Tag Archives: Spiritualità

Matelica ricorda suor Chiara Augusta Lainati

Domenica 2 marzo il Monastero delle Clarisse ‘Santa Maria Maddalena’ di Matelica, in collaborazione con BAP (Biblioteca  Archivio Pinacoteca) francescana delle Marche, la Pinacoteca ‘San Giacomo della Marca’ e la Provincia Picena dei Frati Minori ‘San Giacomo della Marca’, presso i saloni del Monastero (ingresso via Damiano Chiesa), organizza un convegno dedicato a suor Chiara Augusta Lainati, ad un anno dalla sua morte, con la partecipazione del prof. Marco Bartoli, docente di storia medievale alla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) di Roma, sul tema ‘Suor Chiara Augusta Lainati e gli studi inerenti santa Chiara d’Assisi: contributo ed eredità’.

Suor Chiara Augusta Lainati era nata a Saronno (Varese) nel 1939 ed ha studiato filologia classica all’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) dove ha conseguito la laurea nel 1962 con la tesi sulla ‘Legenda versificata Sanctae Clarae Virginis’, di cui fu relatore il prof. Ezio Franceschini. Quindici giorni dopo la laurea entrò nel Protomonastero Santa Chiara d’Assisi, una comunità di clarisse che vantava un legame con l’Università Cattolica del Sacro Cuore già dalla fondazione da parte di p. Agostino Gemelli. Veste l’abito delle Sorelle Povere di santa Chiara il 21 gennaio 1963, emette la prima professione il 19 aprile 1964 e la professione solenne il 20 aprile 1967.

Molto ricercata in convegni e pubblicazioni con collaborazioni scientifiche sulla spiritualità francescano-clariana, ha operato anche nel campo della trasmissione del carisma francescano nonché nella formazione delle giovani clarisse in diversi monasteri. Gli ultimi anni di vita (caratterizzati da varie infermità) sono trascorsi nel monastero di Matelica, nelle Marche, dove è giunta nel 2001, fino alla sua morte avvenuta il 2 marzo dello scorso anno, festa di sant’Agnese di Praga, figlia del re di Boemia e fondatrice del monastero ‘San Francesco’ a Praga dove si rinchiude lei stessa, seguendo la ‘Forma di Vita’ vissuta a san Damiano da Chiara e dalle sorelle. Assieme al francescano p. Giovanni Boccali nel 1977, scoprì in un codice ‘Audite poverelle’, ossia lo scritto in lingua volgare che Francesco d’Assisi morente inviò alla comunità di San Damiano e che nel 2000 il cantautore Angelo Branduardi musicò nel suo album ‘L’infinitamente piccolo’.

Chiediamo a suor Chiara Rosamaria Papa, clarissa nel monastero di Matelica, di raccontarci il motivo per cui è organizzato un convegno su suor Chiara Augusta Lainati: “Ad un anno dal transito al cielo di suor Chiara Augusta Lainati, ci è doveroso ricordarla non solo con una celebrazione eucaristica di suffragio, ma anche con un evento culturale nel quale avviare l’approfondimento del contributo specifico che questa consorella (per tanti madre e riferimento spirituale) ha offerto con i suoi studi, le sue ricerche e pubblicazioni su santa Chiara d’Assisi e sul francescanesimo.

E’ un’iniziativa mossa dal debito di gratitudine dovuto alla storia, al cammino che la Famiglia Francescana, ed in particolare il Secondo Ordine Francescano, quello delle Sorelle Povere di Santa Chiara, ha compiuto dopo la ventata di ‘aria nuova’ che lo Spirito del Signore ha suscitato nella Chiesa con il Concilio Vaticano II.

In questo cammino suor Chiara Augusta si è trovata ad essere una delle voci di riferimento più attendibili e ascoltate. Con una laurea in lettere antiche conseguita presso l’Università Cattolica di Milano con il prof. Ezio Franceschini, uno dei migliori filologi e medievalisti italiani, entrò subito dopo nel Protomonastero Santa Chiara di Assisi. Era l’anno 1962, lo stesso dell’avvio dell’assise conciliare. Ben presto le fu chiesto di scrivere una vita di santa Chiara d’Assisi a scopo divulgativo.

Seguirono articoli sulla spiritualità francescana-clariana, due corposi volumi sui Temi spirituali dagli Scritti del Secondo Ordine francescano (1970), oltre ad innumerevoli altri scritti sulle primitive fonti relative a Chiara d’Assisi. Sempre negli anni ’60 avviò, curando poi per decenni, la Rivista delle Clarisse italiane ‘Forma Sororum’. Il contributo decisivo per una riqualificazione della figura di Chiara in ambito francescano suor Lainati lo offrì quando si mise mano ad una edizione italiana delle fonti relative a san Francesco ed al suo Ordine, opera che vide felicemente inserita, sotto la sua direzione, una IV sezione dedicata alle fonti su santa Chiara: fu quella la prima edizione delle Fonti Francescane nel 1977. In essa la ‘pianticella del padre san Francesco’ ebbe un posto tutto suo, che non le fu riconosciuto, per esempio, nelle parallele edizioni in lingua francese e spagnola, e questo grazie al lavoro portato avanti da suor Chiara Augusta”.

Quanto sono stati importanti i suoi studi su santa Chiara?

“E fu, come ebbe a scrivere il prof. Marco Bartoli, ‘una felice intuizione, che restituiva Chiara non solo alle Clarisse, ma anche all’insieme della famiglia francescana. Si veniva a scoprire così che la donna di Assisi aveva avuto un ruolo tutt’altro che secondario nello sviluppo del movimento francescano nel XII secolo nel suo complesso’ (Introduzione a ‘Santa Chiara d’Assisi. Contemplare la bellezza di un Dio sposo’, di Chiara Augusta Lainati).

Come suor Lainati interpretò la spiritualità di santa Chiara?

“Nello studio della spiritualità di santa Chiara, suor Chiara Augusta seppe ‘unire la sua solida preparazione teologica e medievale alla sua fine sensibilità femminile e alla privilegiata circostanza di essere Clarissa, vale a dire, di essere chiamata a vivere questa stessa forma di vita carismatica che descrive nella madre santa Chiara’, come si espresse il francescano mons. J.S. Montes. Una circostanza provvidenziale che rende la sua visione particolarmente viva, penetrante, credibile.

Nel clima di ‘novità’ del post Concilio Vaticano II, della riscoperta delle radici battesimali di ogni vocazione cristiana, della sua ecclesiologia e missione evangelica nel mondo, suor Chiara Augusta ha saputo trasmettere nei suoi scritti la perenne novità del carisma francescano suscitato dallo Spirito nel cuore di Francesco e di Chiara d’Assisi. ‘Per tutti questi motivi, è ancora il prof. Bartoli a scrivere, non è azzardato dire che suor Chiara Augusta Lainati è stata la Clarissa italiana che più di ogni altra, nel XX secolo, ha contribuito alla riscoperta della vita e della spiritualità di Chiara d’Assisi’”.

Cosa significa ricordare suor Chiara Augusta Lainati?

“Questo ampio panorama di studi e di pubblicazioni costituisce proprio ora, col compimento della parabola terrena di suor Chiara Augusta, vissuta per oltre sessant’anni alla sequela di Cristo in una vita interamente contemplativa come Sorella Povera di Santa Chiara, un vero e proprio lascito che non ci si può esimere dall’approfondire. L’iniziativa di domenica 2 marzo mira semplicemente ed umilmente a questo”.

