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Papa Francesco: la quaresima apre alla speranza pasquale

“Le sacre ceneri, questa sera, verranno sparse sul nostro capo. Esse ravvivano in noi la memoria di ciò che siamo, ma anche la speranza di ciò che saremo. Ci ricordano che siamo polvere, ma ci incamminano verso la speranza a cui siamo chiamati, perché Gesù è disceso nella polvere della terra e, con la sua Risurrezione, ci trascina con sé nel cuore del Padre. Così si snoda il cammino della Quaresima verso la Pasqua, tra la memoria della nostra fragilità e la speranza che, alla fine della strada, ad attenderci ci sarà il Risorto”.
Con queste parole di papa Francesco, lette dal card. Angelo De Donatis, penitenziere maggiore, che ha condotto anche la processione penitenziale dalla chiesa romana di Sant’Anselmo all’Aventino alla Basilica di Santa Sabina, è iniziato il cammino quaresimale, che conduce alla Pasqua, con l’invito a fare memoria:
“Riceviamo le ceneri chinando il capo verso il basso, come per guardare a noi stessi, per guardarci dentro. Le ceneri, infatti, ci aiutano a fare memoria della fragilità e della pochezza della nostra vita: siamo polvere, dalla polvere siamo stati creati e in polvere ritorneremo. E sono tanti i momenti in cui, guardando la nostra vita personale o la realtà che ci circonda”.
L’imposizione delle ceneri è un fare memoria della propria fragilità: “Ce lo insegna soprattutto l’esperienza della fragilità, che sperimentiamo nelle nostre stanchezze, nelle debolezze con cui dobbiamo fare i conti, nelle paure che ci abitano, nei fallimenti che ci bruciano dentro, nella caducità dei nostri sogni, nel constatare come siano effimere le cose che possediamo”.
E le fragilità sono tante: “Fatti di cenere e di terra, tocchiamo con mano la fragilità nell’esperienza della malattia, nella povertà, nella sofferenza che a volte piomba improvvisa su di noi e sulle nostre famiglie. E, ancora, ci accorgiamo di essere fragili quando ci scopriamo esposti, nella vita sociale e politica del nostro tempo, alle ‘polveri sottili’ che inquinano il mondo: la contrapposizione ideologica, la logica della prevaricazione, il ritorno di vecchie ideologie identitarie che teorizzano l’esclusione degli altri, lo sfruttamento delle risorse della terra, la violenza in tutte le sue forme e la guerra tra i popoli”.
Inoltre la fragilità ricorda la morte: “Da ultimo, questa condizione di fragilità ci richiama il dramma della morte, che nelle nostre società dell’apparenza proviamo a esorcizzare in molti modi e a emarginare perfino dai nostri linguaggi, ma che si impone come una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, segno della precarietà e fugacità della nostra vita”.
Però la Quaresima è un richiamo alla speranza: “La Quaresima, però, è anche un invito a ravvivare in noi la speranza. Se riceviamo le ceneri col capo chino per ritornare alla memoria di ciò che siamo, il tempo quaresimale non vuole lasciarci a testa bassa ma, anzi, ci esorta a sollevare il capo verso Colui che dagli abissi della morte risorge, trascinando anche noi dalla cenere del peccato e della morte alla gloria della vita eterna. Le ceneri ci ricordano allora la speranza a cui siamo chiamati perché Gesù, il Figlio di Dio, si è impastato con la polvere della terra, sollevandola fino al cielo”.
Infatti il cammino quaresimale apre alla speranza pasquale: “Convertiamoci a Dio, ritorniamo a Lui con tutto il cuore, rimettiamo Lui al centro della nostra vita, perché la memoria di ciò che siamo (fragili e mortali come cenere sparsa nel vento) sia finalmente illuminata dalla speranza del Risorto”.
L’omelia papale è stata un richiamo ad orientare la vita a Dio, con un richiamo a fare ‘deserto’ nella città, come esortava Carlo Carretto: “E orientiamo verso di Lui la nostra vita, diventando segno di speranza per il mondo: impariamo dall’elemosina a uscire da noi stessi per condividere i bisogni gli uni degli altri e nutrire la speranza di un mondo più giusto; impariamo dalla preghiera a scoprirci bisognosi di Dio o, come diceva Jacques Maritain ‘mendicanti del cielo’, per nutrire la speranza che dentro le nostre fragilità e alla fine del nostro pellegrinaggio terreno ci aspetta un Padre con le braccia aperte; impariamo dal digiuno che non viviamo soltanto per soddisfare i nostri bisogni, ma che abbiamo fame di amore e di verità, e solo l’amore di Dio e tra di noi riesce davvero a saziarci e a farci sperare in un futuro migliore”.
Parole che risuonano anche nel messaggio papale per la quaresima di fraternità della Chiesa brasiliana: “Il tema della Campagna di fraternità di quest’anno esprime anche la disponibilità della Chiesa in Brasile a dare un contributo affinché, durante la COP30 del prossimo mese di novembre, che si terrà a Belém do Pará, nel cuore dell’amata Amazzonia, le nazioni e gli organismi internazionali possano impegnarsi effettivamente in pratiche che aiutino a superare la crisi climatica e a preservare l’opera meravigliosa del Creato, che Dio ci ha affidato e che abbiamo la responsabilità di trasmettere alle future generazioni”.
Per questo il papa ha auspicato che tale campagna sia aiuto per chi è nel bisogno: “Auspico che tale percorso quaresimale rechi molti frutti e ci colmi tutti di speranza, della quale siamo pellegrini in questo Giubileo. Formulo voti affinché la Campagna di fraternità sia nuovamente un potente aiuto per le persone e le comunità di questo amato Paese nel suo processo di conversione al Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo e di impegno concreto con l’ecologia integrale”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco invita a seguire Gesù come Maria e Giuseppe

“In quest’ultima catechesi dedicata all’infanzia di Gesù, prendiamo spunto dall’episodio in cui, a dodici anni, Egli rimase nel Tempio senza dirlo ai genitori, i quali lo cercarono ansiosamente e lo ritrovarono dopo tre giorni. Questo racconto ci presenta un dialogo molto interessante tra Maria e Gesù, che ci aiuta a riflettere sul cammino della madre di Gesù, un cammino non certo facile. Infatti Maria ha compiuto un itinerario spirituale lungo il quale è avanzata nella comprensione del mistero del suo Figlio”: anche oggi è stata pubblicata la catechesi dell’udienza generale che papa Francesco avrebbe dovuto tenere e che è stata annullata a causa del ricovero al Policlinico Gemelli.
