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Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, un colloquio con don Cosimo Schena

“L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta ‘intelligenza artificiale’, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti. L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?”

Quest’anno, in occasione della 58^ Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, in programma domenica 12 maggio, papa Francesco ha scritto il messaggio ‘Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana’ con l’invito a riflettere sul rapporto tra intelligenza artificiale e cuore con una citazione iniziale del filosofo cattolico Romano Guardini:

“Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana. Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi”.

Per comprendere meglio il messaggio papale abbiamo chiesto a don Cosimo Schena, parroco nella parrocchia ‘San Francesco d’Assisi’ a Brindisi, con 180.000 follower su instagram, però anche attivo su facebook, youtube e spotify con lo scopo di raggiungere le persone, soprattutto i giovani, che si trovano lontane dalla Chiesa e dal Vangelo, e di offrire loro un messaggio di speranza e di vicinanza, condividendo le sue poesie, accompagnate da musiche e immagini, che raccontano la bellezza dell’amore di Dio e della vita.

Allora per tale occasione chiediamo di spiegarci quale rapporto ci può essere tra intelligenza artificiale e la sapienza del cuore: “L’interazione tra intelligenza artificiale e la profondità emotiva dell’essere umano è affascinante. Consideriamo l’Intelligenza Artificiale come un alleato potenziale nel nostro percorso verso il bene comune.

Se guidata dalla saggezza intrinseca del cuore umano, l’Intelligenza Artificiale può diventare uno strumento per manifestare la compassione e l’empatia. Tuttavia, va ricordato che l’Intelligenza Artificiale non può replicare la complessità delle emozioni umane, ma può aiutarci a comprendere meglio noi stessi e gli altri”.

L’intelligenza artificiale permette di crescere in umanità?

“L’Intelligenza Artificiale offre promettenti opportunità per il progresso umano. Se utilizzata con discernimento e orientata verso valori etici e morali, può migliorare la nostra qualità di vita, rendendo l’apprendimento più accessibile e promuovendo una maggiore comprensione tra le persone. Tuttavia, è fondamentale che l’umanità mantenga il controllo su come l’Intelligenza Artificiale viene sviluppata e utilizzata, assicurandosi che gli aspetti umani e spirituali siano sempre al centro di ogni innovazione”.

E’ vero che la rivoluzione digitale rende più liberi?

“La rivoluzione digitale ci offre un universo di possibilità, consentendoci di accedere a un’enorme quantità di informazioni e di comunicare in modi che erano impensabili solo pochi decenni fa. Questo potenziale di liberazione è straordinario, ma richiede anche una profonda riflessione sul modo in cui utilizziamo queste tecnologie. La vera libertà non è solo l’accesso illimitato, ma anche la capacità di fare scelte consapevoli e responsabili, orientate al bene comune e al rispetto degli altri”.

‘Credo che la Chiesa abbia bisogno di esplorare nuove strade per essere più inclusiva e accogliente nei confronti di coloro che hanno bisogno di riscoprire o trovare la fede. Così questo libro è per me un nuovo tentativo di costruire un ponte di speranza, di portare Dio nella vita di tutti’: così scrive nel libro ‘Dio è il mio coach. Consigli evangelici su misura per te’ con la prefazione di mons. Lucio Adrián Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione, in cui interagisce con i giovani attraverso consigli evangelici pratici per superare le difficoltà e ricominciare ad apprezzare il presente, con le sue sfide ma anche con i momenti felici che spesso diamo per scontati. Per quale motivo Dio è un coach?

“La visione di Dio come un coach spirituale è affascinante e toccante. Immaginare Dio come colui che ci guida con amore e saggezza attraverso le sfide della vita, incoraggiandoci a realizzare il nostro pieno potenziale e ad abbracciare i valori spirituali, ci offre conforto e ispirazione. Questa prospettiva ci invita a vedere ogni esperienza come un’opportunità di crescita e di avvicinamento a Dio”.

Quali strade deve esplorare la Chiesa per comunicare il Vangelo?