(Tratto da Aci Stampa)

Da Trieste mons. Trevisi invita a curare la vita spirituale

“… si apre un anno ricco di prospettive. Qui ne tratteggio alcune, a partire dalla convinzione che il Signore ci accompagna. Che non siamo soli. Che guardiamo al futuro consapevoli di essere con lo Spirito Santo: e dunque di aprire cuore e intelligenza per cogliere una parola, anzi una Presenza che getta luce e speranza e che responsabilizza. Abbiamo bisogno di rielaborare quanto papa Francesco ci ha detto. Non possiamo archiviare il mandato ricevuto. Dobbiamo ripensare e rimeditare, anche con il supporto di quanto vissuto nella ‘Settimana sociale dei Cattolici in Italia’ che si è tenuta dal 3 al 7 luglio 2024. Siamo chiamati con la Chiesa universale a vivere il Giubileo del 2025: ‘Pellegrini di speranza’è un motto che mi piace. Apre squarci di positività e di senso sul futuro. Un cammino che ha una meta e che autorizza la fatica del procedere, insieme, come popolo di Dio. Con lo Spirito di Dio”.

E’ l’inizio della lettera pastorale (‘Io sono con te’) del vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, che invita tutti ad essere ‘pellegrini di speranza’ nell’anno giubilare: “Pellegrini di speranza è un motto che mi piace. Apre squarci di positività e di senso sul futuro. Un cammino che ha una meta e che autorizza la fatica del procedere, insieme, come popolo di Dio. Con lo Spirito di Dio”.

Nella lettera il vescovo di Trieste ha evidenziato una realtà, quella che Gesù non abbandona nessuno: “Gesù non ci lascia orfani, cioè soli, nell’affrontare i nostri giorni complicati. Dal Padre e dal Figlio, per il tramite del Figlio ci è dato lo Spirito Paraclito: dove ‘Paraclito’ (che ora la nuova edizione della Scrittura non traduce) richiama una presenza amica. E’ Dio (la terza persona della Trinità) chiamato ad esserci sempre vicino, ad esserci sempre a fianco: a difenderci in ogni difficoltà (è l’Avvocato difensore), a consolarci nei nostri fallimenti (è il Consolatore).

E’ con noi per rafforzarci quando siamo deboli (è il Medico celeste, è Fortezza) e per illuminare le nostre menti (è Sapienza, Intelletto, Consiglio, Scienza per quando siamo frastornati e rischiamo l’errore). Purifica la nostra relazione con Dio, purtroppo tentata da presunzioni che necessitano Pietà e Timor di Dio”.

Partendo da questa evidenza gli abbiamo chiesto di raccontare la genesi di questa lettera: “La fede cristiana al suo centro ha Dio, come ci è rivelato in Gesù Cristo. Non una dottrina, non una serie di regole morali, ma Dio che ci viene incontro dentro una storia che ha il suo culmine nel Signore Gesù, il Figlio Unigenito che si fa carne umana e ci rivela il volto misericordioso di Dio, che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. Nel mio motto episcopale (‘Admirantes Iesum’) ho invitato a guardare a Gesù con ammirazione, a tenere fisso lo sguardo su di Lui ma con meraviglia. La mia prima Lettera pastorale (da un versetto del Salmo 33) l’ho intitolata: ‘Guardate a Lui e sarete raggianti’. E già portava nella direzione di essere con lo sguardo su Dio, anzi su Gesù che ne è la Rivelazione compiuta. Da lì poi la declinazione dei vari cantieri sinodali, dei vari impegni di rinnovamento della nostra Chiesa.

Nella Lettera pastorale di quest’anno (‘Io son con te’) ho ancora riproposto di partire dalla presenza di Dio in ogni stagione della storia e della vita. ‘Io sono con te’ è un’espressione che (con le sue varianti) ritorna continuamente: inizio dalla trama di famiglia di Isacco e Giacobbe e colgo come questa promessa viene continuamente ripetuta. Ad Isacco: ‘Io sarò con te e ti benedirò’; ‘Non temere, perché io sono con te…’. A Giacobbe ‘Io sono con te e ti proteggerò ovunque tu andrai, non ti abbandonerò’.

E da qui sono partito a rintracciare che a Mosè, a Giosuè, a Gedeone, al popolo di Israele, a Geremia, fino ad arrivare a Maria e agli apostoli questa promessa viene ripetuta: talvolta al singolare, talvolta al plurale, talvolta al presente (sono con te/con voi) e talvolta al futuro (sarò con te/con voi)”.

E’ iniziato il Giubileo: come essere ‘pellegrini di speranza’ nella ferialità?

“Per me vivere la speranza significa camminare sapendo che Dio non ci abbandona ma ci protegge, è con me, con noi, ovunque ci accompagna. Dentro i vissuti concreti che ci contraddistinguono saper scorgere che Dio rimane con noi e ci consente di essere segno della sua misericordia: un anticipo rispetto alla pienezza che ci attende in Paradiso. E così in ogni nostro incontro, in ogni nostro giorno, noi possiamo restare stupiti che Dio passa anche attraverso la nostra piccolezza, il nostro essere ‘servi inutili’. E per mezzo dello Spirito saper dare la nostra adesione, come Maria, ad un Dio ricco di misericordia, ma che vede la nostra piccolezza, che però è preziosa, e dunque siamo chiamati ad amarlo nei nostri fratelli e sorelle, soprattutto nei più fragili”.

Perché non si deve temere di incontrare Gesù?

“Tutti noi conosciamo persone tristi, amareggiate, che hanno perso il gusto della vita. Io penso che con Gesù possiamo ritrovare la preziosità di quel che siamo. Noi siamo gli amati da Dio e la prova è che il suo Figlio per me si è dato totalmente, fino alla croce. E io posso (con l’aiuto dello Spirito Santo) dare l’occasione a Dio di mostrare la sua premura per ogni persona che incontro. La mia testimonianza è essere segno di Lui, della sua vicinanza a chiunque”.

In quale modo la preghiera può nutrire?

“Una ragazza diceva: ‘Mi avete insegnato a dire le preghiere ma non a pregare’. Penso questa sia una sfida urgente: vivere Gesù non come una dottrina o come una pagina di storia passata, ma come un tu con cui incontrarsi e vivere un’amicizia, una condivisione di speranze e progetti. Scrutare una pagina di Vangelo, fermarsi in silenzio ad adorare l’Eucaristia, ritornare come i due discepoli di Emmaus a raccontare che il cuore ardeva mentre quel viandante parlava (ed era Gesù). Tante le esperienze di preghiera che riaccendono entusiasmo e motivazioni per la vita concreta. Si tratta di una preghiera che non si riduce ad una formula, ma che è una relazione capace di illuminare la vita e le scelte da prendere”.

In quale modo è possibile nutrire una fede inquieta?

“Incontrando Gesù ed evitando che resti un personaggio da museo, ma un Qualcuno di vivo che mi porta a percorrere le strade delle mie responsabilità, anche passando attraverso il suo perdono. E farlo insieme, combinando momenti di solitudine e di silenzio con momenti comunitari (il nostro essere Chiesa) in cui usciamo da nostre autoreferenzialità e derive unicamente emotive”.

Quindi per quale motivo invita a prendersi cura della vita spirituale?

“Trovo strano che i genitori si preoccupino che i figli vadano a scuola o facciano sport (che alimentino la loro intelligenza e si prendano cura del loro corpo), ma che non si ingegnino ad aiutarli a prendersi cura della loro coscienza, del loro cuore e dunque della loro vita spirituale. L’aumento di giovani che hanno disturbi depressivi, alimentari, atti di autolesionismo… dovrebbe portarci a comprendere che oggi è indispensabile prendersi cura della propria vita spirituale: e lì si incontra il mistero di quello che siamo e speriamo, ma anche il mistero di un Dio che cerchiamo e che ci cerca”.

(Tratto da Aci Stampa)

Con il beato don Giovanni Merlini… pellegrini di speranza!

«I giovani sono sempre stati la passione del beato Giovanni Merlini, sin da quando, ancor prima di conoscere i Missionari del Preziosissimo Sangue, si dedicava a quello che oggi definiamo ‘servizio di pastorale giovanile’ per la sua diocesi di Spoleto – afferma don Valerio Volpi, direttore dell’ufficio di pastorale giovanile e vocazionale della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue.