E’ stato un invito a ripensare al ‘percorso’ compiuto dalla Madre di Dio: “All’inizio della sua gravidanza, Maria fa visita a Elisabetta e si ferma da lei per tre mesi, fino alla nascita del piccolo Giovanni. Poi, quando è ormai al nono mese, a causa del censimento, con Giuseppe va a Betlemme, dove dà alla luce Gesù. Dopo quaranta giorni si recano a Gerusalemme per la presentazione del bambino; quindi ogni anno ritornano in pellegrinaggio al Tempio.
Ma con Gesù ancora piccolo si erano rifugiati a lungo in Egitto per proteggerlo da Erode, e solo dopo la morte del re si erano stabiliti di nuovo a Nazaret. Quando Gesù, divenuto adulto, inizia il suo ministero, Maria è presente e protagonista alle nozze di Cana; poi lo segue ‘a distanza’, fino all’ultimo viaggio a Gerusalemme, fino alla passione e alla morte. Dopo la Risurrezione, Maria resta a Gerusalemme, come Madre dei discepoli, sostenendo la loro fede in attesa dell’effusione dello Spirito Santo”.
Questo percorso permette a Maria di essere pellegrina di speranza: “In tutto questo cammino, la Vergine è pellegrina di speranza, nel senso forte che diventa la ‘figlia del suo Figlio’, la prima sua discepola. Maria ha portato al mondo Gesù, Speranza dell’umanità: lo ha nutrito, lo ha fatto crescere, lo ha seguito lasciandosi plasmare per prima dalla Parola di Dio… Questa singolare comunione con la Parola di Dio non le risparmia però la fatica di un impegnativo apprendistato”.
Però essere la Madre di Dio non impedisce l’esercizio di svolgere il compito di genitori: “Maria e Giuseppe hanno provato il dolore dei genitori che smarriscono un figlio: credevano entrambi che Gesù fosse nella carovana dei parenti, ma non avendolo visto per un’intera giornata, incominciano la ricerca che li porterà a fare il viaggio a ritroso. Tornati al Tempio, scoprono che Colui che ai loro occhi, fino a poco prima, era un bambino da proteggere, è come cresciuto di colpo, capace ormai di coinvolgersi in discussioni sulle Scritture, reggendo il confronto con i maestri della Legge”.
Non capiscono ma comprendono ma meditano ciò che Gesù dice: “Maria e Giuseppe non comprendono: il mistero del Dio fatto bambino supera la loro intelligenza. I genitori vogliono proteggere quel figlio preziosissimo sotto le ali del loro amore; Gesù invece vuole vivere la sua vocazione di Figlio del Padre che sta al suo servizio e vive immerso nella sua Parola.
I Racconti dell’Infanzia di Luca si chiudono, così, con le ultime parole di Maria, che ricordano la paternità di Giuseppe nei confronti di Gesù, e con le prime parole di Gesù, che riconoscono come questa paternità tragga origine da quella del Padre suo celeste, del quale riconosce il primato indiscusso”.
La catechesi del papa è un invito a seguire Gesù come hanno fatto Maria e Giuseppe: “Cari fratelli e sorelle, come Maria e Giuseppe, pieni di speranza, mettiamoci anche noi sulle tracce del Signore, che non si lascia contenere dai nostri schemi e si lascia trovare non tanto in un luogo, ma nella risposta d’amore alla tenera paternità divina, risposta d’amore che è la vita filiale”.
E dalla Sala Stampa della Santa Sede è arrivato anche un aggiornamento sulla salute del papa: ‘Il Papa ha riposato bene nella notte, si è svegliato poco dopo le 8:00’, proseguendo la terapia e la fisioterapia respiratoria; però la situazione appare stabile, sempre nel contesto di un quadro complesso.
Statio Peregrinorum: molti turisti ‘lenti’ hanno visitato la basilica di san Francesco ad Assisi

Continua a crescere ancora il turismo lento dei pellegrini che giungono ad Assisi per visitare la basilica di San Francesco e fare un’esperienza spirituale di fronte alle reliquie del Santo, come testimoniano le statistiche elaborate dalla ‘Statio Peregrinorum’, presentate nei giorni scorsi da Roberta Gallina e Samantha Cesaretti, componenti dell’associazione ‘Sentieri di felicità’, da fra Jorge Fernánde e da fra Rafael Normando, coordinatori della ‘Statio Peregrinorum’.
Infatti dalle statistiche è emerso che il numero totale dei pellegrini segna un nuovo record: 4483 (4227 nel 2023), che narra un equilibrio tra uomini e donne (rispettivamente 49,4% e 50,06%) ed un’ulteriore crescita degli arrivi in gruppo (38,5%, 34,2% nel 2023) rispetto a quelli in solitaria (61,5%, 65,8% nel 2023). Rimangono quasi invariate le modalità di percorrenza dei cammini: 96,9% a piedi, 2,9% in bicicletta.
Gli italiani passano dal 51% del 2023 al 49,85% del 2024. Per quanto riguarda la provenienza dei pellegrini stranieri, l’11,95% arriva dalla Germania, il 5,62% dagli Stati Uniti e il 5,18% dalla Francia. Anche se gli ultrasessantenni rimangono la maggioranza (52,9% rispetto al 59% del 2023), tornano a crescere le fasce più giovani: 35,3% per la fascia 30-60 anni (32,1% nel 2023), 8,9% per la fascia 18-30 (6,3% nel 2023), 3% per la fascia under 18. Riguardo all’occupazione, il 21,12% dei pellegrini è in pensione (21,29% nel 2023), l’11,99% sono studenti (8,52% nel 2023) e l’8,48% insegnanti (8,62% nel 2023).
La motivazione principale che spinge ad intraprendere un cammino rimane quella religiosa (41,41% rispetto al 46,73% del 2023), quella culturale riguarda l’1,89% dei casi, e nel 22,8% dei casi troviamo altre motivazioni. In questo modo la ‘Via di Francesco’ si conferma il cammino francescano maggiormente percorso dai pellegrini con l’80,93% (81,4% nel 2023), a cui seguono il ‘Cammino di Assisi’ con il 5,34%, la ‘Via Lauretana’ con il 2,79%, Di qui passò Francesco con il 2,33%, ‘Cammino Francescano della Marca’ con il 2,28%, ‘Vézelay-Assisi’ 2,21%, Altri 1,89%.
A tal proposito fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento, ha detto che tale crescita turistica è molto importante: “Nella nostra epoca e nel nostro contesto culturale segnati dall’impatto della tecnologia e dallo stile di vita che da essa scaturisce, è molto significativo il trend in crescita del turismo lento e del pellegrinaggio a piedi, come opportunità di tornare all’essenziale. E la ricerca dell’essenziale, da che mondo è mondo, è il primo passo di ogni cammino spirituale autentico”.
