino Oriente, ha avuto origine una esperienza religiosa del tutto particolare, legata al Dio di Israele, che si rivela all’umanità e inizia un incessante dialogo con il suo popolo, culminando nella presenza singolare di Gesù, il Figlio di Dio. È Lui che ha fatto conoscere in modo definitivo il volto del Padre, Padre suo e nostro, e che ha portato a compimento l’Alleanza tra Dio e l’umanità”.
Ed ha ribadito che è un grave errore contrapporre cultura cristiana e cultura laica: “Sono passati più di duemila anni dall’Incarnazione del Figlio di Dio e tante sono state le epoche e le culture che si sono succedute. In alcuni momenti della storia la fede cristiana ha informato la vita dei popoli e le sue stesse istituzioni politiche, mentre oggi, specialmente nei Paesi europei, la domanda su Dio sembra affievolirsi e ci si scopre sempre più indifferenti nei confronti della presenza e della sua Parola. Tuttavia, bisogna essere cauti nell’analisi di questo scenario, per non lasciarsi andare in considerazioni frettolose e giudizi ideologici che, talvolta ancora oggi, contrappongono cultura cristiana e cultura laica. Questo è uno sbaglio!”
Infatti occorre una reciproca ‘apertura’ per cercare valori fondamentali: “Al contrario, è importante riconoscere una reciproca apertura tra questi due orizzonti: i credenti si aprono con sempre maggiore serenità alla possibilità di vivere la propria fede senza imporla, viverla come lievito nella pasta del mondo e degli ambienti in cui si trovano; e i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà, e spesso, pur non appartenendo ad alcuna religione, portano nel cuore una sete più grande, una domanda di senso che li conduce a interrogare il mistero della vita e a cercare valori fondamentali per il bene comune”.
Per realizzare tale connubio è importante riscoprire la pietà popolare: “La pietà popolare, esprimendo la fede con gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale e di festa (è curioso: una pietà che non sia festosa non ha ‘un buon odore’, non è una pietà che viene dal popolo, è troppo ‘distillata’). In questo senso, le sue pratiche danno corpo alla relazione con il Signore e ai contenuti della fede… I piccoli passi che ti portano avanti. La pietà popolare è una pietà che viene coinvolta con la cultura, ma non confusa con la cultura. E fa dei piccoli passi”.
Però ha messo in guardia a non strumentalizzare la pietà popolare: “Quando la pietà popolare riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni politiche, sociali e civili e la Chiesa. La fede non rimane un fatto privato (dobbiamo stare attenti a questo sviluppo, direi, eretico della privatizzazione della fede; i cuori si amalgamano e vanno avanti…), un fatto che si esaurisce nel sacrario della coscienza, ma (se intende essere pienamente fedele a sé stessa) comporta un impegno e una testimonianza verso tutti, per la crescita umana, il progresso sociale e la cura del creato, nel segno della carità”.
E’ un invito a riscoprire le opere derivanti dalla pietà popolare: “Proprio per questo, dalla professione della fede cristiana e dalla vita comunitaria animata dal Vangelo e dai Sacramenti, lungo i secoli sono nate innumerevoli opere di solidarietà e istituzioni come ospedali, scuole, centri di assistenza (in Francia sono molte!), in cui i credenti si sono impegnati a favore dei bisognosi e hanno contribuito alla crescita del bene comune. La pietà popolare, le processioni e le rogazioni, le attività caritative delle confraternite, la preghiera comunitaria del santo Rosario e altre forme di devozione possono alimentare questa (mi permetto di qualificarla così) ‘cittadinanza costruttiva’ dei cristiani. La pietà popolare ti dà una cittadinanza costruttiva!”
Riprendendo il pensiero di papa Benedetto XVI il papa ha concluso il discorso, sottolineando la necessità anche di una ‘sana’ laicità: “Ne deriva la necessità che si sviluppi un concetto di laicità non statico e ingessato, ma evolutivo, dinamico, capace di adattarsi a situazioni diverse o impreviste, e di promuovere una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio… Così Benedetto XVI: una sana laicità, ma accanto una religiosità. Si rispettano i campi”.
(Foto: Santa Sede)
33 anni di solitudine per il ‘camara’ Emmanuel