“La Chiesa si trova di fronte a nuove sfide e opportunità nella comunicazione del Vangelo nell’era digitale. Esplorare piattaforme come i social media, le app e le piattaforme digitali può essere un modo efficace per raggiungere un pubblico più ampio e diversificato. Tuttavia, è essenziale che la Chiesa mantenga la sua autenticità e fedeltà al messaggio evangelico, adattando le sue modalità di comunicazione senza compromettere la sua identità e la sua missione spirituale”.

Come comunicare il messaggio evangelico attraverso la rete?

“Per comunicare il messaggio evangelico in modo efficace online, dobbiamo essere presenti nei luoghi virtuali dove le persone si riuniscono. Utilizzare un linguaggio chiaro e accessibile è importante, così come condividere storie ed esperienze che risuonino con le sfide e le gioie della vita quotidiana delle persone. In questo modo, possiamo trasmettere il messaggio evangelico in modo autentico e significativo, offrendo speranza e ispirazione a coloro che incontriamo online”.

Allora, è possibile coniugare la fede con il mondo digitale?

“Coniugare religione e digitale significa poter vivere la propria fede anche online e nei modi più diversi in un connubio che fa da propulsore per una maggiore partecipazione ed in un impegno profuso all’interno della comunità, che, in tal modo, si estende ben oltre i limiti fisici. Ho compreso che i nuovi media sono strumenti efficaci per diffondere la Parola di Dio, soprattutto in un momento storico che spinge fortemente verso l’individualismo e dove emerge sempre di più la drammaticità della solitudine, il bisogno di amare ed essere amati, ascoltare ed essere ascoltati.

Non dobbiamo dimenticare che noi siamo stati creati dall’amore, di conseguenza non possiamo non amare. L’arte dell’ascolto crea ponti solidi ed invita a considerare e a rispettare ogni essere umano per la sua unicità e la preziosa testimonianza del vissuto di cui ciascuno è portatore”.

(Tratto da Aci Stampa)

La scuola cattolica nel cammino sinodale

‘Non si testimonia nulla stando in una posizione esterna, ma solo condividendo i luoghi in cui si può spezzare il pane della comune umanità’: inizia con questa citazione tratta dalle Linee guida per la fase sapienziale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia il documento che il Consiglio nazionale della scuola cattolica (Cnsc) ha inviato al Comitato del Cammino sinodale della Chiesa italiana quale contributo alla seconda fase del percorso sinodale, che riguarda il cammino ‘sapienziale’.

Per il Consiglio nazionale della scuola cattolica la scuola ha la missione della prossimità: “Per non pochi alunni e studenti che la frequentano, essa è l’unica o la principale occasione per entrare in contatto con la realtà ecclesiale. Molti, inoltre, sono gli alunni non cattolici che la scelgono. E’ dunque rilevante l’apporto che può offrire alla costruzione di una Chiesa che si presenti e sia percepita come inclusiva, propositiva, responsabile, testimone di verità”.

Ciò avviene attraverso le relazioni, che si instaurano con la testimonianza: “Essendo vicina al compito educativo dei genitori che l’hanno scelta per i propri figli, la scuola cattolica manifesta particolare prossimità alle loro domande e condizioni di vita. Oltre a educare i ragazzi in un ambiente e una cultura ispirati ai valori evangelici, la scuola cattolica può essere testimone degli stessi valori nei confronti degli adulti, delle altre istituzioni formative del territorio, del mondo culturale e sociale.

La scelta della prossimità deve manifestarsi soprattutto nei confronti delle famiglie, oggi sempre più in crisi, offrendo loro un riferimento e un sostegno solido per l’educazione dei loro figli. La dimensione comunitaria della scuola deve realizzarsi non solo tra gli alunni e tra questi e i docenti ma soprattutto tra l’intera scuola e ciascuna famiglia: intercettare i problemi, offrire aiuto, accompagnare nelle scelte educative”.