Tali cammini sono l’essenza del francescanesimo: “San Francesco, l’uomo che è stato pellegrino nei campi, nei borghi e nei castelli del suo tempo per invitare gli uomini e le donne a focalizzare la loro vita intorno a Colui e a ciò che non passa e non ‘arrugginisce’, continua a invitare tante persone (anche attraverso il turismo lento) a compiere questo itinerario, che mentre è fisico, è allo stesso tempo interiore. E noi suoi figli e discepoli siamo felici e onorati di poter accogliere, sostenere e valorizzare coloro che hanno questo coraggio e si mettono in cammino”.
A tal proposito il vescovo delle diocesi di Gubbio e di Città di Castello, mons. Luciano Paolucci Bedini, ha sottolineato che è necessario coinvolgere maggiormente i giovani in queste esperienze: “Non possiamo dimenticare che dietro i numeri delle statistiche ci sono anzitutto i volti delle persone, che sono ciò che davvero conta. in secondo luogo, prendendo atto di un turismo lento che riguarda soprattutto degli ultrasessantenni, dovremmo interrogarci e impegnarci maggiormente, come società e agenzie educative, per un maggior coinvolgimento dei giovani in questo tipo di esperienze, che sono sempre e comunque anche un viaggio interiore in profondità”.
(Foto: Statio Peregrinorum)
Per il Giubileo settimana di mobilitazione contro la tratta

‘Ambasciatori di speranza. Insieme contro la tratta di persone’ è il tema scelto, in continuità con il Giubileo in corso, per l’undicesima Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, che si celebra ogni anno l’8 febbraio, in occasione della festa di santa Bakhita, donna e suora sudanese vittima di tratta e simbolo universale dell’impegno della Chiesa contro questo fenomeno.
Giovani della rete globale contro la tratta, provenienti da tutti i continenti, sono giunti a Roma in occasione della Giornata, per una settimana di formazione e incontri, con un momento centrale di preghiera e riflessione insieme a papa Francesco, che ha istituito nel 2015 la Giornata, affidandone la promozione all’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg) e all’Unione dei superiori generali (Usg) e il coordinamento a ‘Talitha Kum’, la rete internazionale anti-tratta che conta più di 6.000 suore, amici e partner in tutto il mondo.
Secondo le Nazioni Unite, sono 50.000.000 le persone vittime della tratta a livello globale. Coloro che ne soffrono maggiormente le conseguenze sono donne, bambini, migranti e rifugiati. Una vittima su tre è un bambino, mentre il 79% delle vittime dello sfruttamento sessuale a livello globale sono donne e ragazze. Le persone costrette alla migrazione forzata sono circa 120.000.000.
Guerre, conflitti, violenze, povertà e catastrofi ambientali li portano ad abbandonare le proprie case, rendendoli particolarmente vulnerabili alla tratta e allo sfruttamento per la pericolosità delle rotte e perché spesso si fa ricorso a trafficanti o al mercato nero per spostarsi da un Paese all’altro. A questo si aggiunge un’altra forma di tratta, che è lo sfruttamento online.
Oggi continuano le attività di formazione e sensibilizzazione sul tema della tratta; giovedì 6 febbraio, al mattino, pellegrinaggio dei giovani attraverso le Porte Sante, mentre il pomeriggio, dalle 17 alle 19, all’Università Pontificia della Santa Croce di Roma si svolgerà l’evento Appello alla speranza e alla guarigione, con le testimonianze di alcuni sopravvissuti alla tratta, giovani attivisti e la performance di artisti come la band Gen Verde.
La mattina di venerdì 7 febbraio papa Francesco incontrerà la delegazione dei giovani ambasciatori, i sopravvissuti e i rappresentanti della rete delle organizzazioni promotrici della Giornata. Subito dopo ci sarà il pellegrinaggio online di preghiera e riflessione contro la tratta, che attraverserà tutti i continenti e i fusi orari: dall’Oceania all’Asia, Medio Oriente, Africa, Europa, Sud America e, infine, il Nord America. L’evento sarà trasmesso in diretta streaming in cinque lingue (inglese, spagnolo, portoghese, francese, italiano) su www.preghieracontrotratta.org/yt/it.
Sabato 8 febbraio, i giovani ambasciatori si riuniranno per un giorno intero di dialogo e lavoro, che culminerà con il lancio della nuova chiamata all’azione globale contro la tratta, che diventerà un nuovo strumento di sensibilizzazione e mobilitazione da usare in tutto il mondo. Gli organizzatori invitano tutti a dedicare un post, un tweet e condividerlo il 7 e l’8 febbraio usando gli hashtag ufficiali #PrayAgainstTrafficking #iubilaeum2025.
Ed ecco la storia di Grace, raccontata nel sito della rete: “Grace è fuggita dai suoi trafficanti a Dubai e ha cercato subito aiuto in una chiesa locale. Lì ha incontrato un sacerdote e delle suore che l’hanno messa rapidamente in contatto con le Sorelle di Talitha Kum nel suo Paese d’origine, la Nigeria. Grazie al loro sostegno, ha potuto lasciare gli Emirati Arabi Uniti ed è stata accolta calorosamente dalle suore di Villa Bakhita all’aeroporto. Grace ricorda quanto siano state premurose mentre elaborava il trauma della sua esperienza, dandole modo di condividere la sua storia solo quando si fosse sentita pronta.
Durante il periodo trascorso al rifugio, Grace ha avuto la possibilità di andare regolarmente a Messa e ha instaurato un forte legame con le suore. Speranzosa e determinata a proseguire gli studi, le suore le hanno offerto corsi di informatica e una formazione pratica in cucina e pasticceria. Talitha Kum infatti mette a disposizione anche corsi di catering, sartoria e parruccheria per consentire ai sopravvissuti di recuperare l’indipendenza e reintegrarsi nella società.
La vicenda di Grace porta con sé un potente messaggio di speranza, non solo per i sopravvissuti, ma anche per chi li assiste. Una sorella di Villa Bakhita ha detto: Storie come la sua sono molto incoraggianti. Questo lavoro può essere impegnativo e frustrante, ma quando si è testimoni di persone che rispondono e collaborano, si rafforza la motivazione a continuare e ci si rassicura che c’è speranza. E’ un forte messaggio di speranza per tutti gli altri sopravvissuti”.