Parte all’età di 17 anni dalla sua nativa contea, Maryland, in Liberia. Siamo nel 2008 e ci troviamo nel primo mandato di Ellen Johson Sirleaf, prima donna presidente del Paese insanguinato e diviso da anni di guerra civile. Emanuel lascia la città portuaria di Harpour, chiamata anche Cape Palmas, per passare nell’adiacente Costa d’Avorio e stabilirsi a Tabou, città rifugio per migliaia di liberiani. Dopo un paio d’anni si trova a Zerekoré in Guinea tra le altre migliaia di rifugiati e sopravvive come agente informale di cambiavalute grazie a un fratello maggiore. Amici e la navigazione sul net lo fanno migrare in Algeria nel 2012.
Ciò che cerca è l’attraversamento del mare Mediterraneo che si pone come spartiacque tra i due continenti, uno dei quali Emanuel vorrebbe abbandonare al suo destino. In Algeria guadagna quanto basta per tentare la traversata del mare e passa in Marocco. Per tre volte tenta di lasciarsi alle spalle il continente africano e per tre volte la guardia costiera marocchina riporta i natanti a riva. Per i primi due viaggi ha speso 500 euro mentre per l’ultimo ne ha sborsati, inutilmente, il doppio. Faceva la spola tra i due Paesi, il Marocco e l’Algeria, dove lavorava da manovale e guadagnava abbastanza per pagarsi i viaggi.
Siamo ormai nel 2022. La vita di Emanuel sembra tornata normale e per un anno si ristabilisce a Algeri. Per strada, come gli altri africani neri, spesso è chiamato ‘camara’ (compagno) o ‘dog’(cane) . Entrato in un negozio per comprare di che nutrirsi, è stato fermato da un poliziotto. L’hanno arrestato, derubato e infine deportato fino a Tamanrasset. Ivi ha convissuto nel centro di detenzione con altre centinaia di migranti, rifugiati o richiedenti asilo. Dopo qualche settimana sono stato imbarcati e poi buttati nel deserto presso la frontiera col Niger. Una settimana a Assamaka, cittadina migrante inventata dal nulla, e dopo a Agadez.
Passa qualche mese nello snodo delle migrazioni dell’Africa occidentale e centrale, per raggiungere, con mezzi di fortuna, la capitale Niamey. Abita, da un paio di settimane, con decine di migranti come lui, non lontano dall’attuale palazzo adibito come Ministero della Giustizia che non c’è. Emanuel custodisce 33 anni di solitudine e spera di attraversare il mare per un’ultima volta.
Centro Astalli: in aumento le disuguaglianze tra i migranti