E’ ‘dovere’ della scuola confrontarsi con il mondo: “Nell’attuale fase storica e culturale, si impongono in particolare alcune sfide, in diverse direzioni. Sul piano culturale vanno superati i pregiudizi provenienti da una visione riduttiva di laicità, intesa come esclusione della dimensione religiosa dalla sfera pubblica. Sul piano pedagogico, vi sono ancora importanti passi da fare per una reale centralità della persona nei processi di apprendimento, per la promozione di comunità educative che superino anacronistici individualismi e frammentazioni, per il riconoscimento e la formazione dei genitori e degli insegnanti, così come per la consapevolezza della valenza educativa diffusa in molti ambiti della vita sociale, quali il mondo del lavoro e dell’economia, della comunicazione e delle tecnologie digitali, della salute, dello sport, della politica, dello spettacolo, del tempo libero e del turismo, della custodia dell’ambiente naturale”.

Per questo è necessario che anche la scuola cattolica, pur nelle difficoltà economiche, scopra la necessità del cambiamento per essere al passo con i ‘tempi’: “In questi anni, in mezzo a mille difficoltà, si registrano numerose azioni virtuose, quali: l’ottimizzazione delle risorse che deriva dal lavoro in rete con altre scuole; il maggior coinvolgimento dei laici presenti nella scuola; l’utilizzo dei locali per attività extracurricolari o extrascolastiche; la ristrutturazione dell’offerta formativa; il dialogo con altre scuole cattoliche per studiare forme di collaborazione, se non addirittura di fusione; la possibilità di trasferire la gestione ad altri enti che ne garantiscano l’ispirazione cristiana”.

Però è necessario che ci sia la consapevolezza del bisogno della scuola cattolica: “Tuttavia, ciò non è sufficiente e non può sostituire la responsabilità di tutta la comunità ecclesiale per la diffusione e il consolidamento di una “cultura della parità” e la richiesta di strumenti (anche legislativi ed economici) che consentano ad ogni famiglia e ad ogni persona un’effettiva libertà di scelta educativa, diritto riconosciuto dalla Costituzione italiana e valore affermato con chiarezza dalla Dottrina sociale della Chiesa.

La parità scolastica, infatti, è enunciata formalmente ma non accompagnata da un sostegno capace di renderla effettiva. Lo stesso vale per il sistema dell’Istruzione e formazione professionale, che risulta ancora disomogeneo quanto alla sua distribuzione territoriale e precario nelle risorse”.

Maria, Madre dei giovani: ecco cosa possiamo imparare da lei 

Il mese di maggio è dedicato a Maria e di lei oggi vogliamo parlare. Maria, la dolce e giovane donna di Galilea, che Dio ha eccezionalmente e peculiarmente preservato dalla colpa originale, affinché potesse custodire nell’avvolgente e primigenio calore del suo grembo materno il Verbo della Vita, è anzitutto, una giovane capace di porsi in delicato, discreto ma al contempo, sapiente ed intenso ascolto di Dio e dei suoi disegni.

Alla luce del suo fulgido, eloquente e benedicente esempio, Lei che conosce e sente maternamente i successi, i sogni e le speranze ma anche le fatiche, le sofferenze e le cocenti disillusioni di cui traboccano gli i entusiastici e teneri cuori dei giovani, li invita ad aprirsi con filiale fiducia e disponibilità a Dio, senza alcuna reticenza o paura. 

Maria, però, non è solo un modello di giovane donna che incarna, sperimenta e vive fino in fondo l’audacia e la sfida della fede, Lei è anche la Madre tenera, discreta e presente che ha accompagnato il proprio Figlio nella sua straordinaria e quotidiana vicenda biografica e con lo stesso amore e la stessa ardente e materna presenza, accompagna ciascuno di noi ed in particolare, i giovani, i quali a fedele immagine del discepolo Giovanni, sono suoi figli diletti.

Ella conosce le loro più intime e profonde preoccupazioni e dolori, è loro vicina, li sorregge ed accompagna con delicatezza, discrezione e sapienza. Lei, donna dell’ascolto e dello Shema’, la quale vive profondamente ed intimamente la spiritualità ebraica dell’ascolto insegna e ricorda alla fragile, infeconda e fatiscente società adulta, l’importanza di un ascolto attento, discreto, vigile e fedele di coloro che l’Eterno, affida alla loro competenza lessicale ed educativa: i giovani.

Ella insegna infatti, ad ascoltarli sinceramente senza preconcetti, timori, barriere o ostilità, incarnando ed offrendo loro dei riferimenti credibili e sapienti, a dialogare con loro in un clima di totale intimità, confidenza e serenità, valorizzando e portando alla luce tutto il bene di cui è ricolmo il loro cuore: questo Maria chiede indefessamente ad ogni madre di compiere, ossia di porsi nei confronti dei propri figli con la stessa tenera apertura, comprensione e disponibilità, che Ella ha incarnato nei confronti di Cristo e nei riguardi di ciascuno di noi, che ci affidiamo a Lei. 

Maria è poi un emblematico modello nel prendersi cura dei giovani in ogni momento e situazione. Infatti, per questa Madre amorevole, vigile e partecipe, tutto ciò che viviamo è importantissimo, degno del suo abbraccio, della sua intercessione e della sua strenua lotta accanto a noi.

Lei, sa infatti che risulta più semplice e naturale confidarsi con la Mamma, peculiarmente e comprensibilmente per le giovani figure femminili e proprio per questo si mostra sempre, pazientemente disposta ad ascoltare ed accogliere il delicato e prezioso cuore di ciascuno, senza alcun lacerante e letale giudizio, nonché a proferire solo ed esclusivamente vocaboli benedicenti e benevoli nei loro confronti.

Come ogni autentica madre, infatti, si impegna a far emergere il meglio dai propri figli ed a farli luminosamente risplendere ma sa benissimo che, affinché questo avvenga è necessario anzitutto, nutrirli di affermazioni generative ed essere avari di laceranti giudizi e critiche.

Una predisposizione interiore ed esteriore, quella di Maria, che ogni educatore dovrebbe acquisire, incarnare e far propria, non imponendo aridi e ferrei modelli di comportamento precostituiti, ma ponendosi in diligente e gratuito ascolto delle necessità reali dei ragazzi, nel pieno rispetto della loro unicità, per provvedervi con fede e carità viva ed operante, incoraggiando e supportandoli efficacemente nell’ aprirsi alla vita.

Chi si prende autenticamente cura dei giovani, infatti, non impone ma propone, non costringe ma attira, non colpevolizza ma sostiene ed incoraggia, non domina ma serve. L’attenzione si coniuga in Maria alla discrezione, alla concretezza ed alla materna tenerezza con cui sa manifestare il Suo Amore, incarnandolo innanzitutto appunto, mediante gesti e vocaboli, benedicenti, ricchi di significato e capaci di guarire e trasfigurare il cuore.

La giovane donna di Galilea si offre, insomma, come un concreto modello educativo positivo e propositivo a cui ispirarsi con fiducia, contando sul Suo stesso aiuto per realizzare quello che Lei ha saputo vivere e vive in ogni relazione che possiamo avere con Lei. Ma cosa dice Maria ai giovani, mediante le sue autenticamente materne, dunque generative, generanti Parole di Vita impresse nella Parola di Dio? 

(Prima Parte)

Il card. Zuppi ricorda don Nicolini e don Giussani

‘Il prete degli ultimi’ e ‘l’apostolo delle carceri’: questi sono stati alcuni aggettivi per ricordare don Giovanni Nicolini, il sacerdote mantovano morto nei giorni scorsi a Bologna: monaco della comunità delle famiglie della Visitazione, don Giovanni Nicolini era stato ordinato sacerdote nel 1972. Quando approda a Bologna nel 1967 entra in contatto con don Giuseppe Dossetti e va a fare il parroco in provincia, a Sammartini di Crevalcore, per poi dirigere la Caritas locale.

Nell’omelia delle esequie funebri l’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Zuppi, ha sottolineato che il sacerdote bolognese si è sempre nutrito nella preghiera: “Con Giovanni, accompagnato fino alla fine dalla preghiera e dalla lettura della Parola, direi notte e giorno, si è nutrito, lui, di questo pane che gli ha conquistato il cuore e che con tanta sapienza umana e spirituale offriva a chiunque.

Lo faceva sempre in modo personale, senza supponenza, tanto che ogni incontro, anche il più ordinario, acquisiva un valore particolare, un significato nel senso stretto del termine, un tratto personale, diretto, del quale credo che qui, oggi, in tanti ringraziamo per qualche parola che ha toccato il cuore, per un sorriso, per un consiglio, per un po’ di luce e conforto.