(Foto: Talitha Kum)
Da Parma un invito ad un cammino di speranza con i giovani

“C’è speranza per i giovani, a Parma? Il marziano che arriva o la persona che ha passato il mare, a Parma, vede speranza o rassegnazione? Siamo Capitale europea dei giovani. L’Europa è giovane e dà speranza? Queste domande me le faccio da cittadino e da Vescovo, preoccupato e voglioso di guardare avanti con una coscienza che si interroga, osservando prima di tutto la nostra Chiesa le cui membra sono la gente di Parma che crede, partecipa, vive, come ognuno può, la fede cattolica. Ho goduto della Giornata mondiale della gioventù e di altre manifestazioni con i giovani e soffro se la Chiesa non ascolta e non propone e quando vedo non accolte o sciupate le potenzialità ed energie dei giovani. Intuisco la loro voglia di autenticità, di crescita e di testimoni”.
Con queste domande inizia la lettera inviata da mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma, alla città, che sarà capitale europea dei giovani nel 2024, in occasione della solennità del patrono sant’Ilario di Poitiers, coniugando la speranza, tema dell’Anno Santo, ed i giovani, simbolo di speranza nel presente e nel futuro, ma anche espressione spesso di sogni traditi: “Ognuno ha una responsabilità verso i giovani, gli adulti, la famiglia, la Chiesa e la società civile, le aggregazioni e la scuola. Pensare ai giovani, dobbiamo esserne coscienti, è inquadrare una galassia diversificata, per età, per provenienza, per possibilità, per inclusione. Un elenco lungo, troppo per essere raccolto qui. Parma è una città ricca. Dove si vive bene. Anche se questo non è per tutti”.
Consapevole di ciò ha indicato alcune speranze che i giovani, intervistati, nutrono: “Il desiderio che muove la speranza è, per molti, la felicità e per tanti la fede che prospettano uno sguardo verso il futuro. La speranza viene percepita come una molla… La speranza è colta come la possibilità e l’auspicio di un cambio di passo, nella consapevolezza che si può ‘avere una seconda possibilità’, e che ‘non è ancora detta l’ultima parola sulla realtà e che c’è ancora qualcosa di nuovo…’. Una speranza che viene alimentata, per alcuni dalla fede, per molti dalla testimonianza degli altri: ‘Giovani che fanno scelte in conformità al Vangelo’, ‘persone che, intorno a me, continuano a progettare e a vivere e non a sopravvivere’; per altri dalla gratitudine: ‘Spero di poter restituire al mondo parte di quello che ho ricevuto’, come gli stessi giovani intervistati hanno dichiarato. Messaggio che contiene domande, riflessioni e provocazioni, rivolte a tutta la comunità, sia cristiana che civile, perché solo camminando insieme si dà forma e volto alla speranza”.
Inoltre i giovani hanno sottolineato gli ostacoli alla speranza: “Ma i giovani hanno anche evidenziato ciò che spegne, ostacola, la speranza. Tra questi, la paura: ‘La paura di non riuscire ad arrivare al traguardo che mi sono posta, l’insicurezza nelle mie capacità’… Paura, incertezza, instabilità, vissute e colte anche nell’attuale contesto sociale e politico”.
Quindi parlare di speranza implica alcuni interrogativi sugli stili di vita di una comunità: “Parlare di speranza, come ci hanno detto e ci chiedono i giovani, porta ad interrogarci sullo stile di vita della nostra comunità, sulle attese che genera, sui modelli che propone, su quanto si ritiene essenziale, condiviso e non rinunciabile. Così pure se trae dal suo tesoro, dalla sua anima, un messaggio armonico che rende ragione delle dimensioni proprie della persona, non soltanto di carattere immediato e immanente, ma con piste di risposte a interrogativi profondi che non possono essere elusi e a domande di senso tanto radicali, quanto appaiono sovente lontani i punti luce che le possono rischiarare, come donne e uomini significativi, capaci di educare, ascoltare e attrarre”.
Ma la speranza è bloccata anche dalla precarietà: “La speranza fatica a crescere nella precarietà, nell’incertezza, nella povertà. Non possiamo negare che anche a Parma la forbice si sta allargando tra giovani che hanno tante possibilità di formazione e di un significativo o alto tenore di vita e chi ne ha molto meno, fino a non averne. Qui si mina la speranza. Può essere forte come la gramigna che fora l’asfalto, ma, più spesso, vi muore sotto. Pensiamo ai giovani migranti che cercano una sistemazione, un permesso di soggiorno, un lavoro, una possibilità di studio. In chiaro scuro la speranza e la sua negazione possono portare a delinquere e a oltrepassare le porte del Carcere. Via Burla non è una burla. E’ luogo di detenzione anche di giovani”.
Per questo il vescovo ha invitato i giovani ad essere testimoni di speranza: “I giovani sono testimoni di speranza. La nutrono e la diffondono. Sanno, come diceva don Pino Puglisi, ‘rispondere alle attese vere dell’umanità intera e del singolo… sperimentano che vivere è sperare’ fino al martirio, cioè fino a pagare di persona”.
Un giovane di speranza è stato Sammy Basso: “Una lezione non voluta, dalla cattedra della sua vita di giovane ventottenne, affetto da progeria. Tanti giovani hanno la domanda sulla vita e su cosa c’è oltre. Negarla è mettere la polvere sotto il tappeto. La speranza della vita piena che non finisce, non distoglie dall’oggi, anzi è la molla per il cambiamento. Nei testimoni di speranza possiamo mettere ‘i patrioti’ ricordati dal presidente Mattarella.
pI loro sono volti comuni, in professioni necessarie e spesso a rischio… Fa ben sperare vedere giovani che si offrono per i più poveri, anche loro coetanei, che servono in servizi essenziali, da volontari, come alla mensa della Caritas. Lo fanno in silenzio, non fanno polemiche sterili, non puntano il dito senza conoscere, si tirano su le maniche, si sporcano le mani”.
Perciò il messaggio del vescovo è un invito agli adulti di ascoltare i giovani: “Testimoni di speranza sono anche quei giovani (ce lo hanno detto nelle interviste) che sperano di fare famiglia, di generare figli. Preoccupa che questo desiderio resti, per loro, in bilico tra la speranza e la paura di non farcela. Due giovani che si sposano si aprono al futuro; il figlio è ‘la’ speranza della città e del mondo. Oltre che loro. Se intendiamo per ‘patriottismo’ l’agire con coraggio per il bene comune, sono veri patrioti”.
Ecco l’invito ad essere ‘pellegrini nella speranza’: “Il pellegrinaggio, tipico del Giubileo, è una pratica e un simbolo universale e può rappresentare la sinergia tra la speranza giovane e la nostra città. Richiede una partenza, un itinerario, una meta, e camminare con entusiasmo insieme. Si vince così più facilmente la fatica, e si supera, una volta partiti, la noia e l’apatia. Mette alla prova, purifica le speranze. C’è l’obbligo che nessuno resti indietro. Ci piace pensare che possa essere intrapreso da una comunità che, unendo tutti, trae dalla sua storia anche recente la motivazione per farlo (vi ricordate della pandemia e di quanto ci dicevamo?) avendo i giovani come apripista. Si cammina sulla terra, l’ambiente che ci è dato”.