Il Rapporto annuale del Centro Astalli, presentato nelle settimane scorse, contiene una fotografia aggiornata sulle condizioni di richiedenti asilo e rifugiati che durante il 2023 si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, ed hanno usufruito dei servizi di prima e seconda accoglienza a Roma e nelle città italiane in cui opera (Bologna, Catania, Grumo Nevano, Palermo, Padova, Trento, Vicenza).
Il Rapporto, oltre a contenere un resoconto di un anno di attività del Centro Astalli, è uno strumento per capire chi sono i migranti che giungono in Italia per chiedere asilo, quali le principali difficoltà che incontrano nel percorso per il riconoscimento della protezione e per l’accesso all’accoglienza o a percorsi di integrazione. Attraverso testimonianze e approfondimenti si cerca di far emergere i principali nodi sulle migrazioni forzate in Italia: vie d’accesso, vulnerabilità, inclusione sociale, come ha presidente del Centro Astalli, p. Camillo Ripamonti:
“Il 2023 si è aperto con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto sicurezza sul soccorso in mare (DL n. 1/2023 Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori) che regolamentava il salvataggio in mare operato dalle ONG, considerato il ‘pull factor’ (smentito poi dai numeri del 2023) delle partenze dalle coste del nord Africa. La tragedia di Cutro del 26 febbraio 2023 ha dato modo al Governo di varare una nuova decretazione d’urgenza, il cosiddetto Decreto Cutro, poi convertito in legge (DL 10 marzo 2023, n. 20); esso con il pretesto della lotta ai trafficanti ha in realtà messo in atto una politica dissuasiva e punitiva delle partenze, culminato nell’accordo per la deportazione in Albania.
All’inizio di ottobre, una nuova decretazione d’urgenza è intervenuta attuando delle modifiche sull’accoglienza di minori non accompagnati (DL 5 ottobre 2023, n. 133). Ma sembra che tutto questo non abbia intercettato veramente i bisogni delle persone, anzi sotto certi aspetti ha complicato la loro vita (richiedenti asilo accolti solo nei CAS, quasi scomparsa del permesso di soggiorno per motivi speciali, non convertibilità dei permessi di soggiorno)”.
Dal rapporto è emerso che aumentano marginalità e disuguaglianze: “In tutti i servizi del Centro Astalli si sono fatti sentire forte gli effetti dell’inflazione e delle decretazioni d’urgenza emanate dal Governo in materia di immigrazione, che hanno fatto salire esponenzialmente i numeri delle richieste di aiuto per tutto l’arco dell’anno appena trascorso.
Sono sempre di più i rifugiati e i richiedenti asilo che vivono in strada, hanno sistemazioni precarie sul territorio di Roma (e non solo) e necessitano di un accompagnamento strutturato. Numerose anche le difficoltà manifestate da singoli e nuclei monoparentali nel far fronte al rincaro delle materie prime”.
. Più di 2.600 utenti hanno usufruito della mensa di Roma che ha distribuito oltre 67.000 pasti (erano stati poco più di 46.000 nel 2022, con un aumento del 45%): tra loro il 28% (1 persona su 3) è richiedente asilo: “E’ aumentata la presenza di donne migranti, incremento dovuto al gran numero di ucraine, titolari di protezione temporanea, che dall’inizio del conflitto e per molto tempo a seguire non hanno avuto la necessità di rivolgersi a servizi di bassa soglia (probabilmente grazie alla campagna mediatica a loro sostegno), ma anche di cittadini peruviani, colombiani e venezuelani, in fuga dai loro Paesi a causa di situazioni di violenza generalizzata e di insicurezza sociale”.
Invece a Palermo i volontari hanno riscontrato un aumento della povertà assoluta: sono infatti raddoppiati gli accessi ai servizi di prima accoglienza offerti dall’associazione; mentre a Trento, è stato potenziato il servizio dei dormitori notturni dove si è riusciti a dare accoglienza a 177 richiedenti asilo senza dimora con l’aumento di marginalità, disuguaglianze ma anche le complessità delle situazioni di cui le persone migranti sono portatrici: “I processi di semplificazione in atto nel tentativo di contenere le migrazioni, non solo sono destinati a fallire nel tempo, ma rendono gli spostamenti e i viaggi dei migranti ancora più mortali e difficili”.
Il rapporto ha evidenziato che sono state 8.541 le persone che hanno perso la vita lungo le rotte migratorie di tutto il mondo nel 2023, anno in cui sono stati registrati più morti in assoluto: 3.105 le persone morte e disperse nel Mediterraneo, più di 29.000 in totale le vittime dal 2014 (dati OIM): “Le risposte politiche a queste tragedie hanno visto l’inasprimento del contrasto all’attività delle navi umanitarie, la realizzazione di accordi economici per dissuadere gli arrivi, aumentare i rimpatri e cooperare con regimi antidemocratici;
l’emanazione di regole di accesso più rigide per i richiedenti asilo in Europa, compresi i minori, mettendo una seria ipoteca sul rispetto dei diritti di persone già duramente provate da situazioni caratterizzate da persecuzioni e violenze subite nei Paesi di origine e in quelli di transito. Strategia onerosa quella dell’esternalizzazione delle frontiere, unita alla pratica dei respingimenti e delle espulsioni illegali, con metodi brutali e coercitivi lungo le rotte europee, con la conseguenza che centinaia di migliaia di persone rimangono imprigionate in terre di mezzo, e vedono aumentare il carico dei traumi a cui sono sottoposti”.
Lo stato generale di fragilità trova riscontro nelle quasi 10.000 visite mediche, di base e specialistiche svolte presso il SaMiFo (Salute Migranti Forzati) con un aumento del 15% a fronte di un’utenza aumentata solo dell’1,6%: “Oltre alla vulnerabilità evidente per persone portatrici di condizioni oggettive (anziani, minori, donne in gravidanza ecc.) o di diagnosi già acclarate, esiste nel mondo dei rifugiati una vulnerabilità più nascosta, spesso legata ai traumi vissuti e non ancora elaborati che per emergere e cominciare una cura ha bisogno di tempo, attenzione e di un’accoglienza dentro luoghi idonei. Pensare di riservare un’accoglienza (sia in termini di alloggio che di documenti) ai soli soggetti vulnerabili, significa scegliere di contribuire ad accrescere il numero delle persone vulnerabili”.
Inoltre nello scorso anno il Centro Astalli, con il sostegno dell’Elemosineria Vaticana, ha erogato contributi per il pagamento delle tasse necessarie al rilascio del permesso di soggiorno e titolo di viaggio per 463 rifugiati, perlopiù nuclei familiari originari dell’Afghanistan:
“Nel momento in cui le persone iniziano, con difficoltà, il loro percorso in Italia viene loro chiesto un pagamento non irrilevante. Più soli, invisibili, marginalizzati, spaesati, numerosi sono stati i cittadini stranieri che si sono rivolti agli sportelli del servizio legale con permesso di soggiorno per Protezione speciale in scadenza. Se pensiamo che in passato questa forma di protezione veniva concessa dalle Commissioni Territoriali allo scopo di ‘sanare’ diversi tipi di situazioni, ci rendiamo facilmente conto delle conseguenze negative che le decisioni politiche prese avranno su molte persone”.
Inoltre nello scorso anno il servizio di accompagnamento all’autonomia a Roma ha sostenuto 659 persone: “Promuovere l’autonomia delle persone rifugiate significa abbattere le barriere che si frappongono ad un’integrazione piena e autonoma, per questo nel corso dell’anno sono state realizzate attività volte a favorire anche la loro inclusione finanziaria ed è proseguita l’attività di contrasto al digital divide con lo scopo di garantire l’accesso di rifugiati e richiedenti asilo ai servizi della Pubblica Amministrazione…
La società italiana è una società multiculturale nella quale, tuttavia, oggi non assistiamo al moltiplicarsi di processi di coesione, scambio e incontro. Crediamo sia importante investire nel patrimonio sociale delle nostre comunità, valorizzando le diversità che le possono rendere più ricche e forti. In tutte le realtà della Rete territoriale del Centro Astalli si costruiscono ogni giorno spazi di cittadinanza e giustizia, cercando soluzioni che vengano incontro alle esigenze dei rifugiati e della società che li accoglie”.
(Foto: Centro Astalli)
Il Consiglio dei Giovani del Mediterraneo per costruire la pace