Giovanni era grande nello spiegare le Scritture e le faceva calare nella vita, regalava un Vangelo vivo, esigente e umanissimo, tanto che tutti si sentivano descritti, illuminati, perdonati, amati del Signore del Vangelo spiegato da lui. E una Parola vissuta e annunziata così diventa quasi naturalmente comunione tra chi ascolta e condivisione con tutti, particolarmente con i poveri”.

Da questo nutrimento della preghiera don Nicolini aveva aperto la sua casa all’accoglienza di tutti: “Tutti si sentivano a casa con lui, accolti e attesi e molti sono stati attirati da lui proprio per questo spiegare le Scritture e per la relazione che aveva con chi ascoltava e con i poveri.

Negli ultimi faticosi tempi, in cui tutto era sfuocato e non aveva la forza per tante altre cose, era sempre attaccato alla Bibbia con tutte le poche energie rimaste, unitamente all’affetto incondizionato per Massimo che ha sempre indicato come esempio della mitezza divina di Gesù.

Il suo impegno evangelico richiedeva, come abbiamo ascoltato, giustizia, che vuol dire cambiare le cause, coinvolgendo tutti nell’intelligenza e nella passione per la persona, quella che deve animare la politica intesa nel senso più nobile e alto.

Era quella che aveva imparato dal papà e dai suoi tanti amici, che vedeva trasfusa nei principi fondamentali della nostra Carta costituzionale che, diceva, ‘non citano esplicitamente Dio ma esprimono chiaramente la concezione cristiana della storia’. Fino alla fine non ha smesso di ricordarci lo scandalo della povertà, di farlo sempre con tanta cultura e conoscenza ma anche con la commozione personale, perché non riusciva a non piangere davanti a situazioni di povertà. Così ci aiutava a piangere, vincendo tiepidezza, scontatezza e indifferenza”.

Quindi don Nicolini era innamorato di Dio che si incarna nell’umanità: “Ha teso alla pietà, che non è mai un sentimento compiaciuto e quindi sterile, ma si traduce in prassi. Alla fede, cioè all’abbandono pieno a Dio e alla sua volontà, radicale non perché ha le risposte per tutto ma perché ha trovato la risposta che motiva tutto.

Alla carità, che supera tutti i limiti e le misure, perché è questa a durare per sempre, perché solo l’amore resta e resterà per sempre. Alla pazienza, che non è rassegnazione ma visione lunga, amore più forte delle delusioni e delle miserie, speranza con cui sapeva riaccendere nei cuori spenti dalla sofferenza il senso della rinascita e della luce che passa attraverso le ferite.

Alla mitezza, da vero uomo di pace qual era, che non perde tempo a litigare, ma che con il sorriso e la gentilezza sconfigge la forza del male con la forza del cuore. Giovanni ha combattuto la buona battaglia della fede, fino alla fine, pregando e trasmettendo fede nell’incertezza della vita. Ha viaggiato nel mondo, cercandolo e amandolo senza barriere, perché il mondo ci è lontano non perché è ‘contro-Dio’, ma perché è ‘senza-Dio’.

E quindi bisogna far conoscere Gesù, luce di cui il mondo ha bisogno e che non cerca perché si è rassegnato al suo crepuscolo grigio. Noi lo ringraziamo perché la sua professione di fede l’ha fatta con noi come testimoni. E oggi noi dobbiamo comunicarlo con più consapevolezza e responsabilità a tanti che lo cercano”.

Mentre nel diciannovesimo anniversario della morte di don Luigi Giussani il card. Zuppi ha ricordato il suo amore per la Chiesa: “Nel 1968 Giussani disse che la comunione è ‘una struttura nuova dell’io’, che non è tanto un complesso di formule, di dogmi, di concezioni astratte, di idee, ma una realtà fisica, ‘è l’appartenenza a Cristo, ma Cristo non è il Cristo di duemila anni fa, il Cristo è quella realtà che si compie, che si rende presente nel suo corpo mistico, nella Chiesa’…

Penso ad un’immagine che in questi anni ci ha accompagnato, dolcissima, riassunto di tutta la vita, eloquente più di tante parole, che rivela l’atteggiamento suo e nostro davanti al successore di Pietro – chiunque esso sia – che è stato chiamato a occupare quella cattedra.