Il messaggio si conclude con l’invito ad iniziare un pellegrinaggio di speranza: “Nel pellegrinaggio si può toccare l’essenziale che ci abita, attivare risorse sopite, aprirsi alla speranza. Dal di dentro si irradia la luce e la forza per il poliedro della speranza. Non ha luce propria, la riceve e l’espande al punto che diventa storia, cambiamento. L’augurio è che questa luce si riaccenda nel cuore di tutti i giovani e che si si espanda ovunque, partendo dalla nostra città, dal suo territorio, perché non ci può essere futuro se non lo speriamo insieme”.
(Foto: Diocesi di Parma)
Il patriarca di Gerusalemme ed il custode di Terra Santa invitano a riprendere i pellegrinaggi

“La Chiesa in Italia è vicina a Israele perché possa riabbracciare finalmente i propri cari rapiti, avere la sicurezza necessaria e continuare a lottare contro l’antisemitismo che si manifesta dentro forme subdole e ambigue… Già in passato sono intervenuto con chiarezza condannando fenomeni di risorgente antisemitismo, mai accettabili. La Chiesa in Italia è vicina ai palestinesi e alla loro sofferenza perché si possa finalmente avviare un percorso che permetta a questo popolo di essere riconosciuto nella sua piena dignità e libertà”.
Il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, nella prolusione alla sessione invernale del Consiglio episcopale permanente ha sottolineato l’impegno della Chiesa in Terra Santa, che nei giorni scorsi è giunta ad una tregua temporanea con la liberazione di alcuni prigionieri israeliani e l’arrivo degli aiuti umanitari a Gaza. Di conseguenza il Custode di Terra Santa ed il Patriarca latino di Gerusalemme hanno rinnovato l’invito a riprendere i pellegrinaggi in Terra Santa, come ha sottolineato il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini:
“Siamo, sembra, all’inizio di un nuovo periodo. E’ iniziata la tregua, c’è il cessate il fuoco e siamo molto grati di questo. E’ l’occasione per ringraziare tutta la Chiesa universale che in questo anno ci è stato molto vicina e ci ha aiutato e sostenuta molto con la preghiera, anche con il sostegno concreto. Ora è tempo anche di continuare ad aiutare e sostenere questa Chiesa, riprendendo il santo viaggio, ritornare a Gerusalemme, ritornare in Terra Santa e visitare i luoghi, riportare in vita l’altro polmone di questa Chiesa che è il pellegrinaggio e la presenza dei pellegrini”.
Per questo ha assicurato che i pellegrinaggi sono sicuri: “Il pellegrinaggio assolutamente è sicuro. Non c’è pericolo. Ed è tempo ora anche di, dunque, di alzare lo sguardo e ritornare a Gerusalemme per riportare anche la gioia a tante famiglie cristiane che attendono con ansia il ritorno dei pellegrini. Quindi il mio invito, insieme al Padre Custode, è quello di cominciare in questo anno del Giubileo dedicato alla speranza di ritornare alle sorgenti della speranza che è l’incontro con Cristo risorto e riportare anche la speranza in tante famiglie cristiane. Tornate, vi attendiamo con gioia e con ansia”.
Per questo il custode di Terra Santa, fr. Francesco Patton, ha sottolineato che questo è un anno speciale: “E’ un anno giubilare e siamo proprio davanti alla Chiesa del Santo Sepolcro, che è uno dei tre santuari giubilari indicati per la Terra Santa anche dal Santo Padre, insieme con Nazaret e con Betlemme. L’invito è ad essere pellegrini di speranza e a venire in Terrasanta come pellegrini, per ritornare alle radici della nostra fede, da un lato, ma anche per esprimere in modo molto concreto, anche attraverso il pellegrinaggio, la vicinanza alla piccola comunità cristiana di Terra Santa”.
Fr. Patton ha ribadito che il pellegrinaggio in Terra Santa, oltreché sicuro, è anche un gesto di solidarietà: “Quando voi venite in pellegrinaggio, voi fate sentire alla nostra comunità cristiana che fa parte di una famiglia che è universale e cattolica, è la famiglia dei cristiani, della Chiesa, che vive in tutto il mondo. E poi c’è anche una dimensione molto concreta di solidarietà.
Quando voi venite in Terrasanta come pellegrini, al tempo stesso, date anche per la possibilità alla nostra gente di vivere dignitosamente del proprio lavoro. Come ha detto Sua Beatitudine il pellegrinaggio è sicuro, continuiamo a pregare che la tregua si stabilizzi e che dalla tregua si arrivi anche a un vero e proprio percorso e processo di pace. Venite, vi aspettiamo ed abbiamo bisogno di voi”.
Secondo i dati diffusi dall’Ufficio Centrale di Statistica in Israele risiedono circa 180.300 cristiani, che costituiscono l’1,8% della popolazione totale. Nel 2023, il tasso di crescita della popolazione cristiana è stato dello 0,6%. I dati rivelano che circa il 79% dei cristiani in Israele sono cristiani arabi, che rappresentano il 6,9% della popolazione araba totale del Paese.
La maggior parte di loro risiede nel distretto settentrionale e in quello di Haifa. Tra i cristiani non arabi, il 41,3% vive nell’area di Tel Aviv e nella regione centrale, mentre il 34,8% risiede nel nord e a Haifa. Le città con la maggiore concentrazione di cristiani arabi sono Nazareth, Haifa, Gerusalemme e Nof HaGalil.
Per quanto riguarda lo stato civile, in Israele sono state registrate 762 nuove unioni tra coppie cristiane. L’età media al primo matrimonio era di quasi 31 anni per gli sposi e di quasi 28 anni per le spose. Questi valori sono superiori rispetto alla media delle altre religioni, sia per gli uomini che per le donne.
Gli studenti universitari cristiani in Israele hanno raggiunto quota 6.700, pari al 2,2% del totale degli studenti degli istituti di istruzione superiore. La percentuale di donne tra gli studenti cristiani era del 61%, un valore inferiore a quello registrato tra gli studenti musulmani, ma superiore a quello degli studenti ebrei e di altre religioni. In ambito lavorativo, nel 2023 il tasso di partecipazione alla forza lavoro tra i cristiani di 15 anni e oltre ha raggiunto il 70,2%. Tra i cristiani arabi, la percentuale è stata di oltre il 62 %.