Con l’ingresso nella famiglia di San Gaspare del Bufalo egli si specializzò, in un certo senso, nella cura e nell’attenzione per i giovani e per le speranze del loro cuore. Da Santa Maria De Mattias, all’apertura del primo convitto per giovani nella casa di Albano, passando per storie entusiasmanti come quella del ribelle Luigi Falcioni, un indissolubile filo rosso lega don Giovanni Merlini al cuore dei giovani, soprattutto di quelli che vivono e condividono la spiritualità del Preziosissimo Sangue».

«Proprio in virtù dell’evento di grazia della beatificazione di don Giovanni Merlini, vissuta il 12 gennaio scorso, evidenzia don Valerio – il Convegno dei giovani USC (Unione Sanguis Christi) radunerà 250 tra ragazzi e ragazze, dai 16 ai 30 anni, provenienti da tutta Italia come “pellegrini di speranza”. Fino al 16 febbraio, presso la Fraterna Domus di Sacrofano (RM), vivremo giorni ricchi di condivisione e spiritualità, impreziositi dalla presenza di ospiti e testimoni che ci aiuteranno a comprendere la bellezza della speranza. Avremo con noi ‘Salesalato’, il giovane apologeta che ha fatto dei suoi fumetti e del suo blog un modo concreto per abitare il web e per “rendere ragione della speranza che è in noi” (1 Pt 3,15).

Ad allietare la serata di venerdì 14 febbraio saranno gli Arakne Mediterranea, lo storico gruppo di musica popolare pugliese che ci condurrà in un pellegrinaggio del cuore tra le tradizioni e la cultura del Salento. Nella mattinata di sabato 15 febbraio ci accompagnerà nei sentieri della Sacra Scrittura la biblista Antonella Anghinoni e, nel pomeriggio, proveremo a rivivere l’attualità di quell’apostolato che portò don Giovanni Merlini a farsi compagno perfino di coloro che la società vedeva come soggetti pericolosi, fino a convertirli e a tirar fuori il meglio di loro. Ci aiuterà in questo la bellissima testimonianza di vita di Zef Karaci, ex detenuto la cui vita è cambiata a seguito dell’incontro con la luminosa e quotidiana testimonianza di don Roberto Malgesini.

Chiuderemo la mattina di domenica 16 febbraio lasciandoci stupire dal racconto della famiglia Cefalo, testimone di quell’evento di speranza che è stato il miracolo che ha condotto don Giovanni Merlini agli onori degli altari. Don Benedetto Labate, direttore della Provincia Italiana dei Missionari del Preziosissimo Sangue, presiederà la messa conclusiva del Convegno, nella quale i giovani attendono con gioia di accogliere tra di loro le reliquie del nostro beato. ‘Cento misure e un taglio’ soleva ripetere il beato don Giovanni Merlini, e noi, insieme a lui, vorremmo aggiungere anche ‘nuove prospettive’, che ci aprono a Gesù, speranza che, come un’àncora salda non delude mai!”

Come ormai da tradizione del Convegno non mancherà l’esperienza del Talent Award, dove la condivisione tra ragazzi provenienti da diverse parti d’Italia li spingerà a collaborare intorno ad una tematica, per esprimere quanto le testimonianze degli ospiti hanno suscitato nel loro cuore in maniera innovativa e creativa. Una nota di merito, che dona un tocco tutto speciale all’incontro, sarà la partecipazione dell’Unione Sanguis Christi Music, il progetto di evangelizzazione musicale coordinato da don Francesco Cardarelli, che arricchirà i vari momenti di preghiera del Convegno.

Riccardo Rossi racconta la Serva di Dio Luisa Piccarreta

“Figlia mia, oggi è la mia Nascita e son venuto per renderti felice colla mia presenza: Mi sarebbe troppo duro non rendere felice in questo giorno chi vive nella mia Divina Volontà, non darle il mio primo bacio e dirti ‘ti amo’, come contraccambio del tuo, e stringendoti forte al mio piccolo Cuore, farti sentire i miei palpiti che sprigionano fuoco, che vorrebbero bruciare tutto ciò che alla mia Volontà non appartiene; ed il tuo palpito facendo eco nel mio Mi ripete il tuo gradito ritornello:  ‘La tua Volontà regna come in Cielo così in terra’. Ripetilo sempre se mi vuoi rendere felice e quietarmi il mio pianto infantile. Guarda il tuo amore Mi ha preparato la culla d’oro, e gli atti nella mia Divina Volontà Mi hanno preparata la vestitina di luce, non ne sei contenta?”

Partiamo da questo pensiero ricavato dagli scritti della serva di Dio, Luisa Piccarreta, ‘comunicatole’ da Gesù il 25 dicembre 1928, per ‘scoprire’ la sua ‘figura’, in quanto lo scorso 10 agosto è stato rilasciato il nulla osta per la ripresa della sua Causa di Beatificazione, come è stato comunicato dal postulatore, mons. Paolo Rizzi:

“La Causa di Beatificazione della Serva di Dio Luisa Piccarreta non è mai stata chiusa, ma è sempre stata pendente presso il Dicastero della Cause dei Santi, il quale ne aveva sospeso temporaneamente l’iter canonico poiché il Dicastero per la Dottrina della fede, al cui studio erano stati sottoposti la spiritualità, il pensiero e gli scritti della Serva di Dio, nel 2019 segnalava che gli scritti presentavano alcune ambiguità di natura teologica, cristologica e antropologica che, pur non essendo di per se stessi errori dottrinali, richiedevano un’ulteriore valutazione.

Le risposte chiarificatrici della Postulazione ai menzionati rilievi, con il supporto di un teologo esperto in mistica, hanno consentito al Dicastero per la Dottrina della Fede di concludere che negli scritti e nel pensiero della Serva di Dio non si ravvisano affermazioni palesemente difformi dalla dottrina della Chiesa e nel giugno 2024 ha rilasciato il nulla osta per la ripresa della Causa, notificato formalmente dal Dicastero delle Cause dei Santi a questa Postulazione l’8 luglio 2024”.

Per comprendere meglio chi era Luisa Piccarreta abbiamo chiesto di raccontarci la sua vita al  giornalista Riccardo Rossi, volontario alla Missione ‘Speranza e Carità’ di fratel Biagio Conte: “Nacque a Corato, in Puglia, il 23 aprile del 1865 e morì il 4 marzo 1947. Aveva diversi fratelli, un padre e una madre buoni. Luisa fin da piccola era intensamente devota a Gesù. Sempre in tenera età sognava il demonio, in risposta, Luisa pregava tanto. Già a 12 anni comincia a sentire la voce di Gesù. All’età di 22 anni si è offerta come vittima perpetua”.

In quale modo viveva la volontà di Dio?

“Lei aveva il dono di vedere e parlare con Gesù che le ha chiesto di scrivere tutti i colloqui avuti con Lui, in modo che tutti leggendoli e meditandoli potessero capire che Gesù vuole la nostra volontà per darci la Sua Divina Volontà. Sono 36 diari: ‘Il Regno della Mia Divina Volontà in mezzo alle creature, Libro di Cielo. Il richiamo delle creatura nell’ordine, al suo posto e nello scopo per cui fu creata da Dio’. Quest’obbedienza le è costata molto perché non avrebbe voluto che tutti leggessero i suoi colloqui con Gesù”.

In quale modo il letto è diventato per lei un luogo di ‘contemplazione’?

“Lei ha vissuto circa 60 anni in un letto, pienamente abbandonata alla volontà di Dio Padre. Si è offerta come vittima, per assolvere lo stesso compito di Gesù, mitigare la Divina Giustizia nei confronti degli uomini. Successivamente il Signore le ha dato un nuovo incarico di girare spiritualmente nella Divina Volontà per preparare ed ottenere la venuta e il trionfo del suo Regno”. 

Quale era la spiritualità di Luisa Piccarreta?

“I suoi scritti non descrivono solo un itinerario di vita spirituale, ma sono la proclamazione del Decreto o Progetto eterno di Dio, che annuncia il compimento del suo Regno: il Regno della sua Volontà. Lei ha vissuto negli ultimi tempi, completamente immersa nella Divina Volontà, tanto da diventare rifermento per tutti noi che vogliamo vivere come Adamo ed Eva prima del Peccato Originale, o come ha vissuto la Madonna, immersi nel Divin Volere”. 

Come sei venuto a conoscenza della sua vita?

“Un mio amico, Nunzio, mi ha donato nella quaresima del 2022, il libro ‘Le 24 Ore della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo’ di Luisa Piccarreta e mi ha detto che leggendolo fuso in Gesù si potevano avere più doni, ma mi colpì molto il fatto che poteva guarirmi dalle mie ferite spirituali dell’infanzia. L’ ho letto, fuso in Gesù, per vari mesi.

Quando ho partecipato ad un cenacolo a ottobre del 2022 dei Piccoli Figli di Palermo, con la meditazione del Libro di Cielo, ho sentito che la Trinità era accanto a me quando ero piccolo e mio padre mi picchiava e nel mentre ho sentito oltre il dolore anche la gioia. Ho capito di avere avuto un miracolo di guarigione spirituale e che posso testimoniare, in particolare ai giovani, che Gesù non ci lascia mai soli”.

E quanto è stata importante la sua conoscenza per la tua vita?

“Fondamentale direi. Fratel Biagio, in collina, vicino all’Oasi della Speranza, mi aveva predetto che siccome ero stato molto vicino a lui sarei stato perseguitato e mi disse pure che anche io come lui, sono un martire spirituale. Nell’approcciare il ‘Libro di Cielo’ ho capito che le persecuzioni, sono in realtà predilezioni dell’amore di Dio che opera così per purgare le nostre anime verso la santità e per realizzare tante grazie.

Ho capito che proprio quando vieni colpito e quello il momento per migliorare nella fede, è facile avere fede quando tutto va bene, invece è nella prova che si misura. Da quando leggo questi libri ho avuto tanti doni, di più che in oltre vent’anni di vita cristiana. Ho capito che la cosa più importane non è pregare con tante parole e intenzioni, ma solo per l’Avvento del Regno di Dio, per affrettare la venuta di Gesù sulla terra”.

(Tratto da Aci Stampa)

Beato don Giovanni Merlini il servitore dei miseri

Lo scorso 23 maggio la Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato il riconoscimento di un miracolo attribuito a don Giovanni Merlini, che sarà il primo beato del Giubileo: “Il Sommo Pontefice Francesco, accogliendo e confermando i voti del Dicastero delle Cause dei Santi, ha dichiarato: consta il miracolo, compiuto da Dio per intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Merlini”. Quindi il venerabile don Giovanni Merlini sarà beatificato oggi nell’arcibasilica papale San Giovanni in Laterano dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, suscitando gratitudine in don Emanuele Lupi, moderatore generale della Congregazione dei ‘Missionari del Preziosissimo Sangue’ ed in suor Nicla Spezzati, postulatrice della Causa:

“Tale notizia è per ognuno di noi fonte di grande gioia e di sentimenti di profonda gratitudine a Dio per il dono della santità offerto alla sua Chiesa nella persona del nostro amato don Giovanni Merlini, sacerdote e terzo Moderatore generale della Congregazione dei ‘Missionari del Preziosissimo Sangue’, nato a Spoleto (PG) il 28 agosto 1795 e morto a Roma il 12 gennaio 1873. Uomo di profondo discernimento e di sapienza, ha annunciato, come Missionario Apostolico, il Mistero della Redenzione ad intere popolazioni nello Stato Pontificio e nel Regno di Napoli, favorendo i miseri ed i reietti”.

Per approfondire questa beatificazione abbiamo contattato don Valerio Volpi, missionario del ‘Preziosissimo Sangue’ e direttore dell’ufficio di pastorale giovanile e vocazionale della congregazione: “Per il suo essere stato un uomo ‘tutto di Dio’ in ogni ambito della sua vita. Nella preghiera che lui stesso compone per la Congregazione scrive: ‘Signore, voglio essere tutto, tutto tuo e solo tuo’ e penso che ci sia davvero riuscito.

Se è vero che i frutti della santità si riconoscono nella vita non tanto della persona interessata, quanto in quella delle anime che gli sono accanto, un uomo che ha guidato spiritualmente per 42 anni Maria De Mattias (fondatrice della congregazione delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo e proclamata santa da papa Giovanni Paolo II, ndr.), facendone una santa non può che essere qualcuno che ha vissuto di cielo.

Un uomo insomma, che in tutta la sua vita non ha fatto che ricercare quello che Dio voleva da lui e dalle persone che aveva accanto. Non a caso era solito ripetere: ‘La volontà di Dio sola mi basta’. Santo perché un uomo divenuto volontà di Dio in tutto e nel concreto”.

Perché aderì alla Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue?

“Rimase affascinato dalla predicazione e dall’amabilità di san Gaspare del Bufalo che incontrò nel luglio del 1820, prendendo parte ad un corso di esercizi spirituali da lui stesso predicati nell’abbazia di san Felice di Giano, in Umbria, casa di fondazione dell’allora nascente Congregazione. Rimase colpito dal fuoco di passione e di zelo per il vangelo che quel santo uomo riusciva a trasmettere e da san Gaspare stesso si sentì rivestito di immane fiducia.

A seguito di quella settimana di esercizi il fondatore gli affidò direttamente la possibilità di predicare un altro corso di esercizi al suo posto, subito dopo lo portò con sé nella missione popolare di Monte Martano. Don Giovanni si sentì investito di gratuita fiducia da parte di quello che lui stesso considerava un santo. La vita della Congregazione fu da subito, per lui, la possibilità di mettere a frutto la migliore versione del suo sacerdozio, brillando forse oltre quello che lo stesso don Giovanni si sarebbe mai aspettato”.

Per quale motivo volle che la festa del Preziosissimo Sangue si estendesse a tutta la Chiesa?

“Nei moti rivoluzionari del 1848 il papa si era trovato invischiato in fraintendimenti di quello che lui stesso avrebbe voluto dire ai cristiani. Papa Pio IX sentiva di non doversi schierare da nessuna parte rispetto alle fazioni che erano venute a crearsi perché si considerava padre di tutti. Per riaffermare questo concetto di fraternità del genere umano, secondo don Giovanni Merlini, bisognava partire dal presupposto che la comunione è un dato di partenza per i cristiani e non un punto di arrivo. Mentre tutti cercavano soluzioni umane su come poter ‘costruire’ la comunione e la fraternità, secondo don Giovanni Merlini era necessario invertire l’ottica: la comunione non è un semplice obiettivo da raggiungere, ma un dato di fatto, che ci è già stato conquistato dal sacrificio di Cristo sulla croce, da cui bisogna ripartire.

Estendere la festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa voleva dire gridare al mondo che la comunione e la fraternità non erano punti da costruire, quanto piuttosto premesse indispensabili e irrinunciabili da cui far partire ogni altro tentativo. Proprio perché le guerre e le rivoluzioni avevano sconfessato i tentativi umani di costruire comunione e fraternità, bisognava riaffermare che Cristo aveva già compiuto questa opera e che essa andava assunta come principio vitale di fondo per ogni altro pensiero o azione”.

Quale era la spiritualità di don Giovanni Merlini?

“Cento misure e un taglio, amava ripetere. Uomo di profonda preghiera era fermamente convinto che la comunione con Dio si dovesse tradurre in scelte concrete. Tanta preghiera precedeva ogni sua scelta, ma era fermamente convinto che le scelte sono il vero risultato di una vita di comunione con Dio. Ecco perché fu uomo di profonda contemplazione ma anche faro di discernimento spirituale. Una spiritualità che si nutriva della intima comunione con Dio per poter comprendere cosa Dio volesse da lui e dal cuore delle persone che a lui si rivolgevano. Un uomo ‘vuoto di sé stesso’ ma pieno di Dio. ‘Siamo canali, non fonti’, ripeteva a santa Maria De Mattias, frase in cui si vedono bene i due poli della sua vita spirituale: rimanere attaccati in intima unione alla sorgente che è Dio, e fare in modo che questo Dio si comunichi e arrivi alle anime assetate”.

In quale modo coniugò l’adorazione eucaristica con la carità?

“Nella casa di Santa Maria in Trivio era solito pregare nascosto nella cantoria che sovrasta l’altare, in modo che nessuno potesse vederlo mentre adorava il Santissimo Sacramento nel tabernacolo dell’altare maggiore. La prima carità don Giovanni l’ha esercitata da Moderatore Generale con i confratelli. Cercava di guardare tutti con gli occhi con cui si sentiva lui stesso guardato da Dio: Mi raccomando (scriveva a Maria De Mattias) usi carità con tutte, soprattutto con le anime più problematiche”.

In quale modo è stato ‘servitore dei miseri’?

“Un episodio in particolare ci aiuta a vedere il cuore di don Giovanni Merlini nei confronti dei bisognosi. Quando è stato superiore della casa di Sonnino, che era posta fuori dall’abitato, era solito attendere tutte le sere i contadini che si ritiravano stanchi dalla campagna. Don Giovanni si faceva trovare fuori dalla porta della casa di missione, con un orcio d’acqua e un mestolo: un sorso d’acqua e una parola del Vangelo per tutti quelli che passavano, perché potessero ristorarsi prima di riprendere il cammino per la salita che li avrebbe ricondotti in paese”.

Allora, come può aiutare a vivere il Giubileo don Giovanni Merlini?

“Penso che il primo e più grande insegnamento che ci viene da don Giovanni sia la necessità di imparare l’arte del discernimento. Il tema del Giubileo ci richiama alla speranza, una virtù teologale spesso confusa con l’idea del terno a lotto, di quelle frasi che suonano molto come ‘speriamo che Dio mi sia benevolo’, ‘speriamo che Dio voglia le stesse cose che mi porto nel cuore io’, ‘speriamo che vada bene’. Da don Giovanni impariamo che speranza è la capacità di saper vedere in ogni situazione quello che Dio vuole rivelarmi. E’ passare da ‘speriamo che Dio voglia’ ad ‘in quello che vivo, mi basta la tua Volontà, perché so che sarà il meglio per me’”.

(Tratto da Aci Stampa)

A Gerusalemme aperta la causa di beatificazione di suor Maria della Trinità

“Il 25 giugno 1942 moriva a Gerusalemme, all’età di 41 anni, la Serva di Dio Maria della Trinità (al secolo: Louisa Jaques), monaca professa dell’Ordine di Santa Chiara. Nata in Sudafrica in seno ad una famiglia missionaria protestante e cresciuta in Svizzera, la Serva di Dio abbracciò la fede cattolica dopo un lungo cammino. A 25 anni, nel cuore della giovinezza, visse una profonda crisi esistenziale e di fede, che culminò nella notte della conversione: nella sua disperazione entrarono la luce e un’attrattiva irresistibile per il chiostro. Attirata dal mistero dell’Eucaristia, ricevette il battesimo nella Chiesa cattolica il 19 marzo 1928”.

Con questa lettera ai fedeli il patriarca di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, venerdì 29 novembre (memoria liturgica di tutti i santi della famiglia francescana) ha aperto la causa di beatificazione di suor Maria della Trinità, offre una breve descrizione della sua vita: “Dopo innumerevoli tentativi vocazionali, la provvidenza la condusse a 37 anni nel monastero delle clarisse di Gerusalemme, dove Dio l’attendeva per unirla più strettamente al mistero della sua Pasqua.

Nei travagli, nella malattia e nelle sofferenze della vita, la Serva di Dio fu spinta alla ricerca della verità e del vero amore, vincendo il male con il bene, imparando ad ascoltare la voce di Dio. Senza far rumore, si donò senza riserve nella preghiera, nell’adorazione e nella carità fraterna, tendendo con tutte le forze all’unità dei cristiani, implorando il dono della pace. L’8 dicembre 1941 si offrì vittima a Gesù Eucaristia e pochi mesi dopo morì serenamente, lasciando dietro di sé una luminosa testimonianza di vita cristiana”.

Inoltre il patriarca di Gerusalemme nell’editto si è rivolto ai fedeli, affinché essi possano offrire notizie sulla Serva di Dio: “Essendo andata vieppiù aumentando, col passare degli anni, la sua fama di santità ed essendo stato formalmente richiesto di dare inizio alla Causa di Beatificazione e Canonizzazione della Serva di Dio, nel portarne a conoscenza la Comunità ecclesiale, invitiamo tutti e singoli i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al Patriarcato di Gerusalemme dei Latini (Latin Patriarchate Road, P.O.B 14152, Jerusalem 9114101 – chancellery@lpj.org) tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità della detta Serva di Dio”.

Ed ha specificato anche le modalità: “Dovendosi, inoltre, raccogliere, a norma delle disposizioni legali, tutti gli scritti a lei attribuiti, ordiniamo, col presente Editto, a quanti ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine alla Curia del Patriarcato qualsiasi scritto, che abbia come autore la Serva di Dio, qualora non sia già stato consegnato alla Postulazione della Causa. Ricordiamo che col nome di scritti non s’intendono soltanto le opere stampate, che peraltro sono già state raccolte, ma anche i manoscritti, i diari, le lettere ed ogni altra scrittura privata della Serva di Dio. Coloro che gradissero conservarne gli originali, potranno presentarne copia debitamente autenticata”.

Quindi il patriarca di Gerusalemme ha accolto ‘con grande gioia’ la richiesta delle Sorelle Povere di Santa Chiara di Gerusalemme di avviare il processo di canonizzazione di suor Maria della Trinità, che per quattro anni (1938-1942) ha fatto parte di quella comunità. Dopo aver reso noti i passaggi formali che hanno portato all’apertura della causa, il patriarca chiede ai fedeli di “accompagnare con la preghiera questo nuovo dono, che siamo certi porterà frutto non solo alla Chiesa di Gerusalemme ma anche a tutta la Chiesa universale”.

La fama di santità di suor Maria della Trinità si è diffusa nel mondo grazie alla pubblicazione del ‘Colloquio interiore’, che è un testo spirituale ancora letto e meditato in molte parti del mondo, facendo capire il motivo per cui la tomba di suor Maria della Trinità a Gerusalemme sia meta di gruppi di pellegrini che chiedono di poterla vedere, per sostarvi in preghiera, nei loro viaggi in Terra Santa.

Nella prefazione al testo del ‘Colloquio Interiore’ il teologo Hans Urs von Balthasar ha messo in risalto la sua spiritualità: “Il suo tema fondamentale è quello dell’ascolto interiore della voce del Signore. Questo ascolto è l’atto centrale della contemplazione cristiana e biblica, all’opposto di qualsiasi altra, che sia neoplatonica od asiatica. Per Gesù la parola biblica da cui ‘dipendono tutta la Legge ed i Profeti’ è lo ‘Shemà Israel’ che significa ‘Ascolta Israele’.

Dio infatti, l’Assoluto, è una Persona libera che si comunica e ci partecipa la sua volontà. Questa, che deve essere compresa, non è iscritta in anticipo nell’essenza costitutiva della creatura, in modo che quest’ultima, con una riflessione ‘trascendentale’ su se stessa, potrebbe arrivare ad una vera relazione con Dio… E’ il Cristo, mediatore tra noi ed il Padre, che effonde lo Spirito Santo nelle anime e che vive in noi come parola operante della Sapienza di Dio; è Lui che vuole e deve essere ascoltato. Per rendersene capace il cristiano deve fare silenzio in sé. Così Luisa Jaques se l’è sentita chiedere diverse volte”.       

Ecco il motivo per cui il francescano Sylvère Van den Broeck, suo padre spirituale e confessore, ha incominciato da subito a raccogliere testimonianze e informazioni riguardo alla vita di suor Maria della Trinità. Morto precocemente, nel 1949, la sua opera è stata portata avanti da altri padri francescani: tra questi, padre Alain-Marie Duboin è riuscito a completare il racconto autobiografico della vocazione.

All’inizio degli anni ’90, padre Raphael Bonanno, Vice-Postulatore della Custodia di Terra Santa, si è occupato dell’iter canonico per aprire la Causa, ma senza iniziarla. Il suo successore, padre Sabino de Sandoli, ha visitato i luoghi in cui Louisa Jaques ha vissuto, pubblicando anche un dépliant con la preghiera per ottenere la beatificazione.

Nel 2013 ci sono stati i primi contatti tra clarisse di Gerusalemme e padre Gianni Califano, postulatore generale dell’Ordine dei Frati Minori. A dicembre 2022 la comunità delle clarisse di Gerusalemme, sollecitate da più parti, ha espresso al postulatore generale ‘il desiderio di prendere in mano seriamente e ufficialmente la Causa’. Nell’estate 2023 la comunità si è costituita ‘parte attrice’ (promotrice e sostenitrice) della Causa, affidando l’incarico di postulatore a padre Califano.

Il 2 febbraio 2024 il Postulatore ha nominato come Vice-Postulatore fr Ulise Zarza, della Custodia di Terra Santa. Il 19 marzo ha firmato il Supplex Libellus (la petizione per chiedere l’apertura della causa), che è stato consegnato al Patriarca. Il Dicastero delle Causa dei Santi ha confermato l’approvazione dell’apertura del Processo di canonizzazione il 14 ottobre 2024 e l’Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa ha unanimemente votato a favore il 29 ottobre.

Infine nella lettera alla diocesi che accompagna l’editto, il patriarca latino di Gerusalemme ha spiegato che il Dicastero delle Cause dei santi ha dato il nulla osta all’apertura del processo di canonizzazione: “Chiedo ai vescovi e ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai consacrati e alle consacrate, a tutto il popolo di Dio della nostra Diocesi del Patriarcato latino di Gerusalemme di accompagnare con la preghiera questo nuovo dono, che siamo certi porterà frutto non solo alla Chiesa di Gerusalemme, ma anche a tutta la Chiesa universale. Possa l’intercessione di suor Maria della Trinità aiutare il nostro cammino per la pace e la riconciliazione in questa Terra Santa che lei ha tanto amato”.

(Foto: Monastero Clarisse di Gerusalemme)

La facoltà teologica del Triveneto in Thailandia: quando la teologia incontra i popoli

Mattia Vicentini, 31 anni, docente all’Istituto superiore di Scienze religiose di Bolzano, è stato per due mesi visiting professor al Saengtham College University di Bangkok, nell’ambito del protocollo di scambio attivo tra la Facoltà del Triveneto e la realtà accademica thailandese.

Il prof. Mattia Vicentini, un dottorato in teologia alla Pontificia Università Gregoriana e da quattro anni docente all’Istituto superiore di Scienze religiose di Bolzano, è stato per due mesi visiting professor al Saengtham College University di Bangkok, nell’ambito del protocollo di scambio attivo fra la Facoltà teologica del Triveneto e la realtà accademica thailandese:

“Dall’Italia a Bangkok sono dodici ore di volo che significano entrare in un mondo diverso, in cui la fede ha una dimensione pubblica fortemente radicata ed è attenta a rispondere alle domande della vita quotidiana”, racconta il docente.

In un Paese in cui il 90% della popolazione abbraccia la religione buddhista e i cattolici sono solo lo 0,5%, la chiesa ricopre all’interno della società un ruolo importante e riconosciuto nell’ambito dell’istruzione. Per questo Saengtham College University (120 studenti, in prevalenza seminaristi) punta alla formazione integrale degli studenti, fornendo le competenze per confrontarsi con il tessuto sociale locale e per dialogare con le altre fedi religiose presenti sul territorio.

La permanenza in Thailandia per l’insegnamento ha dato modo al prof. Mattia Vicentini di conoscere la realtà ecclesiale e sociale che fa da contesto alla formazione teologica. Sul sito della Facoltà teologica del Triveneto (link alla pagina: https://www.fttr.it/triveneto-thailandia-quando-la-teologia-incontra-i-popoli/) è pubblicata un’ampia intervista, che può essere ripresa del tutto o in parte citando la fonte. Ne riportiamo di seguito alcuni passaggi.

Durante la sua permanenza in Thailandia quale realtà di chiesa ha incontrato?

“Mi sono trovato di fronte a una chiesa piccola, di minoranza, ma ricca di energie e di voglia di vivere il messaggio evangelico all’interno del tessuto sociale in cui è inserita. La prima cosa che si nota nelle celebrazioni liturgiche è il numero di persone giovani che vi partecipano; la seconda è l’alto numero dei partecipanti. Una particolare attenzione viene dedicata a vivere la fede cristiana a partire dalla propria identità e all’interno delle peculiarità della società thailandese. Tra le varie iniziative c’è l’elaborazione di forme di meditazione che sono un punto di incontro tra la spiritualità europea (Maria Teresa d’Avila, ad esempio) e quella orientale. E’ una chiesa che accoglie e vive il compito di essere in uscita e che soffre anche varie forme di povertà”.

Quale ruolo hanno laici e laiche?

“Hanno un ruolo importante, che si comprende a partire dalla conformazione territoriale della chiesa locale. La maggior parte dei credenti si trova nelle zone a nord del paese, che sono le meno sviluppate e urbanizzate. I paesi sono solitamente molto piccoli, possono essere composti anche solo da poche case, difficili e lontani da raggiungere. Il parroco molto spesso ha numerose parrocchie e non riesce a recarsi in ciascuna tutte le settimane. Per questo motivo è stata pensata la figura del catechista”.

Quale compito è assegnato al catechista?

“A differenza dell’Europa, il catechista non è dedito solamente alla formazione religiosa dei bambini, ma diventa una figura importante all’interno della comunità e si occupa di ciò che concerne la vita spirituale, in accordo e in contatto con il parroco. La formazione dei catechisti e delle catechiste viene fatta in scuole apposite, dura tre anni e ha lo scopo di sviluppare conoscenze e competenze sia a livello teologico-religioso che sociale”.

Quindi essere una realtà di minoranza nel proprio Paese non impedisce alla chiesa cattolica Thailandese di aprirsi alla realtà internazionale, grazie anche al lavoro dei missionari?

“Esattamente, proprio perché chiesa di minoranza è sensibile a intessere relazioni con l’esterno a più livelli, dall’insegnamento alla pastorale, passando anche per accordi internazionali con altre chiese e cercando di aiutare comunità ecclesiali maggiormente in difficoltà, come ad esempio quella birmana. Un contributo importante viene offerto certamente dai missionari. Da un lato, la chiesa thailandese sta formando oggi i suoi missionari, che si trovano già in numerosi paesi del sud est asiatico e, dall’altro, accoglie missionari dall’Europa. Un ruolo importante è stato ricoperto ed è occupato ancora oggi dai missionari del Triveneto, che vivono e operano soprattutto nel nord del paese, al confine con il Laos e la Birmania”.

Quale è stato, e qual è, nello specifico, il ruolo dei missionari inviati da oltre 20 anni dalle chiese del Triveneto?

“I primi missionari provenienti dal Triveneto hanno inteso la loro missione nella forma di un annuncio del Vangelo, anche attento ai bisogni e alle difficoltà delle comunità che hanno incontrato. Un esempio sono i numerosi orfanotrofi che hanno aperto. Se gli orfanotrofi sono la presenza più visibile nel territorio, le realtà in cui i missionari sono intervenuti per aiutare la popolazione sono però molteplici. Un altro esempio sono le banche del riso e di altri alimenti; si tratta di riserve condivise da più paesi, in cui il riso in eccesso alle singole comunità viene offerto per quelle che invece hanno perso i raccolti”.