Don Giussani, malfermo, si inginocchia davanti a Giovanni Paolo II al termine della sua testimonianza in quella Pentecoste straordinaria che deve diventare maturità consapevole, non tiepida, bensì radicale ed esigente sequela di Gesù di uomini che non si intristiscono ma sono pieni del vino nuovo e sempre più buono dello Spirito. Giussani ricevette in cambio un abbraccio tenerissimo, protettivo, che risponde pienamente alla richiesta di lui e di noi mendicanti di amore”.

(Foto: arcidiocesi di Bologna)

L’intelligenza artificiale per una sapienza del cuore

“L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta ‘intelligenza artificiale’, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti.

Quarta domenica del Tempo Ordinario: Gesù, vero Maestro

 Gesù inizia la sua vita pubblica e si presenta come il vero maestro. L’episodio si svolge a Cafarnao, dentro la sinagoga. Gesù legge un brano della Bibbia, tutti ascoltano ammirati per il suo insegnamento. Tra la folla uno grida: che vuoi, Gesù? Sei venuto a rovinarci.  Gesù interviene: Taci, esci da lui, spirito immondo. Quell’uomo cade a terra, si divincola e poi il diavolo gridando forte esce da lui. Era veramente un indemoniato. La gente rimane tramortita e si domanda: ‘chi è costui? a cui obbediscono anche gli spiriti impuri?’

Benedetto XVI in preghiera

Don Giovanni Antonazzi, amico di don Giuseppe De Luca e ben addentro alla curia romana, scrisse che il cardinale Paolo Giobbe (1880-1972) ebbe a dire: ‘Quando uno riconosce che a un certo momento deve dimettersi, vuol dire che ancora può stare al suo posto, perché, quando verrà il momento di dimettersi, non lo comprenderà più’. 

Come è possibile scoprire Gesù nei poveri? ‘Bisogna conoscerli e parlarci’

“Soffermarci sul Libro di Tobia, un testo poco conosciuto dell’Antico Testamento, avvincente e ricco di sapienza, ci permetterà di entrare meglio nel contenuto che l’autore sacro desidera trasmettere. Davanti a noi si apre una scena di vita familiare: un padre, Tobi, saluta il figlio, Tobia, che sta per intraprendere un lungo viaggio. Il vecchio Tobi teme di non poter più rivedere il figlio e per questo gli lascia il suo ‘testamento spirituale’.

XVII Domenica del Tempo Ordinario: il tesoro nascosto è il Regno di Dio

Il brano del Vangelo ci presenta in questa domenica tre parabole di Cristo Gesù; la settimana scorsa le parabole riguardavano la natura del regno di Dio; quelle di oggi evidenziano l’atteggiamento dell’uomo riguardo al Regno di Dio, vero Tesoro per l’uomo redento da Cristo. Nella scelta di un tesoro non ci si può ingannare; Gesù stesso ci mette in guardia: ‘Non accumulate tesori sulla terra che la ruggine consuma e i ladri rubano, ma accumulate tesori nel cielo anche perché dove c’è il tuo tesoro, là c’è il tuo cuore’.

VI Domenica di Pasqua: ‘Vado, ma non vi lascerò orfani!’

Nel cuore di ogni cristiano alberga una certezza: Gesù non ci lascia orfani!, non ci abbandona, non ci lascia soli; anzi gli stesso ci assicura: ‘Sarò con voi sino alla fine del mondo’. E’ necessario però che si verifichi una condizione: amare ed osservare i suoi comandamenti. A queste condizioni Gesù invia alla sua Chiesa il ‘Consolatore’: lo Spirito santo, che è il dono mirabile di Dio alla sua chiesa. ‘Io vado al Padre, dice Gesù, e non mi vedrete più, ma il Padre vi darà un atro Consolatore: lo Spirito di verità’.

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