(Foto: CMC)
Papa Francesco richiama l’attenzione sull’Intelligenza Artificiale: cuore e comunità sono necessari

“Il tema dell’incontro annuale di quest’anno del World Economic Forum, ‘Collaborazione per l’era intelligente’, offre una buona opportunità per riflettere sull’intelligenza artificiale come strumento non solo per la cooperazione, ma anche per unire i popoli”: così inizia il messaggio di papa Francesco inviato a Klaus Schwab, presidente del World Economic Forum, per il raduno annuale a Davos, in Svizzera.
Nel messaggio il papa ha sottolineato che l’intelligenza è un ‘dono’ essenziale: “La tradizione cristiana considera il dono dell’intelligenza come un aspetto essenziale della persona umana creata ‘a immagine di Dio’… L’IA è destinata a imitare l’intelligenza umana che l’ha progettata, ponendo così una serie unica di domande e sfide”.
Ed ha chiesto attenzione nell’uso, in quanto potrebbe minare la nozione di ‘libertà’: “A differenza di molte altre invenzioni umane, l’IA è addestrata sui risultati della creatività umana, che le consente di generare nuovi artefatti con un livello di abilità e una velocità che spesso rivaleggiano o superano le capacità umane, sollevando preoccupazioni critiche sul suo impatto sul ruolo dell’umanità nel mondo. Inoltre, i risultati che l’IA può produrre sono quasi indistinguibili da quelli degli esseri umani, sollevando interrogativi sul suo effetto sulla crescente crisi di verità nel forum pubblico.
Inoltre, questa tecnologia è progettata per apprendere e fare determinate scelte in modo autonomo, adattandosi a nuove situazioni e fornendo risposte non previste dai suoi programmatori, sollevando così questioni fondamentali sulla responsabilità etica, sulla sicurezza umana e sulle implicazioni più ampie di questi sviluppi per la società”.
Per questo è necessaria la comunità: “I progressi segnati dall’alba dell’IA richiedono una riscoperta dell’importanza della comunità e un rinnovato impegno per la cura della casa comune affidataci da Dio. Per orientarsi nelle complessità dell’IA, governi e aziende devono esercitare la dovuta diligenza e vigilanza. Devono valutare criticamente le singole applicazioni dell’IA in contesti particolari per determinare se il suo utilizzo promuove la dignità umana, la vocazione della persona umana e il bene comune…
Oggi, ci sono sfide e opportunità significative quando l’IA viene inserita in un quadro di intelligenza relazionale, in cui tutti condividono la responsabilità del benessere integrale degli altri. Con questi sentimenti, porgo i miei migliori auguri di preghiera per i lavori del Forum e invoco volentieri su tutti i partecipanti l’abbondanza delle benedizioni divine”.
Mentre negli incontri odierni papa Francesco ha ricevuto i direttori della Federazione Automobile Club d’Italia con l’invito a mettersi in pellegrinaggio: “Il pellegrinaggio comporta il rischio di sbagliare strada, di trovarci in difficoltà o di sentirci perduti. Il Giubileo può essere allora per ciascuno l’occasione di una ripartenza, il momento giusto per ricalcolare il percorso della propria vita, individuando le tappe fondamentali da non perdere e quelle che invece potrebbero diventare un ostacolo per il raggiungimento della meta.
C’è una verità: noi non siamo fatti per stare fermi, ma siamo sempre in ricerca, in cammino verso la destinazione. E quello che rimane fermo, il cuore fermo, fa come succede con l’acqua: l’acqua ferma è la prima a imputridirsi”.
Per questo ha invitato a riflettere sulla relazione tra ambiente ed educazione: “C’è bisogno di una cultura del rispetto e della sicurezza stradale, a partire dalle scuole… Assumere comportamenti responsabili, rispettare le norme, essere consapevoli dei rischi aiuta la convivenza civile e il raggiungimento dell’obiettivo ‘zero vittime sulle strade’. Questo è un obiettivo chiaro, ed è un programma ma prima di tutto un dovere. Viaggiare fa rima con imparare, incontrare e non con soffrire, piangere o, addirittura, morire”.
Ad educazione si collega la parola ambiente per una maggiore qualità della vita: “Per questo è urgente lavorare per affrontare tali sfide con serietà e determinazione, anche attraverso la creazione di alleanze per incentivare la sostenibilità. In questo settore, la tecnologia offre già rilevanti opportunità e diversi strumenti, altri certamente verranno messi a disposizione. Occorre assumere una visione ampia, cercando (come già fate) collaborazioni e azioni comuni che vadano a vantaggio di tutti, rendendo la mobilità davvero sostenibile e accessibile”.
Proseguendo negli incontri della giornata il papa ha invitato i membri della ‘Fondazione Rete Mondiale di Preghiera del Papa’ ad approfondire l’enciclica ‘Dilexit Nos’: “In essa trovate il nutrimento sostanzioso che alimenta la spiritualità del vostro lavoro, del vostro apostolato. Mi piace che questa spiritualità voi la chiamiate ‘cammino del Cuore’. E vorrei leggere questa espressione in un duplice senso: è il cammino di Gesù, del suo Cuore sacro, attraverso il mistero di incarnazione, passione, morte e risurrezione; ed è anche il cammino del nostro cuore, ferito dal peccato, che si lascia conquistare e trasformare dall’amore… Non dimenticare questa parola: custodire. Questo è opera dello Spirito Santo: non c’è cammino del cuore con Cristo senza l’acqua viva dello Spirito Santo”.
Ugualmente ai dirigenti ed al personale dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza ‘Vaticano’ ha rivolto un invito ad attraversare la Porta Santa: “Vi invito ad approfittare della Porta Santa aperta nella notte di Natale nella Basilica di San Pietro, come pure di quelle aperte successivamente nelle altre Basiliche Papali di Roma. Attraversare la Porta Santa non è un atto magico; è un simbolo, un simbolo cristiano (Gesù stesso dice: ‘Io sono la porta’), un segno che esprime il desiderio di ricominciare, e questa è una bella saggezza: ricominciare, ogni giorno ricominciare”.
E’ stato un ringraziamento per il lavoro svolto: “Si tratta di un compito, il vostro, sempre esigente – lo so –, che necessita di prontezza e coraggio e che il più delle volte si svolge nella discrezione, senza essere notati, ma che presuppone abnegazione, cura di ogni dettaglio, pazienza e disponibilità al sacrificio. La sicurezza infatti è un bene invisibile della cui importanza ci accorgiamo proprio quando, per qualche ragione, essa viene meno, e che si costruisce nel continuo e intelligente impegno di sorveglianza, notte e giorno, per ogni giorno dell’anno”.
(Foto: Santa Sede)
In Terra Santa inaugurata la chiesa del Battesimo di Gesù

Venerdì 10 gennaio la Chiesa cattolica ha celebrato una tappa storica con l’inaugurazione della chiesa del Battesimo di Cristo sulle rive del fiume Giordano ad Al-Maghtas, con la concelebrazione eucaristica del segretario di stato della Santa Sede, card. Pietro Parolin, alla presenza del card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme latini, e dei vescovi, tra cui l’ex patriarca Fouad Twal, mons. Giovanni Pietro Dal Toso, nunzio apostolico in Giordania, mons. William Shomali, vicario generale del Patriarcato, e mons. Iyad Twal, vicario patriarcale in Giordania, alla presenza di Sua Altezza Reale il Principe Ghazi bin Muhammad, Consigliere Capo di Sua Maestà il Re per gli Affari Religiosi e Culturali.
La chiesa è costruita in pietra di Tafouhi, una pietra giallastra proveniente da Hebron, ed è caratterizzata da vetrate realizzate in Libano nello stile della cattedrale di Chartres, una delle strutture gotiche più celebri in Francia. In grado di ospitare oltre 1.000 fedeli, la chiesa ospita il pellegrinaggio annuale ad Al-Maghtas, ogni gennaio.
Il luogo del Battesimo di Gesù è stato individuato negli Anni Novanta da padre Michele Piccirillo ed è stata realizzata grazie al contributo di Nadim Muasher, che ha ricordato così la perdita del figlio Ayman (morto in un incidente mentre andava ad al Magthas), e di altri donatori, tra i quali lo Stato ungherese, presente con i suoi rappresentanti, che ha donato anche un quadro del santo re Stefano che si trova nella basilica. La prima pietra è stata posta da papa Benedetto XVI durante la sua visita in Terrasanta nel 2009.
Nell’omelia, il card. Parolin ha ricordato che il luogo è meta di pellegrinaggio da 25 anni ed è vicino al monte da cui Elia fu assunto in Cielo, è luogo da cui probabilmente il popolo eletto attraversò il fiume per entrare nella Terra Promessa, è il crocevia di tanti personaggi della Bibbia: “Per i padri della Chiesa, il passaggio del popolo eletto attraverso il Giordano era una anticipazione del nostro passaggio alla vita eterna attraverso le acque del Battesimo… In un momento storico in cui questa regione sta vivendo gravi sconvolgimenti, è importante che anche i cristiani diano il loro contributo all’edificazione di una società giusta e pacifica.
Anche qui, vorrei volgere lo sguardo oltre il Giordano e chiedere un cessate il fuoco, la liberazione dei prigionieri e degli ostaggi e il rispetto del diritto umanitario. Che i cuori dei leader delle nazioni siano spinti a ricercare la pace e la coesistenza armoniosa tra i popoli. La violenza non deve essere ciò che determina il nostro futuro!”
Ed ha invitato a ‘rendere grazie a Dio’ perché Egli ha vissuto in questa terra: “Siamo chiamati a rendere grazie a Dio, non solo per il dono di questa Chiesa a Lui dedicata, ma anche per il fatto che Dio si è fatto uomo e ha vissuto tra noi, in particolare in questa Terra Santa. Da qui i fedeli si recano a Gerusalemme, luogo del battesimo di Cristo da parte di Giovanni Battista, dove Dio incontra l’uomo, anche quando l’uomo è lontano.
Con il battesimo diventiamo figli di Dio e l’attraversamento del fiume Giordano simboleggia il nostro passaggio alla vita eterna. Oggi consacriamo questa chiesa, che diventerà ufficialmente un luogo di culto. Così facendo, offriamo a Dio i nostri cuori e le nostre vite, affinché Egli possa operare attraverso di noi per diffondere la sua pace”. Poi il card. Parolin ha benedetto l’acqua del fiume Giordano, posta nel fonte battesimale, e l’ha aspersa sui fedeli e sulle pareti della chiesa.
Nelle sue osservazioni, il card. Pizzaballa ha descritto la nuova chiesa come uno spazio sacro per la preghiera, la riflessione, la fede e la pace, invitando tutti a recarsi in pellegrinaggio in questo luogo santo: “Questa chiesa è un dono della Chiesa locale agli amici di tutto il mondo, che offre benedizioni dal fiume Giordano’.
A conclusione dei saluti il card. Pizzaballa ha affermato che la chiesa è aperta a tutti: “Cari amici, questa chiesa è innanzitutto al servizio di tutta la comunità, cioè dei fedeli che vivono in Terra Santa. Le sue porte sono aperte anche a tutti i cari pellegrini che invitiamo a visitare la Giordania e a coloro che l’hanno già visitata e desiderano tornare. E’ quindi un dono della Chiesa locale a tutti i cari amici che, ovunque, vengono a farsi benedire dalle acque del fiume Giordano e a recarsi in pellegrinaggio in questa Chiesa”.
(Foto: Patriarcato di Gerusalemme)
Per un giubileo veramente cattolico

La Porta santa è stata aperta e così anche il Giubileo ordinario del 2025 in cui un ruolo non secondario avranno i mezzi di comunicazione. Ora aprendo l’edizione in lingua italiana del sito ufficiale, ossia www.iubileum2025.va, la notizia in home page è ‘Acutis e Frassati santi nel Giubileo della Speranza: i riti il 27 aprile e il 3 agosto’.
Due canonizzazioni che certamente saranno momenti fortemente caratterizzanti il Giubileo visto anche il loro abbinamento con il l’incontro degli adolescenti per il primo e quello dei giovani per il secondo. Non c’è che da rallegrarsi, ma pure da augurarsi che nella medesima celebrazione siano elevati anche altri alla gloria degli altari se si vuole efficacemente proporre un modello esemplare ai partecipanti e mostrare la dimensione cattolica, ossia universale della Chiesa.
Così accanto al milanese Carlo Acutis potrebbe essere canonizzata la beata Laura Vicuña nata in Cile nel 1891, successivamente con la famiglia emigrata in Argentina dove muore nel 1904; venne beatificata da Giovanni Paolo II nel 1988. Ed assieme al torinese Piergiorgio Frassati ben apparirebbero ad esempio i congolesi Isidore Bakaja (1887-1909) beatificato nel 1994 e suor Maria Clementina Anuarite Nengapeta (1939-1964) da Giovanni Paolo II beatificata nel 1985.