Nel contesto sociale che ha potuto toccare con mano, c’è qualche situazione che l’ha particolarmente colpita?

“Sono stato nella zona di Chiang Rai, al confine con il Laos e la Birmania. È una realtà particolarmente complessa, che vive un importante fenomeno migratorio di persone che da entrambi i paesi superano il confine con la Thailandia a causa di persecuzioni religiose e politiche, oltre che per situazioni di povertà. Un servizio importante in questo tessuto ecclesiale è svolto dagli orfanotrofi, dove trovano una casa e la possibilità di studiare molti bambini e bambine che vivono in situazioni familiari complesse o sono senza una famiglia. Le comunità nel nord del paese sono piccole realtà locali dove le persone conducono una vita semplice, fatta di agricoltura ed economia di sussistenza. Qui semplicità è la parola d’ordine e il Vangelo ricopre un ruolo centrale nella vita delle persone”.

(Tratto da Facoltà Teologica del Triveneto)

Con don Roberto Fiscer per camminare con Gesù

“L’anno scorso abbiamo cominciato a percorrere la via della speranza verso il Grande Giubileo riflettendo sull’espressione paolina ‘Lieti nella speranza’. Proprio per prepararci al pellegrinaggio giubilare del 2025, quest’anno ci lasciamo ispirare dal profeta Isaia, che afferma: ‘Quanti sperano nel Signore… camminano senza stancarsi’. Questa espressione è tratta dal cosiddetto Libro della consolazione, nel quale viene annunciata la fine dell’esilio di Israele in Babilonia e l’inizio di una nuova fase di speranza e di rinascita per il popolo di Dio, che può ritornare in patria grazie a una nuova ‘via’ che, nella storia, il Signore apre per i suoi figli”:

prendiamo spunto dall’inizio del messaggio, ‘Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi’, per la 39^ Giornata mondiale della Gioventù, in programma questa domenica nelle diocesi, per incontrare a Recanati don Roberto Fiscer, ex dj di professione e parroco a Genova, che su TikTok conta 560.000 follower, nonché autore di ‘Vita spiriculata’, con la prefazione Nando Bonini, chitarrista di Vasco Rossi.

Lui trasforma in chiave ‘cattolica’ le canzoni come questa: ‘Una vita in preghiera è la gioia più vera con il Regno che avanza e tutta la Chiesa che suona e che canta per un mondo diverso e che vinco se perdo è Gesù che ci rende migliori la gente che dice e che pensa sei fuori’. Perché lo fai?

“Nel mio testo c’è una doppia interpretazione. Da un lato quella motivazionale, per ricordare ai cristiani di non rischiare di cadere nell’abitudine: ‘Perché lo fai?’ Dall’altra parte, c’è l’interpretazione esortativa che ricorda che se sarai un vero cristiano e dedicherai la tua vita agli altri sarai ‘attaccato’ alla fede, mentre la gente dice e pensa che sei fuori”.

Come sei diventato dj?

“Da quando ero piccolo con la chitarra mi piaceva animare le feste dei coetanei: ho sempre avuto un’anima da dj… Forse perché, essendo un po’ timido, era il mio modo di stare con gli altri, altrimenti mi sarei isolato. Da lì il Signore, che scrive diritto sulle nostre righe storte, mi ha dato la possibilità di fare tante cose che altrimenti non avrei imparato”.

Come è avvenuto il passaggio da dj a sacerdote?

“Il passaggio si è realizzato attraverso una ‘chiamata’: era il 2000. Ero arrivato alla Giornata Mondiale della Gioventù carico di tante esperienze e di obiettivi raggiunti, ma appena giunto a Roma mi sono sentito nudo, come se valessi zero, perché era Dio che mi mancava”.

Allora, raccontaci un po’ la tua storia: “Facevo il dj di professione sulle navi. Per me a un certo punto c’è stata una svolta: prima che mi imbarcassi di nuovo su una nave, fui contattato da una parrocchia per organizzare una festa. E lì la mia console non era distante dalla gente come al solito, ma erano tutti lì intorno, che chiedevano e interagivano, mi sono sentito come in mezzo a una famiglia. Quando poi sono partito, ho sentito chiara la nostalgia per quella parrocchia, per quella sensazione che avevo percepito nel cuore. Poi, tornato, sono andato a una Giornata della Gioventù e lì ho incontrato alcuni sacerdoti carismatici e ho sentito una spinta inequivocabile. Così il mese dopo sono entrato in seminario.

Ciò non toglie che io continui ad amare, come ho sempre amato, Vasco Rossi, lo seguo da quando ero bambino: Vasco sa parlare e cantare tra le ferite che portiamo nel cuore, la sua musica è come un balsamo, almeno per me è stato così. La sua musica mi ha guidato, mi ha accompagnato negli anni, anche in quelli più difficili della mia adolescenza. Mi è sempre piaciuto Freddie Mercury, un altro personaggio fuori dal sistema, ma forse che non è controcorrente anche Dio?

Spesso leghiamo la figura di Dio a una figura che non sbaglia mai, ma Dio fa la sua Storia non certo con i migliori, semmai è poi lui che rende tutti migliori. In questi anni, in uno stabilimento balneare, ho fatto pure la Cristoteca, con musica cristiana alternata alle hit del momento. Non l’ho inventata io: in Sud America ce ne sono diverse e vanno fortissimo. Si crea una vera situazione di festa, un momento gioioso”.

Con tik tok quanti ‘mondi’ si scoprono?

“Tantissimi! I giovani ci sono ed ‘assorbono’ quello che viene proposto ed anche in tik tok possono incontrare, attraverso la Chiesa, la proposta del Vangelo”.

Per quale motivo c’è bisogno di una vita ‘spiricolata’?

“E’ importantissimo vivere una vita spirituale, che non si esaurisce nel divano. Lo spirito è divino; quindi nella Chiesa i ‘poltroni’ non possono trovare posto”.

Quindi la proposta è una vita in ‘preghiera’?

“Una persona senza preghiera è come una macchina senza rifornimento; facciamo ‘rifornimento’ nella preghiera. Una vita in preghiera è la gioia più vera con il Regno che avanza e tutta la Chiesa che suona e  che canta. Nel musical ‘Forza venite gente’ il padre diceva: Cosa fa mio figlio? Canta!”

Hai mai avuto problemi con la Curia genovese?

“No, assolutamente. Magari qualche cristiano dal palato fino, di quelli che guardano alla formalità e non ai contenuti, mi ha fatto qualche questione. I centralinisti della Curia mi dicono che li chiamano per avvisarli di quello che faccio, ma no, non ho mai ricevuto nessuna segnalazione ufficiale. Io cerco solo di spogliare la religiosità di quella serietà che non le compete, la religione è gioia. Certo ci sono delle regole che servono per il vivere civile, ma altre sono solo catene da cui bisogna liberarsi. Gesù stesso spezzava regole desuete e assurde. Questi ragazzi di oggi hanno bisogno di qualcuno che rispecchi la loro anima, altrimenti si sentiranno a disagio in una Chiesa con liturgie pompose, che non li capisce”.

Allora, come comunicare la fede ai giovani?

“Con un volto gioioso, perché la gioia della fede sia la ‘pubblicità’ più bella” .

(Tratto da Aci Stampa)

In Toscana il festival dell’economia e spiritualità riflette su ‘capitalismo come religione’

Da sabato 23 novembre a domenica 1 dicembre si svolgerà il Festival di Economia e Spiritualità in alcune città della Toscana (programma completo: https://festivaleconomiaespiritualita.it/) con la partecipazione di John Milbank, Ugo Morelli, Leonardo Becchetti, Marilisa Palumbo, David Riondino, Massimo Faggioli, Madre Noemi Scarpa, Domenico Iannacone, Massimiliano Valerii, Stefano Zamagni, Luigi De Vecchi, Davide Rondoni, Mauro Magatti, Emanuela Buccioni.