“Quando scoppia una guerra è come se s’interrompesse un discorso, un cammino. A Rondine è il discorso che affronta il conflitto, è il cammino che guarda la pace. In questi giorni tragici nei quali la guerra, il terrorismo e ogni forma di violenza sembrano avere interrotto quel cammino, la Cittadella della Pace si interroga, come tanti, sulla sua missione.
Fondazione Oasis: un nuovo sguardo sulle migrazioni

“Come avviene con numerose altre questioni, anche il dibattito pubblico sul fenomeno migratorio ha infatti un andamento altalenante. Esplode nei frangenti di particolare drammaticità per poi svanire fino all’emergenza successiva. Cambiare rotta, come recita il titolo di questo incontro, è perciò un invito di ordine culturale prima ancora di essere una proposta rivolta ai decisori politici.
Per non dimenticare Lampedusa

Nel discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale sulla tratta delle persone umane, svoltosi il 10 aprile 2014, papa Francesco aveva sottolineato la tragedia che qualche mese precedente si era consumata a Lampedusa: “Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte. Così il titolo dei giornali. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza”.
Gli Incontri del Mediterraneo nel racconto del papa

Nell’udienza generale odierna papa Francesco, come succede dopo ogni viaggio apostolico, ha raccontato quello che è avvenuto a Marsiglia, ribadendo che il Mediterraneo è un luogo di incontro e di vita: “Alla fine della scorsa settimana mi sono recato a Marsiglia per partecipare alla conclusione dei ‘Rencontres Méditerranéennes’, che hanno coinvolto Vescovi e Sindaci dell’area mediterranea, insieme con numerosi giovani, perché lo sguardo fosse aperto al futuro. In effetti, l’evento di Marsiglia era intitolato ‘Mosaico di speranza’. Questo è il sogno, questa è la sfida: che il Mediterraneo recuperi la sua vocazione, di essere laboratorio di civiltà e di pace”.
Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato: ‘Liberi di scegliere se migrare o restare’

“Con l’intenzione di contribuire a tale sforzo di lettura della realtà, ho deciso di dedicare il Messaggio per la 109^ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato alla libertà che dovrebbe sempre contraddistinguere la scelta di lasciare la propria terra. ‘Liberi di partire, liberi di restare’, recitava il titolo di un’iniziativa di solidarietà promossa qualche anno fa dalla Conferenza Episcopale Italiana come risposta concreta alle sfide delle migrazioni contemporanee. E dal mio ascolto costante delle Chiese particolari ho potuto comprovare che la garanzia di tale libertà costituisce una preoccupazione pastorale diffusa e condivisa”.
Da Marsiglia storie di accoglienza

Dando il saluto a papa Francesco nella sessione conclusiva dei ‘Rencontres Méditeranneés’ l’arcivescovo di Marsiglia, card. Jean Marc Aveline aveva salutato papa Francesco ed il presidente della Repubblica francese, che insieme ai vescovi ed ai giovani provenienti dai Paesi del mar Mediterraneo partecipano all’incontro: