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Papa Francesco invita il Movimento per la Vita a difendere la dignità della maternità

“Conosco il valore del servizio che rendete alla Chiesa e alla società. Insieme alla solidarietà concreta, vissuta con lo stile della vicinanza e della prossimità alle mamme in difficoltà per una gravidanza difficile o inattesa, voi promuovete la cultura della vita in senso ampio. E cercate di farlo con franchezza, amore e tenacia, tenendo strettamente unita la verità alla carità verso tutti. Vi guidano in questo gli esempi e gli insegnamenti di Carlo Casini, che aveva fatto del servizio alla vita il centro del suo apostolato laicale e del suo impegno politico”: dal Policlinico ‘Gemelli’ papa Francesco ha inviato un messaggio, letto dal segretario di Stato, card. Pietro Parolin, in occasione del 50^ anniversario di fondazione del Movimento per la Vita, 50°, esortando a continuare il servizio alla vita umana più fragile ed emarginata.
Ed ha ripercorso questa storia di tutela della maternità: “L’occasione che vi ha radunati a Roma è importante: il cinquantesimo anniversario del Movimento per la Vita, il cui primo germoglio è stato il Centro di Aiuto alla Vita nato a Firenze nel 1975. Da allora, in tutta Italia, i Centri di Aiuto alla Vita si sono moltiplicati. E ad essi si sono aggiunti le Case di Accoglienza, i servizi SOS Vita, il Progetto Gemma e le Culle per la vita. Innumerevoli iniziative sono state intraprese per promuovere a tutti i livelli della società la cultura dell’accoglienza e dei diritti dell’uomo. Perciò vi incoraggio a portare avanti la tutela sociale della maternità e l’accoglienza della vita umana in ogni sua fase”.
Nel messaggio papa Francesco ha ribadito la necessità di ‘combattere’ la cultura dello scarto: “In questo mezzo secolo, mentre sono diminuiti alcuni pregiudizi ideologici ed è cresciuta tra i giovani la sensibilità per la cura del creato, purtroppo si è diffusa la cultura dello scarto. Pertanto, c’è ancora e più che mai bisogno di persone di ogni età che si spendano concretamente al servizio della vita umana, soprattutto quando è più fragile e vulnerabile; perché essa è sacra, creata da Dio per un destino grande e bello; e perché una società giusta non si costruisce eliminando i nascituri indesiderati, gli anziani non più autonomi o i malati incurabili”.
Per questo ha ricordato l’importanza della civiltà dell’amore: “Care sorelle e cari fratelli, siete venuti da tante parti d’Italia per rinnovare ancora una volta il vostro ‘sì’ alla civiltà dell’amore, consapevoli che liberare le donne dai condizionamenti che le spingono a non dare alla luce il proprio figlio è un principio di rinnovamento della società civile. E’ sotto gli occhi di tutti, infatti, come oggi la società sia strutturata sulle categorie del possedere, del fare, del produrre, dell’apparire”.
E’ stato un ‘elogio’ all’impegno per la dignità della persona: “Il vostro impegno, in armonia con quello di tutta la Chiesa, indica una progettualità diversa, che pone al centro la dignità della persona e privilegia chi è più debole. Il concepito rappresenta, per eccellenza, ogni uomo e donna che non conta, che non ha voce. Mettersi dalla sua parte significa farsi solidali con tutti gli scartati del mondo. E lo sguardo del cuore che lo riconosce come uno o una di noi è la leva che muove questa progettualità”.
Infine ha raccomandato di scommettere sulle donne: “Continuate a scommettere sulle donne, sulla loro capacità di accoglienza, di generosità e di coraggio. Le donne devono poter contare sul sostegno dell’intera comunità civile ed ecclesiale, e i Centri di Aiuto alla Vita possono diventare un punto di riferimento per tutti. Vi ringrazio per le pagine di speranza e di tenerezza che aiutate a scrivere nel libro della storia e che rimangono incancellabili: portano e porteranno tanti frutti”.
Giornata della Vita: trasmettere la vita è speranza

“Celebriamo la 47ª Giornata Nazionale per la Vita nel contesto del Giubileo: tale coincidenza ci sollecita ad assumere l’orizzonte della speranza, poiché è nel segno della speranza che la Bolla di indizione ‘Spes non confundit’ (SnC) invita tutta la Chiesa a vivere l’anno di grazia del Signore”: questo è l’inizio del messaggio dei vescovi italiani in occasione della 47^ Giornata per la vita, che si celebra domenica 2 febbraio del prossimo anno sul tema ‘Trasmettere la vita, speranza per il mondo. Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita’, tratto dal libro della Sapienza.
Nel messaggio i vescovi affrontano la tematica della speranza: “Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere?
Questa grande ‘strage degli innocenti’, che non può trovare alcuna giustificazione razionale o etica, non solo lascia uno strascico infinito di dolore e di odio, ma induce molti (soprattutto i giovani) a guardare al futuro con preoccupazione, fino a pensare che non valga la pena impegnarsi per rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli”.
Ed ecco la domanda se è possibile fare a meno di essa: “Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani?”
A tali domande ne affiancano altre sul valore della vita, rivendicando il diritto a criticare l’aborto come diritto: “Il riconoscimento del ‘diritto all’aborto’ è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà? Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e ‘civile’ rimuovere?”
Ugualmente non esiste un diritto al ‘riarmo’: “Quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di conflitto? La logica del ‘se vuoi la pace prepara la guerra’ riuscirà a produrre equilibri stabili e armonia tra i popoli e tra gli stati, oppure, come spesso è accaduto in passato, le armi accumulate (al servizio di interessi economici e volontà di potenza) finiranno per essere usate e produrre morte e distruzione?
Abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte”.
A questo punto per i vescovi la trasmissione della vita è un segno di speranza: “Una particolare espressione di fiducia nel futuro è la trasmissione della vita, senza la quale nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani… Tutti condividiamo la gioia serena che i bambini infondono nel cuore e il senso di ottimismo dinanzi all’energia delle nuove generazioni. Ogni nuova vita è ‘speranza fatta carne’. Per questo siamo vivamente riconoscenti alle tante famiglie che accolgono volentieri il dono della vita e incoraggiamo le giovani coppie a non aver timore di mettere al mondo dei figli.
E’ urgente ‘rianimare la speranza’ in questo particolare campo dell’esistenza umana, tanto decisivo per l’avvenire: ‘il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza’ (SnC 9)”.
Ed ecco la spinosa questione della denatalità: “Nel nostro Paese, come in molti altri dell’occidente e del mondo, si registra da anni un costante calo delle nascite, che preoccupa per le ricadute sociali ed economiche a lungo termine; alcune indagini registrano anche un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli.
Altri studi rilevano un preoccupante processo di ‘sostituzione’: l’aumento esponenziale degli animali domestici, che richiedono impegno e risorse economiche, e a volte vengono vissuti come un surrogato affettivo che appare assai riduttivo rispetto al valore incomparabile della relazione con i bambini. Tutto ciò è in primo luogo il risultato di una profonda mancanza di fiducia, che invece costituisce l’ingrediente fondamentale per lo sviluppo della persona e della comunità; esso viene pregiudicato dall’angoscia per il futuro e dalla diffidenza verso le persone e le istituzioni”.
Per questo i vescovi sono preoccupati da alcune interpretazioni della legge del 1978, in cui si tende a considerare l’aborto come diritto: “Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l’obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell’aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un ‘diritto’, mentre ‘la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo’.
Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all’aborto. Occorre pertanto ringraziare e incoraggiare quanti si adoperano ‘per rimuovere le cause che porterebbero all’interruzione volontaria di gravidanza… offrendo gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto’ (L. 194/78, art. 5), come i Centri di Aiuto alla Vita, che in 50 anni di attività in Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini”.
E nemmeno è possibile un figlio come desiderio solo: “Va infine considerato un altro fenomeno sempre più frequente, quello del desiderio di diventare genitori a qualsiasi costo, che interessa coppie o single, cui le tecniche di riproduzione assistita offrono la possibilità di superare qualsiasi limitazione biologica, per ottenere comunque un figlio, al di là di ogni valutazione morale.
Osserviamo innanzitutto che il desiderio di trasmettere la vita rimane misteriosamente presente nel cuore degli uomini e delle donne di oggi. Le persone che avvertono la mancanza di figli vanno accompagnate a una generatività e a una genitorialità non limitate alla procreazione, ma capaci di esprimersi nel prendersi cura degli altri e nell’accogliere soprattutto i piccoli che vengono rifiutati, sono orfani o migranti ‘non accompagnati’.
Questo ambito richiede una più puntuale regolamentazione giuridica, sia per semplificare le procedure di affido e adozione che per impedire forme di mercificazione della vita e di sfruttamento delle donne come “contenitori” di figli altrui”.
Quindi ecco l’appello per un’alleanza per la vita: “Un’alleanza sociale che promuova la cultura della vita, mediante la proposta del valore della maternità e della paternità, della dignità inalienabile di ogni essere umano e della responsabilità di contribuire al futuro del Paese mediante la generazione e l’educazione di figli; che favorisca l’impegno legislativo degli stati per rimuovere le cause della denatalità con politiche familiari efficaci e stabili nel tempo; che impegni ogni persona di buona volontà ad agire per favorire le nuove nascite e custodirle come bene prezioso per tutti, non solo per i loro genitori.
Tale alleanza può e deve essere inclusiva e non ideologica, mettendo insieme tutte le persone e le realtà sinceramente interessate al futuro del Paese e al bene dei giovani: se la questione della natalità dovesse diventare la bandiera di qualcuno contro qualcun altro, la sua portata ne risulterebbe svilita e le scelte relative sarebbero inevitabilmente instabili, soggette a cambi di maggioranza o agli umori dell’opinione pubblica”.
Il messaggio dei vescovi si chiude con un invito a riscoprire il Dio della vita: “La Scrittura ci presenta un Dio che ama la vita: la desidera e la diffonde con gioia in molteplici e sorprendenti forme nell’universo da lui creato e sostenuto nell’esistenza; ama in modo particolare gli esseri umani, chiamati a condividere la dignità filiale e ad essere partecipi della stessa vita divina. Confidiamo pertanto nella grazia particolare di questo anno giubilare, che porta il dono divino di ‘nuovi inizi’: quelli che il perdono offre a chi è prigioniero del suo peccato; quelli che la giustizia porta a chi è schiacciato dall’iniquità; quelli che la speranza regala a chi è bloccato dalla disillusione e dal cinismo”.
(Foto: Cei)
Siglato protocollo d’Intesa tra la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’ per l’assistenza e la formazione sanitaria in Egitto

In Casa Santa Marta è stato sottoscritto un protocollo d’intesa per favorire le attività di formazione specialistica in favore di medici e sanitari egiziani e per creare collaborazione scientifica, tra la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’Associazione “Bambino Gesù del Cairo”, nell’ambito del “Progetto Salus” che l’Associazione sta promuovendo in Egitto e nei Paesi in cui presta la sua opera di soccorso e di aiuti umanitari ed anche per ulteriori altre forme di collaborazione nell’attività di ricerca e assistenza a favore di pazienti egiziani.
La Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli è un ente senza scopo di lucro, costituito dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori e persegue, in conformità ai principi della dottrina cattolica, finalità di tutela della persona umana nell’ambito della ricerca scientifica e dell’innovazione in campo biomedico e sanitario, sia clinico, sia transazionale e nell’ambito dell’assistenza sanitaria e della formazione. La Fondazione ha la titolarità e la gestione del Policlinico Universitario Agostino Gemelli, ospedale di alta specializzazione e di rilievo nazionale.
L’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’ è un ente di beneficenza senza scopo di lucro, il cui presidente è mons. Yoannis Lahzi Gaid, già Segretario di Sua Santità Papa Francesco, che opera in Italia e all’estero , per convertire il principio della fratellanza in azioni di solidarietà e si ispira ai contenuti del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, voluto da Sua Santità Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb , sottoscritto da entrambi il 4 febbraio 2019, nella città di Abu Dhabi.
L’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui slogan è ‘Unire tutti per servire tutti’, rivolta sia ai cristiani, sia ai non cristiani, è nata nel 2019 ed è composta da un gruppo di persone, ecclesiastiche e laiche, che vogliono aiutare chi si trova nel bisogno ed, in particolar modo, i bambini abbandonati dalle proprie famiglie e i bambini orfani, nati senza il diritto di poter ricevere una carezza, un abbraccio, una vera opportunità di crescita, di frequentare scuole, di ricevere cure mediche e soprattutto di sentirsi amati.
La firma del protocollo è avvenuta al seguito della benedizione da parte del Santo Padre di due cliniche mobili del progetto Salus destinate ai bambini ammalati e ai loro familiari in Egitto con la partecipazione di una delegazione egiziana, dal Presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dal Presidente della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, dal Presidente della Società italiana RI Group, del Presidente della Fondazione Hospitals Without Borders, dal Presidente della Fondazione Fratellanza Umana in Egitto, dai rappresentanti della Società Teladoc e della Società Butterfly e da alcuni membri e benefattori che hanno contribuito a questa iniziativa.
Presentato il rapporto sugli abusi sui minori: risposta rigorosa a tale piaga

Dopo un lungo lavoro la Commissione per la Tutela dei Minori (organismo istituito dal papa nel 2014 per proporre le iniziative più opportune per prevenire gli abusi nella Chiesa) ha pubblicato il primo Rapporto Annuale su Politiche e Procedure in materia di Tutela, composto da 50 pagine divise in quattro sezioni, con numerosi dati raccolti nei cinque continenti e in diversi istituti e congregazioni religiose, e anche nella stessa Curia romana che è invitata ad una maggiore trasparenza nelle procedure e nei processi. Il documento è stato redatto da un gruppo di lavoro presieduto da Maud de Boer-Buquicchio, membro della Commissione e già relatore speciale delle Nazioni Unite sullo sfruttamento sessuale dei bambini.
Il Report promuove l’impegno della Chiesa a dare una risposta ‘rigorosa’ alla piaga dell’abuso, basata sui diritti umani e incentrata sulle vittime, in linea con le recenti riforme del Libro VI del Codice di Diritto Canonico che stigmatizza il reato di abuso come violazione della dignità della persona. Il testo documenta rischi e progressi negli sforzi della Chiesa per proteggere i bambini. Raccoglie anche risorse e best practices da condividere nella Chiesa universale, ed è strumento per la Commissione per poter riferire su base sistematica risultanze e raccomandazioni da condividere con il Papa, con le vittime, con le Chiese locali e il Popolo di Dio.
Il rapporto dettaglia le situazioni delle Conferenze Episcopali che sono passate dalla Commissione in questi mesi (Messico, Papua Nuova Guinea, Belgio e Camerun), e anzi ricorda il ruolo che le visite ad limina hanno in questo processo, perché la presenza a Roma dei vescovi locali permette alla commissione di essere a conoscenza dalle 15 alle 20 Chiese locali.
Il rapporto mostra anche la differenza delle Chiese locali sulla base della provenienza geografica, perché in alcuni casi il fenomeno dell’abuso è riconosciuto da tempo, in altri casi invece è giunto in superficie solo di recente, e in altre ancora manca ancora una pubblicizzazione dei casi di abuso.
Presentando il report il card. Seán Patrick O’Malley, arcivescovo metropolita di Boston, ha raccontato il cammino percorso dalla Chiesa: “Il primo periodo l’ho vissuto ininterrottamente per quasi 40 anni come vescovo. Grazie alla vicinanza personale con le vittime, le loro famiglie, i loro cari e le loro comunità, ho ascoltato potenti testimonianze del tradimento che si prova quando si subisce un abuso da parte di una persona in cui si è riposta fiducia, e delle implicazioni che tale abuso comporta per tutta la vita.
Sono enormemente grato alle vittime per la loro apertura, che mi ha permesso di viaggiare con loro. Infatti, è solo ascoltandole in prima persona che possiamo conoscere la verità sulla loro dignità umana ripetutamente violata. Le loro storie rivelano un periodo privo di affidabilità, in cui i leader della Chiesa hanno tragicamente deluso coloro che siamo chiamati a pascere. E’ stato un periodo anche privo di professionalità, in cui i leader della Chiesa hanno preso decisioni senza attenersi alle politiche, alle procedure o agli standard di base per la tutela delle vittime. E’ un periodo buio in cui la sfiducia ha ostacolato la capacità della Chiesa di essere testimone di Cristo”.
Eppoi un altro periodo in cui si è iniziato a denunciare: “C’è poi un secondo periodo, che stiamo cominciando a vedere prendere forma in molte parti del mondo, in cui la responsabilità, la cura e la preoccupazione per le vittime cominciano a fare luce sull’oscurità. E’ un periodo in cui esistono solidi sistemi di denuncia che ci permettono di ascoltare e rispondere alle vittime, con un approccio informato sui traumi.
E’ un periodo in cui i protocolli di gestione del rischio e la supervisione informata promuovono ambienti sicuri. E’ un periodo in cui la Chiesa fornisce servizi professionali di accompagnamento delle vittime, come impegno per il viaggio verso la guarigione. E’ un periodo in cui tutti coloro che svolgono un ministero e lavorano nella Chiesa ricevono la formazione e l’addestramento necessari per promuovere una cultura della tutela. E’ un periodo in cui la Chiesa abbraccia pienamente il suo ministero di salvaguardia”.
Questo processo è avvenuto attraverso tre passaggi: “Il primo è la revisione delle politiche e la promozione della voce delle vittime, in cui valutiamo e suggeriamo miglioramenti alle politiche e alle procedure di tutela adottate dalle varie entità della Chiesa presenti in tutto il mondo, in quasi tutti i Paesi. Il secondo è il rafforzamento delle risorse umane formate, attraverso l’iniziativa ‘Memorare’ della Commissione, per promuovere l’effettiva attuazione di queste politiche e procedure.
La terza è la rappresentazione trasparente e misurabile dei nostri sforzi, attraverso il Rapporto annuale, per documentare i progressi, le carenze e le raccomandazioni. Queste tre attività interconnesse sono articolate in modo continuo e questo ciclo iterativo costituisce il modello della Commissione per promuovere il cambiamento”.
Inoltre la prof.ssa Maud de Boer-Buquicchio, membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, ha definito il rapporto onesto ed oggettivo: “Ci rendiamo conto che il Rapporto è lungi dall’essere perfetto, ma ha una metodologia solida che si svilupperà nel tempo, per diventare sempre più completa e robusta.
Naturalmente, questo include innanzitutto l’apprendimento diretto da parte delle vittime e dei sopravvissuti. Negli anni a venire, svilupperemo anche il nostro raggio d’azione per includere in modo più completo i religiosi e i fedeli laici. Infine, sappiamo che, in collaborazione con molti altri, dobbiamo migliorare significativamente la verifica dei nostri dati, attraverso riferimenti incrociati con fonti esterne”.
Inoltre tale Rapporto è uno strumento di ‘Giustizia e Conversione’: “In primo luogo, registra le transizioni critiche che si verificano progressivamente in diverse parti della Chiesa nel mondo. Questa transizione è caratterizzata dallo sviluppo iniziale, dall’attuazione e dall’inculturazione di politiche, linee guida e procedure di tutela. In secondo luogo, attraverso la condivisione di buone pratiche, accompagna la continua conversione pastorale necessaria per consolidare integralmente il nuovo periodo, caratterizzato dall’avanzamento della verità, della giustizia, delle riparazioni e delle riforme istituzionali”.
Inoltre il rapporto sottolinea l’impegno della Chiesa: “Questo Rapporto promuove anche l’impegno della Chiesa a dare una risposta rigorosa alla piaga dell’abuso, basata sui diritti umani e incentrata sulle vittime, in linea con le recenti riforme del Libro VI del Codice di Diritto Canonico che inquadra il reato di abuso come una violazione della dignità della persona umana. Come mi è stato spesso detto, ‘i bambini non sono mini esseri umani con mini diritti umani’. La riforma del Libro VI e questa Relazione annuale contribuiscono a garantire questa verità, che consiste innanzitutto nel rompere il silenzio e nell’incontrare le vittime là dove si trovano”.
Ed infine ha illustrato la copertina del rapporto: “Originario di gran parte del continente africano, l’albero di ‘baobab’ è spesso conosciuto come ‘albero della vita’ ed è un importante simbolo di resilienza e comunità. Crediamo che questo possa servire come segno concreto del nostro sostegno ad ogni vittima, a chi denuncia abusi o qualsiasi altra persona, in un’atmosfera di fiducia e sicurezza. Con il cambiamento di mentalità che accompagna il nostro percorso di Giustizia e Conversione, la Chiesa può offrire l’ambiente protettivo che questo albero simboleggia”.
(Foto: Osservatore Romano)
Mons. Lorefice: le morti sul lavoro sono una sconfitta sociale

“Le cinque vittime di Casteldaccia (ennesimo tragico incidente sul lavoro), portano alla ribalta l’urgenza della sicurezza che ‘è come l’aria che respiriamo’… Sicurezza significa un’economia e un mercato del lavoro governati dall’istanza etica, attenzione alla persona del lavoratore, alla sua dignità e ai suoi affetti familiari. In queste ore particolarmente drammatiche, sento di far giungere un forte appello alla sicurezza sui luoghi di lavoro, auspicando un maggiore impegno di quanti hanno la responsabilità (legislatori, imprese, organizzazioni e associazioni di categoria) di tutelare i lavoratori. Queste morti, come anche gli infortuni, sono una sconfitta sociale, una profonda ferita del corpo sociale, riguarda tutti, non solo le imprese o le famiglie coinvolte”.
All’indomani dell’ennesimo incidente sul lavoro, avvenuto a Casteldaccia, in provincia di Palermo, l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, in modo chiaro ha invitato a non assuefarci a tali morti, esprimendo il dolore che ha colpito i familiari: “Desidero esprimere ai familiari delle vittime e dei feriti i miei più sentiti sentimenti di vicinanza e di cordoglio, anche a nome dell’intera Chiesa palermitana, nonché la viva partecipazione al dolore delle città coinvolte e, in particolare, di Casteldaccia.
Dobbiamo sentire queste morti, far nostro questo dolore, ‘con-patirlo’, sentirlo nelle nostre viscere, portarlo insieme a quanti ora ne sono schiacciati. Dobbiamo cambiare. Tutti. Non possiamo abituarci agli incidenti sul lavoro, né rassegnarci all’indifferenza verso gli infortuni”.
I cinque operai morti nella rete fognaria di Casteldaccia non sarebbero dovuti scendere all’interno della stazione di sollevamento, in quanto il contratto di appalto stipulato con la municipalizzata Amap, prevedeva che l’aspirazione dei liquami avvenisse dalla superficie attraverso un autospurgo e che il personale non scendesse sotto terra: nessuna delle vittime indossava la mascherina né avesse il gas alert, che è un apparecchio che misura la concentrazione dell’idrogeno solforato, il gas che poi li ha uccisi.
Anche il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, da New York, ha espresso il proprio cordoglio con l’auspicio di un impegno comune per eliminare tali morti: “Auspico che sia fatta piena luce sulle dinamiche dell’incidente. Ma l’ennesima inaccettabile strage sul lavoro, a pochi giorni dal 1^ maggio, deve riproporre con forza la necessità di un impegno comune che deve riguardare le forze sociali, gli imprenditori e le istituzioni preposte”.
Anche l’Azione Cattolica Italiana ha espresso cordoglio alle famiglie dei cinque operai morti, ma anche alle famiglie che negli anni hanno visto i loro familiari perdere la vita sul posto di lavoro: “Denunciamo la carenza di tutela e di misure di prevenzione da parte di soggetti pubblici e privati, sottolineando come i fatti di Casteldaccia ripropongano l’imperativo assoluto di interventi e controlli stringenti per la sicurezza sul lavoro e per spezzare la drammatica catena di morti bianche”.
E’ stato un richiamo ad applicare il Decreto Legislativo 81/08, che regola la salute e la sicurezza sul lavoro e prevede una formazione più vicina alle attività lavorative delle imprese: “Come il Movimento Lavoratori di Ac ha ricordato più volte c’è la necessità di piani di sicurezza e interventi standardizzati che le aziende dovrebbero implementare per legare di più la sicurezza alle attività produttive.
Occorre inoltre un impegno a ridurre la distanza tra chi fa impresa e chi può aiutare gli imprenditori (a partire dai vari istituti di ricerca specializzati) ad elaborare in modo semplice delle azioni di sicurezza efficaci e di controllo dell’effettiva applicazione di queste. Occorre far crescere una cultura della sicurezza, a partire dalla consapevolezza condivisa che investire in sicurezza non è un costo ma un investimento sul futuro dell’azienda e dei suoi lavoratori”.
La presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana ha chiesto una maggior dignità al lavoro ed ai lavoratori: “Tutti devono fare la loro parte, perché tutti sono responsabili della sicurezza dei lavoratori. Qualcuno però lo è più degli altri. È dunque necessario passare con prontezza dalle denunce ai fatti concreti, agli investimenti precauzionali, alle verifiche e ai controlli.
Tutti i soggetti devono fare la loro parte, con un supplemento di responsabilità; ma è dagli imprenditori in particolare che si attendono quelle provviste e quelle innovazioni strutturali che sole possono garantire il successo degli altri interventi. La vita è sacra, e distintamente lo è quella impegnata sul lavoro duro e rischioso”.
Papa Francesco: la pace si costruisce nel rispetto della dignità umana

Oggi papa Francesco ha ringraziato il personale dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano, che ringrazia per il servizio e cui dedica parole importanti sulla pace e sul bene comune: “Prima di tutto grazie per il lavoro fedele e paziente con cui garantite a tutti coloro che vengono in Vaticano, dall’Italia e dall’estero, e gli date la possibilità di vivere momenti di fede e di preghiera, come pellegrini, o semplicemente di svago, come turisti, in un clima sereno di ordine e di sicurezza. E’ un impegno delicato questo, che merita tanto più apprezzamento in quanto svolto quotidianamente, tutti i giorni, e le notti!, dell’anno”.
Giornata per la vita, la storia e l’impegno di Carlo Casini raccontato dalla figlia Marina

“La vita è sempre più minacciata a tutti i livelli: annientamento dei valori, violenza diffusa, guerre fratricide, povertà, sottosviluppo… Un buio sempre più fitto che avvolge persone, situazioni, la nostra società, il mondo intero; un buio che uccide la speranza nel cuore delle persone, che getta giovani, adulti, bambini e anziani nella paura, nel non senso di vivere. Per noi non deve essere così. Noi non ci possiamo adeguare, non ci possiamo arrendere! Credere alla vita è luce, luce che annulla il buio, luce che è Bellezza. Abbiamo la potenzialità immensa di essere luce perché siamo figli di Dio”:
Giornata nazionale per la vita: i vescovi invitano a tutelarla contro i soprusi

Sono tante le vite che le società negano, alle quali viene impedita l’esistenza o viene strappata la dignità ad altri concessa, con cui la CEI apre il messaggio per la 46^ Giornata nazionale per la Vita, che si celebra oggi, intitolata ‘La forza della vita ci sorprende. Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?’, elencando tutte le vite il cui valore non è riconosciuto:
Papa Francesco: conservare la fede per tutelare i poveri

Papa Francesco stamane ha incontrato gli ambasciatori dell’Ordine di Malta, riuniti negli ultimi tre giorni in una conferenza in cui hanno affrontato le sfide geopolitiche mondiali con esperti, e nel suo discorso ribadisce il carattere religioso dell’Ordine, sostenendo la riforma che lui stesso ha voluto e approvato e che ha portato ai nuovi statuti. L’Ordine di Malta ha relazioni diplomatiche con 113 Paesi nel mondo e 37 missioni presso gli organismi internazionali, e l’obiettivo, annunciato dal Gran Maestro Fra’ John Dunlap all’inizio della conferenza, è quello di estendere la rete diplomatica e rafforzare la presenza alle Nazioni Unite.
Papa Francesco riforma le leggi economiche del Vaticano

“I limiti e le modalità (finis et modus) dell’ordinaria amministrazione rappresentano un criterio oggettivo di applicazione del principio di sussidiarietà nella gestione dei beni temporali della Sede Apostolica. Tale principio, da una parte, garantisce una sana autonomia degli Enti da Essa vigilati, che devono agire con la ‘diligenza di un buon padre di famiglia’ (can. 1284 §1 C.I.C.) e, dall’altra, consente alle Autorità preposte al controllo e alla vigilanza di adempiere le proprie funzioni istituzionali”: così inizia il motu proprio con cui papa Francesco modifica la a legge sugli appalti vaticana, dando maggiore autonomia agli enti e liberando dalle strette delle approvazioni e contro approvazioni burocratiche che rendevano difficile anche l’ordinaria amministrazione.