Il Festival di Economia e Spiritualità è un festival che insiste sul collegamento tra economia e spiritualità, due ambiti che per abitudine e prassi storica abbiamo divaricato, reso terre straniere. C’è invece una sacralità nella loro messa insieme, nell’unione di una propensione al bene comune. La nona edizione sarà incentrata su un tema che pensiamo decisivo: ‘Capitalismo come religione’. Un argomento nato da una intuizione del prof. Luigino Bruni:

“Il capitalismo, sul crepuscolo degli dèi tradizionali, è di fatto diventato la sola vera ‘religione’ popolare del XXI secolo. La forza culturale del capitalismo sta proprio nel suo essere una ‘esperienza’ globale, un culto, una cultura onnicomprensiva e avvolgente.

E’ nella sua dimensione di sola prassi quotidiana che il capitalismo trae la sua forza, perché crea e rafforza la sua cultura alimentandosi nel culto quotidiano di miliardi di persone. Ma da tutto ciò deriva anche una conseguenza molto interessante: per superare la religione/idolatria capitalistica oggi occorrono nuove prassi, nuove esperienze. Non basta scrivere libri e articoli, non è sufficiente costruire teorie, perché anche la nuova cultura economica (che in tanti vogliamo più umana, più inclusiva, circolare) nascerà dalla prassi e dal pane quotidiano”.

Presentando quest’edizione del festival il prof. Bruni ha sottolineato il modo in cui il capitalismo è diventato una ‘religione’:“La prima virtù del mercato capitalistico, che gli ha consentito di diventare un vero e proprio culto globale, è la sua capacità di esprimersi in pratiche quotidiane nella vita della gente. Il capitalismo, sul crepuscolo degli dèi tradizionali, è infatti diventato la sola vera ‘religione’ popolare del XXI secolo. La forza culturale del capitalismo sta proprio nel suo essere una ‘esperienza’ globale, un culto, una cultura onnicomprensiva e avvolgente, il primo populismo moderno lo ha inventato il capitalismo”.

Nella prosecuzione dell’analisi il prof. Bruni ha sottolineato che il capitalismo è un culto: “E’ nella sua dimensione di sola prassi quotidiana che il capitalismo trae la sua forza, perché crea e rafforza la sua cultura alimentandosi nel culto quotidiano di miliardi di persone. Ecco perché è diventato «il» culto universale e globale, che può solo crescere e rafforzarsi nei prossimi decenni.

Se guardiamo bene il nostro secolo ci accorgiamo che il capitalismo è un insieme di pratiche quotidiane reiterate di culti di acquisto, vendita, investimenti. Anche nelle imprese, che nel Novecento erano in genere pensate e vissute sul modello della ‘comunità’ sta crescendo la stessa cultura commerciale. Dal modello comunitario tipico del XIX e XX secolo siamo infatti passati progressivamente all’impresa-mercato, che oggi domina indisturbata la scena”.

In questo modo il capitalismo diventa culto: “Ed è in questi culti e in queste pratiche reiterate che si alimenta la cultura-religione del capitalismo. Perché, secondo Pavel Florenskij, ‘il contenuto mistico-religioso dei concetti non si rivela nel pensiero astratto ma nell’esperienza’. Infatti, la prima realtà di ogni religione, compresa quella cristiana, non sono i dogmi e nemmeno i miti, ma il culto, ovvero una realtà concreta e feriale. Mito e dogma sono astrazioni, teorie, che vengono dopo. Come il cristianesimo pre-moderno era essenzialmente una prassi nell’Europa medioevale, anche il capitalismo del nostro tempo è un insieme di pratiche.

Per questa sua natura pratico-cultuale, ad esempio, i filosofi e i teologi fanno molta fatica a comprendere il capitalismo del nostro tempo, e sbagliano spesso le loro analisi. Ma da tutto ciò deriva anche una conseguenza molto interessante: per superare la religione/idolatria capitalistica oggi occorrono nuove prassi, nuove esperienze. Non basta scrivere libri e articoli, non è sufficiente costruire teorie, perché anche la nuova cultura economica (che in tanti vogliamo più umana, più inclusiva, circolare) nascerà dalla prassi e dal pane quotidiano”.

(Foto: Festival dell’Economia e spiritualità)

Il Beato don Giovanni Merlini: la spiritualità del discernimento e della guida

Oggi dalle ore 15:00, presso l’Aula 200 della Pontificia Università Lateranense, si terrà il Convegno Teologico dal titolo: ‘Il ‘Beato’ don Giovanni Merlini: la spiritualità del discernimento e della guida’. Questo appuntamento è promosso dal Centro Studi Unione Sanguis Christi in occasione della prossima beatificazione di don Giovanni Merlini, Missionario del Preziosissimo Sangue e III Moderatore Generale dell’Istituto, che avrà luogo il 12 gennaio 2025 alle ore 11:00 presso l’Arcibasilica Papale San Giovanni in Laterano, a Roma.

Don Benedetto Labate, direttore provinciale della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, afferma che “dal punto di vista storico, il Convegno del Centro Studi rappresenta una tradizione consolidata per noi Missionari del Preziosissimo Sangue, per le Adoratrici del Sangue di Cristo, e anche per altre famiglie spirituali legate alla devozione al Sangue di Cristo. Fin dagli anni Sessanta, i nostri missionari si sono impegnati nella ricerca scientifica e nello studio approfondito di questa spiritualità.

Conserviamo infatti importanti studi teologici, spirituali, biblici, pastorali, antropologici e patristici sul Sangue di Cristo, un patrimonio di inestimabile valore. Desidero ringraziare personalmente don Giacomo Manzo, direttore del Centro Studi, che da qualche anno ha deciso di riprendere questa tradizione e portarla avanti con dedizione. Questo impegno ci permette di crescere, come ci insegna Gesù nel Vangelo, nella verità e nella ricerca del bene dell’umanità. Il Sangue che ci ha redenti, riconciliati, santificati e giustificati continua a offrirci spunti di riflessione e di crescita non solo sul piano intellettuale, ma anche sul piano umano e cristiano, rendendo questo evento un’opportunità preziosa per tutti noi”.

Don Giacomo Manzo, direttore del Centro Studi Unione Sanguis Christi, evidenzia che “quest’anno abbiamo deciso di dedicare il Convegno Teologico alla figura del prossimo Beato don Giovanni Merlini. In particolare, ci concentreremo sulla spiritualità del discernimento e della guida, poiché don Giovanni Merlini può essere considerato a buon diritto “il Santo del discernimento”: un uomo che, grazie all’azione dello Spirito Santo, ha saputo vivere e insegnare come affrontare le scelte della propria vita, come governare sé stessi alla luce della Parola di Dio e della volontà divina.

Don Giovanni Merlini rappresenta un esempio di come ci si possa lasciar guidare dallo Spirito Santo nelle decisioni e nella quotidianità. Per questo motivo, abbiamo invitato diversi relatori, che ci aiuteranno a comprendere come i temi del discernimento e della guida siano oggi fondamentali sia per la Chiesa che per la società. Dal messaggio delle Sacre Scritture ai Padri della Chiesa, fino alla teologia e agli insegnamenti stessi di don Giovanni Merlini, scopriremo come tutto ciò ci sostiene nella vita cristiana e nella concretezza del nostro vivere quotidiano”.

Molteplici saranno i docenti coinvolti nel Convegno come relatori: Luigi Maria Epicoco, Riccardo Ferri (Pro-Rettore della Pontificia Università Lateranense), Rosalba Manes, Jean Paul Lieggi, Gaetano Piccolo (Decano della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana) e Valerio Volpi. Il Convegno si aprirà col saluto di Mons. Alfonso Vincenzo Amarante, Rettore della Pontificia Università Lateranense e con una introduzione di Andrea Tornielli, Direttore Editoriale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede.

151.11.48.50