Nulla vieta di aggiungere altri rappresentanti di ulteriori territori e culture. Certo questo comporta il problema della necessità di un ulteriore miracolo perché alla beatificazione faccia seguito la canonizzazione, ma si sa che il Papa può derogare a tale esigenza come ha fatto per il beato Giovanni XXIII così da poter procedere il 27 aprile 2014 al riconoscimento canonico della sua santità assieme a quella di Giovanni Paolo II.
In questo modo anche gli incontri degli adolescenti come quello dei giovani diverrebbero realmente momenti ecclesiali e non solo di singole categorie. Infatti, scorrendo il programma generale si vedono i grandi appuntamenti caratterizzati dalla convocazione di singole categorie quali i diaconi oppure le confraternite, i vescovi o i disabili e così via.
Tuttavia se si vuole vivere e mostrare la dimensione ecclesiale di ogni ministero e vocazione da privilegiare sono i pellegrinaggi delle comunità ecclesiali in cui camminano assieme tutti i membri dai sacerdoti agli sposi, dai giovani al vescovo, dai malati agli adolescenti.
In questo modo si evita anche che qualche categoria si percepisca esclusa (ad esempio il popolo non poco numeroso delle persone vedove) ma vi sia la reale inclusione ecclesiale fondata in Gesù Cristo di un popolo pellegrinante tra le prove della vita e le consolazioni del Signore.
(Tratto da Settimana News)
Papa Francesco: lo Spirito Santo consente di comprendere il Vangelo

“E’ interessante vedere come è cresciuto il numero dei pellegrini verso Santiago in questi ultimi trent’anni. E tra questi ci sono stati anche i miei predecessori San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i quali hanno voluto visitare quel Santuario, soprattutto per il suo grande rilievo nella storia cristiana dell’Europa”: nella Basilica Vaticana papa Francesco ha ricevuto in Udienza i Pellegrini italiani del Cammino di Santiago curati dall’Opera Don Guanella.
Il discorso del papa è stato un invito a riscoprire il pellegrinaggio attraverso alcuni segni: “Il pellegrinaggio cristiano alle Tombe degli Apostoli lo possiamo riconoscere da tre segni. Il primo è il silenzio. Il cammino vissuto nel silenzio permette di ascoltare, di ascoltare con il cuore, e di trovare così, mentre si cammina, attraverso la fatica, le risposte che il cuore cerca, perché il cuore fa delle domande. In effetti, Dio parla nel silenzio, come una brezza leggera: ricordiamo la storia di Elia”.
Un altro segno è il Vangelo: “In secondo luogo, il Vangelo: avere sempre in tasca il Vangelo. Questo mi raccomando, compratene uno piccolino, tascabile e mettetelo in tasca, e tutti i giorni leggete qualcosa; apritelo così e leggete. E’ un bel modo di pregare. Un Vangelo tascabile, non costa niente, ma se qualcuno non può pagarlo lo pago io, chiedetelo a me! E’ importante portare il Vangelo in tasca. Il pellegrinaggio si fa rileggendo il cammino che ha fatto Gesù, fino al dono estremo di Sé. Il cammino è tanto più vero, tanto più cristiano, quanto più conduce a uscire da sé stessi e a darsi gratuitamente, nel servizio al prossimo”.
Lo Spirito Santo permette il ‘disvelamento’ del Vangelo: “E questo lo fa lo Spirito Santo quando noi leggiamo ogni giorno il Vangelo. Perché succede qualcosa, ve lo spiego. Noi possiamo leggere un romanzo, bello, ci fa bene forse; possiamo leggere le notizie di tutti i giorni, alcune ci fanno piangere, ma possiamo leggere. Ma quando si legge il Vangelo c’è Uno accanto a noi. Quando leggiamo le notizie no, ma quando si legge il Vangelo c’è Uno accanto a noi. E’ lo Spirito Santo. E’ Lui a farci capire bene quello che dice il Vangelo. E lo fa Lui, lo Spirito Santo”.
L’ultimo elemento sottolineato dal papa è stato chiamato ‘protocollo Matteo 25’, che consiste nel fare ‘a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’: “Silenzio, Vangelo e fare del bene alle persone più piccole, le persone più disagiate. Sempre fare del bene. Lungo la strada, essere attenti agli altri, specialmente chi fa più fatica, chi è caduto, chi ha bisogno… San Luigi Guanella diceva che lo scopo della vita di chi crede è fare in modo che nessuno sia lasciato indietro”.
E’ stato un incoraggiamento: “Cari amici del Cammino di Santiago, vi incoraggio in questo vostro apostolato di evangelizzazione e di cura. Gli antichi pellegrini ci insegnano che dai pellegrinaggi cristiani si ritorna come apostoli! Io faccio il pellegrinaggio e ritorno come un apostolo per annunciare Gesù. La Santa Famiglia di Nazaret, pellegrina in terra di Palestina, ci sia di esempio in questo tempo di attesa. Grazie di essere venuti! A me piace e vi ringrazio tanto, e questo ve lo dico dal cuore”.
Poi ha incontrato un gruppo di vietnamiti residenti negli Stati Uniti, benefattori della Pontificia Opera Missionaria in pellegrinaggio a Roma, parlando del giubileo: “Auspico che questo tempo consenta a tutti i fedeli di vivere un incontro autentico e personale con il Signore Gesù Cristo, che dobbiamo annunciare sempre, ovunque e a tutti come nostra speranza. Il vostro impegno nel sostenere le opere missionarie e caritative della Chiesa universale è un’espressione concreta di questo annuncio e contribuirà a portare la speranza nata dal Vangelo a molti nostri fratelli e sorelle, in varie parti del mondo”.
Infine ha sottolineato l’importanza della solidarietà: “La vostra solidarietà con i poveri e con coloro che vivono ai margini della società risponde al comando del Signore di prendersi cura degli ultimi tra noi; e, come ci ricorda san Paolo, è importante che questa assistenza sia data con cuore gioioso, col sorriso. Il Signore vi conceda di offrire sempre la vostra elemosina con spirito lieto, e che i vostri sacrifici portino frutto nella vita dei fratelli e delle sorelle, i quali potranno così sperimentare l’amore tenero e compassionevole di Cristo”.
Questo è un ‘segno distintivo’ del popolo vietnamita migrato in America: “Un segno distintivo di molti cattolici che sono immigrati dal Vietnam negli Stati Uniti è la fede robusta che hanno portato con sé. Sono certo che essa ispiri il vostro desiderio di aiutare le comunità cristiane in terre lontane dalla vostra. Con questi sentimenti, vi auguro una fruttuosa visita a Roma, che da quasi due millenni accoglie i fedeli che vengono presso le tombe degli Apostoli e gli altri luoghi santi. Possa questo viaggio rinnovarvi nella fede e rafforzarvi nella carità”.
(Foto: Santa Sede)